mercoledì 28 gennaio 2009

La JBG del Caracol III La Garrucha, denuncia l'invasione da parte del governo sulle proprietà di zapatisti a Toniná.



CARACOL DE RESISTENCIA HACIA UN NUEVO AMANECER

GIUNTA DI BUON GOVERNO EL CAMINO DEL FUTURO

CHIAPAS, MESSICO

22 gennaio 2009

Ai compagni e compagne della Sesta Internazionale.

Ai compagni e compagne dell'Altra Campagna nazionale ed internazionale.

Ai compagni e compagne dei media alternativi.

Ai fratelli e sorelle del Messico e del Mondo.

Alle organizzazioni non governative dei diritti umani.

I FATTI:

La Giunta di Buon Governo denuncia all'opinione pubblica gli abusi dei tre livelli del malgoverno, federale, statale e municipale.

I fatti si stanno svolgendo nella proprietà San Antonio Toniná e El Carmen Toniná, di proprietà del compagno Alfonso, Cruz Espinosa e Benjamín Martínez Ruíz membri dell'organizzazione zapatista del Municipio Autonomo Francisco Gómez appartenente al caracol di La Garrucha.

Si tratta di un problema nella zona archeologica che si trova dentro la proprietà del compagno Alfonso.

INDAGINI DELLA GIUNTA DI BUON GOVERNO

DEL GIORNO 16 GENNAIO 2009

1. - il giorno 16 gennaio 2009 la Giunta di Buon Governo ha visto personalmente che il Personale della sicurezza non permetteva il passaggio per visitare il rancho Toniná, di proprietà del nostro compagno Alfonso.

2. - La Giunta di Buon Governo ha inoltre notato che esiste un accampamento dentro la proprietà del compagno Alfonso. Ed il compagno Alfonso Cruz Espinosa paga le imposte relative al suo rancho ed ha le ricevute di pagamento del passaggio di proprietà dal 2008 al 2009.

3.- Il compagno sta pagando le tasse anche per il progetto delle rovine elaborato dall'archeologo Juan Yadeum.

4. - Da anni il governo federale, statale e municipale stanno approfittando delle entrate provenienti dai turisti nazionali ed internazionali che visitano la rovina. E delle tasse che paga il proprietario.

5.-Ciò che stanno facendo i tre livelli del malgoverno, CALDERON, SABINES E LEONEL SOLORZANO ARSIA è un chiaro abuso che può vedere anche un cieco.

6. - I tre livelli del malgoverno sfruttano da anni la riscossione delle imposte e la riscossione dei biglietti di ingresso alle rovine che si trovano dentro la piccola proprietà.

7.- La giunta di Buon Governo dichiara che questi tre livelli del malgoverno, CALDERON, SABINES E LEONEL SOLORZANO ARSIA, stanno invadendo la piccola proprietà del nostro compagno base di appoggio zapatista.

8.- La Giunta di buon governo esige da questi tre livelli del malgoverno che ritirino l'accampamento che si trova dentro la proprietà del compagno Alfonso Cruz.

9.- La giunta di buon governo esige che il malgoverno paghi per il terreno che occupa il basamento della zona archeologica secondo un prezzo di vendita concordato con il proprietario.

10. - Se i tre livelli del malgoverno non accettano di pagare il terreno che occupa il basamento della zona archeologica, la Giunta di buon governo si assumerà la responsabilità e l'amministrazione della rovina facendo valere il diritto stabilito dalla legge, non vogliamo invasori dentro la proprietà di una base di appoggio zapatista.

11. - Chiediamo inoltre che Juan Yadeum e la direttrice del Museo Julisa Camacho si dimettano dal loro incarico nella rovina di Toniná perchè non se ne stanno prendendo cura, ma al contrario provocano problemi senza rispettare il padrone della proprietà.

12.- I tre livelli del malgoverno hanno fatto pressioni su questo compagno per obbligarlo a firmare un accordo il giorno 14 gennaio che per dare attuazione al provvedimento No. 401-3-112 datato 9 gennaio, ma questa firma è una falsificazione come sempre fanno i malgoverni di CALDERON, SABINES E LEONEL SOLORZANO ARSIA.

Il nostro compagno Alfonso dichiara di non aver firmato nessun accordo col malgoverno.

E non accetterà nessun documento che non sia un atto di compra-vendita del terreno che occupa il basamento della rovina e si fissi un prezzo concordato.

Confermiamo che abbiamo le ricevute di pagamento prediali e di passaggio di proprietà, quindi che sia chiaro a questi malgovernanti che paghino o ce lo riprendiamo.

Distintamente

Le Autorità della Giunta di Buon Governo

SEFERINO GUZMAN SANCHEZ

PEDRO GUTIERREZ GUZMAN

FLORITA LOPEZ PEREZ

(Traduzione "Maribel" – Bergamo)


