mercoledì 14 gennaio 2015

Continua la lotta per i desaparecidos di Ayotzinapa



Annamaria <maribel_1994@yahoo.it> ha scritto:

http://www.carmillaonline.com/2015/01/13/riprende-la-lotta-per-i-desaparecidos-di-ayotzinapa-in-messico/

Riprende la lotta per i #desaparecidos di #Ayotzinapa in #Messico

Pubblicato il 13 gennaio 2015 · in Osservatorio America Latina ·
di Fabrizio Lorusso
Mural Aytzinapa San CristobalI genitori dei 43 studenti desaparecidos della scuola normale di Ayotzinapa, nello stato del Guerrero, in Messico, e il movimento sociale che da oltre 100 giorni li accompagna nella loro lotta per il ritrovamento in vita dei ragazzi e il chiarimento delle responsabilità a tutti i livelli non sono andati in vacanza in questo periodo natalizio. L'incubo di un caso in cui le autorità messicane si sono impantanate, non essendoci stati progressi concreti nelle indagini, e che ha smascherato il governo di Peña Nieto, promotore all'estero di un paese pacificato e sulla via dello sviluppo grazie alle riforme strutturali, non ha smesso di turbare i sogni di gloria della classe dirigente nazionale: la notte della vigilia di Natale e di capodanno migliaia di persone hanno sfilato per le strade di Città del Messico insidiando la residenza presidenziale de Los Pinos, difesa da centinaia di celerini. E ormai non si chiede più la "risoluzione di un caso", ma si denuncia la violenza di stato strutturale che impera nel paese, la corruzione di tutto un sistema che reagisce con depistaggi e con la forza.
La mattina 12 gennaio un gruppo di manifestanti e una ventina di genitori dei ragazzi di Ayotzinapa hanno fatto irruzione nella caserma del ventisettesimo battaglione a Iguala perché sono sicuri che sia stato l'esercito a sequestrare gli studenti. Inoltre il ministro degli interni Osorio Chong ha cancellato una riunione che aveva fissato con i familiari nella capitale e questo ha suscitato ulteriori scontenti e rabbia. Nove genitori e vari manifestanti sono rimasti indignati e feriti per la dura repressione dei militari. Anche ad Acapulco i manifestanti hanno fatto un picchetto fuori dalla caserma. Rafael López Catarino, padre di Julio César López, sostiene che, grazie all'aiuto di alcuni suoi conoscenti della procura del Guerrero, è stato possibile tracciare gli ultimi spostamenti di suo figlio col GPS del cellulare e l'ultima coordinata ricevuta proviene dalla caserma di Iguala.
La lotta non va in vacanza: da Città del Messico a Oventic
In testa ai cortei di dicembre c'erano i genitori dei 42 studenti che ancora risultano scomparsi e di Alexander Mora, giovane normalista i cui resti sono stati identificati il mese scorso dopo gli studi del DNA effettuati a Innsbruck. In tante città e regioni, comprese quelle turistiche, dal Chiapas allo Yucatan, dal Guerrero alla capitale, i muri si sono dipinti di rosso e di nero, si sono riempiti di murales e gli stencil hanno riprodotto le tracce della protesta, gli slogan del movimento per Ayotzinapa: "Vivos se los llevaron, vivos los queremos", "Fue el Estado", "Nos faltan 43", tra gli altri.
Un gruppo di genitori degli studenti, accompagnati da attivisti di una cinquantina di paesi, hanno seguito il cammino della carovana del Festival delle Resistenze e Ribellioni contro il Capitalismo, convocato l'agosto scorso dall'EZLN e dal CNI (Congreso Nacional Indigena), che, tra il 20 dicembre il 3 gennaio, ha percorso le strade del Messico dalla capitale al Estado de México, dal Morelos a Campeche e infine al caracol zapatista di Oventic e a San cristobal de las Casas, in Chiapas. L'Esercito Zapatista ha ceduto la parola e i suoi spazi ai genitori e ai normalisti venuti da Ayotzinapa e ha celebrato i 21 anni dell'insurrezione la notte del 31 dicembre a Oventic, dove sono confluiti collettivi, organizzazioni, militanti e aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, in totale oltre 2000 persone tra cui circa 500 stranieri.
