mercoledì 30 giugno 2010

PER LO SVILUPPO DELLA SANITA IN CHIAPAS AIUTACI A COSTRUIRE UN DORMITORIO X LA CLINICA DI SAN JUAN

 

Progetto di costruzione del dormitorio nella clinica del municipio autonomo San Juan de la libertad, Chiapas, Messico.

Introduzione:Il municipio autonomo di San Juan de la libertad è situato in Chiapas, nel sud-est del Messico. E' uno dei quaranta municipi di questo stato, che dal 94 hanno messo in atto un processo di autonomia che si basa sulla partecipazione delle popolazioni indigene locali alla gestione dei loro territori e sulla creazione di servizi rivolti a queste popolazioni che sono tra le più emarginate e povere del paese.

Luogo: il progetto è previsto presso la clinica municipale "la asuncion" del municipio autonomo di San Juan de la libertad, che si trova nella regione denominata Altos, nello stato del Chiapas, in Messico. Il municipio di San Juan de la libertad è legato con il Comune di Empoli da un patto di amicizia stipulato nel 1998.

Il sistema sanitario autonomo indigeno: le comunità autonome del Chiapas hanno istituito un sistema sanitario autonomo nelle regioni rurali del Chiapas basato su alcune cliniche municipali, una serie di consultori nelle comunità, e una rete di promotori di salute. I promotori sono persone che provengono dalle comunità della zona, che non hanno una preparazione accademica, ma sono formati da promotori più esperti o da medici solidali. Il loro lavoro è svolto gratuitamente, e ricevono dalle comunità il vitto e l'alloggio nel periodo in cui svolgono il loro servizio. Le strutture della sanità sono costruite con il contributo delle comiunità e della cooperazione, anche se sono carenti di attrezzature e soprattutto di medicine. Il sistema sanitario autonomo si è sviluppato in regioni marginali dove non erano presenti nessuna struttura sanitaria.

La clinica "la asuncion": la clinica del municipio di San juan de la libertad è stata visitata da una delegazione del Coordinamento toscano in sostegno alla lotta zapatista nel luglio 2009. In questa occasione abbimo incontrato alcuni promotori di salute che stavano svolgeno il loro servizio nella clinica. E' attiva dal 2000, ed attende una popolazione di circa 6.000 persone. Svolge un servizio di pronto soccorso 24 ore su 24, ha una farmacia, un consultorio di medicina generale e uno rivolto alla medicina femminile. In tutto il municipio sono attivi attualmente 60 promotori, di cui 9 donne, che lavorano nelle loro comunità e periodicamente svolgono un turno di una settimana presso la clinica municipale. E' presente un cosiddetto "centro de capacitacion" cioè un locale utilizzato per lo svolgimento dei corsi di formazione per i promotori della regione.

Progetto del dormitorio: durante l'incontro con le autorità municipali e con i promotori di salute ci hanno esposto le loro necessità riguardo allo sviluppo della sanità nel loro territorio. Mancano attrezzature mediche e medicine. Ma la necessità più urgente che sentono è la costruzione di un dormitorio per ospitare gli aspiranti promotori che vengono qua a seguire i corsi di formazione. Perchè in questa cllinica si organizzano ogni due mesi dei corsi della durata dai 15 ai 30 giorni. A questi corsi partecipano perano provenienti non solo dal municipio, ma da tutta la regione degli Altos, in media 30 persone ogni volta. Il problema che hanno è ospitare tutte queste persone. Per adesso li sistemano in strutture temporanee di legno, non adatte al clima di questa zona montuosa a 2.500 metri. Quindi la loro richiesta è quella di ricevere risorse economiche per la costruzione di un dormitorio in muratura da edificare sul tetto dell clinica.

Modalità e tempi del progetto: per la costruzione del dormitorio è prevista la partecipazione di manodopera locale volontaria. Quindi la spesa del progetto è riferita esclusivamente al materiale da costruzione necessario. Il preventivo stimato è intorno ai 60.000 Pesos (circa 3.500 Euro). Il tempo previsto è di alcuni mesi di lavoro, una volta a disposizione le risorse economiche..

martedì 29 giugno 2010

]Aggressioni per rompere la tregua dell'EZLN

 
 

La Jornada – Martedì 29 giugno 2010

Giornata di solidarietà con le basi zapatiste del Chiapas

La Rete di appoggio accusa: L'aggressione a El Pozo è avvenuta per rompere la tregua dell'EZLN

HERMANN BELLINGHAUSEN

Di fronte ai fatti di violenza contro le basi di appoggio dell'EZLN nella comunità tzeltal Idi El Pozo, negli Altos del Chiapas, la Rete Contro la Repressione e per la Solidarietà denuncia che questo dimostra che i governi federale, statale e municipale vogliono provocare, attraverso l'aggressione, "la reazione dei compagni per scatenare uno scontro che rompa il silenzio e la tregua degli zapatisti".

Annunciando che convocherà "una giornata nazionale ed internazionale di solidarietà con le comunità zapatiste del Chiapas", la Rete ricorda che la giunta di buon governo di Oventik ha denunciato l'aggressione subita dalle basi di appoggio dell'EZLN a El Pozo (municipio ufficiale di San Juan Cancuc) il 21 giugno "da parte di persone appartenenti al PRI ed al PRD che volevano obbligare nove famiglie zapatiste del luogo a pagare i servizi di acqua ed elettricità, sapendo che i nostri compagni sono in resistenza".

Aggiunge che "gli aggressori avevano raggruppato 240 persone armate di machete, pietre ed attrezzi, incitate da alcool, droga ed appoggio governativo".

