martedì 27 agosto 2013

Allarme rosso a Chenalhó


Magdalena Gómez
Solo tre settimane fa sostenevo con preoccupazione che non era disattivato il conflitto nellejido Puebla, municipio di Chenalhó, in Chiapas, dove evangelici priisti in alleanza con i paramilitari - liberati dalla Corte Suprema  di Giustizia per presunte mancanze nel processo dove erano stati condannati per la loro partecipazione nel massacro di Acteal - reclamavano presunti diritti sul terreno di una cappella cattolica. Quell'episodio violento ha provocato lo sfollamento di diverse famiglie. Nuovamente ci troviamo di fronte al cocktail esplosivo della presunta componente religiosa che ha causato gravissimi danni in quella zona. 
Il governo dello stato l'8 agosto aveva aperto un tavolo di dialogo dove era stato firmato un accordo di civiltà, distensione e mutuo rispetto tra aggressori ed aggrediti, per questo le famiglie sfollate si erano preparate a ritornare martedì 20 agosto, accompagnate dal rappresentante del Sottosegretariato agli Affari Religiosi, Javier García Mendoza, e da una pattuglia della polizia statale. Tuttavia, un gruppo di circa 100 giovani ha impedito loro di avanzare. Il giorno dopo, è stato sequestrato e brutalmente picchiato il parroco cattolico di San Pedro Chenalhó, Manuel Pérez Gómez, insieme ad un rappresentante del governo statale e ad un altro del governo municipale, da elementi delle chiese evangelica e presbiteriana. I fatti descritti sono stati denunciati dal centro Frayba e, come possiamo osservare, sono gravi di per sé ed ancora di più perché il riferimento del contesto precedente al massacro di Acteal non solo è inevitabile, ma ci obbliga a non abbassare la guardia.
Ma ci sono altri elementi che dobbiamo considerare, come il fatto che le prime aggressioni sono avvenute quando stavano per iniziare le attività politiche e pacifiche dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale: l'anniversario dei caracol e la Escuelita zapatista che ha visto la partecipazione di circa 2 mila persone provenienti da molti paesi, e la cattedra Tata Juan Chávez Alonso, convocata dalla comandancia zapatista e dal Congresso Nazionale Indigeno, il cui profilo di denuncia di espropri in tutto il paese e di organizzazione per la difesa del territorio dei popoli è stato molto alto. Tutti questi sono stati un messaggio chiaro della forza politica ed organizzativa seguita alla dimostrazione del dicembre dello scorso anno con l'impressionante silenzioso spiegamento di forze.
Quindi, ci domandiamo se è un caso che, una volta conclusa la presenza solidale internazionale nella zona, siano riprese le ostilità a Chenalhó. Ovviamente, l'autonomia di azione non è nell'essenza del paramilitarismo. Quali forze ci sono dietro le aggressioni nell'ejido Puebla? E non possiamo smettere di domandarci se la denuncia del comandante Tacho nella settimana della Escuelita dei voli radenti di elicotteri nella zona, ha una qualche relazione con questa provocazione e minaccia. A dicembre del 2012 si arrivò a dire che in un gesto di volontà politica l'Esercito si era ritirato e non aveva interferito nell'uscita e negli spostamenti verso San Cristóbal delle basi zapatiste. Non sarà il caso di domandarci come valuta l'Esercito l'evidente rinvigorimento dello zapatismo? Se non ampliamo lo sguardo per analizzare questi segnali esecrabili a Chenalhó, possiamo incorrere, senza volerlo, nella visione di conflitto intracomunitario.
D'altra parte, dobbiamo anche domandarci se le autorità statali hanno agito con genuino spirito di mediazione, quando questo compito spetta in ogni caso a spazi civili, mentre a loro, come ha detto l'organizzazione Las Abejas, spetta l'applicazione della legge. Giustamente hanno denunciato che martedì scorso si è visto qualcosa che non si vedeva dai giorni tragici del 1997: il fumo delle case bruciate, (in riferimento alla cucina comunitaria) a tracciare un segnale di morte nel cielo di Chenalhó. Sappiamo leggere questi segnali di fumo, hanno aggiunto. "Ed il governo, invece di applicare la legge convoca 'tavoli di dialogo' che sono dialoghi tra sordi, dove firma e fa firmare delle carte, mentre i paramilitari continuano tranquillamente con bugie e violenza".
E' strano che il governo dello stato non abbia emesso un bollettino ufficiale riguardo a questi fatti, e che non l'abbia fatto neanche il Sottosegretariato agli Affari Religiosi; senza dubbio bisogna porsi questa domanda. Certamente il movimento sociale e politico progressista in questo momento affronta lotte cruciali, come il Coordinamento Nazionale dei Lavoratori della Scuola, sottoposto ad un feroce linciaggio mediatico per aver occupato strade ed edifici pubblici, ed un'altra serie importante di forze si sta organizzando per fermare la riforma energetica; dovrebbero guardare al Chiapas ed ai popoli indigeni che anche loro difendono la nazione di fronte al neoliberismo. Nel frattempo, lo Stato né li vede né li sente. http://www.jornada.unam.mx/2013/08/27/opinion/020a1pol

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