venerdì 10 gennaio 2014

Gianni Proiettis: 20 (30) anni di zapatismo. Riflessionie critiche sulla lunga lotta per la democrazia

> 20
> (30) anni di zapatismo. Riflessioni e critiche sulla lunga lotta per la
> democrazia
> Gianni Proiettis - 1 gennaio
> 2014
> La sfortuna del Messico si è aggravata negli
> ultimi anni. La presidenza di Felipe Calderón (2006-2012), con la sua
> ostinata
> e fallimentare guerra al narcotraffico, ha insanguinato il paese con
> decine di
> migliaia di morti, consegnando gran parte del territorio e dei tre livelli
> di
> governo - federale, statale e municipale - al controllo dei cartelli della
> droga.
> Il primo anno di governo di Enrique Peña Nieto,
> che con elezioni comprate ha restaurato la presidenza imperiale del PRI
> (il
> Partito Rivoluzionario Istituzionale che ha dominato lo Stato tra il 1929
> e il
> 2000), invece di combattere la violenza e garantire la governabilità, come
> aveva promesso, è stato impegnato a privatizzare il petrolio, un tabù
> nella
> coscienza dei messicani fin dalla sua nazionalizzazione nel 1938 voluta
> dal
> presidente Lázaro Cárdenas con l'appoggio popolare. Peña Nieto, legando in
> un
> patto politico gli altri due grandi partiti (PAN, Partito di Azione
> Nazionale,
> della destra clericale, ed il PRD, Partito della Rivoluzione Democratica,
> ex
> centro-sinistra), è riuscito ad imporre alcune riforme fiscali e della
> scuola
> di stampo ultraliberista, addomesticando così l'opposizione.
> L'opinionista Luis Hernández Navarro scrive:
> "Tra le élite messicane soffiano venti simili a quelli di vent'anni fa.
> Come
> oggi succede ad Enrique Peña Nieto, allora Carlos Salinas de Gortari si
> sentiva
> invincibile. Il suo progetto di riformare il Messico in maniera
> autoritaria e
> verticale avanzava senza grandi ostacoli e veniva presentato come il
> superamento di miti e atavismi storici. Aveva posto le fondamenta del
> potere
> transessennale. I suoi indici di gradimento presso l'opinione pubblica
> erano
> alle stelle".
> Quando vent'anni fa, all'alba del Nuovo Anno
> 1994, sei città del Chiapas, tra le quali la città coloniale e turistica
> di San
> Cristóbal de Las Casas, si svegliarono occupate dall'Esercito Zapatista di
> Liberazione Nazionale, il mondo intero fu scosso dalla notizia.
> Ma quell'avvenimento, che sembrava uscito dalla
> penna di un maestro del realismo magico, oscurava un fatto non meno
> sorprendente: un esercito donchisciottesco di indios armati di machete,
> vecchie
> carabine 30-30 della Rivoluzione e fucili di legno - che, nelle parole
> dello
> scrittore Carlos Fuentes, "fecero centro nel cuore della nazione" - era
> riuscito ad organizzarsi e crescere nel più assoluto segreto, niente meno
> che
> per un decennio, nelle profondità della Selva Lacandona. L'atto di nascita
> dell'EZLN porta la data del 17 novembre 1983.
> Mentre la clandestinità dei suoi militanti è una
> condizione abituale tra le formazioni guerrigliere, non è usuale
> incontrare
> guerriglie assolutamente segrete e sconosciute perfino nel nome. Quella fu
> la
> prima di una serie di sorprese.
> Era dal 1840, quando in un prezioso libro di
> viaggi alla moda ottocentesca, Incidenti di Viaggio in America Centrale,
> Chiapas e Yucatan, John L. Stephens e Frederick Catherwood descrissero ed
> illustrarono la regione maya del sudest del Messico, che il nome Chiapas
> non risuonava nelle orecchie dell'Occidente. All'alba del 1994 gli
> zapatisti -
> non utilizzo il termine "neozapatisti" perché implica una frattura mai
> avvenuta: Emiliano Zapata non ha mai smesso di cavalcare nella coscienza
> dei
> messicani - mostrarono al mondo molte cose che erano rimaste invisibili,
> intrappolate tra le pieghe della storia.