L'aggressione ha lasciato gravemente feriti Miguel Hernández, con frattura del cranio ed esposizione di massa encefalica, ricoverato presso l'ospedale di Tuxtla Gutiérrez; Manuel López Hernández, anche lui ferito alla testa e ricoverato nell'ospedale di San Cristóbal, e molti altri feriti".

La Rete, formata da aderenti dell'Altra Campagna in diversi stati, aggiunge che si trovano in carcere gli zapatisti Francisco Méndez Velasco, Sebastián Hernández Gómez e Francisco Santiz Méndez, e dichiara: "La resistenza zapatista e la costruzione delle sue autonomie non solo non sono capite dai malgoverni e dai loro lacchè, ma ora neppure le tollerano e tentano di distruggerle arrivando all'aggressione fisica. Gli zapatisti hanno dimostrato nei fatti il compimento della loro parola di realizzare un movimento civile e pacifico, e l'hanno dimostrato in questa occasione, poiché loro non sono stati gli aggressori, bensì gli aggrediti ed hanno agito per legittima difesa della loro gente e della propria vita".

La provocazione di azioni violente tra indigeni "è il modo in cui i malgoverni vogliono legittimare la presenza di militare e dei poliziotti statali nelle loro comunità".

Con questa azione "si dimostra che gli attacchi provengono dai tre livelli di governo, che gli aggressori sono parte di essi e che agiscono su ordine e per convenienza degli interessi dei padroni del denaro, i veri padroni del potere", sottolinea la Rete. "Mentre i nostri compagni sono in carcere, gli aggressori sono liberi e minacciano le famiglie zapatiste in altre comunità."

L'organizzazione invita l'Altra Campagna, la Zezta Internazional ed in particolare i membri Della Rete stessa "a realizzare azioni di protesta, a far sentire la propria voce in solidarietà con le basi di appoggio zapatiste e con l'EZLN, e a denunciare gli attacchi dei malgoverni federale, statale  municipale".

Ricordiamo che nei fatti della settimana scorsa un indigeno priista ha perso la vita ed altri sono rimasti feriti. Da parte loro, le famiglie zapatiste hanno dovuto cercare rifugio nella capoluogo del municipio autonomo di San Juan Bautista Cancuc. http://www.jornada.unam.mx/2010/06/29/index.php?section=politica&article=018n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)

sabato 26 giugno 2010

A El Pozo ci siamo difesi, sostengono gli zapatisti

 

La Jornada – Giovedì 24 giugno 2010

In un documento negano di aver dato inizio al conflitto

A El Pozo ci siamo solo difesi da un'aggressione, sostengono gli zapatisti

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Dalla Redazione

Dal caracol di Oventic, la giunta di buon governo (JBG) Corazón céntrico de los zapatistas delante del mundo, della zona Altos, in Chiapas, ha chiarito la sua posizione rispetto ai fatti successi a El Pozo, municipio di Cancuc, lunedì scorso, dove c'è stato un morto e vari feriti. Non si è trattato di uno scontro, come dicono i mezzi di comunicazione, né tanto meno di un'aggressione provocata dagli zapatisti.

La JBG sostiene: Davanti all'aggressione, i compagni hanno dovuto difendersi in qualche modo, utilizzando le loro estreme risorse per legittima difesa davanti all'aggressione provocata dai priisti e perredisti di El Pozo, vedendo i nostri compagni colpiti brutalmente in testa. 

La JBG smentisce la versione secondo la quale le basi dell'EZLN avrebbero provocato il confronto: Al contrario, noi stiamo portando avanti la nostra lotta in maniera pacifica, non contro i nostri stessi fratelli. In questa aggressione c'è stato un morto tra gli aggressori, e si tratta di colui che guidava l'aggressione. Le nostre basi hanno dovuto difendersi.

La mattina del 21 giugno, priisti e perredisti si sono divisi in quattro gruppi, ognuno di 60 persone circa, armati di machete, pietre, bastoni, zappe, picconi, pale e pinze per tagliare il servizio di erogazione della luce e dell'acqua a nove famiglie zapatiste. Queste hanno chiesto a costoro di non farlo, ma gli aggressori non hanno ascoltato ed hanno iniziato ad aggredire e colpire con pietre e bastoni.

Miguel Hernández Pérez e Manuel López Hernández hanno subito fratture al cranio, il primo con esposizione della massa encefalica ed è grave. Sono rimasti feriti anche Antonio López Guzmán, Sebastián Pérez Cruz, Eliseo Martínez Pérez, Miguel Gómez Hernández y Antonio Cruz Gómez. Alla fine i nostri compagni sono riusciti a scappare in un'altra comunità del municipio autonomo San Juan Apóstol Cancuc, ma uno di loro, Antonio Gómez Pérez, ferito, risulta desaparecido.

Quando i promotori di salute autonomi sono andati a recuperare i feriti, sono stati fermati dalla polizia settoriale, dal sindaco Cirio Vásquez Cruz, dal pubblico ministero di Giustizia Indigeno Marcos Shilón Pérez e dal personale del sottosegretariato di governo. Secondo la JBG, i cinque non sono responsabili e nemmeno si trovavano sul luogo dei fatti. 

La JBG ha identificato gli organizzatori dell'aggressione, guidati da Miguel Gómez Pérez e sostiene che i filo-governativi di El Pozo non hanno il diritto di privare di energia ed acqua gli zapatisti in resistenza.

Nei fatti, secondo la versione ufficiale, è morto Sebastián Hernández Pérez, del gruppo priista.

Il presidente municipale ufficiale di Cancuc "sa che la sua gente perseguita le basi zapatiste col pretesto della resistenza al pagamento dell'energia elettrica a Crucilj'a, Tzuluwitz, Nicht'el, La Palma, Ya'xcoc, Baak'il, Cruztón, tra altri". Con questo, vogliono dimostrare che si tratta di scontri tra indigeni per giustificare la militarizzare delle comunità.

