martedì 30 ottobre 2007

INIZIATIVA ZAPATISTA



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SIETE TUTT@ INVITAT@ ALL'INIZIATIVA 'SIAMO TUTTI ZAPATISTI' CHE SI TERRA' LUNEDì PROSSIMO

AL CAFFE' LETTERARIO FAHRENHEIT 451 DI SAN GIOVANNI VALDARNO. QUI DI SEGUTO

IL COMUNICATO STAMPA E IN ALLEGATO IL VOLANTINO DELLA SERATA. COGLIAMO L'OCCASIONE ANCHE PER INVITARVI ALLA CENA CHE SI TERRA' SABATO 24 NOVEMBRE A MERCATALE V.NO IL CUI RICAVATO ANDRA' A FINANZIARE UN NUOVO PROGETTO DI SOLIDARIETA'

CON IL CARACOL DI ROBERTO BARRIOS.

SALUTI

COORDINAMENTO TOSCANO DI SOSTEGNO ALLA LOTTA ZAPATISTA

P.S. FATELA GIRARE!!!




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Lunedì 5 novembre, alle 21,30, incontro pubblico dal titolo "Siamo tutti zapatisti" presso il Caffè letterario "Fahrenheit 451" di San Giovanni.
La serata, promossa dal Coordinamento Toscano di Sostegno alla Lotta Zapatista e Associazione Ya Basta, rappresenta l'occasione per presentare Patto d'Amicizia tra il Comune di Bucine e il Caracol di Roberto Barrios.
Interverranno Vittorio Sergi (ricercatore), Armando De Mattheis (Comunità in Resistenza C.S.O.A. Intifada), Riccardo Franciolini (ricercatore), Daniele Fini (Coordinamento Toscano di Appoggio alla Lotta Zapatista) e Sauro Testi (Sindaco del Comune di Bucine).
Durante l'evento verranno proiettate le foto dell'ultima "Carovana" in Chiapas, sarà presentato il viaggio di dicembre-gennaio e gli intervenuti illustreranno i progetti di solidarietà con le comunità zapatiste.

Ingresso libero.



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lunedì 29 ottobre 2007

La Jornada - 29 ottobre 2007






 
In Chiapas installato un accampamento per i diritti
 
ÁNGELES MARISCAL, Corrispondente
 
Tuxtla Gutiérrez, Chis., 28 ottobre. Alcuni attivisti hanno installato un accampamento civile di osservazione per i diritti umani nel villaggio 28 de Junio, municipio di Venustiano Carranza, dove gli abitanti hanno subito minacce dall'Esercito Messicano e dai poliziotti statali e federali, che li hanno collegati con l'Esercito Popolare Rivoluzionario (EPR). L'accampamento è stato installato nel centro di 28 de Junio, 55 chilometri a est dalla capitale chiapaneca, dopo che lo scorso 30 settembre l'Organizzazione Contadina Emiliano Zapata (OCEZ) aveva invitato organismi nazionali e stranieri a mandare osservatori dei diritti umani a seguito della persecuzione dei governi federale e statale, ha dichiarato José Manuel Hernández Martínez, leader locale della OCEZ ed accusato di essere dirigente regionale dell'EPR. L'appello si è diffuso all'approssimarsi delle elezioni del 7 ottobre scorso, perché la OCEZ non scartava l'idea che il governo statale arrestasse i dirigenti con accuse prefabbricate di essere legati all'EPR e perfino al narcotraffico. Prima del 7 ottobre, la OCEZ aveva denunciato che giornalmente poliziotti statali e federali, così come i soldati, "entrano ed escono" da 28 de Junio, Guadalupe La Cuchilla e San José La Grandeza, come metodo intimimatoria; col risultato che "le donne ed i bambini hanno molta paura".
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)





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sabato 27 ottobre 2007

resoconto di un delegato

Lavori collettivi

L idea dei lavori collettivi Euna caratteristica presente nelle comunita indigene, tutte, non solo quelle zapatiste. Ogni capofamiglia dedica alcuni giorni ogni mese ad attivitEdi interesse collettivo della comunitE(costruzione di una strada, preparazione di feste religiose etcc).

Nel tavolo di discussione non si Eparlato di questi. Si Eparlato di quelli tipici delle comunitEzapatiste, che si sono sviluppati in seguito all'organizzazione delle comunitEe hanno come scopo quello di appoggiare economicamente la resistenza, cioEle autoritEautonome, i promotori, le istituzioni autonome etcc

Per esempio ha raccontato un compagno del Caracol de La Garrucha che nella loro zona giEda prima del 94 si iniziarono a coltivare collettivamente dei campi di mais e fagioli e si iniziEa lavorare la canna da zucchero per fare la canela (non so se Ezucchero grezzo o altro). La vendita di questi prodotti serviva a mantenere le autoritEelette dalle comunitEper il lavoro politico nellorganizzazione.

Adesso in tutti i Caracoles sono organizzati numerosi collettivi o comitati che organizzano le attivitEdei lavori collettivi. I proventi di tutte queste attivitEhanno lo scopo di mantenere sia economicamente che alimentarmente il lavoro delle autoritEa tutti i livelli, i promotori di salute e di educazione (nel loro lavoro e nella loro formazione), gli alunni nelle scuole municipali. Possono servire per comprare medicine per le cliniche o le farmacie, per comprare la benzina per lambulanza (come nel caso della clinica del Caracol de La Garrucha).

Questi comitati sono organizzati in ogni comunitE ma anche nelle scuole municipali, nelle cliniche, coloro che ci lavorano o ci studiano svolgono delle attivitEin collettivo per poter finanziare la propria istituzione autonoma.

Per fare degli esempi di attivitEcollettive:

-Oventik: produzione pane, allevamento, negozi comunitari, produzione scarpe, produzione ortaggi, falegnameria, produzione miele.

-Morelia: produzione pane, candele, fagioli, allevamento di polli e pecore (queste attivitEsono gestite da collettivi di donne). Inoltre produzione di mais, fagioli e ortaggi, allevamento di polli e bovini, negozio collettivo situato nel centro Caracol gestito da un rappresentante di ogni municipio autonomo e il guadagno Espartito per ogni municipio.

-La Garrucha: allevamento bovini e ovini, negozi comunitari, produzione di mais (anche a livello municipale), farmacia collettiva (situata nella comunitENuevo Jerusalem, Municipio Autonomo Ricardo Flores Magon, piEche finanziare la autonomia serve a dare un servizio agli abitanti delle comunitEisolate di questa zona remota della selva, si vendono le medicine allo stesso prezzo di cui sono state comprate).

L unico dubbio che ho su questa faccenda dei lavori collettivi E ma devono partecipare tutti coloro che aderiscono all organizzazione? Secondo me si, ma non ho capito bene.

In questo tavolo di discussione si Eparlato poi delle esperienze delle cooperative che sono nate nei Caracoles. Ad esempio ad Oventik ci sono tre cooperative di donne tessitrici e due di produttori di cafE come a Morelia una del caf. Le cooperative sono composte da un certo numero di persone che si uniscono per portare avanti insieme un progetto produttivo comune. Uno dei dubbi su cui dibattevo con altri compagni a luglio, ma di cui ancora non ho una spiegazione: ma i proventi delle cooperative restano tutti ai soci o vanno anche alla resistenza(alle comunitE? Secondo me restano ai soci. L' idea che mi sono fatto Eche queste cooperative funzionano, per chi conosce l' esperienza di Nuevo Horizonte nel Peten, come quelli che laggiEchiamano i gruppi di interesse.