I forni crematori dell'esercito, Ayotzinapa, versioni ufficiali e nuove smentite
Caracol Oventic Festival Resistencias Rebeldias 31 dic 14 (28)La versione ufficiale del procuratore generale Jesus Murillo Karam punta a limitare i danni e ad allontanare i sospetti dall'esercito e dalla polizia federale, accusando del crimine i narcos dei Guerreros Unidos, l'ex sindaco di Iguala José Luis Abarca, ritenuto uno degli "autori intellettuali" della mattanza, e alcuni membri della polizia locale. Si tratterebbe quindi di una strage derivata da un conflitto locale e non da una crisi strutturale dello stato messicano. La procura, chiaramente, non fa mai riferimento al caso Iguala come a un "crimine di stato" quale invece è. L'intervento di agenti e apparati dello stato nella notte tra il 26 e 27 settembre è un fatto assodato e sono state dimostrate anche la partecipazione delle forze federali e il fatto che tanto l'esercito, il ventisettesimo battaglione di stanza a Iguala, come i federali erano informati in tempo reale di quanto stava accadendo e non sono intervenuti. Anzi, i militari hanno vessato un gruppo di studenti che si trovavano in un ospedale e li hanno rimandati in strada, dove era in corso una persecuzione armata contro di loro.
Una parte consistente della società, numerose indagini condotte dalla stampa critica, i genitori dei ragazzi e alcuni sopravvissuti puntano il dio proprio contro l'esercito, un'istituzione che storicamente "s'è occupata" della repressione dei movimenti contadini e indigeni e della desaparicion forzata degli oppositori politici a partire dalla guerra sporca degli anni settanta fino ad arrivare a stragi più recenti come quella de El Charco, Guerrero, nel 1997, e a quella di Tlatlaya del 2014.
Nuove rivelazioni del settimanale Proceso, il cui direttore Julio Scherer, figura storica del giornalismo messicano, è deceduto all'età di 88 anni il 7 gennaio scorso, confermano che il fascicolo delle indagini della procura contiene indizi sulla possibile responsabilità dell'esercito nei fatti di Iguala i quali potrebbero giustificare l'avvio di un'investigazione a parte. Nonostante le accuse mosse dalla società civile e dai movimenti sociali, oltre a quelle lanciate in dichiarazioni giurate da varie persone arrestate per il caso, la procura si rifiuta di aprire un nuovo fascicolo sulle forze armate che, inoltre, erano bene informate sul "potere corruttore e la potenza di fuoco del cartello dei Guerreros Unidos", come riporta la rivista.
Secondo le dichiarazioni rese dai detenuti e le carte delle indagini preliminari, sono vari i poliziotti di Iguala e di Cocula, accusati del rapimento e della sparizione dei normalisti che hanno un passato nell'esercito e, per giunta, gli alti ranghi del battaglione 27 nel 2013 hanno ricevuto denunce sui nessi della polizia locale di Iguala e Cocula coi narcos e su altre irregolarità gravi legate a conflitti interni alle forze dell'ordine di Cocula, per la precisione tra il capo della polizia, Bravo Barcenas, e il suo vice, Cesar Nava, probabilmente legato ai Guerreros Unidos.
La stessa procura della repubblica aveva cominciato tre indagini contro l'ex sindaco Abarca e una contro sua moglie, Maria Pineda, tra il 2010 e il 2012, ma queste sono rimaste sepolte fino a che la pressione nazionale e internazionale per il caso Ayotzinapa non ha obbligato le autorità a scongelarle e a far imprigionare l'ex sindaco per delinquenza organizzata, omicidio e sequestro di persona. Sono delitti che Abarca avrebbe commesso prima del settembre scorso, per cui sarebbe potuto finire in galera e non fare altri danni. Il 5 gennaio a sua moglie, che era ai domiciliari da due mesi, è stato confermato il fermo e sono state formalizzate le accuse di delinquenza organizzata e uso di risorse di provenienza illecita, per cui è stata trasferita al penitenziario di Tepic, nello stato settentrionale del Nayarit.