Come è possibile che il malgoverno agisca in questo modo, fermando i nostri compagni mentre sono le nostre basi di appoggio ad essere state aggredite, picchiate e gravemente ferite. Gli aggressori sono liberi di fare quello che vogliono perché contano sull'appoggio dei tre livelli di governo, ma quando i nostri compagni e compagne si difendono dalle aggressioni, li si accusa di essere provocatori ed aggressori, e questo vuol dire che gli zapatisti non hanno il diritto di difendere le loro vite, conclude il comunicato. http://www.jornada.unam.mx/2010/06/24/index.php?section=politica&article=018n2pol



mercoledì 23 giugno 2010

Dove sono i Maya?

 

Documentario realizzato da Narco News School of Authentic Journalism - http://www.narconews.com  - che documenta lo sfruttamento nell'industria turistica dei discendenti dei popoli originari del Messico in Yucatan, Cancun
http://www.youtube.com/watch?v=bsW3kZ9lPBA&feature=channel


martedì 22 giugno 2010

José Saramago

http://www.valeriodistefano.com/public/saramago.jpg

 

Alcuni giorni fa se ne è andato, a 88 anni, José Saramago. All'improvviso se ne è andato, e troppo presto: lo volevamo ancora con noi. Sì, lo volevamo ancora con noi, volevamo altri libri, volevamo altre analisi, puntuali e precise, mai scontate. Mi ricordo l'ultima volta che l'ho visto, sei anni fa, a Pontedera, nello stabilimento Piaggio. Teneva una conferenza, c'era anche sua moglie Pilar, erano passati pochi giorni dalla strage di Atocha. Il tema trattato era "la libertà delle idee". Ad un certo punto Saramago parlò di Democrazia, quella con la D maiuscola, non quella svuotata, deturpata, e sbandierata dai governanti, di destra e sinistra, di mezzo mondo. E disse una cosa che mi colpì. Disse più o meno così: oggi siamo qui a parlare della libertà delle idee, e ce lo permettono. In questo stesso momento in altre centinaia di luoghi, altre persone sono riunite per parlare di diritti civili, di razzismo, di pena di morte, terrorismo, globalizzazione ..., e glielo permettono. Il potere ci lascia riunire e parlare di tutti questi temi. Se però, ci riunissimo per parlare di Democrazia, per interrogarci se viviamo in Democrazia, allora il potere non ce lo permetterebbe, perché la verità è che non viviamo in una società democratica. Poi spiegò le ragioni per cui la nostra società, quella occidentale, non può essere definita democratica.

Quelle sue riflessioni mi accompagnano ancora oggi. Il presente che stiamo vivendo, giorno dopo giorno, sta drammaticamente confermando l'analisi di Saramago.


Vogliamo ricordare José Saramago per quello che ci ha regalato attraverso i suoi libri.

Vogliamo ricordare José Saramago per la sua lotta per la Democrazia, quella vera, quella con la D maiuscola.

Vogliamo ricordare José Saramago per il suo camminare a fianco degli ultimi.


Vogliamo ricordare Josè Saramago, scrittore erudito, intellettuale onesto,compagno, uomo.


E vogliamo condannare la codardia, la cialtroneria, la bassezza, la disonestà intellettuale dell'Osservatore Romano, per l'attacco a Josè Saramago, sferrato, attraverso un comunicato stampa, il giorno dopo la sua morte. Un'analisi, quella del periodico della "Santa Sede", che dimostra la pericolosa grettezza del dibattito culturale interno al Vaticano. E un tempismo che mette in evidenza una mancanza di rispetto dolosa e codarda, verso l'uomo, prima ancora che verso l'intellettuale.


Nella postfazione di "Desde las montañas del sureste mexicano" del Subcomandante Marcos, Saramago scrive: "Il Chiapas è un luogo di dignità, un fuoco di ribellione in un mondo pateticamente addormentato". Ecco, forse il modo migliore per ricordarlo è creare tanti Chiapas per provare a svegliare il mondo.


Un abbraccio José, e un abbraccio anche a te, Pilar, che più di tutti stai patendo la sua assenza.




Chiapas: un morto e nove feriti

 
 

La Jornada - Martedì 22 giugno  2010

Attacco in Chiapas; un morto e nove feriti

Elio Henríquez, Corrispondente. El Pozo, Chis. Un indigeno è morto e nove sono rimasti feriti (quattro da pallottole) in un attacco perpetrato in questa comunità del municipio di San Juan Cancuc, per il fatto che uno dei due gruppi si rifiuta di pagare il servizio di erogazione dell'acqua e dell'energia elettrica. Abitanti del luogo che hanno chiesto l'anonimato, hanno raccontato che l'incidente  è avvenuto questo lunedì alle nove del mattino,  quando circa 200 uomini hanno tentato di sospendere l'erogazione dell'acqua e dell'elettricità a 22 famiglie, presunte basi di appoggio zapatiste, che da anni si rifiutano di pagare il servizio. Le autorità statali hanno dislocato sul posto una decina di agenti della polizia statale.



venerdì 18 giugno 2010

On-line il nuovo numero di Desinformemonos,rivista internazionale di controinformazione

 

E' on-line il nuovo numero della Rivista Internazionale di Controinformazione DESINFORMEMONOS http://www.desinformemonos.org

 

La rivista è scaricabile in formato .pdf  in sette lingue. La versione in lingua italiana è scaricabile alla pagina http://desinformemonos.org/wp-content/uploads/2010/06/des7italiano.pdf)

Alla pagina web del Comitato Chiapas "Maribelhttp://chiapasbg.wordpress.com  un articolo informativo sulla rivista virtuale Desinformémonos, nel quale si spiegano le intenzioni e gli orizzonti di questo progetto di comunicazione globale.