Alcuni esempi di cooperative:

-Cooperative Tessitrici (Oventik).

Ci sono tre cooperative di donne tessitrici. Le donne indigene sono sempre state delle ottime tessitrici, che producevano e producono vestiti per uso quotidiano e per le cerimonie. Da alcuni decenni si Esviluppato moltissimo il mercato turistico di questi tessuti artigianali. Molte donne vanno a vendere i loro prodotti nei negozi a San Cristobal dove glieli pagano una miseria (oltre a non guadagnarci nulla, spesso le donne indigene non riescono nemmeno a coprire le spese per il materiale e il trasporto alla cittE. Las Mujeres por la Dignidad (marzo '97), Xhulunchum (ottobre '99), Ni Chim Rosa (maggio 2001) sono i nomi delle cooperative (non so se sono giusti) di donne che hanno iniziato a lavorare in modo collettivo e a cercare dei canali di vendita alternativi e piEdegni rispetto alla vendita ai negozi a San Cristobal. Le cooperative sono composte da donne di vari municipi del Caracol. L' assemblea delle socie elegge una mesa direttiva (un consiglio direttivo) in carica per un anno: questa ha il compito di amministrare, gestire le vendite e la documentazione, tenere i rapporti coi clienti, preparare informes (resoconti), fare inventario, spedire i prodotti. La mesa puEessere destituita dalla volontEdelle altre socie. Le assemblee delle tre cooperative si riuniscono tra di loro una volta all'anno. Coloro che lavorano nella mesa non ricevono uno stipendio, il guadagno della cooperativa Espartito tra tutte le socie. Le donne lavorano tre o quattro giorni a settimana per 8 ore. Con queste attivitEarriva loro un po di soldi per mantenere i figli e la famiglia. Il governo sta cercando di ostruire il lavoro di queste cooperative, ha fatto sorgere alcuni negozi, per fare concorrenza, dove si vendono prodotti comprati a donne indigene a basso prezzo che vendono venduti come prodotti ci cooperative zapatiste.

-Cooperative CafE(Oventik).

Le due cooperative del cafEsi chiamano Mut-vitz e Ya Chi Xacabal (i nomi forse sono un po storpiati). La seconda Enata nel 2001. Nel 2003 si Eallargata e ora Ecomposta da 800 soci (la maggioranza uomini, ma anche qualche donna) di 3 municipi. La mesa direttiva Edi 15 persone che non ricevono stipendio, stanno in carica tre anni e danno un informe ogni anno. Esportano il cafEall'estero grazie alla cooperazione internazionale, perchEglielo pagano a un prezzo migliore. (da queste cooperative viene il cafEche vende in italia ya basta). Fino ad ora sono riusciti ad avere un magazzino, mezzo di trasporto, macchinari per desgranar (penso che sia per sbucciare il chicco) e una per tostare. Il governo da alcuni anni sta attuando delle manovre per ostruire l'attivitEdelle cooperative: finanzia i coyotes (intermediari),che di solito pagano una miseria il cafEai contadini, cosEche questi vanno dai contadini, anche quelli delle cooperative, per offrirgli un monte di soldi in piE per convincerli di vendere il cafEa loro invece che alle cooperative.

-Cooperativa CafE(Morelia).

C'Euna cooperativa del cafEche si chiama Tatawelo. E' nata non so quando ed erano 44, adesso sono 315 soci. Vendono il cafEin germania e italia grazie alla cooperazione internazionale.

Resoconto della Comandancia sui 14 anni di autonomia.

Moyses, incaricato della comandancia per la sexta internacional, ha detto In questo incontro le nostre parole non sono state parole da politici per ingannare il popolo, ma sono state parole dal cuore...Abbiamo commesso molti errori. Se commettiamo degli errori stiamo costruendo, se non commettiamo nessun errore EperchEnon facciamo niente. La cosa importante Ericonoscere i nostri errori. In questo tavolo i e le comandanti che parlavano, raccontavano delle cause che hanno portato all'insurrezione e degli avvenimenti principali di questi ultimi 14 anni. Se il movimento zapatista nacque Eper cercare la vita, una vita che non c'era in Chiapas. La loro lotta fu subito a livello nazionale e per il riconoscimento dei diritti di tutti i popoli indigeni del paese, che si sono resi conto che le domande e le necessitEche hanno portato gli zapatisti a fare la guerra sono le loro. Il malgoverno in questi ultimi 14 anni si Ecomportato male con gli zapatisti e con tutti i popoli indigeni, non mettendo in pratica gli accordi di San Andres. Gli zapatisti quindi nel 2003 formalizzarono il loro autogoverno dei propri territori con la nascita dei Caracoles e le Giunte di Buon Governo: il governo non compEgli Accordi di San Andres e quindi, senza chiedere il permesso a nessuno, incominciammo a costruire. Ora possiamo dire che siamo capaci di governare e di governarci senza bisogno dei partiti politici e dei ricchi. Sulla gestione del governo delle comunitEzapatiste e sul concetto di autonomia Emolto importante la tradizione indigena. Nel pensiero indigeno le autoritEsono servitori del popolo. Invece nel sistema capitalista e neoliberista molti fanno le autoritEcon la speranza di fare soldi e di tutelare i propri interessi. Noi vogliamo riscattare e mettere in pratica il pensiero dei nostri antenati. Ogni zona cerca la propria forma di come crescere, non c'Eun manuale. Si Eparlato poi delle comunitEnon zapatiste che vivono nei territori con presenza zapatista: hanno detto che stanno per sparire questi villaggi, nel senso che sta sparendo la loro lingua e la loro cultura. I villaggi filogovernativi, a differenza degli zapatisti, accettano gli aiuti che da dopo il '94 il governo manda alle comunitErurali del Chiapas (cibo, tetti di lamiera, apparati di comunicazione etc...). Questo provoca una situazione di dipendenza di queste comunitEverso il governo. In alcune di queste il governo e l'esercito messicano hanno istruito i contadini poveri come paramilitari per andare ad uccidere e per minacciare le comunitEin resistenza. Gli zapatisti potrebbero chiamare questi contadini indigeni dei traditori. Pero, anche negli altri tavoli dove parlavano i civili delle comunitE chi ha parlato di loro li ha sempre chiamati fratelli, EpiEdi una volta Estato detto che sono sangue del nostro sangue. Gli zapatisti hanno ben chiaro che il nemico non sono i contadini che per ignoranza o per fame diventano dei criminali al soldo del governo, ma il nemico Eil sistema neoliberista e tutte le strutture che continuano a mantenere lo sfruttamento delle persone povere e delle loro risorse.

Ha detto il Comandante David, dopo aver descritto i progressi fatti in questi anni, che questa di cui abbiamo parlato la chiamiamo lotta pacifica e politica, ma non vuol dire che non siamo pronti a difenderci con le armi. Diciamo no alla consegna delle nostre armi perchEsono l'unica garanzia che abbiamo noi indigeni.

