29 gennaio 2014
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CaminandoColombia. Del corazón a la cabeza [VERSIONE DEFINITIVA]
· Libro fotografico con immagini di Oscar Paciencia e testi di Periferia Prensa Alternativa. Edizioni Revista Pueblos, Periferia Prensa Alternativa
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Salut!
oscar paciencia
Il coraggio e la dignità degli sfollati filozapatisti della Colonia Puebla
Nel territorio de Los Altos del Chiapas - Mexico, un gruppo di indigeni in resistenza contro il governo messicano sta dando una prova esemplare di coraggio e dignità. Sono indigeni tzotzil, in maggioranza di religione cattolica e aderenti alla Società Civile Las Abejas, sfollati dalle loro case della Colonia Puebla nel municipio di Chenalhó, costretti 5 mesi fa a lasciare le loro case e che, in questi giorni, sono tornati nel loro villaggio per raccogliere i frutti ormai maturi dei loro cafetalese poter andare avanti a vivere dignitosamente con i proventi della vendita del caffè raccolto.
Si tratta di 17 famiglie, composte da un centinaio di persone che, dal mese di agosto del 2013, dopo essere state costrette a fuggire dalle loro case, sono stati accolte dagli abitanti del villaggio di Acteal. Non è la prima volta che Acteal accoglie sfollati. Nel 1997 offrì rifugio a centinaia di basi di appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). I loro villaggi erano stati distrutti dall'esercito messicano e dalle bande paramilitari. La risposta delle autorità militari e governative fu di una incredibile ferocia: il 22 dicembre di quell'anno i paramilitari entrarono nel villaggio di Acteal e massacrarono 45 indigeni mentre pregavano nella loro piccola chiesa.
Le famiglie tzotzil di Puebla, sfollate in Acteal, si trovavano ormai in una situazione di emergenza alimentare e hanno così preso la decisione di non lasciare che la prepotenza e l'ingiustizia continuasse a prevalere nel proprio villaggio. Così, il 17 di gennaio, sono tornati alle loro case accompagnati dal Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) e 34 osservatori messicani e internazionali. Gli osservatori che ogni mattina accompagnano le famiglie ai loro cafetalesper raccogliere il caffè rimarranno fino al 27 di gennaio. Non è ancora chiaro se il ritorno potrà essere definitivo. Il 27 gennaio gli stessi sfollati valuteranno se rimanere nel villaggio o tornare nei loro rifugi di fortuna in Acteal.
Ma perché nella Colonia Puebla le famiglie cattoliche erano state cacciate?
Le ragioni radicano profondamente nella guerra che il governo messicano scatenò contro le domande avanzate dall'EZLN il 1° gennaio del 1994. Oltre a bruciare, distruggere e bombardare i villaggi che si ritenevano appoggiassero l'EZLN, oltre a organizzare e dirigere le bande paramilitari, l'esercito messicano, seguendo i consigli di tattica controinsurrezionali del Pentagono, non ha mai trascurato la guerra ideologica. In un primo tempo gli zapatisti venivano descritti come guerriglieri provenienti dal Guatemala, poi come banditi cercando sempre di confondere i veri connotati del conflitto.
L'invasione spagnola e la colonizzazione del continente americano non sono mai riuscite a vincere la dignità e lo spirito ribelle delle popolazioni indigene del continente americano. In Chiapas le conversioni forzate al cattolicesimo hanno prodotto tra gli indigeni una fede religiosa sincretica che alla fine del secolo scorso si era avvicinata alla teologia della liberazione per il suo messaggio di protagonismo e riscatto dei poveri e costruzione di un mondo di libertà e giustizia. Aveva anche favorito un movimento indigeno per il recupero delle terre sottratte agli indigeni prima dal colonialismo e poi dal capitalismo. La religione che in altre parti del mondo è sempre servita come strumento di dominio dei poveri qui favoriva il movimento anticapitalistico e di riappropriazione delle terre da parte di indigeni e contadini.
È così che fin dagli anni '70 un esercito di predicatori evangelici spesso provenienti dagli USA e riforniti di adeguate risorse finanziarie hanno cambiato la geografia dell'appartenenza religiosa in Chiapas. Si sono così diffuse una miriade di chiese evangeliche nella grandissima maggioranza rispettose delle autorità statali e politiche locali: un rispetto che si fonda sulla convinzione che ribellarsi alle autorità equivale a ribellarsi a dio e che favorisce l'uso della fede religiosa come supporto al potere del cacicco locale e dei partiti politici.
Per convincere l'opinione pubblica che il conflitto nell'Ejido Puebla è un conflitto a carattere religioso il governo ha anche inviato a Puebla un rappresentante del Ministero per i probIemi religiosi. Che il conflitto in atto non abbia nulla a che vedere con la religione lo dimostra il fatto che almeno due delle famiglie perseguitate sono di religione battista ma soprattutto perché tutto è cominciato con la scarcerazione e il ritorno alla Colonia Puebla dei paramilitari che parteciparono al massacro di Acteal. Subito dopo il massacro i movimenti nazionali e internazionali costrinsero il governo a celebrare un processo nel quale, pur senza mai coinvolgere gli autori intellettuali e i mandanti del massacro, un centinaio di paramilitari vennero condannati a vari anni di detenzione. Poco a poco questi vennero liberati. Alcuni di questi tornarono alla Colonia Puebla tra cui Jacinto Arias, pastore evangelico che, nel 1997, utilizzò le decime che mensualmente versavano i fedeli della sua chiesa, per comprare le armi che sarebbero servite a massacrare gli indigeni nella chiesetta di Acteal.