martedì 6 gennaio 2009

Fw: [Ezln-it] quinto vento

>
> Parole della comandanta Hortensia
>
> Buona Notte a tutti e tutte.
>
> Sette Venti nei calendari e nella Geografia dal Basso
>
> Quint0 vento: Una degna e femminile rabbia.
>
> Compagne e compagni de La Otra Campagna e della Sesta Internazionale:
> Fratelli e sorelle del Messico e del Mondo:
> Compagni e compagne, fratelli e sorelle, quelli che si incontrano in
> questo
> Primo Festival de la Degna Rabbia:
>
> A nome delle mie compagne e compagni basi di appoggio, delle e degli
> insurgentes e miliziani, delle e dei responsabili locali e regionali del
> Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, delle Giunte del Buon
> Governo, dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti, e delle e dei compagn*
> che stanno prestando qui servizio nelle differenti aree di lavoro dentro
> ai
> territori Zapatisti.
> A nome loro faccio uso della parola. Vado a raccontare un po' del lavoro,
> la partecipazione e l'organizzazione delle donne nei territori zapatisti.
> Cosi', come gia sappiamo, da quando nacque la nostra organizzazione
> zapatista, si sono promosse la partecipazione e l'organizzazione delle
> donne. Si e' fatto si che siano uguali agli Uomini nella partecipazione a
> qualsiasi livello di lavoro:come nel politico, economico, in quello
> sociale
> e in quello militare.
> Ma quando abbiamo dato il posto che spettava alle donne affinche'
> potessero
> lavorare all'interno dell'organizzazione, all'inizio risulto' faticoso
> tanto agli uomini quanto alle donne, perche' avevamo nel cuore e nella
> testa che quello non era il nostro lavoro. Il nostro lavoro di donne era
> solo di stare a casa, tenere figli, aspettare il marito e altre cose che a
> noi tocca fare.
> Ma grazie a quelli che diedero inizio e vita alla nostra organizzazione,
> che diedero importanza alle donne, noi abbiamo iniziato a chiamarci
> compagne in Lotta. In questo modo diedero nome, vita e volto alle donne.
> Ma
> soprattutto, per le donne indigene, perche' siamo quelle che soffriamo di
> piu' lo sfruttamento, il disprezzo, l'umiliazione e l'abbandono in tutti i
> livelli della vita.
> Per questo diciamo grazie all'organizzazione zapatista, che ci ha permesso
> di nascere nuovamente, tanto agli uomini come alle donne. Ci hanno dato la
> luce, ci hano dato speranza e ci hanno dato la vita. In maniera tale che
> un
> giorno fiorira' quello che speriamo: cioe' che le donne abbiano stessi
> diritti e siano considerate in tutto e per tutto uguali.
> Per questa ragione abbiamo avuto donne degne e ribelli, quelle che ci
> diedero la vita e il lavoro, affinche' la nostra organizzazione potesse
> crescere. Durante questi 15 anni di lotta e resistenza ci sono state donne
> che hanno potuto prestare il loro lavoro e la loro partecipazione ad ogni
> livello.
> Per esempio, nella politica, ci sono state donne nella direzione della
> nostra organizzazione come Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno.
> Come responsabili locali e regionali e anche sono state nominate compagne
> per essere supplenti del CCRI. Le donne gia partecipano alle assemblee dei
> villaggi. Gia sono nello studio politico o nelle assemblee generali per
> eleggere le proprie autorita', come per esempio: autorita' municipali,
> Giunte del Buon Governo, agenti municipali, comissariati ejidali e
> comitati
> di educazione. E anche per elegere i propri "comandanti" politici nelle
> comunita', come responsabili locali.
> In piu' ci sono compagne che gia fanno parte di queste autorita'. Per di
> piu' ci sono compagne che si sono organizzate per trovare il modo di
> resistere e lottare, anche per trovare soluzioni alle proprie necessita' e
> per questo si sono organizzate per lavorare in collettivi: Panetteria,
> allevamento di animali, produzioene vendita di artigianato, orti per il
> consumo collettivo. Questi sono i lavori che stanno provando a portare
> avanti nei territori zapatisti. Inoltre ci sono donne che si stanno
> formando come promotrici di salute e di educazione autonoma. Questo
> perche'
> poi possano condividere le proprie conoscienze e prestare i propri servizi
> gratuitamente ai villaggi.
> Ci sono donne che stanno imparando a ricono
>
>
>
>
> On Tue, 6 Jan 2009 10:05:03 +0100, Annamaria <annamariamar@gmail.com>
> wrote:
>> Link per ascoltare gli interventi al tavolo del 3 gennaio:
>>
>>
>>
>>
> *http://enlacezapatista.ezln.org.mx/comision-sexta/1237*<http://enlacezapatista.ezln.org.mx/comision-sexta/1237>
>>
>> **
>>
>> *UN'ALTRA COMUNICAZIONE, UN'ALTRA CULTURA*
>
> _______________________________________________

Si è chiuso il festival

La Jornada – Martedì 6 gennaio 2009

Il Movimento Sin Tierra denuncia che il Messico è il laboratorio
sperimentale del capitalismo
"IL MONDO PER IL QUALE LOTTIAMO NON È UNICO NÉ INDIVISIBILE", SOSTIENE
MARCOS

Adesso sappiamo che un altro tutto è possibile, afferma il comandante
David chiudendo il Festival de la Digna Rabia.

González Casanova esorta ad avanzare nella "pedagogia dell'emancipazione".

Hermann Bellinghausen

San Cristóbal de las Casas, Chis., 5 gennaio. Con le parole del
comandante David si è chiuso questa notte il primo Festival Mondiale
della Degna Rabbia, in una sessione in cui hanno parlato anche Pablo
González Casanova ed il subcomandante Marcos, che ha sostenuto che per
gli zapatisti "il mondo per il quale lottiamo non è unico né
indivisibile.

"Non abbiamo scartato la possibilità di sbagliarci in qualcosa, in
molto, o in tutto", ha ammesso davanti ai relatori che hanno ribadito
in diversi modi il loro rispetto, ammirazione e gratitudine alla lotta
degli zapatisti.

González Casanova, fedele sostenitore del movimento zapatista ("sempre
con umiltà", ha riconosciuto Marcos) ha dichiarato che due momenti
trascendentali della sua vita sono stati la rivoluzione a Cuba e
l'insurrezione dei maya di Chiapas, e dopo aver ribadito il suo
rispetto, riconoscimento ed identificazione con l'EZLN, si è
pronunciato per avanzare nella "pedagogia dell'emancipazione" come
percorso per i movimenti del presente e del futuro. Ha inoltre
affermato che "la dignità non è negoziabile", alludendo all'esperienza
zapatista.

In riferimento ai contenuti del festival, il comandante David ha
dichiarato: "Ascoltandovi, ci è chiaro quello che sta succedendo in
altre parti, e si vede che non c'è molta differenza con quello che
succede qui". Le persone e i movimenti riuniti nell'Università della
Terra, ha aggiunto, "desiderano fare qualcosa" ed ora "sappiamo che
un'altra politica, un'altra strada, un'altra cultura, un altro tutto è
possibile".

Al festival questo è stato il giorno della terra. Nel suo significato
più ampio: il suolo che calpestiamo. Chiaro, si dirà, oggi hanno
parlato principalmente indigeni e contadini; oppure intellettuali
legati alla "sporca terra", come John Berger. Quella dove "tutti
vivono", come ha detto questa mattina il tenente colonello Moisés. Ma
non solo per questo.

In un trepidante messaggio, il Movimento di Lavoratori Sin Tierra
(MST) del Brasile ha esortato a difendere la terra, l'acqua, i semi.
Dando una svolta tipicamente zapatista, Moisés ha spiegato che per gli
indigeni del Chiapas la campagna è solo una parte della terra, e così
le città, gli ospedali. Ed invitò a pensare "a che cosa serve tutto
quello che si costruisce sopra la nostra madre Terra".

Il senso di urgenza del festival (presente negli interventi precedenti
sull'America Latina, a partire da quelli dei movimenti, che degli
analisti, dirigenti sociali ed artisti) questo lunedì ha assunto il
suo profilo definitivo: la lotta è per il mondo e l'umanità, non in
maniera declaratoria, bensì letterale. Per la Terra.

Tra le altre cose, il MST ha denunciato che il Messico è "il
laboratorio del capitalismo", dove si sperimentano le politiche che
poi si cercano di estendere ad altri paesi. Da Sao Paulo, in accordo
con i suoi compagni di tavolo e di lotta, il dirigente Joao Pedro
Stadile ha affermato che i principali nemici dei popoli sono le
multinazionali, i loro organismi finanziari e commerciali, i gruppi di
governo dei paesi ricchi.

Il MST ha auspicato "lotte di massa" contro quei nemici che vogliono
tutto. "Ognuno avrà le sue tattiche da usare contro di loro,
sicuramente anche in Messico". Sono tempi, ha detto, "in cui bisogna
continuare a seminare: la rabbia, l'indignazione, la speranza e
l'unità latinoamericana". Non è ancora tempo "di raccogliere".