Poi Estato detto che continuano a portare avanti la comunicazione e la solidarietEcon tutti i popoli indigeni e in lotta.

Radio Insurgente, la radio dell' Esercito Zapatista, Estata molto importante per l'informazione nei villaggi, dal 2005 ha avviato un processo per lasciare la gestione delle apparecchiature radio alle comunitEindigene. Quindi dagli insurgentes ai civili delle comunitE Sono nate alcune radio comunitarie per far capire che non dobbiamo arrenderci al nostro nemico.

giovedì 25 ottobre 2007

Incontro dei Popoli Indigeni, report finale

>
> Incontro dei Popoli Indigeni d'America
> http://www.tmcrew.org/chiapas/encuentroindigena/
>
> Dall'11 al 14 ottobre, a Vicam nello stato di Sonora del nord del Messico,
> si e' svolto il Primo Incontro dei Popoli Indigeni d'America, ospitato
> dalla
> tribu' Yaqui, nel suo territorio autonomo e indetto dall'EZLN e dal
> Congresso Nazionale Indigeno.
>
> Quasi 600 delegati, di 67 nazioni e popoli indigeni differenti sparsi in
> dodici stati, in maggioranza del centro e nordamerica, di fronte a 1000
> osservatori internazionali e messicani, molti dei media indipendenti, dei
> movimenti sociali e delle organizzazioni di diritti umani, hanno
> raccontato
> delle proprie tradizioni, degli abusi patiti, delle terre e delle culture
> sottratte, delle lotte e delle resistenze organizzate in 515 anni di
> invasione.
>
> Oggi piu' che mai, in questo incontro, i popoli indigeni hanno
> riconosciuto
> la radice comune di tutti i loro mali: il capitalismo. Il pensiero
> neoliberista e' di per se antitetico alla spiritualita' ancestrale e
> all'equilibrio naturale della cultura nativa, quindi la guerra messa in
> atto
> contro questi e' spietata e definitiva. Allo stesso tempo, la resistenza
> dei
> popoli indigeni diventa la trincea di tutta quella umanita' che non vuole
> arrendersi al pensiero unico, alla fine della storia decretata dal
> capitale,
> alla previdibile implosione e collasso ecologico del pianeta.
>
> L'alleanza tra tante diverse tradizioni non e' facile, ne' scontata. Pero'
> queste differenze rendono anche la ricchezza della diversita' del vivere,
> dei colori del mondo, quelli brevettati, ingrigiti e messi in vendita
> dalla
> globalizzazione delle multinazionali. A Vicam, a conclusione dell'evento,
> e'
> stata redatta una Dichiarazione dei Popoli Indigeni, la prima
> autoconvocata
> dai popoli nativi medesimi, continentale, esplicitamente anticapitalista.
> La
> strada e' lunga, ma il cammino e' gia' segnato.
>
> I quattro giorni dell'Incontro di Vicam sono dettagliatamente raccontati
> in
> queste pagine, corredate con foto e traduzioni:
>
> gallerie fotografiche:
> http://www.tmcrew.org/chiapas/encuentroindigena/foto.htm
>
> Corrispondenze:
>
> Si chiude l'evento, si apre un sentiero
> http://www.tmcrew.org/chiapas/encuentroindigena/rep071014end.htm
>
> I mille colori del Messico
> http://www.tmcrew.org/chiapas/encuentroindigena/rep071013mex.htm
>
> Testimonianze del Mesoamerica e Sudamerica
> http://www.tmcrew.org/chiapas/encuentroindigena/rep071012sud.htm
>
> Nella terra invasa dai Soldati Blu
> http://www.tmcrew.org/chiapas/encuentroindigena/rep071012usa.htm
>
> Dalla terra che chiamano Canada
> http://www.tmcrew.org/chiapas/encuentroindigena/rep071011canada.htm
>
> L'apertura dell'Incontro
> http://www.tmcrew.org/chiapas/encuentroindigena/rep071011.htm
>
> ----------
>
> Quando l'ultimo albero sarà abbattuto, l'ultimo fiume avvelenato, l'ultimo
> pesce pescato, vi renderete conto che non si può mangiare il denaro.
>
> (Piede di Corvo, Piedi Neri)
>
>

Gruppi civili denunciano la guerra sporca contro i municipi zapatisti - La Jornada 25ott07

 
-----contro i municipi zapatisti - La Jornada 25ott07

La Jornada – Giovedì 25 ottobre 2007
 
 

Gruppi civili denunciano la guerra sporca contro i municipi zapatisti

 
 
HERMANN BELLINGHAUSEN
 
Il prossimo sabato 27 si terrà, a Jojutla, Morelos, il secondo Forum Nazionale di Solidarietà con le Comunità Zapatiste del Chiapas, convocato dall'altra campagna. Si aspetta la presenza del subcomandante Marcos, delegato della Commissione Sesta dell'EZLN. 
 
Lì si discuteranno compiti ed accordi per future azioni "di solidarietà con i popoli e le comunità zapatiste che resistono degnamente all'aggressione militare e paramilitare promossa dal governo federale e dall'insieme della classe politica".
 
Nel frattempo, collettivi, organizzazioni ed aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona in diversi stati, realizzano riunioni e pronunciamenti "contro l'intensificazione della repressione con la quale i malgoverni federale (del PAN) e del Chiapas (del PRD e del PRI) continuato la loro guerra sporca contro i municipi autonomi ribelli zapatisti". Con questo sistema "il malgoverno vuole spogliare le comunità delle loro terre", affermano collettivi ed individui di Ensenada, Bassa California. 
 
In una dichiarazione, fanno riferimento al "violento sgombero, sequestro ed arresto che, col pretesto di 'preservare l'ambiente', subito dalle comunità dei Montes Azules".
 
Denunciano "i malgoverni" come "principali responsabili della distruzione della natura" e citano l'offensiva del governo municipale perredista di Zinacantán, "dove le aggressioni, furti e violazioni dei diritti delle comunità continuano impunemente". 
 
Ugualmente, ripudiano le azioni "dell'organizzazione paramilitare Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) che, insieme al governo, vuole rubare le terre che furono recuperate ai finqueros grazie all'insurrezione dell'EZLN nel 1994".
 
I collettivi Resistencia e Radio Digna, tra altri, rimarcano "la decisione del PRD di unirsi alla guerra contrainsurgente e paramilitare in Chiapas, questo dimostrato dai candidati che questo partito ha presentato nelle passate elezioni statali".
 
Inoltre, dichiarano la loro "intenzione di rispondere alle azioni (passate, presenti e future)" che prenderà il governoo, "avallato dalla Procura Agraria e dalla Segreteria della Riforma Agraria", contra le comunità di Mukulum Bachajón, Crucero Agua Azul, San Miguel Agua Azul, Ignacio Allende, Primer Progreso, Segundo Progreso, Embarcadero, Parte Majas, Salto del Tigre  Bolon Ajaw (municipio autonomo Olga Isabel); ranchería El Nance (municipio autonomo Vicente Guerrero); 24 de Diciembre (municipio autonomo San Pedro de Michoacán); San Juan del Río, San Alfredo, Casa Blanca, Miguel Hidalgo e 20 de Febrero (municipio autonomo San Manuel); Nuevo Rosario e San Patricio (municipio autonomo Francisco Gómez), e Nueva Revolución (municipio autonomo Akabalná).
 
