lunedì 27 febbraio 2012

La CGT spagnola visita i detenuti zapatisti in carcere

 

La Jornada – Sabato 25 febbraio 2012
 
Dopo la visita in Chiapas ai detenuti zapatisti e dell'Altra Campagna, una delegazione spagnola della Confederazione Generale del Lavoro (CGT) ha dichiarato di aver constatato il loro eccellente stato d'animo, nelle circostanze in cui sopravvivono, e la loro ferma determinazione collettiva di continuare a resistere alla loro ingiusta detenzione che si inserisce nei progetti predatori del governo di Juan Sabines Guerrero.
La delegazione della CGT ha visitato le prigioni numero 5 e 14, a San Cristóbal de las Casas e Cintalapa, dove hanno trovato impressa l'impronta del professor Alberto Patishtán Gómez, prelevato all'alba del 20 ottobre 2011 in pieno sciopero della fame per essere trasferito nella prigione federale di Guasave, Sinaloa, ad oltre 2 mila chilometri dal Chiapas. Questo fatto, che rappresenta un grave attentato alla libertà di espressione di Patishtán ed una violazione della legislazione vigente, non ha sconfitto la sua resistenza. 
Gli attivisti spagnoli rilevano che, mentre i compagni della prigione 5 li ricevevano per festeggiare il terzo compleanno di Leonardo, figlio di Rosa López Díaz ed Alfredo López Jiménez, nella prigione 14 è stato permesso loro di parlare con i detenuti solo in parlatorio.
Nella stessa prigione 5 hanno incontrato Francisco Santiz López, base di appoggio zapatista, e Lorenzo López Girón, simpatizzante zapatista ferito da pallottole ed ospedalizzato in carcere. Francisco e Lorenzo hanno espresso alla delegazione la speranza che il loro caso si risolva, ma sempre inserendolo nel contesto ampio della guerra contro le comunità zapatiste. Entrambi sono stati arrestati lo scorso 4 dicembre sulla base di prove false, dopo un'aggressione di priisti a Banavil (municipio di Tenejapa).
I detenuti hanno incentrato le loro recenti denunce sull'allarmante negligenza medica delle autorità. Oltre al costante attentato alla salute, sono in condizioni di sovraffollamento e subiscono continui abusi che restano impuniti, e che sono proprio i detenuti e gli attivisti sociali a combattere questo stato di cose.
La delegazione ha visitato anche la prigione 14 (El Amate) per solidarizzare con Enrique Gómez Hernández, Solidario de la Voz del Amate, e Miguel Demeza Jiménez, aderente all'Altra Campagna di San Sebastián Bachajón, che insieme a Miguel Vázquez Deara, nella prigione 16 di Ocosingo, è protagonista de conflitto turistico ed agrario di Bachajón. Ma le coordinate di guerra non si interrompono lì, perché quella che Sabines ha scatenato in Chiapas vuole spegnere i focolai di resistenza in tutti gli strati della società, in particolare vuole minare l'autonomia zapatista. E riferiscono che, come hanno detto gli stessi zapatisti, i fatti della propaganda governativa sono solo immondizia. http://www.jornada.unam.mx/2012/02/25/politica
 

giovedì 23 febbraio 2012

Frayba: Comunicato Stampa No.2 - Impunita' per Acteal


San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, 22 febbraio 2012
Comunicato Stampa No. 02
 
 
  • La Suprema Corte di Giustizia della Nazione ordina la scarcerazione di altre sei persone riconosciute come autori materiali del Massacro di Acteal
  • La Suprema Corte di Giustizia della Nazione, di fatto, nega che il Massacro di Acteal sia mai avvenuto
 