I forni dell'esercito
La procura non si muove, nonostante si moltiplichino le testimonianze e le segnalazioni di una possibile implicazione dell'esercito nella cremazione degli studenti nei propri forni. Pressato dalla pubblicazione di un reportage de La Jornada che proponeva questa ipotesi, supportata dal parere dei ricercatori Jorge Antonio Montemayor y Pablo Ugalde, il 7 gennaio il ministero della difesa messicano ha inviato una lettera al quotidiano La Jornada negando l'esistenza di forni crematori nelle strutture militari del paese. Ma pochi giorni dopo vengono diffuse altre ricerche giornalistiche. Un reportage di Sanjuana Martinez cita nuove fonti che accusano l'esercito di avere e utilizzare forni crematori. La guida per le pratiche legate ai benefici forniti dall'Istituto della Sicurezza Sociale delle Forze Armate (Issfam) cita l'esistenza dei forni. Il ministero stesso offre servizi di cremazione ai propri dipendenti sia in modo indipendente sia attraverso l'Istituto di Sicurezza Sociale dei Lavoratori Statali (Issste). Quindi ci sarebbe la possibilità che i corpi degli studenti siano stati inceneriti in una di queste strutture, anche grazie alla "discrezione" o segretezza di cui godono le operazioni condotte delle forze armate.
"Purtroppo non esiste un'altra possibilità che non si basi su questo tipo di crematori. Se le autorità avessero detto che i giovani erano stati seppelliti nel deserto e si fossero trovate delle ossa, sarebbe diverso. Ma siccome hanno detto che sono stati inceneriti nella discarica di Cocula, secondo le leggi della fisica, della chimica e della scienza in generale, è impossibile che siano stati cremati là, con legna o gomme. Lo abbiamo già dimostrato. Pertanto devono essere stati cremati in un forno. E chi ha possibilità di usarli in modo discreto? Solo lo stato", ha dichiarato il ricercatore della UNAM Jorge Antonio Montemayor Aldrete. Le ricerche potrebbero quindi dirigersi verso le caserme, le strutture militari, quelle dell'Issfam o dell'Issste. Anche il generale José Francisco Gallardo, imprigionato per motivi politici dal 1993 al 2002 per aver proposto la creazione di un garante dei diritti umani all'interno dell'esercito, conosce bene le strutture gestite dai militari e ha dichiarato che i forni esistono. "La Difesa sepre lo negherà, anche se ci sono prove. Ma è chiaro che hanno forni crematori. Negano anche di avere prigioni con dentro dei civili, ma io sono stato prigioniero lì nove anni e ho visto gente incarcerata. Inoltre vi dico che dove stanno queste prigioni e forni clandestini. Nel Campo Militare Numero Uno ci sono cantine con persone detenute. A me mi hanno rinchiuso in una di quelle, nudo, e c'erano altri civili. Ho visto cavi, secchi d'acqua, tutto quello che usano per le torture. Pensavo che mi avrebbero ucciso", sostiene Gallardo nell'intervista con La Jornada.
E continua: "Il governo ha catalogato le normali rurali come centri della dissidenza. E' un crimine di lesa umanità perché è lo sterminio di un gruppo specifico della popolazione come quello di Ayotzinapa. Qui si è formato uno scudo di impunità che ha permesso quei crimini. E' necessario che l'Esercito si sottometta al potere civile dello stato, ma se non ci sarà una rforma dell'esercito, questa cosa non verrà risolta. E così dovranno intervenire gli organismi internazionali per investigare su questo delitto, l'esercito non lo permetterà. Il Messico è una società militarizzata fino al midollo". E ha aggiunto: "Chi è il massimo responsabile? Il comandante supremo delle forze armate, il presidente Enrique Peña Nieto".
Sempre più dubbi…