Manifestano il loro ripudio "per le azioni criminali del governo e dei gruppi paramilitari", ed esigono "la fine delle aggressioni contro le comunità zapatiste, la liberazione incondizionata di tutti i detenuti, il risarcimento dei danni causati alle comunità e la garanzia che le comunità sgomberate dai Montes Azules possano ritornare nelle loro case, oltre alla sospensione immediata delle aggressioni a Zinacantán". Chiedono la punizione dei membri di PRD, PRI e PAN "che promuovono gruppi paramilitari come parte della strategia di guerra contro le comunità zapatiste".
 
Inoltre, condannano "le vessazioni da parte dell'Esercito federalede di cui è stata oggetto la carovana della Commissione Sesta mentre si recava all'Incontro dei Popoli Indigeni d'America a Vícam, Sonora", ed esigono garanzie "affinché la Commissione Sesta possa spostarsi liberamente sul territorio nazionale".
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)


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mercoledì 24 ottobre 2007

dalla Jornada 24 ott07

Aguilar Camín vuole ribaltare la verità su Acteal: Las Abejas
 
- "Politici, giornalisti e scrittori si fanno complici dell'impunità", sostiene
 
ELIO HENRÍQUEZ
 
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, 23 ottobre. Mentre mancano due mesi al decimo anniversario dell'assassinio di 45 indigeni ad Acteal, l'organizzazione civile Las Abejas ha dichiarato che politici, giornalisti e scrittori che "si rendono complici dell'impunità" vogliono "occultare, manipolare e tergiversare" la verità dei fatti. 
 
Ricordando le vittime con una messa questo lunedì - come succede il giorno 22 di ogni mese - il gruppo ha diffuso un comunicato dedicato in gran parte allo scrittore Héctor Aguilar Camín che, dicono, "tenta di ribaltare il conflitto politico in Chiapas che portò al massacro".
 
Aggiunge che ciò che si vuole "è cercare di deviare la verità e far credere che lo Stato non ebbe niente a che vedere in quel massacro, ma noi gli diciamo che quanto accaduto ad Acteal fu il risultato di un conflitto politico progettato dall'alto nei governi (federale) di (Ernesto) Zedillo e (statale di Julio César) Ruiz Ferro". 
 
L'organizzazione, alla quale appartenevano le 21 donne, 15 bambini e nove uomini assassinati, aggiunge: "È evidente che lui (Aguilar Camín) vuole rimaneggiare l'informazione, e invece di dire paramilitari usa il termine gruppi di autodifesa, ma noi gli diciamo che prima del massacro quella gente che lui chiama gruppi di autodifesa passavano nelle comunità su auto ed armati ed erano accompagnati dalle camionette della Polizia di Pubblica Sicurezza dello Stato".
 
Davanti a circa 300 indigeni accorsi ad Acteal per partecipare alla cerimonia, l'organizzazione ha sottolineato: "A questo signore rispondiamo che il suo articolo pubblicato dalla rivista Nexos, numero 358, di questo mese di ottobre, è un ritorno alla tesi secondo cui il massacro di Acteal fu conseguenza di un problema intercomunitario, che poi tentarono di strumentalizzare come conflitto religioso".
 
Aguilar Camín "potrà scrivere i seguenti due articoli, ma non sono altro che la stessa cosa, solo ribaltata", dichiarano Las Abejas, mentre assicurano che "nessuno potrà fermare la nostra campagna contro l'impunità, perché la nostra lotta non è solo per Acteal, ma per tutti i massacri e le repressioni contro i nostri popoli del Messico. Non riposeremo fino a che non vedremo applicata la giustizia, per chiunque, e senza discriminazioni".
 
Ricorda che un giorno prima del crimine, "nella comunità Quextic Centro - vicina ad Acteal - i paramilitari si erano riuniti per programmare il massacro di Acteal ed uno dei dirigenti paramilitari disse: 'non temete, ce la faremo, abbiamo l'appoggio della polizia, quindi non preoccupatevi'. E da chi dipende la polizia, dal gruppo di autodifesa, o dallo Stato? Per allargare ulteriormente il panorama, questo testimone andò alla Subprocura di Giustizia Indigena a San Cristóbal del Las Casas a denunciare quello che si stava organizzando contro gli uomini e le donne di Acteal, proprio il giorno stesso de massacro, ed in quell'istituzione gli dissero: 'ritorna un altro giorno, siamo in ferie"'.
 
Aggiunge: "dopo che i paramilitari massacrarono i nostri compagni, quella stessa notte i signori Jorge Enrique Hernández, segretario esecutivo del Consiglio Statale di Pubblica Sicurezza dello stato; David Gómez, sottoprocuratore di Giustizia Indigena ed il sottosegretario generale di Governo, Uriel Jarquín, arrivarono a prelevare i cadaveri il più rapidamente possibile prima che arrivasse la stampa, secondo le dichiarazioni rese alla Procura Generale della Repubblica da Antonio del Carmen López Nuricumbo, comandante della zona Chenalhó di Pubblica Sicurezza. Se il massacro è avvenuto per una questione intercomunitaria o religiosa, perché questi funzionari avevano così paura che la stampa vedesse questo fatto?".
 
Insistendo sul fatto che i governi successivi al massacro, compresi quelli del "cambiamento", non hanno fatto giustizia, l'organizzazione Las Abejas sostiene che "il tempo e lo spazio ci hanno dato occasione affinché la nostra memoria e cuore lottino contro l'impunità del massacro di Acteal. Continuiamo ad alzare la nostra voce fino a che sia ascoltata e che i responsabili siano al fine puniti secondo la legge".
 
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

sabato 20 ottobre 2007

Zapatisti e 64 famiglie di ejidatarios in disputa per le terre ad Ocosingo - La Jornada 20ott07



 
Zapatisti e 64 famiglie di ejidatarios in disputa per le terre ad Ocosingo - La Jornada 20ott07

– Sabato 20 ottobre 2007
 
- Basi di appoggio rifiutano l'intervento del governo
 
Zapatisti e 64 famiglie di ejidatarios si disputano un terreno ad Ocosingo
 
Elio Henríquez (Corrispondente)
 
San Cristóbal de Las Casas, Chis., 19 ottobre. Circa 64 famiglie di ejidatarios si disputano con basi dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) il podere Emiliano Zapata, nel municipio di Ocosingo, fatto che tiene in tensione questa comunità, come si rileva da una denuncia penale inoltrata all'autorità di giustizia. 
 
Il 13 ottobre 64 famiglie che possiedono documenti ufficiali che accreditano la proprietà di 308 ettari, sono entrate nel podere ed hanno costruito 64 capanne fisse. Martedì mattina, decine di indigeni basi di appoggio dell'EZLN si presume abbiano cacciato le famiglie e distrutto le capanne. 
 
Fonti del governo statale ricordano che nel 1994 gli abitanti di Chavarico Las Palmas, municipio di Ocosingo, chiesero terre alle autorità agrarie. Dopo poco du consegnato loto il podere Emiliano Zapata di 308 ettari.
 
Tuttavia, i beneficiari non poterono prendere possesso delle terre perché erano occupate dalle basi di appoggio zapatiste appartenenti al municipio autonomo di San Manuel, con sede nel municipio ufficiale di Ocosingo. 
 