> Per esempio, che la Rivoluzione del 1910 non era
> mai passata per il Chiapas, poiché l'oligarchia gattopardesca dei
> proprietari
> terrieri da sempre aveva scelto di stare dalla parte dei vincitori. Che
> più di
> un milione di indios maya, ormai alla fine del XX° secolo , continuava a
> sopravvivere in condizioni di estrema miseria, emarginazione e
> sfruttamento,
> simili a quelle descritte nei romanzi di Rosario Castellanos e B. Traven.
> Che
> la firma del Trattato di Libero Commercio con Canada e Stati Uniti, col
> quale
> Salinas de Gortari voleva portare il Messico nel primo mondo, aveva spinto
> centinaia di comunità indigene ad intraprendere la strada di una guerra
> "disperata ma necessaria"- come l'ha definì il Subcomandante Marcos -
> precipitando così in una crisi di dimensioni storiche.
> Pochi sono riusciti a descrivere questa frattura
> sociale, paragonabile per profondità solo al trauma della Conquista, come
> Ana
> Esther Ceceña:
> "Il 1º gennaio 1994 è il giorno in cui il terzo
> millennio irrompe in Messico. Speranze e disperazioni si annunciano nel
> confronto tra due distinti orizzonti di civiltà: quello della costruzione
> dell'umanità e quello del neoliberismo. Il soggetto rivoluzionario, il
> portatore della resistenza quotidiana e silenziosa che si rende visibile
> nel
> 1994, è molto diverso da quello tracciato dalle teorie politiche
> dominanti. Il
> suo posto non è la fabbrica ma le profondità sociali. Il suo nome non è
> proletariato ma essere umano, il suo carattere non è quello di sfruttato
> ma di
> escluso. Il suo linguaggio è metaforico, la sua condizione indigena, la
> sua
> convinzione democratica, il suo essere, collettivo".
> A livello politico e ideologico, ma anche a
> livello personale, lo zapatismo ha fatto venire il mal di testa a molti.
> In
> particolare tra gli "orfani" del 1989. Fin dal primo momento si è rivelato
> una
> nuova, grandiosa utopia, degna di esistere almeno come fermento della
> coscienza
> umana. L'ultimo, grande umanesimo includente che si attrezza per sfuggire
> alla
> voragine dall'annichilimento, verso cui lo sospinge la locomotiva
> liberista.
> Una legione di lillipuziani che reclamano il diritto di esistere. Il primo
> esercito di liberazione che non lotta per la presa del potere, ma "si
> accontenta" di instaurare la democrazia. Che non si proclama avanguardia
> ma
> compagno della società civile. L'unico esercito che aspira a deporre le
> armi ed
> i passamontagna sperando che non siano mai più necessari.
> Il cortocircuito amoroso tra gli zapatisti del
> Chiapas ed i democratici di tutto il mondo è stato folgorante ed
> universale.
> Non trovo esempio migliore per spiegare il neologismo "glocale" che quello
> degli zapatisti: un fenomeno completamente locale, generato dalle
> condizioni
> specifiche di un territorio e di una situazione, che attira l'attenzione
> del
> villaggio globale - e contribuisce al fronte antagonista – per molto
> tempo. E
> che sfrutta le nuove tecnologie.
> In Internet rimbalzano le parole d'ordine di una
> nuova utopia che, a differenza di quella di Thomas More, trova rapidamente
> posto nella coscienza collettiva: "comandare obbedendo", "un mondo dove
> stanno
> molti mondi", "camminare domandando". Lo zapatismo infiamma gli animi dei
> giovani rivoluzionari che vedono un nuovo Che nel sub Marcos, e stupisce i
> vecchi rivoluzionari che osservano
> come una bestia rara "un movimento armato che non ha come riferimento lo
> Stato
> ma la società."
> Lungi dal rappresentare una sorta di teologia
> della liberazione rifritta e condita con i residui ideologici delle
> guerriglie
> latinoamericane sconfitte - secondo la prima, spietata definizione di
> Octavio
> Paz, che poi ha rivisto la sua posizione - lo zapatismo ha dimostrato una
> capacità di adattamento al cambiamento delle circostanze che molte
> organizzazioni politiche vorrebbero avere. È una risorsa preziosa, affine
> al
> miglior situazionismo del 1968 - quello della "immaginazione al potere" -
> inscritto nel suo codice fin dalla nascita, quando un piccolo gruppo di
> guerriglieri scombinati - già abbastanza démodés per gli anni Ottanta -
> decide di acculturarsi alle fonti del sapere autoctono, apprende il
> funzionamento della democrazia comunitaria, basata sulla ricerca del
> consenso
> più che sull'imposizione della maggioranza, ed acquisisce una nuova
> visione,
> dove l'uomo non è più un mezzo ma il fine e la terra non una proprietà ma
> la
> madre.