Parole più, parole meno, hanno sostenuto la stessa cosa Carlos
Marentes, del Sindacato Agricolo di Frontiera "dell'altro lato" (nella
"zona zero della migrazione mondiale"); Alberto Gómez, di Vía
Campesina in Messico; Dolores Sales, rappresentante mam del
Coordinamento Nazionale Indigeno e Contadino del Guatemala, e Juan
Chávez, rappresentante purépecha del Congresso Nazionale Indigeno.

Le loro testimonianze e le informazioni, una sorta di summa del
pianeta realmente esistente, sono state impressionanti. E stimolanti
nella loro semplicità. América Millaray Painemal Morales, mapuche
dell'Associazione Nazionale delle Donne Rurali ed Indigene del Cile, e
Juan Chávez hanno portato dei semi. La prima come offerta simbolica;
il secondo come dichiarazione di principio. Hanno dimostrato che un
seme dice più di mille parole.

Tutti i problemi sono urgenti nell'attuale congiuntura storica. Nel
festival convocato dall'EZLN sono stati affrontati inevitabilmente
molti temi, perché oggi tutto è simultaneo: rischiano i semi, l'aria,
il clima, la libertà, l'alimentazione, la natura, la dignità delle
persone, la vita stessa. Ci sono crisi economica globale, guerre di
conquista, stati agonizzanti. C'è bisogno di "un'altra politica" per
fermare il disastro.

Sabato, il pensatore svizzero-messicano Jean Robert aveva espresso qui
una convinzione: "La plausibilità di un altro presente passa per la
difesa del territorio". Il capitalismo è un "grande
deterritorializzatore", ha detto. Le resistenze risultano,
inevitabilmente, riappropriazioni e riscoperte della "realtà
territoriale". Pertanto, i movimenti e le lotte non stanno più nelle
idee, ma sul terreno.

"Quello che facciamo sopra la madre Terra deve essere a beneficio di
tutte e tutti noi", ha detto il tenente colonello Moisés. Per questo
"dobbiamo pensare noi popoli indigeni e non indigeni come convivere
sulla terra senza sfruttamento". Ed organizzarsi, perché senza questo
"non si può fare niente".

Ed ha raccontato, con lampante semplicità, a mo' di "esempio", come il
conferimento di terre ejidali a dei "proprietari" intrapreso nel paese
è stato la via al saccheggio. Ha citato "l'odioso Salinas" che ha
ingannato i contadini con la sua controriforma agraria contro quelli
che sarebbero "i veri padroni". Da lì le banche, l'ipoteca, la perdita
delle terre. È lì dove la resistenza autonoma ha senso, perché non è
caduta nella trappola. I comuneros ed ejidatarios zapatisti non hanno
visto i loro figli rubare i documenti per venderli e pagarsi il
viaggio verso il sogno americano, come in molte parti.

La resistenza per la vita è nella terra, dovunque essa sia.

(Traduzione "Maribel" – Bergamo)

lunedì 5 gennaio 2009

Dal Messico per Gaza

 

Primo Festival Mondiale della Rabbia Degna

Sull'attacco isreaeliano a Gaza: comunicato dai collettivi del Festival della Rabbia Degna

Mercoledì 31 dicembre 2008
 
C'era una volta uno stato terrorista.

C'erano una volta sessant'anni di occupazione, invasione, espulsione, saccheggio, demolizione, bombardamento, torture, razzismo e sterminio.

C'era una volta un' Organizzazione delle Nazioni Unite al servizio di un genocidio impunito.

C'erano una volta cinquanta risoluzioni finte dettate da questa organizzazione che sono servite solo per perpetuare il crimine.

C'era una volta una comunità internazionale, la cui patetica e sospetta passività sotterrava mille e mille cadaveri palestinesi.

Cioè: c'era una volta una élite governante passiva e patetica convertita, per meriti propri, in complice del genocidio.

C'era una volta un governo, e un altro, e un altro ancora…che non potevano rappresentare legittimamente coloro che si battono per la solidarietà tra i popoli e la pace con giustizia sociale.

Infine c'era una volta uno stato sionista di Israele che minacciò il popolo palestinese con il proprio 'Olocausto'…

Così è: da tempo la minaccia è stata lanciata.

Però questo olocausto è andato consumandosi negli ultimi cinquant'anni in Palestina.

Immaginate ora che vostro padre, vostra figlia, e più della metà della vostra amata famiglia siano stati assassinati con potenti armi da guerra.

Immaginate che gli assassini che adoperano queste armi vi considerino scorie umane.

Immaginate che se non hanno ancora ucciso voi è perché hanno deciso di sequestrarvi e incarcerarvi per vedervi morire uno a uno e lentamente.

Immaginate che coloro che restano vivi siano considerati 'terroristi'.

Immaginate che coloro che vi chiamano terroristi siano i più grandi esportatori di terrore della storia.

Immaginate una campagna elettorale il cui programma e slogan siano le immagini di aerei che bombardano e massacrano il popolo accanto.

Immaginate che i governi più potenti del mondo, gli stessi che hanno distrutto il Kosovo e assassinano il nome della pace in Afganistan e Iraq, gli stessi che attaccheranno l'Iran, si profondono in elogi di fronte al vostro boia e gli promettono appoggio incondizionato.

Immaginate che ci siano persone coraggiose in qualche parte del mondo che decidano di alzare la voce per denunciare questa realtà e che, come premio, le armi della 'loro' democratica polizia li spediscano all'ospedale.

Smettete di immaginare.

Dovete continuare a seppellire i vostri figli e le vostre figlie, i vostri padri e le vostre madri. Domandatevi 'perché?' quando le pareti della vostra casa crollano una volta…un'altra volta…e un'altra volta ancora.

E l'ultima volta, se il bombardamento vi sorprenderà all'interno della casa morirete schiacciati. Se invece riuscirete ad uscire per tempo, una bomba termobarica vi farà bruciare, gonfierà il vostro cadavere e il sangue uscirà a fiotti da tutti gli orifizi del corpo.

Immaginate il titolo: Centinaia di persone assassinate in questo modo in una qualche città del cosidetto primo mondo durante gli ultimi giorni.

Ascoltate ciò che nemmeno è un titolo: Centinaia di persone assassinate in questo modo a Gaza durante gli ultimi giorni.

Pensate che tutte queste persone dissanguate, piante e seppellite avevano un nome e un cognome: gli equivalenti in un'altra lingua di nomi tanto comuni, come ad esempio…Jose Maria Aznar, Jose Luis Rodriguez, Barak Obama, Miguel Angel Moratinos o Felipe Calderon, per non andare troppo lontano.

Pensate che mentre leggete questo comunicato, si sta consumando la maggiore mattanza a Gaza da quarant'anni a questa parte.

Pensate che mentre migliaia di case in tutto il pianeta si preparano per accogliere il nuovo anno, in un angolo di medio orientesi sta scrivendo l'ultimo episodio di una storia che continua.

Un olocausto senza giudizio di Norimberga.

Svegliatevi. Gridate ai vostri governanti che non ci rappresentano, che non li rispetterete fin quando non siano coerenti con quello che dicono o per lo meno non dimostrino che i loro gesti, le loro dichiarazioni, le loro raccomandazioni e tutte le bugie, quelle che firmano da un tavolo all'altro servano per qualcos'altro che non sia perpetuare la morte di innocenti in tante parti del mondo.