Il contenuto dell'articolo rispetta interamente il significato del progetto, sebbene non corrisponda al titolo dello stesso.

A questo riguardo è stata inviata una nota di chiarimento a Le Monde Diplomatique che ha pubblicato l'articolo.

Nel Numero 7 di Giugno/Luglio 2010:

Los Nuestros

Raúl zibechi

Luis Villoro

Reportage

Mitzitón, Chiapas: confondere le geografie del capitale e territorializzare la speranza

Un golpe silenzioso: attaccato il movimento sociale sudafricano

San Juan Copala: "Ci stanno uccidendo poco a poco"

Atenco "Continuiamo a geminare la terra e questo significa che abbiamo vinto"

Chiapas, Quale sarà la prossima mossa del governo?

Il Tavolo 18 al Forun dei popoli in Bolivia

Storie di droga, donne e prigione in Messico

L'esercito israeliano attaca la flottiglia Free Gaza

Los Nadies

Silvia, "Non siamo nessuno, ma siamo usciti per strada"

Salim, "Vivere a Baghdad è impossibile"

Raymundo dalla Bolivia, "Dobbiamo essere ottimisti nonostante tutto"

Minerva, espulsa da Ciudad Juárez

L'Altro Bicentenario

"Vogliono privatizzare il territorio per i festeggiamenti"

Fotoreportage

Dimenticati da tutti in Vietnam

Video

Incontro Ribelle dal basso e a sinistra in Germania

Immagini in Resistenza

Roco di La Maldita Vecindad, "La Strada per l'indipendenza è fattibile e necessaria"

Penombra nel Museo della Luce Della UNAM



Campesinos della OCEZ temono un’offensiva del governo

 

Messico: "La militarizzazione sta aumentando rapidamente". Campesinos della OCEZ Regione Carranza temono un'offensiva del governo
Fernado León | Narco News Bulletin | 17-6-2010
www.kaosenlared.net/noticia/mexico-militarizacion-va-chinga-campesinos-ocez-region-carranza-temen-

L'Organizzazione Campesina Emiliano Zapata – Regione Carranza (OCEZ-RC) – è in stato di allerta per una possibile offensiva del governo federale e dello stato del Chiapas, il quale prosegue nella sua persecuzione contro l'organizzazione che si è accentuata dal 2009.

La settimana scorsa, membri della OCEZ-RC si sono recati a Città del Messico per diversi motivi. In primo luogo, ringraziare il rappresentante dell'Ufficio dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in Messico (OACNUDH), Alberto Brunori - che l'11 giugno ha concluso il suo mandato in Messico per assumere l'incarico  dell'Ufficio in Guatemala - per la solidarietà dimostrata verso la OCEZ-RC davanti agli attacchi del governo dello stato del Chiapas che criminalizza la lotta dell'organizzazione; poi, per riunirsi con le organizzazioni di Città del Messico e del resto del paese per solidarizzare con le loro lotte (lo sciopero della fame dei membri del Sindacato Messicano degli Elettricisti, la lotta per la liberazione dei detenuti del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra di Atenco, e la repressione dei minatori di Cananea, tra altre); e quindi, forse il più importante, dare visibilità al clima di tensione e persecuzione che si vive nelle comunità del municipio di Venustiano Carranza in Chiapas, dove negli ultimi mesi ci sono state detenzioni e torture nei confronti di membri della OCEZ-RC e attacchi di gruppi armati.

Nell'intervista rilasciata a Narco News, Ricardo Magdaleno, membro della OCEZ-RC, ha desctitto il clima di persecuzione in cui vivono le sue comunità. Secondo la sua organizzazione, il pericolo è latente perché temono che con la presenza militare, poliziesca e di gruppi armati, si presume legati al cacicco della regione, Jesús Orantes Ruiz, "si stia preparando un altro colpo contro la OCEZ-RC". Solo il 27 aprile scorso, membri dell'organizzazione sono stati aggrediti con armi da fuoco nel podere El Desengaño, occupato dalla OCEZ-RC da dieci anni ed in attesa della sua regolarizzazione, nel municipio di Venustiano Carranza. Gli aggressori indossavano uniformi della polizia ma fortunatamente non ci sono stati feriti tra i contadini. Magdaleno esprime il timore che si ripeta un attacco simile, perché, secondo lui, "il governo vuole che ci scappi il morto nella nostra regione e vuole così giustificare la militarizzazione avviata il 30 settembre dell'anno scorso." (….)

Da quando il compagno Chema è stato arrestato nel settembre del 2009 (poi liberato con altri tre compagni ad ottobre – n.d.t.) "tutti i giorni ci sono voli radenti di aerei e bombardieri militari. E da febbraio del 2010 si sono ricominciate a vedere le 'ombre nere' nelle comunità. Non sappiamo se sono pistoleri o militari, perché non fanno niente, ma stanno dentro le comunità", racconta Magdaleno. La presenza militare, così come di guardie bianche e la costante criminalizzazione da parte del governo, ha generato tra i membri della OCEZ-RC una sensazione di pericolo. "La paura è che uccidano qualche compagno dentro le comunità. Magari un massacro come ad Acteal", dice Magdaleno allarmato.