Tredici anni dopo, gli ejidatarios sono entrati ed hanno costruito le 64 case, che poi sono state distrutte dalle basi zapatiste. Le famiglie cacciate sono poi tornate tre giorni dopo impadronendosi del podere, ma il giorno dopo sono state di nuovo cacciate. Ciovedì, i tzeltales sono entrati nuovamente nel terreno, dove erano ancora presenti il pomeriggio di questo venerdì. Gli zapatisti si sono ritirati e mantengono solo delle guardie. 
 
Funzionari della delegazione di governo con sede ad Ocosingo hanno cercato di parlare con le basi di appoggio, ma queste hanno chiesto loro di andarsene perché non vogliono avere niente a che fare col governo ma risolvere il conflitto tra loro stessi.
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

martedì 16 ottobre 2007

Parole di Marcos a chiusura dell'Incontro di Vicam

 

PAROLE DELLA COMMISSIONE SESTA DELL'EZLN A CHIUSURA DELL'INCONTRO DEI POPOLI INDIOS D'AMERICA
 
14 Ottobre 2007
 
 
Autorità tradizionali della Tribù Yaqui di Vicam:
Leader, rappresentanti, delegati, autorità dei popoli originari d'America presenti in questo Primo Incontro dei Popoli Indios d'America:
Uomini e donne, bambini ed anziani della Tribù Yaqui:
Osservatori ed osservatrici del Messico e del Mondo:
Lavoratrici e lavoratori dei mezzi di comunicazione:
 
Sorelle e fratelli:
 
Grandi sono le parole ascoltate in questo incontro.
 
Grandi sono i cuori che hanno partorito queste parole.
 
Il dolore dei nostri popoli è stato raccontato da chi lo subisce da 515 anni: 
 
La sottrazione ed il furto di terre e risorse naturali, ma ora con i nuovi abiti della "modernità", del "progresso", della "civiltà", della "globalizzazione". 
 
Lo sfruttamento di centinaia di migliaia di uomini, donne, bambini ed anziani, che riproducono i tempi ed i metodi delle encomiendas e delle grandi haciendas dell'epoca in cui le corone d'Europa si imponevano a ferro e fuoco. 
 
La repressione con la quale eserciti, poliziotti e paramilitari rispondono alle rivendicazioni di giustizia della nostra gente, come quella che le truppe dei conquistadores usavano per annichilire intere popolazioni.
 
Il disprezzo che riceviamo per il nostro colore, la nostra lingua, il nostro modo di vestire, i nostri canti e balli, le nostre credenze, la nostra cultura, la nostra storia, nello stesso modo di 500 anni fa, quando si discuteva se eravamo animali da addomesticare o bestie feroci da annichilire, si riferivano a noi come inferiori. 
 
Le 4 ruote della carrozza del denaro, per usare le parole dello Yaqui, ripercorrono la strada fatta del sangue e del dolore dei popoli indios del continente. 
 
Come prima, come 515 anni fa, come 200 anni fa, come 100 anni fa. 
 
Tuttavia, qualcosa è cambiato.
 
Mai la distruzione era stata tanto grande ed irrimediabile. 
 
Mai era stata tanto grande ed incontrollabile la brutalità contro terre e persone. 
 
E mai era stata tanto grande la stupidità dei malgoverni che subiscono i nostri paesi. 
 
Perché quello che stanno uccidendo è la terra, la natura, il mondo. 
 
Senza logica di tempo e luogo, terremoti catastrofici, siccità, uragani, inondazioni si presentano su tutto il pianeta.
 
E si dice che sono catastrofi naturali, quando in realtà sono state provocate, con accurata stupidità, dalle grandi corporazioni multinazionali e dai governi al loro servizio nei nostri paesi. 
 
Il fragile equilibrio della natura che ha permesso al mondo di andare avanti per milioni di anni, sta per rompersi di nuovo ma ora definitivamente. 
 
E in alto non si fa niente, se non dichiarazioni ai mezzi di comunicazione e formare inutili commissioni.
 
I falsi capi, i malgoverni, sono idioti che adorano gli anelli della catena che li soggioga. 
 
Ogni volta che un governo riceve un prestito dal capitale finanziario internazionale, lo mostra come un trionfo, il pubblicizza su giornali, riviste, radio e televisione. 
 
I nostri attuali governi sono gli unici, in tutta la storia, che festeggiano la loro schiavitú, la ringraziano e la benedicono.
 
E si dice che è democrazia il fatto che il Comando della distruzione sia a disposizione di partiti politici e caudillos. 
 
"Democrazia Elettorale" è come i prepotenti chiamano la lotta per entrare nell'affare di vendere la dignità e portare avanti la catastrofe mondiale. 
 
Là in alto, nei governi, non c'è speranza alcuna. 
 
Né per i nostri popoli indios, né per i lavoratori della campagna e della città, né per la natura. 
 
E per accompagnare questa guerra contro l'umanità, si è costruita una gigantesca bugia.
 
Ci si dice, ci ripetono, ci insegnano, ci impongono, che il mondo ha percorso la sua storia per arrivare a dove comandasse il denaro, quelli in alto vincessero e noi, il colore che siamo della terra, perdessimo. 
 
La monarchia del denaro si presenta, così, come il culmine dei tempi, il fine della storia, la realizzazione dell'umanità. 
 
Nelle scuole, sui mezzi di comunicazione, istituti di ricerca, libri, la grande bugia riaggiusta la storia e ciò che tiene in mano: il luogo e il tempo, cioè, la geografia ed il calendario.
 
In queste terre, che chiamarono "nuovo mondo", loro ci imposero la loro geografia. 
 
Da allora ci fu "nord", "sud", "oriente" e "occidente", accompagnati da segni di potere e barbarie. 
 
I 7 punti cardinali dei nostri antenati (sopra, sotto, davanti, dietro, un lato, un altro lato, ed il centro), furono dimenticati e al loro posto arrivò la geografia dell'alto con le sue divisioni, frontiere, passaporti, green cards, minuteman, la migra, i muri sui confini. 
 
Imposero anche il loro calendario: in alto i giorni di riposo e benessere, in basso i giorni di disperazione e morte.
 
E celebrano ogni 12 ottobre come "il giorno della scoperta dell'America", quando in realtà è la data dell'inizio della guerra più lunga della storia dell'umanità, una guerra che dura ormai da 515 anni e che ha come obbiettivo la conquista dei nostri territori e lo sterminio del nostro sangue. 
 
Insieme a questo profondo e diffuso dolore, è stata citata anche la ribellione del nostro sangue, l'orgoglio della nostra cultura, l'esperienza nella resistenza, la saggezza di nostri vecchi. 
 
In questo Incontro si è guardato indietro e lontano. 
 
La memoria è stata il filo invisibile che unisce i nostri popoli, così come le montagne che corrono lungo tutto il continente ricamano queste terre.
 
Quello che qualcuno chiama "sogno", "utopia", "impossibile", "bei desideri", "delirio", "pazzia", qui, nella terra dello Yaqui, si è sentito con un altro tono, con un altro destino. 
 
E c'è un nome per questo di cui parliamo ed ascoltiamo in tante lingue, tempi e modi. 
 