E se non lo fanno e perché non vogliono.
E se non lo vogliono e perché sono assassini.

E se quando ci salutano sorridenti noi vediamo solo le loro mani pulite è perché, oltre ad assassinare loro, a noi stanno rubando l'anima.

Per tutto questo oggi, qui, ora,

Non ci resta altra scelta se non gridare, più forte che possiamo, che: 

   condanniamo lo stato genocida di Israele 
  condanniamo i suoi soci, complici e alleati internazionali 
  condanniamo la NATO e tutti i suoi membri, che sono colpevoli di aggredire e sottomettere i popoli del mondo 
  condanniamo la sanguinosa campagna elettorale della festa democratica israeliana 
  condanniamo i mostri multinazionali che usano la guerra perchè i loro successi commerciali sono sporchi di sangue 
  siamo solidali con la resistenza del popolo palestinese 
  non vogliamo guerra tra popoli e pace tra le classi 
  vogliamo giustizia

Viva la Palestina libera

 
Associazione
YA BASTA! Moltitudia Onlus
sede legale: Via Filippo Serafini 57
00175 ROMA
tel. 3200804299 / 3384769217
blog romano: http://moltitudia-yabasta.blogspot.com
sito nazionale: www.yabasta.it


MARCOS: Gaza,un esercito professionista sta uccidendo una popolazione indifesa

 

La Jornada – lunedì 5 gennaio 2009

Per gli zapatisti, "un esercito professionista sta uccidendo una popolazione indifesa"

MARCOS: L'ATTACCO DI ISRAELE CONTRO GAZA È LA "CLASSICA" GUERRA DI CONQUISTA

Hermann Bellinghausen

San Cristóbal de las Casas, Chis. 4 gennaio. Per gli zapatisti, a Gaza c'è "un esercito professionista che sta uccidendo una popolazione indifesa", ha detto oggi il subcomandante Marcos dedicando un intervento fuori programma alla nuova guerra in corso. 

 

Il penultimo giorno del Festival Mondiale della Degna Rabbia si è riempito di indignazione per l'attacco contro la Palestina e la repressione a Oaxaca avvenuta poche ore prima con la cattura di 20 persone che partecipavano ad una protesta pacifica contro l'invasione a Gaza davanti al consolato statunitense.

Nelle prime ore di questa domenica centinaia di partecipanti al festival che si tiene alla periferia di San Cristóbal, oltre i sobborghi indigeni di La Hormiga, sono arrivati nel centro della città per protestare contro l'invasione e chiedere la liberazione dei fermati della APPO. Ieri notte si è almeno ottenuta questa liberazione. L'inusuale marcia con le torce proveniente dalla Università della Terra, ha fatto chiudere le porte agli hotel ed ha fatto ricordare ad alcuni coletos [residenti di San Cristóbal – n.d.t.] la prima alba del 1994.

Nel pomeriggio Marcos aveva detto: "Non molto lontano da qui, in un posto chiamato Gaza, un esercito fortemente armato ed addestrato, quello del governo di Israele, continua la sua avanzata di morte e distruzione". Una guerra "classica" di conquista. "Primo un bombardamento massiccio per distruggere postazioni militari nevralgiche e indebolire i punti di resistenza". Ha ricordato che venerdì, "lo stesso giorno in cui la nostra parola faceva riferimento alla violenza", Condoleeza Rice dichiarava che quello che sta succedendo a Gaza era "colpa dei palestinesi, per la loro natura violenta".

Ha affermato che prosegue "il ferreo controllo su tutto quello che si sente e si vede" nel mondo, "esterno al teatro di operazioni", e "fuoco intenso di artiglieria sulla fanteria nemica per proteggere l'avanzata delle truppe. Poi l'accerchiamento e assedio alla guarnigione, e l'assalto che conquisti la posizione annichilendo il nemico".

Sulla base delle foto delle agenzie ha aggiunto, "i 'punti nevralgici' distrutti dall'aviazione israeliana sono abitazioni, capanne ed edifici civili". Allora, "pensiamo che o gli artiglieri hanno una pessima mira o non esistono tali postazioni. Non abbiamo l'onore di conoscere la Palestina, ma supponiamo che in quelle case, capanne ed edifici abita o abitava della gente, uomini, donne, bambini ed anziani, e non soldati".

Forse, ha sostenuto, "per il governo di Israele quegli uomini, donne, bambini ed anziani sono soldati nemici, e le capanne, case ed edifici dove abitano sono quartieri che bisogna distruggere. Sicuramente i fuochi d'artiglieria che questa mattina cadevano su Gaza erano per proteggere da quegli uomini, donne, bambini ed anziani l'avanzata della fanteria di Israele, e la guarnigione nemica che vogliono sconfiggere non è altro che la popolazione palestinese che vive lì, e che l'assalto cercherà di annichilire".

Con la voce rotta ha dichiarato: "Le nostre grida fermano qualche bomba? La nostra parola salva la vita di qualche bambino palestinese? Pensiamo di sì. Forse non fermiamo una bomba, né la nostra parola si trasforma in uno scudo blindato", ma probabilmente riesce ad unirsi ad altre e "si trasforma in mormorio, poi in una voce alta e quindi in un grido che si senta a Gaza. Noi zapatisti e zapatiste dell'EZLN sappiamo quanto sia importante che in mezzo alla distruzione e alla morte si sentano parole di incoraggiamento".

Per il resto, secondo l'analisi di Marcos, "il governo di Israele dichiarerà di aver inferto un duro colpo al terrorismo, occulterà al suo popolo la dimensione del massacro ed i produttori di armi avranno ottenuto un guadagno economico". 

 

Il popolo palestinese resiste, sopravvivere e continuare a lottare, ha detto il portavoce zapatista. "Forse un bambino o una bambina di Gaza sopravvivranno e cresceranno e con loro cresceranno il coraggio, l'indignazione, la rabbia; forse diventeranno soldati o miliziani, forse affronteranno Israele e là in alto scriveranno allora sulla natura violenta dei palestinesi, faranno dichiarazioni di condanna di quella violenza e si tornerà a discutere di sionismo o antisemitismo. Nessuno chieder chi ha seminato quello che sta raccogliendo".

 

(Traduzione "Maribel" – Bergamo)


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sabato 3 gennaio 2009

Marcos: una degna gioventu' arrabbiata

SETTE VENTI NEI CALENDARI E
GEOGRAFIE IN BASSO.

Primo Vento: una degna gioventù arrabbiata

Buona sera.

Sintrófisa, síntrofe, Ekseyerméni Eláda. Emís, i pió
mikrí, apó aftí ti goniá tu kósmu se jeretáme.

Déksu ton sevasmó mas ke ton zavmasmó mas giaftó pu
skéftese ke kánis. Apó makriá mazménume apó séna. Efjaristúme.