> È così che nascono i principi zapatisti di
> "comandare obbedendo" e di "tutto per tutti, niente per noi". Mentre gli
> undici
> diritti rivendicati dalla loro lotta - lavoro, terra, casa, alimentazione,
> salute, educazione, autonomia, libertà, democrazia, giustizia e pace - non
> sono
> mai ammainati, le strategie per conquistarli subiscono varie rettifiche.
> L'EZLN
> ha dato prova di un grande istinto di sopravvivenza - l'alternativa
> sarebbe
> stata un'autoimmolazione testimoniale - e cessò il fuoco offensivo contro
> l'esercito federale dopo dodici giorni di combattimenti, rispettando un
> esplicito mandato della società civile che, il 12 gennaio 1994, inondò le
> strade di Città del Messico e di molte altre città per fermare il
> conflitto.
> In questi vent'anni, gli zapatisti hanno
> realizzato due consultazioni, mobilitando più elettori delle consultazioni
> governative. In entrambi i casi, la società civile che simpatizza con gli
> zapatisti, ha spinto per la loro entrata nell'arena politica, cosa che
> hanno
> fatto solo parzialmente, restando un esercito.
> La mancanza di conformità al mandato popolare
> non si deve tanto alla cattiva volontà dell'EZLN, quanto a vari fattori
> convergenti. Sebbene, dopo la prima consultazione dell'agosto 1995, gli
> zapatisti si fossero dichiarati favorevoli alla "costruzione di una forza
> politica
> non di partito, indipendente e pacifica", il governo - e con gli ultimi
> cinque
> presidenti concordi - non ha mai permesso loro di deporre le armi
> attraverso
> una doppia politica di dialogo e accordi da una parte, e di costante
> militarizzazione del Chiapas - con tutte le piaghe che questa implica -
> dall'altra.
> Nella primavera del 1995, mentre il Congresso
> votava una legge di concordia e pacificazione che riconosceva agli
> zapatisti
> impunità e diritto di esistenza, il presidente Zedillo li faceva sedere al
> tavolo
> del dialogo di San Andrés, che si concluse nel 1996 con la firma degli
> accordi
> mai rispettati dal governo.
> Durante tutto il periodo del dialogo di San
> Andrés, che rappresentò un momento di incontro e collaborazione tra indios
> ribelli e intellighenzia progressista, che stabiliva una saldatura inedita
> nella storia del Messico, il governo occupò militarmente il Chiapas,
> scomponendo il suo tessuto sociale, formò e protesse gruppi paramilitari
> lanciandoli a massacri tristemente celebri come quello di Acteal,
> seminando il
> terrore e provocando decine di migliaia di sfollati, rifugiati interni
> abbandonati alla carità internazionale.
> Se hanno dovuto resistere agli assalti di
> un'economia di guerra - basti solo pensare allo sconvolgimento del ciclo
> agricolo provocato dalla militarizzazione della Selva Lacandona e ad altre
> conseguenze devastanti come la prostituzione, le malattie, l'alcolismo,
> l'inquinamento, la nascita di lavori umilianti e malpagati, la divisione
> nelle
> comunità, etc. - gli zapatisti, d'altra parte, hanno potuto contare in
> questi
> due decenni sulla solidarietà concreta della società civile nazionale e
> internazionale e con un continuo, prezioso scambio di esperienze.
> A partire dal 1995, quando il Centro dei Diritti
> Umani Fray Bartolomé de las Casas, fondato dal vescovo Samuel Ruiz Garcia,
> e
> poi la ONG Enlace Civil cominciarono ad organizzare accampamenti di
> osservatori
> internazionali nella zona di conflitto, decine di migliaia di giovani di
> tutto
> il mondo si sono alternati nelle comunità zapatiste della Selva Lacandona.
> Alcuni portavano il frutto di collette di quartiere, altri il mero lavoro
> manuale, tutti condividevano un periodo, breve ma intenso, di immersione
> nella
> vita delle comunità. Un doppio apprendistato, un arricchimento mutuo, che
> è
> servito tanto agli zapatisti come una finestra sul mondo, quanto agli
> internazionali, come un'esperienza utile e positiva. Ed ha aiutato a
> contenere
> la guerra sporca dell'esercito federale al prezzo, accettabile, di alcune
> decine di espulsioni.