Di fronte alle recenti scarcerazioni di sei autori materiali del Massacro di Acteal, questo Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (Frayba) conferma la complicità della Suprema Corte di Giustizia della Nazione (SCJN) nel proteggere chi è stato protagonista nel nostro paese di crimini di lesa umanità. In questo modo, le sentenze emesse dalla SCJN affrontano requisiti di forma senza indagare il caso, perpetuando l'impunità per i responsabili materiali e intellettuali di questo crimine di Stato avvenuto il 22 dicembre 1997.
Le sei persone rimesse in libertà lo scorso 1° febbraio con il riconoscimento di innocenza, hanno ricorso in appello che la SCJN ha concesso senza discutere né tenere in considerazione che le persone erano state indicate come autori materiali del massacro, fatti per i quali erano state condannate a 36 anni di prigione, secondo l'atto di procedura penale No. 224/1997, per i reati di Omicidio Aggravato, Lesioni Aggravate, Porto d'Armi senza licenza e di uso esclusivo dell'Esercito e Forza Aerea; i rilasciati sono: Juan Sántiz Vázquez, Lorenzo Gómez Jiménez, Mariano Pérez Jiménez, Agustín Pérez Gómez, José Ruiz Tzucut e Bartolo Luna Pérez. Con questa azione, degli 87 processati come autori materiali, la SCJN ha ordinato, fino ad ora, la liberazione di 50 responsabili, solo 28 persone restano in prigione poiché altre sei erano state assolte dall'inizio dei processi dai giudici federali, due liberate per ragioni umanitarie ed una deceduta durante il processo.
Le vittime e sopravvissuti del Massacro di Acteal hanno ripetutamente denunciato che le persone beneficiate dalla decisione della SCJN - i cui appelli sono stati sostenuti dal Centro di Ricerche e Docenza Economiche (CIDE) - sono tornate gradualmente nei loro luoghi di origine causando tensione, insicurezza nella comunità e re-vittimizzazione delle persone colpite, quale visibile realtà che contrasta con le azioni reclamizzate dal governo dello stato del Chiapas circa la prevenzione del possibile ripetersi di tali atti.
D'altra parte, si conferma che i governanti in Messico hanno procurato ed approfondito l'impunità per i fatti del Massacro di Acteal, poiché hanno impedito di denunciare i responsabili intellettuali del massacro, tra i quali figurano, l'ex Presidente della Repubblica Ernesto Zedillo Ponce de León che per le sue funzioni di Comandante in Capo delle Forze Armate Messicane, [1] aveva la responsabilità di organizzare, equipaggiare, addestrare e gestire le Forze Armate come stabilito dalla relativa legislazione [2]. Inoltre questo significa che la SCJN nega ed occulta, nei fatti, che il Massacro di Acteal sia avvenuto come parte della diffusa strategia di contrainsurgencia che dal 1994, realizza azioni in Chiapas.
Ernesto Zedillo, in qualità di Comandante in Capo delle Forze Armate, guidava la catena di comando e sotto i suoi ordini agivano altre autorità coinvolte, pertanto ribadiamo che, trattandosi dell'esecuzione di una strategia di guerra, è innegabile che fosse a conoscenza e fosse responsabile delle diverse operazioni militari contro la popolazione civile.
In questi anni, le persone sopravvissute al Massacro di Acteal, l'Organizzazione Società Civile Las Abejas di Acteal e questo Centro dei Diritti Umani, hanno chiesto indagini e la punizione degli autori materiali ed intellettuali, tuttavia, a 14 anni e due mesi da questo crimine di lesa umanità, è evidente l'insabbiamento da parte dei diversi poteri dello Stato messicano che tergiversano ed impediscono di far luce sui fatti affinché si conosca la verità storica e siano applicati i principi etici di giustizia in questo paese.
Infine, il Frayba conferma il suo impegno di continuare ad accompagnare i popoli e le organizzazioni che nella memoria storica costruiscono alternative di giustizia e risarcimento, che ricostituiscono il tessuto sociale delle comunità che sono state violentate dalle politiche di Stato.
 
Seguiamo l'esempio dell'Organizzazione Società Civile Las Abejas di Acteal sulla strada che hanno percorso costantemente per consentire che la verità, la giustizia e la pace siano possibili e costruite da e per i popoli contro la complicità delle strutture dello Stato messicano in questa strategia di guerra contro la popolazione civile organizzata, oggi generalizzata.
 
1 Art. 89 sezione VI della Costituzione Politica degli Stati Uniti Messicani; Art. 11, 13 e 17 Legge Organica dell'Esercito e Aereonautica dell'Esercito Messicano.
2 Manuale di contrainsurgencia Piano della Campaña Chiapas '94 della Segreteria della Difesa Nazionale (Sedena).
 