C'è una parola che viene dall'origine stessa dell'umanità, e che segna e definisce le lotte degli uomini e delle donne di tutti gli angoli del pianeta. 
 
Questa parola è "LIBERTÀ". 
 
È quello che vogliamo come popoli, nazioni e tribù originarie: LIBERTÀ.
 
E la libertà non è completa senza la giustizia e senza la democrazia. 
 
E non può esserci niente di tutto questo, sul furto, il saccheggio e la distruzione dei nostri territori, della nostra cultura, della nostra gente. 
 
Un mondo senza prepotenti, questo è quello che sembra impossibile immaginare per le persone di oggi. 
 
Come se la terra avesse avuto da sempre chi imponesse il suo potere su di lei e su chi la lavora; come se il mondo non potesse essere mai giusto.
 
Sono i popoli originari che guardano al loro passato, che conservano e preservano la loro memoria, quelli che sanno che è possibile un mondo senza Dominatore né dominati, un mondo senza capitale, un mondo migliore. 
 
Perché quando innalziamo a bandiera il nostro passato, la nostra storia, la nostra memoria, non vogliamo ritornare al passato, ma costruire un futuro degno, umano. 
 
Incontrarci è la conquista principale di questa riunione.
 
C'è ancora molto da fare, discutere, concordare, lottare. Ma questo primo passo sarà un vento fresco per il dolore del colore che siamo del colore della terra. 
 
Nel calendario che cominciamo a percorrere, nella geografia che concordiamo, continua una gigantesca sovversione. 
 
Per i suoi modi e mezzi non ci sono manuali, ricettari, dirigenti di scrivania e accademia.
 
Invece, c'è l'esperienza dei popoli originari, ma ora con l'appoggio e la decisione dei lavoratori della città e della campagna, dei giovani, delle persone adulte, degli altri amori, dei bambini e delle bambine; di tutte e tutti quelli che sanno che per il mondo non ci sarà un'altra opportunità se questa guerra la vinceranno quelli che stanno in alto. 
 
La ribellione che scuoterà il continente non ripercorrerà le strade e le tappe delle precedenti che cambiarono la storia: sarà un'altra.
 
Quindi, quando cesserà il vento che saremo, il mondo non avrà terminato il suo lungo cammino e ci sarà l'opportunità di fare con tutte, con tutti, un domani dove ci siano tutti i colori. 
 
A quel tempo del calendario che faremo, in quel luogo della nuova geografia che realizzeremo, la luna cambierà lo sguardo con cui nasce e sarà di nuovo il sorriso che annuncia l'incontro della luce e dell'ombra. 
 
Da Vicam, Sonora, Messico. 
Subcomandante Insurgente Marcos 
Messico, Ottobre 2007
 
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

domenica 14 ottobre 2007

Marcos alla 4 riunione preparatoria a Vicam

 

Rancho El Peñasco
9 ottobre 2007
 
Buona sera.
 
Tutto questo si tratta di vita o di morte.
 
Noi siamo l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. E ci siamo posti questa alternativa tra la vita o la morte già quasi 13 anni fa.
 
Per altri gruppi sociali, l'alternativa è tra il potere, il denaro, o vivere bene.
 
Per i popoli indios d'America l'alternativa è la scelta tra vivere o morire.
 
Come popoli di radice maya, i popoli zapatisti hanno affrontato la minaccia di essere sterminati. Non era con le bombe, non era con le pallottole con cui ci stavano ammazzando, ma con le malattie. Con la miseria e con la povertà. Ma la malattia più pericolosa, quella che più ci stava ammazzando, è l'oblio.
 
Per questo dicemmo che ci ribellavamo contro l'oblio. La nostra guerra è una guerra contro l'oblio.
 
Sul cammino di fuoco che percorrevamo abbiamo incontrato voi e gente come voi. Ed abbiamo scoperto che era migliore l'arma della parola rispetto all'arma da fuoco.  
Dal 1994 abbiamo sempre insistito sulla parola, ma non ci rivolgiamo più a quelli che stanno in alto, ai governi, ma alla gente del basso, come voi.
 
Poco fa un compagno Tohono Odham ci ha dato questa mappa: È The Human Border, Frontera Compasivas. Se guardate da vicino questa mappa, si vede il territorio Tohono Odham.  
Tutti quei puntini che vedete nei loro territori sono migranti morti. Più di mille morti ufficiali e probabilmente il doppio non sono registrate. 
 
Quando noi, popoli indios, siamo stati messi al mondo, ci è stata raccomandata la vita della natura e della gente. 
 
Questo è quello che stanno facendo i governi: stanno trasformando i nostri territori in un luogo di morte. Per questo motivo questa è una lotta tra la vita o la morte. E sto parlando del Tohono Odham perché è colui che ci ha ricevuto. Nei viaggi che abbiamo fatto lo abbiamo conosciuto. Ed abbiamo appreso ed ammirato il suo apprezzamento per la vita. Non la vita individuale ed egoista, ma la vita nel collettivo, in comune, in comunità.
 
Mentre i governi di Stati Uniti e Messico non fanno niente per rimediare alla morte che miete, che colpisce i nostri compatrioti che muoiono per attraversare la frontiera, i Tohono Odham e molti gruppi sociali non indigeni cercano di trasformare questo in un progetto di vita e non di morte.
 
Dopo esserci riuniti qui in questi giorni, domani andremo a Vicam. Lì ci incontreremo con altri popoli indios che non conosciamo, in un modo o nell'altro ascolteremo nella loro parola questa alternativa: vita o morte.
 
Noi diciamo che lottiamo per la terra, che lottiamo per la vita, per queste bambine e bambini.
 
Per renderci forti in questa lotta ci voltiamo a guardare indietro, al passato, alle nostre radici, a quello che siamo stati, ai nostri anziani, alle persone più vecchie, agli anziani ed anziane, alla lingua, all'abito, al canto, alla danza, a quello che ci rende ciò che siamo.
 
Mentre in altre parti, là in alto, si vergognano di quello che sono, del colore della loro pelle, della loro lingua, del sangue che scorre nelle vene, noi popoli indios lo portiamo con orgoglio, perché quello che altri disprezzano Significa Vita.
 
Di questo si tratta questo incontro, compagni e compagne.
 
In questo incontro c'è gente che non si nota, e noi ci sforziamo sempre di vederli ed ascoltarli, anche se non si vedono e non parlano.
 
Ribadiamo la nostra gratitudine alla famiglia Monroy, che ha mantenuto la sua parola di alloggiarci e riceverci in questo importante incontro, don Wenceslao, molte grazie.
Al maestro Pastel ed il suo gruppo culturale. L'abbiamo conosciuto fin dalle prime volte in cui siamo venuti qua ed abbiamo compreso il suo interesse per cercare la radice e la vita. A Blake, che forse volendolo o non volendo, è stato un ponte molto importante per noi verso i Popoli Indios del Nordamerica. Don José governatore tradizionale Tohono Odham, che fin dal primo giorno ci ha aperto il suo cuore e ci ha parlato con sincerità.
Ai compagni e compagne che hanno redatto le relazioni, quelli che hanno realizzato questo palco, le luci, l'impianto sonoro, il presentatore e la traduttrice.  
 