(Spero di non aver detto qualcosa di sconvenienza, quello
che volevo dire è "Compagna, compagno, Grecia ribelle. Noi, i più piccoli,
da questo angolo del mondo ti salutiamo. Ricevi il nostro rispetto ed
ammirazione per quello che pensi e fai. Da lontano impariamo da te.
Grazie".)

I
Delle violenze e di altre cose.

Da molto tempo il problema dei calendari e delle geografie
ha svelato e scoperto il Potere. Negli uni e nelle altre si è visto (e si
vedrà) come il suo brillante ingranaggio di dominazione si blocca e
scompone. Per questo motivo bisogna fare molta attenzione a maneggiare le
geografie ed i calendari.

Nelle geografie può sembrare più chiaro: nel suo rozzo
trucco, che questo Festival ha scoperto, la Grecia è molto lontana dal
Chiapas.
E nelle scuole si insegna che il Messico è separato da un oceano dalla
Francia, dai Paesi Baschi, dallo Stato Spagnolo, dall'Italia. E se guardiamo
una mappa, possiamo notare che New York è molto a nord del Chiapas indigeno
messicano. Qualcosa che qualche ora fa è stato confutato dalle compagne e
compagni della Movimento Justicia para el Barrio. E l'Argentina è molto a
sud di questa terra, cosa che ha sfidato il compagno di Solano che ha appena
parlato.

Ma né sopra né sotto c'è questa separazione. La brutale
globalizzazione neoliberista, la IV Guerra Mondiale come la chiamiamo noi
zapatisti, ha messo i luoghi più distanti in simultaneità spaziale e
temporale per il flusso di ricchezze… e per la loro appropriazione.

Non più i racconti fantasiosi sui presunti eroici
scopritori-conquistatori che vincevano con la spada e la croce la debolezza
di chi veniva "civilizzato". Invece delle tre caravelle, una
calcolatrice ad alta velocità. Invece di Hernán Cortés, un burattino fatto
governo in ogni angolo del pianeta. Invece di spade e croci, un macchinario
di distruzione di massa ed una cultura che ha in comune con il "fast food"
non solo la sua onnipresenza (McDonalds, come dio, c'è ovunque), ma anche la
sua difficile digestione ed il suo inesistente potere nutritivo.

Questa stessa globalizzazione fa sì che le bombe dei governi
israeliano e nordamericano cadano su Gaza e nello stesso tempo scuotano il
mondo intero.

Con la globalizzazione il mondo intero dell'alto è alla
nostra portata… per meglio dire, ai nostri occhi ed alla nostra coscienza.
Le bombe che assassinano civili palestinesi sono anche un'avvertenza che
bisogna imparare ed assimilare. E la scarpata a Bush in Iraq può essere
riprodotta in quasi qualsiasi angolo del pianeta.

E tutto passa dal culto dell'individuale. L'entusiasmo che
ha risvegliato tra i benpensanti la scarpata a Bush (che evidenzia solo la
pessima mira del giornalista) è plaudire un gesto coraggioso ma inutile e
ininfluente per la cosa fondamentale, come settimane dopo dimostra
l'appoggio del governo di Bush al crimine che il governo israeliano perpetra
in territorio palestinese… e, perdonate se deludo qualcuno che ha acceso le
candele ai piedi dell'immagine di Barack Obama, che il successore di Bush
appoggia.

E mentre la scarsa mira in Iraq provoca applausi,
l'insurrezione in Grecia provoca preoccupazioni: "C'è il pericolo",
allertano ed esorcizzano, "che la ribellione in Grecia si estenda al resto
d'Europa".

Abbiamo sentito e letto quello che ci comunica la gioventù
ribelle greca della sua lotta e quello che affronta. La stessa cosa di
coloro che in Italia si preparano a resistere alla forza del governo. E la
lotta quotidiana de@ nostr@ compagn@ nel nord del nord.

Di fronte a questo tutti là in alto tirano fuori i loro
dizionari e cercano la parola "violenza" e la contrappongono a
"istituzionalità". E senza darle contesto, cioè, posizione di classe,
accusano, giudicano e condannano.

E ci dicono che è violenta la gioventù greca che fa bruciare
la penisola ellenica. Chiaro che si corregge, si mutila, si cancella il
fatto che la polizia ha assassinato un ragazzo.

In Messico, nella geografia segnata dalla città con lo
stesso nome, un governo di sinistra istituzionale ha assassinato un gruppo
di giovani, adolescenti in maggioranza. Un settore dell'intellighenzia
progressista ha mantenuto un silenzio complice adducendo che questo è stato
per distrarre l'attenzione pubblica, sembra presa nel carnevale in cui si è
trasformata la presunta difesa del petrolio. La successiva aggressione
sessuale alle giovani donne nei locali della polizia si è persa nel suono
delle grancasse che annunciavano una consultazione che poi è stata un
fallimento.
Invece, non si è condannata la violenza della polizia che, contrariamente a
quanto è stato detto, non ha agito in maniera disordinata. Questa polizia da
anni è addestrata a reprimere, vessare ed abusare di giovani, venditori
ambulanti, lavoratori e lavoratrici sessuali, di coloni e di tutto ciò che
dissenta dal governo delle piste di ghiaccio, dei mega spettacoli in stile
Fujimori e delle ricette per fare i biscotti. E non bisogna dimenticare che
la dottrina che anima questa polizia è stata importata a Città del Messico
dall'oggi presidente "legittimo" del Messico quando era capo di governo del
DF.

A Città del Messico ed in Grecia i governi assassinano
giovani.

Il tandem governativo Stati Uniti-Israele segna ora a Gaza
il modello da seguire: è più efficace ucciderli quando sono bambini.

Già prima, in Messico, nel presente calendario saranno ormai
10 anni, giovani studenti della UNAM crearono un movimento che fece
impazzire la sinistra benpensante che, isterica come oggi, li calunniò e
screditò con ferocia. Ed anche allora si disse che era un movimento violento
per distrarre l'attenzione dalla grigia campagna elettorale del grigio
candidato presidenziale del grigio partito della rivoluzione democratica.
Ora, 10 anni dopo, bisognerebbe ricordare che la UNAM continua ad essere
pubblica e gratuita grazie all'impegno di quegli uomini e donne, ragazze e
ragazzi chi oggi salutiamo.

Nel nostro addolorato Messico chi è al primo posto nell'uso
ed abuso dell'abusato termine 'violenza' sono Felipe Calderón Hinojosa ed i
mezzi di comunicazione che lo accompagnano (che sono sempre meno). Il signor
Calderón, appassionato di giochi elettronici di strategia in tempo reale (il
suo gioco preferito, l'ha dichiarato lui, è "L'Epoca degli Imperi"), ha
deciso che, al posto di pane e circo, al popolo si doveva dare sangue.
Siccome il circo già lo fanno i politici di professione ed il pane è molto
caro, Calderón ha deciso, appoggiando una banda di narcotrafficanti, di fare
la guerra all'altra banda. Violando la Costituzione ha messo l'esercito a
svolgere compiti di polizia, di pubblico ministero, giudice, carceriere ed
esecutore.
Che stia perdendo questa guerra lo sa chiunque non sia del suo gabinetto. E
che la morte del suo partner fu un omicidio lo sanno tutti, anche se non si
scrive.