Il ritorno di Jacinto Arias e degli altri paramilitari segna così la ripresa, due anni fa, del conflitto nella Colonia Puebla. Il pastore con le sue prediche incendiarie e mettendo i suoi uomini più fedeli nei principali incarichi di governo dell'ejido ha cominciato a impedire, nell'aprile del 2013, che si potesse ricostruire la piccola chiesa cattolica facendo sequestrare il terreno antistante. Nel luglio dello stesso anno alcune donne dell'ejido accusavano problemi intestinali e l'ex paramilitare ne approfittò per accusare due famiglie zapatiste di aver avvelenato l'acqua. Gli zapatisti vennero presi, torturati e imprigionati e le autorità impedirono che l'acqua fosse analizzata. Le donne che avevano accusato i supposti sintomi di avvelenamento vennero portate all'ospedale di Yabteclum, la cittadina più vicina all'Ejido Puebla dove la diagnosi dei medici escludeva categoricamente l'avvelenamento. Il referto dei medici venne tenuto nascosto e l'accusa di avvelenamento fu estesa agli zapatisti e a tutti i cattolici del villaggio. Un indigeno di religione battista che si opponeva alle false accuse venne torturato e imprigionato. Il fatto venne subito denunciato con due comunicati dalla Giunta del Buon Governo di Oventic.
Poco dopo le autorità svuotarono i depositi di acqua dell'ejido per far salire la rabbia della gente che scatenò così un vero e proprio progrom contro i cattolici e gli zapatisti. Quando padre Manuel, parroco di Chenalho e sostenitore delle rivendicazioni indigene e degli zapatisti si recò nel villaggio per tentare una riconciliazione venne aggredito, sequestrato e chiuso in una latrina. Il giorno dopo, una volta che il prete poté lasciare il villaggio, l'edificio della chiesa venne distrutto dopo aver diffuso tra la gente una nuova ridicola menzogna: nelle pareti della chiesa i cattolici avevano nascosto un tesoro sottratto all'ejido. La casa delle riunioni vicino alla chiesa venne incendiata e le case dei cattolici e degli zapatisti assediate e fatte segno di pietre e colpi di arma da fuoco. Sottoposti a una pressione drammatica il 20 agosto 2013, zapatisti e cattolici dovettero lasciare il villaggio. I cattolici si rifugiarono ad Acteal.
Alla fine di agosto i cattolici, insieme al Frayba organizzarono una carovana per il rientro degli sfollati nelle proprie case ma, prima ancora di raggiungere Puebla, vennero fermati, circondati e fatti segno di intense sassaiole, da parte dei un centinaio di giovani organizzati da un adulto vicino ai paramilitari. La carovana con gli sfollati dovette rientrare a Acteal dove sono rimasti fino al 17 di gennaio.
Con il ritorno alla Colonia Puebla per la raccolta del caffè gli sfollati chiedono innanzi tutto che si creino le condizioni di sicurezza per il ritorno alle loro case, la restituzione del terreno sequestrato antistante la chiesetta e la dichiarazione formale del commissario ejidale che l'accusa di avvelenamento era una menzogna.
Mentre si scrivono queste note la raccolta del caffè è in corso e gli osservatori seguono accompagnando gli sfollati nei cafetales e vivendo nelle loro case.
Ma la presenza degli osservatori non è sufficiente a pacificare la situazione nell'ejido. Nei primi giorni, durante la notte, si sono sentiti spari di fucile vicino alle case degli sfollati, insulti e provocazioni sono state rivolte con frequenza agli sfollati mentre si recavano ai loro cafetales, il commissario ejidale ha continuato a fabbricare false accuse contro i cattolici e gli osservatori al fine di infuocare ancora di più il clima di tensione e odio.
Le autorità politiche messicane oltre a continuare a proteggere i paramilitari tentano di far credere di lavorare per la pacificazione. Ma lo fanno con i soliti metodi. In questi giorni ci sono state le visite del segretario di stato Oscar Ramirez Aguilar, del governatore Manuel Velasco ma solo per scattare le solite foto di circostanza e per riempire i quotidiani locali di menzogne. Il sindaco di Chenalhó ha anche tentato di offrire denaro ai portavoce degli sfollati. La risposta degli sfollati alle visite delle autorità politiche è sempre stata ferma e degna rifiutando il denaro del governo e chiedendo che piuttosto si compia la vera giustizia.