Vogliamo ringraziare tutti. Noi pensiamo che questo primo incontro che avemmo tra noi sarà più grande ora che ci incontreremo a Vicam con altri popoli.   
 
Qui abbiamo trovato una cosa comune che è difficile trovare. 
Qualcosa che ci unisce, che ci rende uguali. 
Al mohok, al dakota, al rarámuri. 
Ed abbiamo scoperto che ciò che ci unisce è il dolore.  
A partire da dopodomani a Vicam, scopriremo che ci unisce anche la lotta per la vita. 
 
È un onore andare a Vicam in vostra compagnia.
Per noi che rappresentiamo gli indigeni zapatisti, che viviamo e lottiamo nell'ultimo angolo di questo paese che si chiama Messico.
 
Molte grazie.
Subcomandate Insurgente Marcos
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

venerdì 12 ottobre 2007

Intervento del Subcomandante Marcos a Vicam

 

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO

PAROLE DELL'EZLN ALL'INAUGURAZIONE DELL'INCONTRO CONTINENTALE DEI POPOLI INDIOS D'AMERICA
Vicam – Sonora - Messico - 11 ottobre 2007

Sorelle e fratelli

Attraverso la mia voce, parla la voce dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

E con la mia voce salutiamo uomini, donne, bambini ed anziani zapatisti, indigeni di radici maya che vivono e lottano nelle montagne del sudest messicano.

Salutiamo i popoli, le nazioni e le tribù che sono radici e sostento di questo continente.

Salutiamo i molti colori che trova in loro il colore della terra.

Salutiamo i popoli indios del Nordovest del Messico che ci accolgono: il Kumiai, il Pai Pai, il Kiliwa, il Cucapá, il Tohono Odham, il Comcaá, il Pima, il Mayo Yoreme, il Raramuri, il Guarijío.

E salutiamo in particolare l'uomo e la donna Yaqui che ci ricevono e nelle cui terre e cieli si incontrano le parole delle culture originarie d'America.

Salutiamo le autorità tradizionali di Vicam e degli altri popoli presenti della tribù Yaqui.

Salutiamo il Congresso Nazionale Indigeno, voce e ascolto che ci convocano.

Salutiamo le donne e gli uomini di Sonora, del Messico, d'America, del Mondo, che ci aiutano, appoggiano ed accompagnano.

A questo Incontro dei Popoli Indios d'America si arriva con tutto contro: le distanze, le lingue, le frontiere, i governi, le bugie, le persecuzioni, le morti e le false divisioni che colui che sta in alto ci impone.

E come tutti i nostri sogni nella veglia che dall'alto ci impongono, sembrava impossibile alla vigilia, alcune ore fa, alcuni giorni fa, alcuni mesi fa, circa 515 anni fa.

Sono presenti delegazioni e rappresentanze di popoli, nazioni e tribù che danno vita all'America, dall'Alaska fino alla Patagonia.

Da molti angoli arrivano l'ascolto e la parola.

A volte ascolteremo il loro canto, a volte il loro silenzio.

A volte vedremo il loro colore, a volte il loro ricordo.

Per questo salutiamo coloro che essendoci ci sono e coloro che pur essendo qui non ci sono.

E con la memoria salutiamo, con la storia.

All'altro estremo della terra messicana, nelle montagne del sudest, racconta una leggenda che, quando la luna è appena un'ombra ferita da un curvo graffio di luce, una domanda si disegna nello spazio che fecero i primi dei, quelli che partorirono il mondo, affinché la pelle crescesse sotto la carezza che allevia stancando.

E racconta la leggenda che la domanda si ripete nel notturno tetto dei popoli indios di tutto il continente, quando la luna è nuova nei nostri cieli.

La stessa domanda appare nel cielo del nord dell'America, in terra HAUDENOSAUNEE, delle Nazioni Mohawk, Oneida, Cayuga, Onondaga, Seneca e Tuscarora, sul TSONERATASEKOWA, il Grande Albero dalle foglie sempre nuove, passa per la terra del Wayúu e si estende fino al cielo del Mapuche, nell'estremo sud del continente.

Ogni luna nuova, una domanda antica:

Ci sarà vita per la terra, la prima madre?

E raccontano i nostri più anziani, i guardiani della memoria, che la risposta non è stata creata quando i primi dei partorirono il mondo.

Raccontano che fu lasciata da loro, dei e dee, dai creatori, come pezzo fondamentale del rompicapo del mondo.

Raccontano che la lasciarono sul tetto della terra e fecero in modo che ogni tanto apparisse, affinché non si perdesse la memoria.

Dopo venne il denaro, che manda alla morte, a comandare in queste terre.

Portò distruzione e la chiamò "modernità".

Portò furto ed esproprio e li chiamò "civiltà".

Portò imposizione e la chiamò "democrazia".

Portò oblio e lo chiamò "moda".

Perché, raccontano i nostri saggi, che non si riesce neanche a scorgere la domanda nelle volte del denaro in Wall Street, nelle torri di vetro delle grandi corporazioni, nei bunker dei malgoverni che feriscono lungo il continente.

E raccontano che, per questo, solo i popoli originari possono leggere nel cielo questa ed altre domande che lasciò l'inizio del mondo, il primo cammino della terra.

Da allora, raccontano i nostri più antichi, molte risposte si provano, si fanno canto, danza, lingua, colore su tessuto e pelle, parola, storia, cultura, memoria.

Quello che sta in alto, il Prepotente, il denaro, ha una sola risposta, solida come il suo conto in banca, abbondante come la sua avidità, crescente come la sua ambizione.

"No" - risponde il denaro - "non ci sarà vita per la terra".

"Ci saranno affari" - argomenta per non dire: "ci sarà morte".

Invece, nei nostri popoli, nazioni e tribù originarie, la risposta è rotta, divisa in molti pezzi, sparsa nei calendari e nelle geografie, persa tra le frontiere che la morte erige e governa.

515 anni fa, il dominatore ci scoprì scontrati a volte, divisi altre, frammentati sempre.

Conquistò così il sangue rotto che unito era dalla terra.

515 anni durante i quali i nostri popoli, nazioni e tribù hanno cercato di resistere, di sopravvivere, di lottare.

Queste storie di dolore e di ribelle dignità, ora saranno ascoltate.

Ci faremo ascolto e parola, per sapere ciò che siamo e dove stiamo.

Sarà nominato il dolore del nostro sangue e sarà nominato il responsabile: il denaro.

Saranno nominate l'esperienza e la saggezza e saranno nominati i nostri popoli.

Saranno nominate le nostre richieste: la giustizia che vogliamo, la democrazia che necessitiamo, la libertà che ci meritiamo.

Sarà nominato ciò che ci appartiene e fu nostro e che ci è stato portato via.

Si ascolteranno i nostri cuori e quelli della nostra gente.

Impareremo allora, forse, che la risposta che la terra, la prima madre, si aspetta, il "sì" alla vita che reclama, incomincerà a scorgersi nei nostri cieli quando sarà collettiva, quando questo continente recupererà la voce che oggi ammutoliscono con fuoco, oblio e rumore.

La prima voce, quella originaria, la nostra.

Allora, forse, come la luna nuova che dà oggi il suo passo dall'ombra alla luce, incomincerà a scorgersi nelle nostre bambine e nei nostri bambini la risposta che ci sarà vita nella loro strada, nel loro passo, in loro compagnia.