Caracol Oventic Festival Resistencias Rebeldias 31 dic 14 (46)Il procuratore Jesús Murillo fonda la sua narrazione su alcune testimonianze dei presunti narcos agli arresti per il caso, Le ricerche dei giornalisti Anabel Hernández e Steve Fisher hanno fatto emergere le dichiarazioni delle persone arrestate che denunciano l'uso della tortura da parte delle autorità per cui si dubita fortemente della veridicità delle loro affermazioni sulla notte del 26-27 settembre. Secondo la versione ufficiale, quindi, i corpi dei 43 studenti sarebbero stati bruciati durante almeno 15 ore, dalle due del mattino alle cinque del pomeriggio, nella discarica di Cocula, a una trentina di chilometri da Iguala.
Però non ci sono prove, solo racconti. Nessuno ha potuto verificare che le ceneri e i pochi resti ossei presentati dalla procura e inviati in Austria per l'identificazione provenissero effettivamente dalla discarica di Cocula e dal fiume sottostante, come affermano alcuni detenuti. Un pilota militare con ampia esperienza, Andrés Pascual Chombo, la mattina del 27 settembre ha realizzato due voli a bassa quota proprio in quella zona con un elicottero del ministero della pubblica sicurezza dello stato del Guerrero per cercare i normalisti, ma il suo rapporto finale è stato: "Nessuna novità". Questo significa che non c'era nulla di anormale e non si scorgevano colonne di fumo o incendi nei paraggi. Infine anche alcuni esperti della principale università messicana (UNAM) hanno contribuito a smontare la storia della procura. Infatti, secondo i loro calcoli, per bruciare 43 corpi in poche ore ci sarebbero volute 33 tonnellate di legna o 995 gomme d'auto, si sarebbero avvistate fumarole a chilometri di distanza per tutta la giornata e si sarebbero dovute ritrovare grosse quantità di residui di questi materiali. Tutto ciò, invece, non è avvenuto.
EZLN e Ayotzinapa
La notte del 31 dicembre il subcomandante insurgente Moisés ha tenuto un discorso (link) di cui riporto una parte, dedicata ai familiari dei desaparecidos. Alla fine sono stati i letti i nomi dei 43 e quelli dei tre studenti uccisi nella strage di Iguala.
Fratelli e sorelle famigliari degli assenti di Ayotzinapa: le zapatiste e gli zapatisti vi appoggiano perché la lotta è giusta e vera. Perché la vostra lotta deve essere di tutta l'umanità. Siete stati voi e nessun altro ad aver inserito la parola "Ayotzinapa" nel vocabolario mondiale. Voi con la vostra parola semplice. Voi con il vostro cuore addolorato e indignato. Quello che ci avete mostrato ha dato molta forza e coraggio alle persone semplici in basso e a sinistra. Lì fuori si dice e si grida che solo le grandi menti sanno come fare, e solo con i leader e caudillos, solo con i partiti politici, solo con le elezioni. E così se la cantano e se la suonano senza ascoltarsi e senza ascoltare la realtà. Poi è arrivato il vostro dolore e la vostra rabbia.
Caracol Oventic Festival Resistencias Rebeldias 31 dic 14 (84)Poi ci avete insegnato che era ed è il nostro stesso dolore, che era ed è la nostra stessa rabbia. Per questo vi abbiamo chiesto di prendere il nostro posto in questi giorni durante il Primo Festival Mondiale delle Resistenze e delle Ribellioni contro il Capitalismo. Non solo desideriamo che si raggiunga il nobile obiettivo del ritorno in vita di chi oggi ancora manca. Ma continueremo ad appoggiarvi con le nostre piccole forze. Noi zapatisti siamo sicuri che i vostri assenti, che poi sono anche nostri, quando saranno di nuovo presenti non si meraviglieranno più di tanto del perché i loro nomi hanno assunto diverse lingue e geografie. Tanto meno del perché i loro volti hanno fatto il giro del mondo. E nemmeno che la lotta per la loro riapparizione in vita è stata ed è globale. Neanche che la loro assenza ha fatto crollare le menzogne del governo e denunciato lo stato di terrore creato dal sistema.