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Gubidcha Matus Lerma
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venerdì 10 febbraio 2012

Popoli wixaritari difendono il loro territorio da impresamineraria canadese


La Jornada – Giovedì 9 febbraio 2012
L'intrusione dell'impresa mineraria canadese genera sgomberi violenti sull'altopiano potosino. Provoca forte emozione la mobilitazione dei popoli wixaritari che vogliono difendere il loro territorio
 
Hermann Bellinghausen. Inviato. Estación Catorce, SLP, 8 febbraio. Ha suscitato forte emozione in tutta la regione dell'Altopiano potosino la mobilitazione dei popoli wixaritari, conclusasi questo martedì sul monte El Quemado. Già da giorni prima, mentre i pellegrini "huicholes" iniziavano il loro viaggio verso Wirikuta, in questi villaggi ed ejidos, fino alle lontate città di Matehuala e Saltillo, la notizia correva di bocca in bocca, per radio, nei sermoni nelle parrocchie, e alle vigilia, nei notiziari. Tutti sapevano il motivo dell'arrivo degli indigeni. Per protestare e difendere le terre del deserto.
I conflitti sono iniziati quando a Santa Gertrudis l'intrusione del Progetto Universo, di un'importante impresa mineraria canadese, Revolution Resources, sta provocando sgomberi violenti, incursioni dell'Esercito federale per reprimere ed espellere i coloni. Uno dei leader è stato fermato dalla polizia statale ed ora si trova in carcere. sembra che proprio sotto il villaggio passi una grande vena d'oro che percorre il deserto all'estremità di ponente.
A differenza dei wixaritari che hanno convissuto con questo deserto per secoli e di questi ejidos stabiliti qui da oltre un secolo che si oppongono in blocco allo sfruttamento minerario e all'industria agroalimentare del pomodoro, molti ejidatarios hanno ceduto alle pressioni del governo e delle imprese e stanno affittando o vendendo le loro terre senza opporre resistenza. Molti di loro sono agricoli ed allevatori di capre, soli e scoraggiati  come le donne, spesso senza marito perché andato "al nord".
- Meglio che arrivino le imprese minerarie a dare lavoro che morire di sete, senza lavoro né soldi. I huicholes non ci danno lavoro, e se tutto questo è per il loro peyote, le terre sono nostre e basta - dice una commerciante in questa stazione ferroviaria dove una volta c'era la vita quando passava il treno del nord.
Pochi ejidos si sono rifiutati di vendere, come Las Margaritas e San Antonio el Coronado. Nelle città, l'opposizione alle miniere viene repressa. A Charcas, che è un insediamento  minerario ma presenta zone rurali, le case degli oppositori, a sud del deserto, sono state incendiate. Mentre all'estremo nord, a Cedral, presunti narcotrafficanti hanno minacciato chi si oppone all'industria dei pomodori, l'altro invasore e devastatore dell'altopiano.
La presenza di gente armata e gruppi dediti all'estorsione hanno fatto sì che a Vanegas ci sia ormai un accampamento militare, ed un paio di mesi fa c'è stato uno scontro a fuoco con inseguimenti che ha raggiunto l'acciottolato che sale a Real de Catorce, dove dopo un nuovo scontro sono morti due presunti criminali. Parlandone in giro, tutti li chiamano Zeta. Questo dicono di essere.
Qui i contadini vivono del taglio e lavorazione dell'agave lechuguilla, allevano capre, sono agricoltori. Ma quest'anno il mais non è cresciuto nemmeno di 20 centimetri. Si tratta di una regione colpita da quelle calamità oggi così diffuse in Messico: siccità cronica, povertà, disoccupazione, settore minerario su vasta scala, abbandono del governo, criminalità organizzata, crescente militarizzazione, delusione e paura tra la popolazione.
Sia gli ejidatarios che i wixaritari dicono che si devono trovare soluzioni che portino beneficio agli agricoltori ed ai commercianti del deserto, che fermino l'emigrazione e si possa avere qui un buon livello di vita, sfruttando questo territorio che è duro, ma è stato anche generoso fino a poco tempo fa. Gli interessi economici sono sul punto di devastarlo.
 