> Secondo stime locali, la presenza più
> significativa di stranieri in tutti questi anni è stata quella degli
> italiani,
> seguiti - in ordine approssimativo di importanza - da spagnoli, baschi,
> statunitensi, francesi, norvegesi, tedeschi, svizzeri, canadesi,
> giapponesi,
> argentini, brasiliani, portoghesi ed un lungo eccetera. Molti di loro
> hanno
> partecipato a progetti di cooperazione che vanno dall'educazione alla
> salute,
> alla commercializzazione di caffè ed artigianato, all'alimentazione ed
> agricoltura biologica, fino all'installazione di stazioni radio in FM.
> Il fatto che gli zapatisti non abbiano ancora
> potuto deporre le armi, arroccati nell'autodifesa e la protezione delle
> comunità, non ha impedito i tentativi, fino ad ora falliti, di costruire
> un "braccio
> civile". Del Fronte Zapatista, creato nel gennaio del 1996, la cosa
> migliore
> che si possa dire è che non ha soddisfatto le aspettative. Se la speranza
> dell'EZLN era di dotarsi di un futuro braccio politico, questa speranza è
> andata delusa.
> Molto più di successo si è rivelata la pratica
> dell'autonomia, il processo di autogoverno e gestione del territorio delle
> comunità zapatiste. Dopo l'infame tradimento istituzionale nel 2011,
> quando i
> tre poteri dell'Unione hanno eretto un muro al riconoscimento storico dei
> popoli originari, beffando con una legge-truffa l'entusiasmo popolare che
> aveva
> accompagnato la grande marcia nella capitale – "la marcia del colore della
> terra" del marzo del 2001, la più importante manifestazione antirazzista
> nella
> storia del Messico, secondo Carlos Monsivais - gli zapatisti hanno optato
> per
> la pratica dell'autonomia senza chiedere permesso a nessuno e l'hanno
> formalizzata nell'agosto del 2003 con la nascita dei Caracol, veri
> organismi di autogoverno regionale.
> Simbolo del procedere lento ma sicuro dei gasteropodi,
> rappresentazione della spirale della vita e del processo di uscita/entrata
> dell'informazione, i Caracol sono le sedi delle cinque Giunte di Buon
> Governo, che coordinano l'amministrazione dei municipi autonomi zapatisti.
> È
> alle Giunte che devono rivolgersi, da un decennio, tutte le organizzazioni
> che
> vogliono presentare nuovi progetti di cooperazione. Sono queste che
> orientano
> la società civile in quanto alle priorità.
> Le Giunte di Buon Governo rappresentano un passo
> avanti nell'esercizio dell'autonomia che gli zapatisti non hanno mai
> smesso di
> praticare, confermando che la loro vera sfera d'azione è sociale e
> politica più
> che militare, e si fonda sull'organizzazione autonoma delle comunità.
> All'EZLN non ci sono molte critiche costruttive
> da fare. I pochi errori commessi nei suoi vent'anni di vita pubblica -
> come la
> sfortunata polemica tra Marcos ed il giudice Garzón - sono stati
> corretti brillantemente. Il lungo silenzio adottato in più di un'occasione
> di
> fronte alla verbosità del potere, ha espresso dignità - un valore che gli
> zapatisti hanno rivissuto a costo di grandi sacrifici - ma si è rivelato
> controproducente sul piano politico, dove ogni spazio lasciato libero è
> occupato da altri.
> Le attuali posizioni del massimo stratega
> zapatista, che attacca frontalmente ad ogni occasione il candidato "dei
> poveri"
> Andrés Manuel López Obrador, per due volte spogliato della presidenza con
> la
> frode, hanno prodotto un certo sconcerto e malessere nella sinistra che si
> sente scossa da posizioni tanto radicali.
> "È la vecchia storia della sinistra che si fa
> male da sola, dividendosi senza necessità", afferma la scrittrice Elena
> Poniatowska, che, sebbene zapatista "de
> hueso colorado", appoggia la candidatura di López Obrador e collabora con
> lui in ambito culturale. "Anche se tentano di squalificarlo come
> populista,
> Obrador è un uomo onesto e ben intenzionato", sostiene la scrittrice, "una
> vera
> rarità nella politica messicana". Attualmente Amlo, come è conosciuto
> Andrés
> Manuel López Obrador, si sta riprendendo da un recente infarto e sta per
> vedere
> riconosciuto legalmente il suo nuovo partito, il Morena (Movimento di
> Rigenerazione Nazionale).