Ammireranno invece la statura morale dei propri famigliari che non hanno mai fatto cadere nel dimenticatoio i loro nomi. Senza arrendersi, senza vendicarsi, senza tentennare hanno continuato a cercarli fino a trovarli. Quindi quel giorno o quella notte i vostri assenti vi daranno lo stesso abbraccio che adesso vi diamo noi zapatiste e zapatisti. Un abbraccio affettuoso, con rispetto e ammirazione. Così vi diamo 46 abbracci per ognuno degli assenti. (Leggi discorso completo qui).
Un'eventuale articolazione o intesa, preannunciata dagli eventi dell'ultimo mese, tra l'EZLN e i movimenti dello stato del Guerrero che sostengono la lotta dei normalisti e l'esigenza di giustizia e verità dei familiari di Ayotzinapa potrebbe rappresentare un punto di svolta per il 2015. Anche la proposta di un congresso costituente, oltre alle dimissioni del presidente e del governo, sta prendendo piede con l'idea di rifondare il paese e combattere un sistema definito da molti come "narco-stato-fallito". Di fronte alla decadenza totale dell'apparato politico, all'impunità e alla corruzione endemiche tanto il vescovo di Saltillo, Raul Vera, vicino alla Teologia della Liberazione e ai principi di "opzione preferente per i poveri", come alcuni movimenti sorti per la causa degli studenti di Ayotzinapa hanno chiamato a un congresso costituente. Il portavoce dei genitori di Ayotzinapa, Felipe de la Cruz, ha annunciato la data del 5 febbraio a Chilpancingo, capitale del Guerrero, per un primo passo in tal senso e per discutere la situazione della regione che resta militarizzata.
"Mano dura", sgomberi e leggi restrittive
La scelta della "mano dura" non ha funzionato nel Michoacan, dove sono decine i morti risultanti dagli scontri dell'ultimo mese tra diverse fazioni della Forza Rurale, una polizia speciale creata nel maggio scorso dal Commissario "plenipotenziario" Alfredo Castillo, una specie di viceré emissario di Peña Nieto nella regione, dopo lo scioglimento dei gruppi di autodifesa. Siccome la Forza Rurale è stata subito infiltrata da ex narcotrafficanti, è stata imposta con la forza, in seguito all'incarcerazione a più riprese di vari leader del movimento delle autodefensas, ed è stata costruita in fretta e furia senza i dovuti controlli, sono scoppiati i conflitti tra diversi gruppi al suo interno, in particolare tra Luis Antonio Torres "El Americano" e Hipolito Mora, fondatore del movimento che ha da sempre denunciato le infiltrazioni mafiose, tollerate se non favorite dal Commissario Castillo, e ha perso suo figlio in una sparatoria contro gli uomini di Torres lo scorso 17 dicembre. Il Michoacan "pacificato" di fine 2014 è un territorio in guerra, con tassi di omicidio e di delitti denunciati superiori alla media nazionale, soprattutto nelle città come Apatzingán, Morelia, Uruapan e il porto di Lázaro Cárdenas.
Caracol Oventic Festival Resistencias Rebeldias 31 dic 14 (39)A completamento di questo quadro fosco e drammatico la polizia della capitale e quella del Chiapas, rispettivamente, hanno atteso la fine delle vacanze per sgomberare lo spazio "occupato, ecologico, politico e sociale Chanti Ollin", attaccato il 7 gennaio e recuperato il giorno dopo dagli occupanti a Città del Messico, e per reprimere i membri della comunità di San Sebastián Bachajón, nei pressi delle famose cascate di Agua Azul. Il 21 dicembre i comuneros del Chiapas, aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell'EZLN, hanno recuperato un terreno che fino a 5 anni fa era gestito in base al regime della proprietà collettiva, conosciuto in Messico come "ejido", ma che il 2 febbraio 2011 fu espropriato manu militari dal governo del Chiapas. La difesa della terra costò agli abitanti l'arresto: ben 117 persone finirono in manette. Il 9 gennaio è intervenuto di nuovo il governo. 900 uomini in uniforme, membri della polizia statale, dell'esercito e dei federali, hanno sgomberato le famiglie di indigeni tzeltales che si trovavano a presidiare la zona. L'11 gennaio, durante un tentato recupero della terra dell'ejido, la polizia ha sparato pallottole di gomma contro gli indigeni, ferendone alcuni, e sono stati ritrovati anche alcuni proiettili di arma da fuoco. La comunità tzeltal chiede la ritirata della polizia e la possibilità di tornare a coltivare le terre che gli spettano legittimamente.