"Un centro cerimoniale molto esteso, di oltrei 140 mila ettari", come lo vede un pellegrino wixárika. Una vera e propria miniera d'oro per gli investitori internazionali. Un luogo senza futuro per molti dei suoi abitanti. Una riserva naturale ineguagliabile, secondo gli scienziati e gli ambientalisti. http://www.jornada.unam.mx/2012/02/09/sociedad/041n1soc

lunedì 6 febbraio 2012

Messico- Cheran: dalle barricate al governo autonomo

Nel municipio indigeno purepecha entra in funzione l'autogoverno comunitario

Il 5 febbraio è entrato in funzione a Cheran il Concejo Mayor Comunal, consiglio di autorità comunitarie del municipio indigeno purepecha dello stato di Michoacan. Le autorità autonome hanno ricevuto il baston de mando (bastone di comando), tradizionale simbolo delle autorità indigene, durante una cerimonia che si è svolta nel centro della cittadina di 20 mila abitanti. Quello che è successo in questi giorni a Cheran è il frutto di una lotta iniziata lo scorso aprile quando gli abitanti si sono ribellati alla distruzione del loro bosco da parte di imprese del legname spalleggiate dai gruppi criminali.

Nel territorio di questo municipio ci sono 27 mila ettari di boschi. Di questi, circa 20 mila ettari sono stati saccheggiati negli ultimi anni da parte di tagliatori di legname illegali. Ogni giorno dal centro della cittadina di Cheran passavano decine di camion carichi della legna tagliata, scortati dai furgoni dei narcotrafficanti incappucciati ed armati. La popolazione viveva nella paura a causa delle minacce e delle violenze dei criminali, senza che nessuna autorità intervenisse.

La mattina del 15 aprile 2011 scoppiò la rivolta. Cominciò tutto da un gruppo di donne che, stanche delle quotidiane offese ed umiliazioni che ricevevano dai criminali, attaccarono con pietre una fila di camion che stava passando dal centro cittadino. Immediatamente suonarono le campane della chiesa per chiamare a raccolta la popolazione. Si scatenò uno scontro tra i narcotrafficanti con armi di grosso calibro e gli abitanti di Cheran armati di sassi e i razzi pirotecnici che solitamente usano durante le feste religiose.

Da quel giorno la popolazione ha istallato barricate e posti di blocco all'ingresso del municipio per difendersi da eventuali rappresaglie dei narcos. Nella città, ad ogni angolo sorsero le cosiddette "fogatas" (letteralmente: falò), punti di incontro degli abitanti che durante la notte vigilavano le strade. Le fogatas diventarono luoghi di organizzazione e di ricostruzione di un tessuto sociale gravemente danneggiato da anni di violenza e paura. Questo municipio indigeno purepecha riattivò le sue forme tradizionali di organizzazione, formando la guardia comunal, cioè un gruppo di giovani incaricati della sicurezza. Dopo alcuni mesi nacque anche una radio comunitaria che è stata chiamata radio fogata.

Da allora, la lotta iniziata per la difesa del bosco e contro la violenza dei narcos ha messo in moto un processo di riorganizzazione delle forme comunitarie di presa delle decisioni in forma autonoma e attraverso le assemblee. Fin da subito furono chiuse le sedi dei partiti politici, accusati di essere i colpevoli delle divisioni provocate all'interno della comunità. A novembre si svolsero le elezioni nello stato di Michoacan, e la comunità di Cheran, come quella di Ostula, decisero di impedire l'istallazione dei seggi e l'entrata dei partiti nel loro territorio. Inoltre avviarono una lotta per il riconoscimento da parte dello stato delle proprie forme di organizzazione, cioè che riconoscessero le loro autorità elette dall'assemblea e non appartenenti a nessun partito.

Il tribunale elettorale dello stato di Michoacan ha infine riconosciuto le autorità comunitarie di Cheran, e con la cerimonia del 5 di febbraio inizia ufficialmente l'attività di autogoverno comunitario di questo municipio indigeno purepecha. Un leader della comunità, Salvador Campanur dichiara alla rivista Desinformemonos che questo momento, nella lotta per l'autonomia del popolo purepecha, non è un punto di arrivo ma l'inizio di un percorso. "La nostra lotta continuerà, perché un nuovo governo non è la soluzione per far sparire le ingiustizie nella regione, un nuovo governo non è la soluzione per l'insicurezza né per la mancanza di tranquillità. Il nuovo governo è un progetto che noi come comunità continueremo a promuovere per far tornare la sicurezza, la giustizia e la democrazia. Non finisce qui".