Dopo l'arresto dei tre membri della OCEZ-RC tra settembre e ottobre del 2009, l'organizzazione aveva installato un accampamento nella piazza di San Cristóbal per chiedere la loro liberazione e stabilire un tavolo di dialogo con il governo dello stato. A questo tavolo si era giunti ad alcuni accordi tra i quali la liberazione dei tre detenuti e la cancellazione dei mandati di cattura contro altri membri dell'organizzazione. Nonostante la vittoria sul piano giuridico, preoccupa il clima di criminalizzazione creato dal governo del Chiapas. "Da una parte parla di dialogo per far credere alla gente che lui rispetta i diritti umani, ma in realtà mette in atto una vera politica di criminalizzazione dei movimenti sociali e dei diritti umani in Chiapas." (…)

Tuttavia, la soluzione delle istanze sociali della OCEZ sembra non essere il suo peggior problema, le negoziazioni col governo dello stato "hanno cancellato i mandati di cattura, ma il governo federale ancora ci accusa di essere guerriglieri, terroristi, narcotrafficanti, trafficanti di esseri umani, bande criminali", dice Magdaleno. I tentativi di collegare l'organizzazione campesina con gruppi armati è parte di questa offensiva contro la OCEZ-RC. I presunti reati di competenza federale che li vincolerebbero con gruppi armati o con il crimine organizzato, sembrano essere in relazione con la presenza militare nella regione. (……).

Tuttavia, la nuova offensiva contro la OCEZ-RC non altera i suoi metodi di lotta, "noi puntiamo al dialogo, alla soluzione delle nostre domande, ma al governo dello stato non  interessa la soluzione delle nostre richieste, quello che gli interessa è distruggere la nostra organizzazione. Davanti a questo scenario prepariamo ed informiamo le nostre comunità, affinché qualunque cosa succeda facciamo sentire la nostra voce con mobilitazioni, marce, presidi. Questa è la modalità storica di lotta della OCEZ", dice sereno Ricardo Magdaleno. L'orizzonte si tinge di scuro quando la persecuzione punta dritta alla OCEZ-RC, e Magdaleno conclude, "adesso è questo il pericolo, e la militarizzazione sta aumentando rapidamente".

(Traduzione "Maribel" – Bergamo)


lunedì 14 giugno 2010

Fw: [Ezln-it] Testimonianza dalla Carovana per San Juan Copala

 

La carovana di solidarietà Bety Cariño e Jyry Jaakkola che doveva rompere l'assedio paramilitare alla comunità di San Juan Copala, portando carbone, acqua, mais e altri generi alimentari, medicinali, raccolte dalle varie organizzazioni aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona e dalla società civile non è riuscita ad arrivare a destinazione.

Il Municipio Autonomo di San Juan Copala  - Oaxaca, è costituito da 10 comunità di etnia triqui, conta circa 3500 abitanti.  L'affermazione della sua autonomia risale al 2007 ed da quel momento che iniziano gli scontri armati da parte della Ubisort (Unidad para el Bienestar Social de la Región Triqui) contro il Municipio autonomo.

Le comunità del Municipio Autonomo sono organizzate nella Mult-I (Movimiento de la Unificación y Lucha Triqui – Independiente)) e ha aderito alla Otra Campaña della Sesta Dichiarazione dela Selva Lacandona.   La Ubisort è invece una formazione vincolata al Partido Revolucionario Istitucional che ha governato il Messico per 70 anni e continua a governare lo stato di Oaxaca attraverso la corruzione e una vasta rete di cacique locali. La Ubisort, che prima del 2007 era quasi scomparsa, alla affermazione della autonomia triqui, riceve armi, finanziamenti e addestramento militare da parte dell'Esercito Messicano nel quadro della strategia di contro insurrezione e di guerra di bassa intensità messa in atto dal governo messicano dopo il levantamiento del 1° gennaio 1994 e la firma degli accordi di San Andrés.

Ora, nonostante la Ubisort - PRI rappresenti non più di 500 persone, grazie alla compiacenza del governo, alla amicizia personale del suo lider Rufino Suarez con il governatore dello stato di Oaxaca Ulises Ruiz  e al sostegno dell'esercito, dal mese di novembre 2009 tiene in stato di assedio la comunità di San Juan Copala tagliando la linea elettrica e telefonica e impedendo qualsiasi tipo di scambio commerciale della comunità con le comunità vicine.

Dopo l'imboscata della Ubisort alla prima carovana che tentava di portare aiuti a San Juan Copala dove venivano barbaramente uccisi con un colpo alla nuca Betty Cariño e Jyry Jaakkola, il segretario del governo di Ulises Ruiz anziché indagare sugli autori dell'assassinio, accusava gli organizzatori della carovana come provocatori e chiedeva che si indagasse sulle intenzioni politiche degli osservatori stranieri presenti nella carovana.    Dopo qualche giorno venivano uccisi, nella loro casa, due dirigenti che avevano contribuito alla costruzione dell'autonomia triqui Timoteo Alejandro Ramirez e sua moglie Cleriberta Castro.

A fronte del permanere dell'assedio e delle aggressioni paramilitari, le autorità statali e federali hanno fatto di tutto per mantenere sotto assedio il Municipio Autonomo di San Juan Copala e impedire che si compisse la missione umanitaria della carovana dell'8 giugno.

Fino alla sera del 7 giugno le autorità statali di Oaxaca dichiaravano che non avrebbero permesso la presenza alla carovana di stranieri con un semplice permesso turistico, come se il diritto alla solidarietà non appartenesse a tutti gli uomini indipendentemente dalla nazionalità di appartenenza.  A Città del Messico, la sera dello stesso giorno, i granaderos (polizia antisommossa) impedivano a un gruppo di donne triquis di manifestare il loro appoggio alla carovana umanitaria.   Sempre nei giorni precedenti apparivano su alcuni giornali di Oaxaca minacciosi editoriali che definivano la carovana di solidarietà Bety Cariño e Jyry Jaakkola come "la segunda caravana de la muerte" e parlavano degli organizzatori come narcotrafficanti e terroristi.

Dopo queste premesse che mi sembrano importanti aggiungo un racconto di come un partecipante come me ha vissuto la sua partecipazione alla carovana.