Per questo, forse, bisognerà guardare indietro e molto lontano, perché così chiamano i nostri la memoria; bisognerà essere degni oggi e qui, perché così chiamano i nostri la ribellione; e bisognerà camminare mondi che ancora non esistono ma aspettano la mano che dia loro forma, la bocca che li canti, il passo che li cammini, perché è così che i nostri chiamano la lotta.

Sorelle e fratelli

È nostra decisione che in questa occasione la nostra storia taccia, di zapatisti quali siamo. Sappiamo che i nostri dolori saranno nominati nei dolori di altre sorelle e di altri fratelli indigeni, come saranno nominati anche i nostri sogni e le nostre speranze, e le lotte che portano, per renderli reali.

Oggi, come altre volte, ci tocca far da ponte affinché le vostre voci vadano da una parte all'altra, affinché trovino un ascolto sincero, affinché i vostri colori si vedano e le vostre memorie si mostrino.

Così hanno detto le nostre ed i nostri capi, i guardiani:

Che parlino l'altro e l'altra, che ascolti il nostro cuore.

Che insegnino l'una e l'altro, che il nostro cuore impari.

Che il nostro silenzio sia saluto, omaggio, rispetto e gratitudine per coloro che, dal Canada fino al Cile, ci ricordano che non ci hanno vinti, che la battaglia continua e che la vittoria sarà vita in un altro mondo, un mondo dove ci stiano tutti i mondi che siamo e che saremo.

Che sia così.

Grazie molte.

Da Vicam – Sonora – Messico - Continente Americano - Pianeta Terra - Sistema Solare
A nome degli uomini, delle donne, dei bambini e degli anziani indigeni zapatisti
Subcomandante Insurgente Marcos
Messico - ottobre 2007

(traduzione del Comitato Chiapas di Torino -

Si apre l'incontro indigeno nello spirito anticapitalista - La Jornada 12ott07


La Jornada – Venerdì 12 ottobre 2007
 
Invitano a combattere il modello economico che favorisce ecocidio, etnocidio e genocidio
 

Si apre l'incontro indigeno d'America nello spirito anticapitalista

 
Hermann Bellinghausen – Inviato
 
Vícam, Son., 11 ottobre. "La realizzazione di questo incontro, in queste terre, è in sé stesso un messaggio di ribellione dei nostri popoli in difesa della madre terra e contro il capitalismo ecocida, etnocida e genocida, che vuole spogliarci dei nostri territori, abitati dai primi abitanti delle nazioni, popoli e tribù d'America e del mondo". 
 
Con queste parole, per voce del rappresentante purépecha, Juan Chávez, il Congresso Nazionale Indigeno (CNI) ha dato inizio questa mattina all'Incontro dei Popoli Indigeni d'America a Vícam Estación.
 
Poco prima, il subcomandante Marcos aveva letto un messaggio dei suoi "capi indigeni", comandanti dell'EZLN: "Una delegazione nominata dai nostri popoli veniva con entusiasmo per partecipare a questo incontro che, per la prima volta nella storia del nostro continente, stiamo celebrando nel villaggio di Vícam". Questo malgrado "il presunto governo stia dimostrando di voler impedire ad ogni costo l'organizzazione e l'esercizio dei diritti dei popoli indios".
 
La presenza dei comandantes e comandantas è stata impedita dalla "prepotenza e l'autoritarismo del signore neoliberale in decadenza" che usa "tutte le sue forze politiche, economiche, ideologiche e militari per colpirci". Ma, avvertono gli zapatisti nel loro saluto, "non potranno impedire che le nostre parole si diffondano in tutto il mondo". 
 
Poi, Marcos ha dichiarato: "A questo incontro si arriva avendo tutto contro. Le distanze, le lingue, le frontiere, i governi, le bugie, le persecuzioni, le morti e le false divisioni imposte dall'alto". La riunione "sembrava impossibile alla vigilia, ancora qualche ora fa".
 
Ogni luna nuova, ha ricordato, c'è una domanda antica: "Ci sarà vita per la terra?" La risposta è decisa, ha detto. Il sangue dei popoli anche. "Quello in alto, il denaro, ha una sola risposta, solida come il suo conto in banca, abbondante come la sua avidità, crescente come la sua ambizione: 'no' ". Contro ciò, nella "nostra voce, nelle nostre bambine e bambini, comincerà a scorgersi la risposta, che sarà vita nel loro cammino", dal Canada fino al Cile.
 
Come dice il messaggio del CNI, "il capitalismo agonizzante ha messo gli occhi sulle nostre selve, deserti, foreste, montagne, fiumi, acque, venti, mari, spiagge, mais, saperi che per migliaia di anni abbiamo appreso, difeso, alimentato, preservato", dopo aver ammesso che "per i popoli indigeni d'America è un grande onore trovarci nel territorio della tribù yaqui, che per secoli è stato difeso col sangue e la vita degli yoreme".
 
Con notevole sobrietà, decine di rappresentanti riempiono il palco ed altre centinaia stanno sotto la scarsa ombra di rami verdi nel forum all'aperto del semideserto sonorense. Senza il "folclore" che potrebbe caratterizzare una manifestazione di questa natura, tutti si vedono per quello che sono: contadini. Con o senza gli abiti tradizionali non è difficile comprendere perché tra loro si chiamino "fratelli". Lo sono e lo sembrano.
 
Che credete: oltre a sandali di cuoio grezzo indossano anche stivali, scarpe da ginnastica, moccassini. E conoscono perfino il cellulare. Chi lo crederebbe. Contrariamente a quello che pensano gli yoris (meticci) sonorensi e nazionali, i popoli indios sono moderni e forse hanno più chiaro di altri ciò che ci si può aspettare dal secolo XXI. 
 
A questo si riferisce il CNI nel suo messaggio: "Siamo vivi dopo 515 anni di invasioni e qui siamo qui riuniti per unire le nostre forze in un solo cuore per costruire un nuovo progetto di vita per l'umanità, contro i progetti di morte e distruzione dei programmi neoliberali capitalisti".
 
Questa mattina, dopo che i presenti hanno intonato l'Inno Nazionale, Mario Luna, segretario delle autorità tradizionali yaqui di Vícam, ha inaugurato l'Incontro dei Popoli Indigeni d'America, del quale sono anfitrioni gli yoreme. 
 
Partecipano all'incontro 537 delegati indigeni (e ne continuano ad arrivare) provenienti da 12 paesi americani, appartenenti a 54 popoli. Del Messico sono presenti 25 popoli di 21 entità; dagli Stati Uniti sono 14, dal Canada 8 e 7 da Centro e Sud-America.
 
I popoli dell'America del Nord presenti fino ad oggi sono hopi, lakota e lakota-omaha, pitriver, gitxaan redwire, mohawk, anishabe, dene, apache, cherokee, navajo, chiricahua, samaritan e aqwesasne (Stati Uniti); ojibwa, salish, secwepme, ktnuxa, mohawk, dine e anishawebkwes (Canada). Inoltre, dall'America Latina, il popolo wayuu (Venezuela), kekchí e mam (Guatemala), lenca (Honduras), kichwa-sarguro (Equador), miskito (Nicaragua) e guaraní (Paraguay).
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

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