guarda il reportage su Desinformemonos


venerdì 3 febbraio 2012

Il Frayba identifica gli aggressori dei simpatizzantiEZLN a Tenejapa

 

La Jornada – Venerdì 3 febbraio2012
HERMANN BELLINGHAUSEN
 
Sulla base di numerose testimonianze, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba) ha identificato gli aggressori delle famiglie simpatizzanti dell'EZLN dell'ejido Banavil (Tenejapa) Chiapas, avvenute due mesi fa e che hanno provocato un morto, un desaparecido, diversi feriti, quattro famiglie tzeltales sfollate ed un indigeno, base di appoggio zapatista, in prigione senza che fosse stato presente sul luogo dei fatti.
L'aggressione dei priisti è avvenuta il 4 dicembre, ed il Frayba ha emesso un'azione urgente il 19 gennaio, dopo essere venuto a conoscenza ed aver indagato sul caso. Il centro ricorda che in quell'occasione un gruppo armato di elementi del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) ha aggredito quattro famiglie simpatizzanti dell'EZLN in un'azione che come risultato ha avuto la morte di Pedro Méndez López ed altri sei feriti, tutti del PRI; la sparizione forzata di Alonso López Luna, simpatizzante zapatista; la detenzione di Lorenzo López Girón, ferito da arma da fuoco ed accusato di lesioni aggravate e "la detenzione arbitraria di Francisco Sántiz López, base di appoggio zapatista", che al momento dei fatti, "secondo informazioni certe", non si trovava a Banavil.
Secondo le testimonianze raccolte dal Frayba, gli aggressori identificati sono, tra gli altri, Alonso López Ramírez, che "ha sparato a Lorenzo colpendolo al petto"; Diego Méndez López, che "ha sparato a Lorenzo colpendolo alla gamba"; Alonso López Méndez, della comunità Mercedes, "che aveva una pistola ed era quello che ordinava di ammazzare Alonso che veniva trascinato nella scuola"; quella persona "sa dove tengono Alonso, e  dice che 'l'hanno mandato al Nord col suo zaino"'.
Diego Guzmán Méndez, Agustín Méndez Luna, Manuel Méndez López, Alonso e Agustín Guzmán López, tutti di Banavil, hanno picchiato e sequestrato il ferito chi si teme possa essere morto. Le testimonianze aggiungono che Pedro Méndez López ed Alonso López Méndez, entrambi dell'ejido Santa Rosa ed ex consiglieri comunali di Tenejapa, il primo con proprietà a Banavil, sono quelli segnalati come gli organizzatori delle aggressioni.
Per la scomparsa di López Luna, i suoi famigliari hanno presentato una denuncia alla Procura Specializzata in Giustizia Indigena (indagine 698/201), che l'ufficio competente  numero 5 ha classificato come omicidio. "Una grave imprecisione", sottolinea il Frayba, "poiché ancora non si è trovato il suo recapito né si è proceduto alla sua ricerca".
Da parte loro, le famiglie che sfollate sono ancora in "situazione critica", perché vivono in condizioni di affollamento "disumane".
Sulla detenzione di Sántiz López, base di appoggio dell'EZLN, il Frayba prevede che si procederà con giudizio ordinario, e non immediato come era la prima intenzione del giudice penale". In questo modo sarà "per molto più tempo" privato della libertà, "senza una giustificazione per questo cambiamento di intenzione del giudice".
L'organizzazione sottolinea le "continue e sistematiche aggressioni contro basi e simpatizzanti dell'EZLN" in Chiapas, e chiede allo Stato messicano di cercare López Luna, desaparecido già da due mesi. Inoltre, "un'indagine efficace, imparziale, rapida ed esaustiva dei fatti, così come la punizione dei responsabili della morte di Pedro Méndez López".
Chiede misure precauzionali e cautelari per le quattro famiglie sfollate e garanzie per il loro ritorno sicuro.
Lorenzo López Girón, gravemente ferito ed oggi nel carcere statale n. 5, necessita di assistenza medica e "di uno studio della sua situazione giuridica" affinché venga rilasciato. Il Frayba chiede anche la liberazione immediata del zapatista Francisco Sántiz López. http://www.jornada.unam.mx/2012/02/03/politica/018n1pol

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