Il giorno 8 partiamo da Oaxaca alle 5 de mattino con due pullman di cui uno pieno di viveri.  Il nostro gruppo è costituito da compagni messicani e stranieri di cui 4 italiani, provenienti da San Cristobal de Las Casas , indigeni triqui che accompagnavano il Centro Diocesano di Pace e Giustizia di Oaxaca e altri aderenti alla Otra Campaña di Oaxaca.

Si arriva a Huajuapan de León dopo dove, nel parco della città convergono i pullman provenienti da tutto il Messico e soprattutto dalla capitale.  Si pensava ci fosse una assemblea ma nel parco alcuni parlamentari danno le loro interviste, ignorate dai partecipanti.  Solo uno spontaneo discorso del compagno di Betty Cariño viene seguito dalla gente ma ignorato da buona parte dei giornalisti presenti.  Si parte da Huajuapan de León circa alle 10, scortati dalla polizia.

Quando mancavano 95 Km da San Juan Copala, tutta la carovana viene fermata dalla polizia.  Arrivano notizie che, per proseguire, la polizia offre solo due possibilità per proseguire:

a)      accettare di essere accompagnati fino a San Juan Copala da membri della PRI-Unisort fino a San Juan Copala (incredibile!!)

b)      arrivare fino a Santiago Juxtalahuaca, che si trova a circa 50 Km da San Juan Copala, e lasciare lì tutti  i viveri trasportati dalla carovana.

 

Le richieste non vengono fatte direttamente alle autorità del Municipio Autonomo che presiedono la carovana, ma al presidente del gruppo parlamentare del PRD presente nella carovana..   Di fronte a una possibile intermediazione del parlamentare per umiliare il Municipio Autonomo e far fallire la carovana, scendiamo dal pullman e, insieme a molti altri partecipanti: campesinos, indigeni del municipio autonomo di San Juan Copala, compagni aderenti alla Otra Campaña di Città del Messico, organizziamo una marcia dichiarando che avremmo proseguito a piedi, costi quello che costi.  Solo dopo questa reazione la polizia permette che la carovana prosegua.

Dopo il bivio per Santiago Juxtlahuaca si entra in territorio dove è possibile la presenza dei paramilitari della Ubisort.  La presenza della polizia si fa più massiccia , si sentono a volte spari da lontano, probabilmente cohetes (fuochi di artificio) ma con una probabile  intenzione di minaccia. Le fermate della carovana sono frequenti e arrivano notizie che a San Juan Copala, franchi tiratori della Ubisort, sparano sulla comunità. 

Poco prima di la Sabana, in corrispondenza della deviazione per San Juan Copala, la carovana si ferma.    La Ubisort blocca il passaggio della carovana per il Municipio Autonomo. Il suo lider armato, dichiara alla Procuradora General de Justicia di Oaxaca e agli ufficiali di polizia che i paramilitari sono determinati a non far passare la carovana.  Le autorità federali e statali, di fronte alla palese minaccia armata, anziché arrestare il lider della Ubisort che tra l'altro è già colpito da un ordine di detenzione, mai eseguito, fa dietro front e dichiara di non  poter garantire la sicurezza del passaggio.  Risulta a questo punto evidente che la presenza della polizia, per quanto massiccia, serviva solo per dare l'opportunità ai mezzi di informazioni compiacenti di dichiarare che lo sforzo del governo per portare aiuti alla comunità di San Juan Copala era stato fatto, che il problema nelle comunità triqui è originato dal'atteggiamento del municipio  autonomo che non vuole venire a patti con la Ubisort e che il problema è essenzialmente una questione di lotte intestine interne alle popolazioni indigene.   A noi è apparso invece evidente che la presenza delle autorità e della polizia statali e federali, aveva la funzione di  proteggere i paramilitari della Ubisort  piuttosto che garantire il compimento della missione umanitaria.

 

Si torna indietro.  La tristezza e il senso di frustrazione è visibile sulla faccia di tutti i compagni.  La sensazione che la presenza dei parlamentari, la loro esigenza di apparire e approfittare per raccogliere voti tra le persone poco informate ma con sinceri sentimenti di solidarietà in occasione delle imminenti elezioni statali del 4 luglio, abbiano in qualche modo pregiudicato la buona riuscita della carovana.

Torniamo tutti a Huajuapan de Leòn.  In una conferenza stampa parlano il presidente della Liga Mexicana por la defensa de los derechos humanos e il compagno di Betty Cariño.  Quando comincia a parlare Alejandro Encina parlamentare del PRD, i presenti fanno sentire la loro voce denunciando il suo ruolo di falso mediatore gridando "Né PRI, né PAN, né PRD, la Otra Campaña contro il potere".  Parla anche Jorge Albino Ortiz del Municipio Autonomo di San Juan Copala che denuncia la capitolazione del governo di fronte alle minacce dei paramilitari e chiede l'intervento della Croce Rossa e dell'ONU per risolvere il problema umanitario che la comunità sta soffrendo.

 

All'uscita della conferenza stampa, sulla strada davanti al luogo dove si era svolta la conferenza, si forma una assemblea spontanea.  Finalmente si sentono voci di verità, "parole di sinistra e dal basso".  Finalmente si sente denunciare  il ruolo malefico e di sostanziale boicottaggio dei partiti nella carovana e si fa appello a un ruolo più forte e unitario della Otra Campaña per organizzare autonomamente una carovana di solidarietà.

Subito dopo organizziamo un corteo combattivo e informativo lungo le strade di Huajuapan de León che si chiude a mezzanotte.  Poi fino alle due del mattino del 9, i compagni della Otra Campaña di San Cristo0bal e di Città del Messico, mentre gli aderenti ai partiti partecipanti alla carovana dormono nei loro letti, scaricano le 40 tonnellate di viveri per depositarle in un magazzino del centro Diocesano di Oaxaca in attesa che la prossima carovana li consegni al Municipio Autonomo.