Gianfranco, osservatore di Ya Basta Milano nella Colonia Puebla
San Cristóbal de Las Casas, 25 gennaio 2014
Foto e notizie alla pagina http://caravanapuebla.wordpress.com/
Era il 6 gennaio di 8 anni fa. Era l'anno dell' "Altra Campagna" e del Delegato Zero a.k.a. Subcomandante Marcos in giro per il Messico con la moto, era l'anno delle elezioni che avrebbero decretato come presidente messicano Calderon, presidente eletto con broglio palese nei confronti del candidato del PRD Andre Manuel Lopez Obrador, era l'anno della mattanza e atto repressivo di Atenco del 4 e 5 maggio.
Sara' l'anno di tante cose, per molti in Italia sara' solo l'anno della vittoria del mondiale di calcio per la nazionale Italiana, ma 8 anni, il 6 gennaio del 2006 e' l'anno in cui il SupMarcos e' stato obbligato a dire queste parole : "Les quiero pedir respetuosamente de favor que no me interrumpan hasta que termine. Esta cosa que estamos haciendo de la otra campaña es para que se escuche la voz de todos. Por eso es importante que todos tengamos paciencia y escuchemos la voz de todos. En mi trabajo como vocero del EZLN hay momentos muy duros, como esto que les voy a decir ahorita. Me acaban de avisar que la compañera comandanta Ramona murió hoy en la mañana. Lo que sabemos es lo que todos saben. La comandanta Ramona le arrancó 10 años a la muerte. Gracias al apoyo de gente como ustedes pudimos operarla y tener un trasplante de riñón. Hoy en la mañana empezó con vómito y con sangre y diarrea, y cuando iba para San Cristóbal de las Casas murió en el camino. En este caso es muy difícil hablar, pero lo que puedo decir es que el mundo perdió una de esas mujeres que paren nuevos mundos. México perdió una de esas luchadoras que le hacen falta. Y pues a nosotros nos arrancaron un pedazo del corazón. Dentro de unos minutos se va a cerrar el caracol de Oventic, y vamos a doler la muerte de esta compañera en privado. Esperamos que los medios de comunicación respeten esto y no conviertan su muerte en un evento mediático."
Credo non ci sia bisogno di tradurre, si capisce anche in italiano.
La comandanta Ramona muore cosi', dopo aver lottato 10 anni contro un tumore, muore fisicamente ma lascia un'eredita' viva e forte anche oggi.
Partiamo dal termine comandanta, non e' un errore grammaticale e' una modificazione della lingua che Ramona ha voluto fortemente per rompere le barriere lessicali e ideologiche che volevano, e vogliono, che le cariche di un esercito (e molte altre parole) esitano solo con genere maschile.
La piccola ma grande donna che volle La Legge Rivoluzionaria delle Donne Indigene e negli anni di preparazione al levantamiento del 1 gennaio del 1994 riusci' a farla diventare uno dei punti focali della lotta dell'EZLN, soprattutto riusci' a far si che non fosse vissuta come un dato di fatto ma come un obiettivo da raggiungere con il proseguo della lotta, cioe' non parole vuote ma fatti concreti da raggiungere con i tempi necessari.
Il Sup Marcos nel 1996 la defini' "l'arma piu' belligerante ed intransigente dello zapatismo". La comandata che fu la prima tra tutti gli zapatisti ad andare a Citta' del Messico, per partecipare alla fondazione della Convention National Indigena, e parlare da un palco con tutta la sua forza degna di indigena rivoluzionaria.
In un freddo mattino di fine gennaio del 1994 nella prima intervista concessa dalla comandancia ai giornalisti dopo l'inizio della guerra Ramona era l'unica donna presente e in un fiero Tzotzil disse "Porque las mujeres también están viviendo en una situación más difícil, porque somos las más explotadas, oprimidas fuertemente todavía. ¿Por qué? Porque las mujeres desde hace tantos años, desde hace 500 años, no tienen sus derechos de hablar, de participar en una asamblea.No tienen derecho de tener educación ni hablar ante el público ni tener algún cargo en su pueblo. No. Las mujeres totalmente están oprimida y explotada".
La storia con la s maiuscola cosi' come gli insegnamenti non vengono quasi mai fatti da chi siede in alto o da una cattedra, vengono fatti dalla pratica giornaliera, dal coraggio, dalla voglia di mettersi in gioco, dalla forza e dalla dignita' di chi dal basso della sua posizione sociale o dal basso della sua statura fisica rompe le barriere della consuetudine e dell'ordine imposto dai paradigmi dominanti. La comandanta Ramona era piccola di statura, era indigena tzotzil dello stato piu' povero del Messico, ma e' uno di quelle persone che ha fatto la storia e ha insegnato tanto.
Forse e' solo un gioco del destino che sia morta il 6 gennaio e cosi' ogni anno pochi giorni dopo la festa per un altro anno di resistenza gli zapatisti, e nel piccolo gli aderenti alla sesta internazionale e nazionale, devono ricordare questa enorme donna nell'unico modo possibile ovvero continuando a lottare e continuando ad avanzare interrogandosi su quanto e' stato fatto dallo zapatismo e dall'EZLN prendedosi carico anche delle consegne e delle responsabilita' che la Comandanta lascia.
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