Il portale SinEmbargo.Mx ha pubblicato un'indagine sull'evoluzione delle leggi repressive della libertà di manifestazione che, nei vari stati della repubblica, sono state approvate nel 2014: la situazione è preoccupante dato che sono una decina i provvedimenti presi dai governi e dai parlamenti locali di località come Città del Messico, il Chiapas, Puebla e Quintana Roo (nello Yucatan) che tendono a criminalizzare la protesta sociale e ampliano le possibilità di repressioni violente da parte della polizia. In risposta une ventina di organizzazioni hanno emesso un comunicato diretto al comune di Città del Messico in cui si critica la gestione della sicurezza pubblica e si chiede il rispetto dei diritti umani "contro la repressione della polizia". Decine di migliaia di cittadini hanno firmato una petizione su Change.Org per chiedere che gli agenti in servizio durante le manifestazioni abbiano un numero d'identificazione sull'uniforme (hashtag twitter #NumeroEnElUniforme).
Campagna elettorale e nuove azioni per Ayotzinapa
Caracol Oventic Festival Resistencias Rebeldias 31 dic 14 (15)Il fondatore del Movimento per la Pace, Javier Sicilia, ha chiamato a boicottare il processo elettorale del 7 giugno prossimo, in cui si dovranno rinnovare il parlamento nazionale e alcuni governi e parlamenti statali. Sette milioni di spot invaderanno le frequenze televisive e radiofoniche solo nella fase di pre-campagna elettorale, per cui il rischio che il caso Ayotzinapa passi in secondo piano è alto. Per questa ragione l'VIII Assemblea Popolare per Ayotzinapa, riunitasi il 3 gennaio nella scuola "Isidro Burgos", ha stabilito la ripresa delle iniziative di protesta con un calendario densissimo.
Le rivendicazioni dell'assemblea e del movimento continuano ad essere la "presentazione in vita" degli studenti, la identificazione e il castigo dei responsabili, la rinuncia del presidente, la libertà a tutti detenuti politici e il boicottaggio delle elezioni del 2015. Si chiede la realizzazione di azioni in Messico e nel resto del mondo. Dal 10 al 15 gennaio riprende la ricerca da parte dei cittadini e della UPOEG (Unione Popoli Originari dello Stato del Guerrero) dei desaparecidos per cui si sono formati gruppi di appoggio volontari per raggiungere Ayotzinapa. Il 12 gennaio le proteste, con picchetti e manifestazioni, si dirigono contro le caserme di tutto il paese. Il 26 gennaio, esattamente a quattro mesi dalla strage, è prevista la VIII Giornata d'Azione Globale per Ayotzinapa il cui centro sarà Città del Messico, con quattro cortei simultanei che convergeranno nella piazza dello zocalo. Il 17 gennaio si terrà la IX Assemblea Popolare che dovrà decidere sul programma in vista di una costituente e della convocazione di Assemblee Popolari Statali e convocare anche un incontro internazionale su Ayotzinapa e sul Messico.
In Italia segnalo per la sera del 13 gennaio (ore 18:30) l'evento AYOTZINAPA VIVE! Uno sguardo sul movimento messicano (RadioAlSuolo meets SOLIDARIA43 e collettivo Italia-Messico) al VAG61 – via Paolo Fabbri 110, Bologna Link evento Facebook
Link
Sul Festival delle Resistenze e Ribellioni – Cronaca e sintesi finale
Bilancio finale Festival e intervista con il normalista (del comitato studentesco di Ayotzinapa) Omar García su Radio Onda D'Urto