Gianfranco

di Ya Basta Milano


Fw: [Ezln-it] Gianni Proiettis: Messico brucia, Calderón tifa

 
 

POPOCATÉPETL

La lava del Messico

a cura di Gianni Proiettis

 

Messico brucia, Calderón tifa

 

Venerdì scorso ha confermato a oltranza le credenze dei superstiziosi sugli inizi. La prima partita del Mondiale 2010 – Messico-Sudafrica – si è aperta senza la carismatica presenza di Nelson Mandela, assente per lutto, e si è conclusa senza la pronosticata vittoria messicana, attesa come un balsamo sulle piaghe nazionali.

Il presidente Calderón, sciarpetta al collo, faceva un tifo sfigato per il Tri – apocope di Tricolor, la nazionale – mentre in Messico si superava il record di esecuzioni quotidiane: 77 in un solo giorno, includendo i 19 giovani assassinati in un centro di recupero per tossicodipendenti a Chihuahua.

"Mamma, riportami a casa", diceva un messaggio di José, un ventunenne eroinomane che si dissintosicava nel centro Fe y Vida, "qui ci verranno a uccidere a tutti."

Una premonizione inascoltata o una facile previsione, vista la frequenza con cui si ripetono le stragi nei centri di recupero, asili per chi si vuole disintossicare e uscire dal giro, ma santuari facilmente violabili per i sicari giustizieri.

"In un paese", scrive Elena Poniatowska, "che tratta la sua gente come un nemico, in cui ogni giorno si assassinano giovani e bambini, (….) in un paese senza opportunità, saccheggiato e tradito da quelli che hanno come unica patria il denaro, in un paese in cui due imprese televisive hanno il monopolio dell'informazione", la morte può diventare un reality show che beneficia il regime.

E' successo con i filmati dei due omicidi di messicani commessi dalla Border Patrol statunitense in questi giorni, filmati entrambi da indiscreti cellulari.

Un bambino 14enne che giocava con i suoi amici – o tirava pietre, secondo l'altra versione – è stata abbattuto da un colpo di pistola alla testa. Una reazione che neanche le regole d'ingaggio israeliane permettono e che il sindacato della Border Patrol è arrivato invece a difendere, definendo le pietre "armi letali". Il fatto che sia il bambino che l'agente si trovassero in territorio messicano non ha aiutato la difesa della Border Patrol, che è stata duramente questionata da vari organismi internazionali, Human Rights Watch per primo.

L'altro caso, quello di un immigrante illegale (che in realtà viveva e lavorava a El Paso da 18 anni), torturato a morte con un taser, ha fatto ugualmente il giro del villaggio virtuale e ha permesso al governo messicano di fingersi indignato con lo scomodo vicino. Niente di meglio di una campagna nazionalista per distrarre l'attenzione dai gravi problemi del paese.

Che cominciano con gli affondo mortali al mondo del lavoro – la repressione dei minatori di Cananea in sciopero, come un secolo fa; i tentativi di criminalizzare gli elettricisti dello Sme che lottano per recuperare i 44mila posti di lavoro estinti per decreto e che stanno facendo uno sciopero della fame nello Zocalo; una nuova legislazione che, adottando le direttive neoliberiste globali, è ansiosa di cancellare anche i più elementari diritti dei lavoratori – attacchi particolarmente cinici da un presidente che si era definito "dell'occupazione", passano per l'infiltrazione della delinquenza organizzata nei processi elettorali, l'imbarbarimento della "guerra al narcotraffico", le sempre più gravi e frequenti violazioni dei diritti umani, l'ingovernabilità di intere regioni, come la zona triqui di Oaxaca, dove le carovane di pace ricevono un trattamento israeliano, l'uso politico e repressivo della giustizia, come nel caso dei leader di Atenco, con sentenze di 60 e 112 anni, per aver difeso la propria gente e i loro territori ancestrali.

E finiscono in svendita dei beni nazionali – come la concessione a Televisa delle linee di fibra ottica per il triple play (telefono, tv, internet) a un decimo del valore reale – o in operazioni di immagine come Iniciativa México, in cui gli affossatori della democrazia in Messico – le due principali televisioni e la maggioranza dei media – si presentano come i salvatori della patria, sponsorizzando un concorso di progettini presentati dal pubblico. Una deviazione buonista dell'incombente Rivoluzione da centenario?

E' in questo Messico, in cui, per tornare a Elena Poniatowska che ne è profonda pulsadora, "gli ultimi governi hanno cancellato il futuro a milioni di messicani e propiziano l'esodo dei più disperati, i comportamenti antisociali, la corruzione, il narcotraffico e la mancanza di opportunità", che Andrés Manuel López Obrador, l'intramontabile leader di una sinistra senza partito ha presentato il suo ultimo libro: "La mafia che si è impadronita del Messico…e il 2012", data delle prossime elezioni presidenziali.

Amlo, come è popolarmente conosciuto, ha viaggiato negli ultimi tre anni per quasi 2500 municipi, è entrato in contatto con il paese profondo ed è oggi l'unico uomo politico di rilievo che possa dire di conoscere in profondità la realtà nazionale.

Nel suo libro racconta e dimostra come l'ex-presidente Carlos Salinas de Gortari ha saputo costruire, all'interno dell'oligarchia tradizionale, una solida e duratura rete di clientes che gli ha permesso di mantenere a tutt'oggi le redini della nazione. Quando si legge la lista degli undici politici più potenti del Messico, non si può fare a meno di notare che del number two, Diego Fernández de Cevallos, si sono perse le tracce da quattro settimane, quando è stato rapito, e non se ne è più parlato. Né letto, né sentito. A riprova che in una democrazia "televizzata" si possono lanciare campagne devianti e dimenticare l'essenziale.