E nella sua guerra, le forze del governo di Calderón hanno
nel loro conto l'omicidio di persone che non c'entravano niente, di bambini
e di non nati.

Con Calderón alla guida il governo del Messico è un passo
avanti a quelli di Stati Uniti ed Israele: lui li uccide quando ancora
stanno nel ventre materno.

Ma si è detto, ed ancora lo ripetono annunciatori ed
editorialisti, che si sarebbe usata la forza dello Stato per combattere la
violenza del crimine organizzato.

E ancora una volta si è visto che è il crimine organizzato a
guidare la forza dello Stato.

Forse tutto questo si tratta di un intelligente stratagemma
di Calderón ed il suo obiettivo è distrarre l'attenzione della gente.
Occupato com'è il pubblico col sanguinoso fallimento della guerra contro il
narcotraffico, può essere che non si renda conto del fallimento calderonista
in politica economica.

Ma torniamo alle condanne della violenza che arrivano dall'alto.

C'è un'ingannevole trasmutazione, una falsa tautologia:
dicono di condannare la violenza ma in realtà condannano l'azione.

Per loro, quelli in alto, il dissenso è un male del
calendario o, quando sfida anche questo, una patologia cerebrale che si
cura, secondo alcuni, con molta concentrazione mentale, mettendosi in
armonia con l'universo e così tutti siamo esseri umani… o cittadini.

Per questi violenti pacifisti tutti sono esseri umani: lo è
la giovane greca che alza il braccio con una molotov in mano ed il
poliziotto che uccide gli Alexis che sono stati nel mondo e lo saranno; lo è
il bambino palestinese che piange al funerali dei suoi fratelli morti per le
bombe israeliane ed il pilota dell'aeroplano di combattimento con la stella
di David sulla fusoliera; lo è il signor George W Bush ed il clandestino
assassinato dalla Border Patrol in Arizona, Stati Uniti; lo è il miliardario
Carlos Slim e la cameriera di un Sanborns che deve viaggiare 3 o 4 ore per
andare al lavoro e
se arriva tardi la licenziano; lo è il signor Calderón che si dice capo
dell'Esecutivo federale messicano, ed il contadino privato della sua terra;
lo è il signor López Obrador e gli indigeni assassinati in Chiapas che non
ha visto né sentito; lo è il signor Peña Nieto, predatore dello Stato del
Messico ed il contadino Ignacio Del Valle, del FPDT, arrestato per aver
difeso i poveri; infine, lo sono gli uomini e le donne che hanno la
ricchezza ed il potere, e le donne e gli uomini che non hanno nient'altro
che la loro degna rabbia.

E là in alto chiedono ed esigono: "Bisogna dire no alla
violenza, da qualcunque parte venga"… facendo attenzione a porre l'enfasi
se la violenza viene dal basso.

Secondo loro tutti e tutte devono mettersi in armonia
affinché si risolvano le loro differenze e contrapposizioni e gridino:
"anche il popolo armato è sfruttato", riferendosi a soldati e
poliziotti.

La nostra posizione di zapatisti è chiara. Non appoggiamo il
pacifismo che si solleva affinché sia un altro a porgere l'altra guancia, né
la violenza che si scatena quando sono altri che ci mettono i morti.

Noi siamo come siamo, con tutto il bene ed il male che
portiamo dietro e che è nostra responsabilità.

Ma sarebbe ingenuo pensare che tutto il buono che abbiamo
fatto, compreso il privilegio di ascoltarvi ed imparare da voi, si sarebbe
raggiunto senza la preparazione di un intero decennio affinché sorgesse il
Primo Gennaio come sorse 15 anni fa.

Non è stato con una marcia o un documento dei
qui-sotto-frmatari che ci siamo fatti conoscere. E' stato con un esercito
armato, con i combattimenti contro le forze federali, con la resistenza
armata che ci siamo fatti conoscere dal mondo.

Ed i nostri compagni e compagne caduti, morti e scomparsi,
lo sono stati in una guerra violenta che non è cominciata 15 anni fa, ma 500
anni fa, 200 anni fa, 100 anni fa.

Non sto facendo un'apologia della violenza, sto segnalando
un fatto verificabile: in guerra ci hanno conosciuto, in guerra siamo
rimasti questi 15 anni, in guerra proseguiremo fino a che questo angolo del
mondo chiamato Messico faccia suo il proprio destino, senza trappole, senza
finzioni, senza simulazioni.

Il Potere nella violenza ha una risorsa di dominazione, ma
ce l'ha anche nell'arte e nella cultura, nella conoscenza,
nell'informazione, nel sistema di giustizia, nell'educazione, nella politica
istituzionale e, ovviamente, nell'economia.

Ogni lotta, ogni movimento, nelle sue particolari geografie
e calendari, deve ricorrere a diverse forme di lotta. Non è l'unica e
probabilmente non sarà la migliore, ma la violenza è una di queste.

È un bel gesto affrontare con i fiori le canne dei fucili,
ci sono perfino fotografie che immortalano il gesto. Ma a volte è necessario
fare che quei fucili cambino obiettivo e si dirigano verso l'alto.

L'accusatore e l'accusato.

Ci accusano di molte cose, è vero. E probabilmente siamo
colpevoli di alcune, ma ora voglio soffermarmi su una:

Non abbiamo sparato all'orologio del tempo quel primo gennaio, né lo abbiamo
trasformato in una festa nostalgica di sconfitta, come hanno fatto col 68
alcun@ di quella generazione in tutto il mondo, come hanno fatto in Messico
con l'88 ed ora perfino col 2006. Su questo culto malaticcio per i calendari
truccati tornerò poi.
Neppure abbiamo modificato la storia per rinominarla dicendo
che siamo o fummo gli unici o i migliori, o entrambe le cose (che è ciò che
fa quest'isteria di gruppo che è il movimento lopezobradorista, ma tornerò
poi su questo).


C'è stato e c'è chi ci critica per non aver fatto il salto
"nella realpolitik" quando i nostri buoni politici, cioè il nostro
rating mediatico, offriva un buon prezzo per la nostra dignità sul mercato
delle opzioni elettorali (non politiche).

Ci accusano, in concreto, di non aver ceduto alla seduzione
del potere, ciò che è riuscita ad ottenere che gente molto brillante di
sinistra dica e faccia cose che sarebbero una vergogna per chiunque.

Ci hanno anche accusato di "delirio" o "radicalismo" perché nella VI
Dichiarazione denunciamo il sistema capitalista come la causa dei principali
mali che angosciano l'umanità. Oggi non insistono più su questo, perché lo
dicono perfino i portavoce del capitale finanziario di Wall Street.

Di sicuro, ora che tutto il mondo dice e ridice sulla crisi
globale, bisognerebbe ricordare che già 13 anni fa, nel 1996, fu segnalata
da uno scarabeo degno e rabbioso. Don Durito de La Lacandona, nella
relazione più breve che ho ascoltato nella mia breve età, disse "il problema
con la globalizzazione è che poi i globi esplodono".