 

sabato 10 gennaio 2015

Re: Sgomberati dalla polizia gli ejidatarios di San Sebastian Bachajon



Annamaria <maribel_1994@yahoo.it> ha scritto:

Il governo del Chiapas sgombera gli ejidatarios di Bachajón dalle loro terre


Chiapas, Messico, 9 gennaio. "Oggi alle ore 6:30 circa del mattino, più di 900 elementi della polizia federale e statale, hanno sgomberato i nostri compagni e compagne che proteggevano le terre recuperate lo scorso 21 dicembre", denunciano gli ejidatarios di San Sebastián Bachajón, dal centro turistico delle Cascate di Agua Azul.
Gli indigeni tzeltal aderenti alla Sexta, accusano il governo di spogliarli delle loro terre, attraverso il segretario di governo Eduardo Ramírez Aguilar. "Sono degli svergognati, traditori della patria, corrotti, ma la loro cattiva politica non distruggerà la nostra lotta perché non permetteremo che continuino a derubarci a loro piacimento. Continueremo le nostre azioni in difesa della madre terra", dichiarano.
Nelle ultime ore hanno comunicato di aver localizzato in una comunità del Centro de Población Alansac–Jun, i compagni di cui non si avevano notizie da oltre 8 ore: Mariano Pérez Álvaro, Miguel Jiménez Silvano, Juan Deara Perez, Antonio Gomez Estrada, Manuel Gómez Estrada, Juan Gomez Estrada, Pacual Gómez Álvaro e Martín Álvaro Deara, che dicono di stare bene e di essere riusciti a sfuggire dalle mani dei poliziotti che tuttora presidiano le cascate di Agua Azul.



domenica 4 gennaio 2015

Conclusione del primo Festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni



Annamaria <maribel_1994@yahoo.it> ha scritto:

Cala il sipario sul Primo Festival Mondiale delle Resistenze e Ribellioni Contro il Capitalismo

Posted by Andrea Cegna on 04/01/2015

"Dove quelli in alto distruggono quelli in basso ricostruiscono."
Potrebbe essere una buona parte della sintesi di questi 14 giorni di condivisione politica, viaggi infiniti, vita comunitaria e scambio culturale.