> Ci sono altre critiche - tutte costruttive - da
> fare al leggendario subcomandante. La sua politica di alleanze non sempre
> è stata fortunata, portandolo a relazionarsi con "amici" opportunisti e a
> lasciare da parte molti alleati di valore non considerandoli politicamente
> importanti. Non hanno suscitato grandi applausi nemmeno la mancanza di
> riconoscimento di Evo Morales, che rappresenta in ogni caso un grande
> avanzamento per il movimento indigeno continentale, né gli attacchi
> all'opportunista Partito della Rivoluzione Democratica, nominalmente di
> centro-sinistra ma troppo intelligente per accordarsi col potere.
> Etichettare il
> PRD come "un partito di assassini", senza distinguere i leader dalle basi,
> a
> molti è sembrato eccessivo.
> Tuttavia, le iniziative sorprendenti, come sono
> state recentemente le "escuelitas
> zapatistas" - un tentativo di socializzare l'esperienza dello zapatismo
> chiapaneco - oltre a rilanciare l'immagine di un leader carismatico come
> il sub
> Marcos, che inoltre è un ottimo stratega, una notevole penna ed un vero
> ponte tra due mondi, hanno fatto riprendere quota ai ribelli col
> passamontagna.
> Fino a riservare loro un posto particolare nel movimento
> "antiglobalizzazione"
> che dopo le manifestazioni di Cancún nel 2003 ha iniziato a chiamarsi
> altromondista.
> Agli zapatisti, che si simpatizzi o no con loro,
> non possono essere negati molti meriti. Hanno imposto al paese il rispetto
> dell'emancipazione indigena. Hanno riattivato il diritto di ribellarsi in
> un
> paese che, nonostante le sue origini rivoluzionarie, l'aveva sospeso dal
> 1968,
> utilizzando la guerra sporca ed il massacro di Stato. Hanno inviato - e
> continuano ad inviare - al mondo un messaggio di dignità, forza, rispetto,
> creatività e altruismo. Hanno rivendicato la presenza dell'etica nella
> politica. Per la prima volta, hanno fatto risuonare le lingue indigene del
> Messico all'interno del Congresso federale. Hanno combattuto contro
> tradizioni
> retrograde e promulgato una legge delle donne rivoluzionaria. Hanno
> contribuito
> alla formazione del Congresso Nazionale Indigeno, massima istanza
> rappresentativa dei 56 popoli autoctoni del Messico. La loro resistenza ha
> ispirato tutto il movimento indoamericano, una forza crescente a livello
> continentale.
> Gli zapatisti hanno anche ravvivato l'interesse
> mondiale verso la cultura maya, divulgando in un linguaggio antico, nuove
> certezze rivoluzionarie. Hanno suscitato un'onda permanente di solidarietà
> internazionale come non si vedeva dalla guerra di Spagna. Hanno ispirato
> analisi, canzoni, siti web, tesi di laurea, formazione di collettivi e
> centri
> sociali, libri, articoli, trasmissioni radio e documentari, proposte di
> legge,
> festival di appoggio, iniziative di gemellaggio, progetti di sviluppo e
> manifestazioni di solidarietà in tutto il mondo. Sono stati gli invisibili
> compagni di strada in tutte le manifestazioni antagoniste da Seattle in
> poi. Ci
> ricordano che i principi di libertà, uguaglianza e fraternità,
> inseparabili dal
> diritto alla felicità, non sono ancora stati compiuti da nessuna
> rivoluzione.
> Che un altro mondo è possibile, necessario, urgente.
>
> *Gianni Proiettis, corrispondente del quotidiano
> italiano Il Manifesto, è stato sequestrato e deportato dal Messico nel
> 2011 dal governo di Felipe Calderón.
> Testo
> originale
> Traduzione "Maribel" - Bergamo
>

>



-----
Nessun virus nel messaggio.
Controllato da AVG - www.avg.com
Versione: 2014.0.4259 / Database dei virus: 3658/6992 - Data di rilascio: 10/01/2014

Inviato dal mio telefono Huawei