Ci accusano di non rintanarci nella sopravvivenza che, con
sacrifici e l'appoggio di quelli in basso negli angoli del pianeta, abbiamo
costruito in queste terre indie, e di non rinchiuderci in quello che le
menti lucide (così si dicono) chiamano "il laboratorio zapatista" o
"la comune della Lacandona".

Ci accusano di venire fuori, sempre, per affrontare il Potere
e cercare altre, altri, voi, che lo
affrontate senza false consolazioni né conformismi.

Ci accusano di essere sopravvissuti.

E non si riferiscono alla resistenza che 15 anni dopo ci
permette di dire che continuiamo a lottare, non solo a vivere.

Quello che li disturba è che siamo sopravvissuti come altro
riferimento della lotta, della riflessione critica, dell'etica politica.

Ci accusano, chi l'avrebbe detto, di non esserci arresi, di
non esserci venduti, di non aver tentennato.

Ci accusano, insomma, di essere zapatisti dell'Esercito
Zapatista di Liberazione Nazionale.

Oggi, 515 anni dopo, 200 anni dopo, 100 anni dopo, 25 anni
dopo, 15 anni dopo, 5 anni dopo, 3 anni dopo, dichiariamo: siamo
colpevoli.

E, dato che è il modo neozapatista, non solo lo confessiamo,
ma lo celebriamo.


Non immaginavamo che questo avrebbe disturbato qualcuno che
là in alto finge progressismo o si veste di una sinistra giallo scolorito o
senza nemmeno colore, ma bisogna dirlo:

L'EZLN vive. Evviva l'EZLN!

Molte grazie.

Subcomandante Insurgente Marcos
Messico, 2 gennaio 2009

P.S. - Sette Racconti per Nessuno.

http://enlacezapatista.ezln.org.mx/comision-sexta/1201#Marcos

(Traduzione "Maribel" – Bergamo)

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Marcos denuncia la guerra alla criminalita' di Calderon

 
 

La Jornada – Sabato 3 gennaio 2009

http://www.jornada.unam.mx/texto/009n1pol.htm

Calderón si appoggia ad una banda di narcos per fare guerra all'altra banda, dice

Il subcomandante Marcos denuncia che il crimine organizzato guida la forza dello Stato

"Gli zapatisti, contro la violenza che si scatena quando sono gli altri quelli che ci mettono i morti"

HERMANN BELLINHAUSEN

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San Cristóbal de las Casas, Chis. 2 gennaio. Il subcomandante Marcos questa notte ha denunciato che in Messico "il crimine organizzato è quello che dirige la forza dello Stato", benché si dica "che si usa la forza della violenza contro la criminalità". Assicurando che il governo di Felipe Calderón Hinojosa "è un passo avanti" a livello internazionale nell'uso della violenza, ha sostenuto che "la sua guerra contro il narcotraffico" è un "sanguinoso fallimento. 

 

"Nel nostro addolorato Messico chi è al primo posto nell'uso ed abuso dell'abusato termine 'violenza' sono Felipe Calderón Hinojosa ed i mezzi di comunicazione che lo accompagnano, che sono sempre più meno veri", ha detto Marcos nella sua prima apparizione al Festival Mondiale della Degna Rabbia, convocato dall'EZLN.

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"Il signor Calderón, affezionato ai giochi di strategia in tempo reale, ha deciso che invece di pane e circo, al popolo bisogna dare violenza", ora che "il circo già lo fanno i politici professionisti ed il pane è molto caro", ha proseguito nel suo discorso in cui ha criticato anche la violenza istituzionale del governo perredista a Città del Messico, e quella globale i cui attuali paladini sono Stati Uniti ed Israele contro il popolo palestinese. 

 

"Calderón ha deciso di appoggiarsi ad una banda di narcotrafficanti per fare la guerra all'altra banda e, violando la Costituzione, ha messo l'Esercito a svolgere compiti di polizia, Pubblico Ministero, tribunale ed esecutore. Che stia perdendo questa guerra lo sa chiunque non sia del suo gabinetto." E "che la morte del suo partner fu un omicidio lo sanno tutti, anche se non si scrive", ha aggiunto.

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Il capo militare zapatista ha riflettuto ampiamente sulla violenza, i suoi usi e significati secondo il potere ed i suoi affiliati, e secondo quelli che stanno in basso. "Noi zapatisti non appoggiamo il pacifismo che si solleva affinché sia l'altro a porgere l'altra guancia, né la violenza che si scatena quando sono gli altri che ci mettono i morti". 

 

Ha accusato il governo "di sinistra" della Città del Messico di assassinare i giovani, "adolescenti la maggioranza", nel silenzio "di un settore dell'intellighenzia progressista".

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Ha ammesso che "sarebbe ingenuo pensare che tutto il buono" che hanno fatto gli zapatisti ("compreso il privilegio di ascoltarli ed imparare dalle loro lotte", ha detto ai presenti) sia stato possibile senza considerare che l'EZLN si è fatto conoscere come esercito armato. "Ci hanno conosciuto in guerra. In guerra siamo rimasti in questi 15 anni. In guerra andremo avanti fino a che questo angolo del mondo chiamato Messico chiami suo il proprio destino senza trappole, senza finzioni, senza simulazioni".

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Questa mattina, il tenente colonnello Moisés aveva dato inizio alla fase finale del festival con un appello a "circondare e chiudere il passo al capitalismo che ora vuole circondare il mondo col suo denaro". 

 

Affollando completamente l'auditorium principale dell'Università della Terra-Cideci ed altri tre saloni con video a circuito chiuso, oggi sono arrivate qui più di 3 mila persone. Come hanno osservato molti presenti, il clima era entusiasta. Una rabbia allegra, per così dire. 

 

"Stiamo qui per conoscere le diverse rabbie che sentono quelli che soffrono in ogni paese, in ogni città, nei luoghi dove ognuno lavora nelle fabbriche, scuole, terra comunale, ejido, colonia", ha detto Moisés, responsabile zapatista dell'Altra Campagna internazionale (o Intergalattica).

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Riuniti per conoscere "le diverse forme di rabbia contro il capitalismo neoliberista", oltre agli invitati che parleranno o l'hanno già fatto, al festival partecipano 228 collettivi ed organizzazioni di 22 entità federative, ed altri 57 gruppi di 25 paesi. 

 

Il comando militare zapatista ha sottolineato: "Degna deve essere la rabbia, perché, se non è così, ci vendiamo, arrendiamo e tentenniamo. Per questo è importante ascoltarci, conoscerci. Non siamo qui per sapere chi ci guiderà nel nuovo mondo che vogliamo, ma affinchè tutti insieme andiamo verso il cambiamento che vogliamo e che ognuno farà quel che deve per cambiare quello che non va al popolo povero".

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Questa riunione non è "per dimostrare chi è il più rivoluzionario", ha proseguito Moisés. "Voi ci avete dimostrato che la vostra lotta prosegue e proseguirà, ed in questi giorni qui,  state per ascoltare le molte esperienze". 