 

pubblicato il 14 giugno 2010 http://blog.ilmanifesto.it/popocate/

 


JBG Roberto Barrios denuncia invasione di terre

 
 

La Jornada – Sabato 12 giugno 2010

La JBG denuncia l'invasione nel villaggio Choles de Tumbalá. Le basi di appoggio dell'EZLN subiscono furti e distruzione delle coltivazioni. La comunità zapatista è minacciata dal gruppo Xi' Nich.

 

Dalla Redazione.

La Giunta di Buon Governo (JBG) Nueva semilla que va a producir, della zona nord del Chiapas, ha denunciato che un gruppo di provocatori vuole impadronirsi della comunità zapatista Choles de Tumbalá, con l'appoggio dell'organizzazione Xi' Nich "ufficiale" - vecchia scissione dell'organizzazione indipendente con lo stesso nome - guidata dal leader invasore di terre Mario Landeros Cárdenas.

 

Choles de Tumbalá, vicina alla città di Palenque, appartiene al municipio autonomo zapatista El Trabajo. La JBG accusa dei fatti Gregorio Álvaro Cruz, Miguel Álvaro Montejo, Miguel Sánchez Jiménez, Rafael Álvaro Montejo, Miguel Montejo Arcos, Francisco Montejo Torres, Miguel Méndez Montejo, Santiago López Arcos e Miguel Solís Velasco, persone "che non hanno mai inteso ragione né rispetto per le autorità e la comunità", e che si sono organizzate per sgomberare le basi di appoggio dell'EZLN. 

 

Con il sostegno di Landeros Cárdenas, il 20 maggio "improvvisamente" sono arrivate 79 persone per invadere la comunità. I giorni 21 e 22 maggio, "senza rispettare le nostre basi di appoggio, hanno effettuato misurazioni della terra e della zona urbana con l'appoggio di un topografo".

 

Il 2 giugno hanno provocato l'incendio di 100 ettari; ora gli invasori "accusano i nostri compagni" di abbattere alberi e perfino "della morte di una signora", perché "vogliono fabbricare reati per giustificare uno sgombero o la repressione". Il 3 giugno hanno fatto irruzione nel terreno di uno zapatista, "spezzando 18 file di peperoncini su una lunghezza di 90 metri." 

 

Il 5 giugno Álvaro Cruz e Álvaro Montejo "hanno distribuito" case a gente che hanno portato da fuori. Tra queste case, c'è la sede del collettivo "delle compagne donne". Il giorno 9 "hanno distrutto la recinzione impadronendosi di 80 metri di rete di filo di ferro, tavole e 40 pali della recinzione". Lo stesso giorno, cinque basi di appoggio di Choles de Tumbalá sono state aggredite "con estrema violenza" e perseguitate con machete da Gregorio Álvaro e dal suo gruppo.

 

I compagni "sono riusciti a nascondersi in montagna ed altri nelle proprie case per evitare di essere uccisi". Il leader invasore ha minacciato di morte gli indigeni. Un'altra sua minaccia è che "porterà la pubblica sicurezza a sgomberarci." 

 

Gli aggressori "si sentono protetti dal governo". La JBG sostiene che "voleva sistemare il conflitto con le buone" convocandoli, ma non si sono mai presentati. "Siamo stati solo presi in giro".

 

La JBG denuncia che è "la strategia di contrainsurgencia del governo" contro i popoli "che lottano e resistono contro il piano neoliberale" che compera i leader per ingannare, confondere e manipolare la gente povera, "creando conflitti tra gli stessi diseredati della nostra società". Gli zapatisti si rivendicano quali "legittimi proprietari di questa terra che ci spetta storicamente e perché lì ci sono i corpi dei nostri antenati; l'abbiamo recuperata nel 1994 ed è stata pagata con la vita e con il sangue dei nostri compagni e la difenderemo ad ogni costo". http://www.jornada.unam.mx/2010/06/12/index.php?section=politica&article=016n1pol

 

Comunicato completo della JBG di Roberto Barrios

 

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)


lunedì 7 giugno 2010

La Ubisort chiude la Strada per Copala

 
 

La Jornada – Domenica 6 giugno 2010

 

La Ubisort chiude la strada per Copala

Octavio Vélez Ascencio. Corrispondente. Oaxaca, Oax., 5 giugno. A pochi giorni dalla partenza della carovana di solidarietà "Bety Cariño e Jyri Jaakkola", il "gruppo paramilitare" Unión de Bienestar Social de la Región Triqui (Ubisort) all'alba di oggi ha bloccato la strada che conduce al municipio autonomo di San Juan Copala, denuncia Casimiro Martínez Aguilar, portavoce delle organizzazioni che vogliono realizzare il viaggio.

Il "gruppo di criminali" ha bloccato la circolazione con dei massi in tre punti della strada, nelle vicinanze della comunità La Sabana. Le rocce sono state collocate con macchinario pesante affinché non possano essere rimosse "facilmente", ha segnalato.

Chiede quindi "al malgoverno di Oaxaca" di ordinare al "gruppo paramilitare" di sgombrare la strada, perché gli aiuti della carovana "sono la speranza di sopravvivenza di oltre 70 famiglie, dove la maggioranza sono bambini ed anziani".

In caso contrario, aggiunge, "assisteremo alla loro morte poco a poco per malattie curabili e fame".

Chiede inoltre che i governi statale e federale garantiscano il libero transito. http://www.jornada.unam.mx/2010/06/06/index.php?section=politica&article=011n3pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)

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