 

La delegazione ribelle presente al tavolo, insieme a rappresentanti di movimenti sociali del Messico di questo e dell'altro lato, America del Sud ed Europa, era formata dalle comandanti Miriam, Hortencia e Florencia. Ma siccome "da parte dell'EZLN è sempre ricordata la compagna comandante Ramona, questa è presente a nome della comandante Susana", ha detto Moisés.

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Inoltre c'erano i comandanti David, Zebedeo, Tacho e Guillermo, la capitana insurgente Elena, la "compañera" Everilda, le bambine Toñita e Lupita e, al lato estremo del tavolo, il subcomandante insurgente Marcos.

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A questi partecipanti si sommano 90 gruppi musicali, teatrali, di danza, burattinai, cantastorie e di poesia. Nella prima tappa del festival, realizzata a Città del Messico, si è avuta una partecipazione "fluttuante" di almeno 2.500 persone ogni giorno, ha detto Moisés. A San Cristóbal de las Casas il pubblico sembra più numeroso, e meno fluttuante. 

 

Durante il giorno hanno preso la parola rappresentanti dell'Unione Nazionale delle Organizzazioni Politiche di Sinistra Indipendente (UNOPII) e l'Unione Nazionale delle Organizzazioni Sociali (Unios). Justicia para el Barrio, con un documentario, ha presentato l'esperienza dei "due volte profughi": in Messico e poi negli Stati Uniti.

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Il Comitato di Solidarietà con i Popoli del Chiapas in Lotta, di Parigi, ha ricordato con commozione i due grandi uomini che hanno lasciato un'impronta importante nello zapatismo del Chiapas: Amado Avendaño e Andrés Aubry.

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Hugo Blanco, leggendario dirigente della Confederación Campesina del Perú, ha assicurato che "tutti i popolo nati da Abya Yala (l'America profonda) sono fratelli e non più solo per una vita giusta, ma per la salvezza del genere umano". 

 

Hanno anche partecipato i lavoratori disoccupati di Argentina, Ya Basta Italia e la Centrale Generale dei Lavoratori dello Stato Spagnolo. La rivista Alana, Grecia, ha fatto riferimento all'attuale esplosione sociale in più di 50 città del suo paese contro "i simboli della ricchezza e la forza della polizia".

(Traduzione "Maribel" – Bergamo)



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venerdì 2 gennaio 2009

per info sul festival clicca su

http://dignarabia.ezln.org.mx/wp-content/gallery/29_diciembre/DSC04323.jpg

E' INIZIATO IL FESTIVAL DELLA DIGNA RABIA

 
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La Jornada – Sabato 27 dicembre 2008

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Centinaia di collettivi e ONG celebrano il 15° anniversario dell'insurrezione armata

E' iniziato il primo Festival Mondiale della Digna Rabia, convocato dall'EZLN

Migliaia di persone parteciperanno all'incontro iniziato a Città del Messico e che si chiuderà in Chiapas il 5 gennaio

GEORGINA SALDIERNA

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Con la partecipazione di centinaia di collettivi ed organizzazioni sociali è cominciato ieri a Città del Messico il primo Festival Mondiale della Degna Rabbia, convocato dall'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) nel 15° anniversario dell'insurrezione armata e nel 25° della sua nascita. 

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Durante l'inaugurazione dell'evento che si concluderà il 5 gennaio in Chiapas, è stato sottolineato che l'obiettivo della riunione è servire da "finestra o specchio" in cui le diverse rabbie, lotte e processi di organizzazione si incontrino gli uni con gli altri. Il proposito è che dialoghino tra loro e dicano ciò che pensano, ciò che sperano e quello per cui lottano.

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Gli organizzatori ritengono che l'obiettivo è stato abbondantemente raggiunto con la partecipazione di migliaia di persone. Tra queste c'è una ragazza della Grecia che durante l'apertura dei lavori - nel Teatro Tenda di Iztapalapa - ha ricordato che i giovani che lottano per le strade del suo paese hanno ripreso quel "Ya basta!" con il quale sono apparsi gli zapatisti nel 1994. 

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Leggendo un volantino anonimo che circola per le strade, nelle caselle di posta elettroniche e negli spazi virtuali dei collettivi altromondisti e filo-zapatisti, ha raccontato che la Grecia si è resa visibile dal "grido di una rabbia giusta e degna". In questo contesto ha fatto riferimento all'assassinio da uno studente da parte della polizia. Ha affermato che "la morte di Alexis è stata la goccia che ha rovesciato il vaso, e questo ricorda quell'Alexis ucciso dalla Polizia Federale Preventiva ad Atenco e l'insurrezione sulle barricate di Oaxaca".

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Oltre alla giovane greca, sono giunti all'incontro rappresentanti da Italia, Spagna, Argentina e Svizzera, tra altri Paesi. Dal Messico partecipano moti gruppi, come l'Unione Nazionale delle Organizzazioni Popolari di Sinistra Indipendente, il Sindacato Operaio Socialista ed il Congresso Nazionale Indigeno, così come ex "detenuti politici" di Atenco e Oaxaca. 

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Risalta la presenza di doña Trini, moglie di Ignacio del Valle Medina, dirigente del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra, condannato a 112 anni di prigione. In un'intervista ha annunciato che il 7 gennaio si manifesterà di fronte alla Suprema Corte di Giustizia per chiedere la liberazione di 13 detenuti di Atenco che stanno scontando delle "condanne ingiuste".

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Durante i lavori del festival si analizzerà quello che hanno chiamato "le quattro ruote del capitalismo" che sono sfruttamento, saccheggio, repressione e disprezzo, così come le alternative raccolte sotto il titolo "Altri percorsi". 

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Nel primo tavolo sullo sfruttamento, operai della maquilla a Tijuana e Santa Rosalía, Bassa California e Bassa California Meridionale, denunciano le condizioni di lavoro che imperano in quelle imprese. Uno di questi ha paragonato la vita in una prigione e quella in una maquilla considerando che le condzioni nella seconda sono peggiori, poiché il sistema schiavista maquilador lega il lavoratore, per la maggior parte del giorno, ad una macchina, senza lasciarlo andare nemmeno in bagno.

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Altri partecipanti alla discussione hanno parlato dell'espropriazione dei mezzi di produzione, del rovesciamento della borghesia e della costruzione del potere dei lavoratori, mentre altri delle lotte che hanno avuto successo, come quella del Sindacato dei Lavoratori di Euzkadi. 

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Parallelamente ai tavoli di lavoro si svilupperà un'agenda culturale nella quale sono previsti 54 gruppi musicali di diversi generi, come jazz, reggae, ska e hip hop, oltre a gruppi di danza e compagnie teatrali. Sono state inoltre montate mostre fotografiche e di pittura. 

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Tra i conferenzieri ci sono Luis Villoro, Pablo González Casanova, Michael Hardt, Adolfo Gilly, Raúl Zibechi, Marcos Roitman e John Holloway.

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(Traduzione "Maribel" – Bergamo)



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