Oltre 2600 persone di oltre 49 lingue hanno condiviso le loro lotte, i loro dolori e le loro rabbie.
Tante storie almeno quante sono le privazioni sistemiche che il capitalismo si porta in dote.
Di solito su questo blog raccontiamo storie ma alla fine di questi giorni intensi e prima di partire alla volta de La Realidad e La Garrucha per portare una parte dei soldi raccolti con la vendita del libro 20ZLN mi prendo la libertà di scrivere una cosa un po' diversa.
La dimensione di questo festival è stata principalmente messicana. Il dialogo EZLN – CNI ha creato questo momento molto importante per attivare la rete indigena nazionale. Molte delle realtà indigene in lotta avevano bisogno di conoscere altre esperienze in movimento per uscire dall'io narrante e "lottante" e passare al noi.
La credibilità e la capacità di convocazione dell'EZLN ha permesso così di rompere alcune barriere del mondo indigeno.
Quando il festival è stato pensato non solo non era successa la tragedia di Ayotzinapa, ma nemmeno era pensabile che esplodesse un movimento politico di dimensione nazionale, inedito e simile per dimensione solo a quello visto nel 1994, attorno ad una storia lunga e radicale come quelle delle scuole Normali Rurali.
Non si può non pensare che il festival sia stato ripensato dopo il 26 settembre, e non solo per la scelta dell'EZLN di lasciare i loro interventi programmati ai familiari e amici dei 43 desaparecidos.
La centralità della lotta di Ayotzinapa è stata centrale quindi anche dentro il festival. Oggi prima di iniziare il loro viaggio verso il Guerrero hanno detto alcune cose molto interessanti:
La necessità di lottare congiuntamente con l'EZLN è una certezza. Il festival è stato importante per trovare e creare contatti utili per costruire un percorso di trasformazione del paese.
L'assemblea nazionale popolare, uno dei percorsi di rete e convergenza della sinistra messicana, ha sicuramente funzionato ma non è sufficiente. Per questo gli studenti di Ayotzinapa invitano la Sexta a entrare in dialogo con questo percorso.
Il discorso di saluto dei genitori si è chiuso con la speranza di una nuova "Altra Campagna" e rilanciando la lotta contro le elezioni 2015.
Questi 14 giorni sembrano essere l'anticamera del dialogo tra diversi soggetti in lotta in Messico. In un Messico attraversato da correnti e tendenze diverse, questo festival è una sorta di percorso trasversale.
Tra qualche giorno l'EZLN, come annunciato da Moisés, prenderà nuovamente la parola. I risultati del festival saranno resi pubblici con un testo capace di tenere assieme le differenti voci che hanno preso la parola.
L'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale si dimostra credibile a livello nazionale e internazionale. Si dimostra capace non solo di convocare migliaia di persone ma anche di cogliere istanze sociali.
Questo si somma alla capacità di costruire relazione politiche, reti sociali e proposta; il tutto continuando internamente il percorso dell'autonomia.
Nelle conclusioni lette da un rappresentate del CNI si è calcata la mano sulla necessità di creare strutture organizzate, perché senza organizzazione e disciplina non si possono raggiungere risultati nelle lotte.
14 giorni molto intensi, e vedremo se gli interessanti chiari di luna diventeranno anche realtà ribelle e non solo rete di resistenza.

venerdì 2 gennaio 2015

Sub Moises: nel 21° anniversario dell'inizio della guerra contro l'oblio



Annamaria <maribel_1994@yahoo.it> ha scritto:

Discorso dell'EZLN nel 21° anniversario dell'inizio della guerra contro l'oblio. Subcomandante Insurgente Moisés.

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO
31 Dicembre 2014 e 1° Gennaio 2015
Compagne e compagni familiari degli studenti di Ayotzinapa uccisi e fatti sparire dal malgoverno di questo sistema capitalista:
Compagne e compagni del Congresso Nazionale Indigeno:
Compagne, compagni e compañeroas della Sexta del Messico e del mondo:
Compagne e compagni Basi di Apoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazióne Nacionale:
Compagne e compagni comandanti e comandante, cape e capi del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comandancia Generale dell' EZLN:
Compagne e compagni miliziane e miliziani:
Compagne e compagni insurgentes e insurgentas:
Compas:
Per mia voce parla l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Ricevete tutte, tutti e todoas, sia siate qui presenti o che non siate qui presenti, il saluto degli uomini, donne, bambini, bambine, anziane e anziani zapatisti.
Sia benvenuta la visita, la voce, l'ascolto, lo sguardo, il cuore collettivo dal basso e a sinistra.
Abbiamo qui come invitati d'onore i famigliari di chi ci manca in Ayotzinapa, nel Messico e nel mondo.
Siamo felici di cuore dell'onore che ci fate ad essere qui tra il nostro popolo zapatista.
Ci onorano anche i vostri silenzi e le vostre parole.
Ci unisce e accomuna il vostro dolore e la vostra rabbia.
Noi, zapatisti e zapatiste, non perdiamo di vista né ci tappiamo le orecchie di fronte al dolore ed al coraggio di Ayotzinapa che dimostrano e di cui ci parlano i familiari.
Il dolore per le morti e le scomparse. Il coraggio dei malgoverni di nascondere la verità e negare la giustizia.
Ciò che sappiamo e ricordiamo in questa lotta di Ayotzinapa è che solo come popoli organizzati possiamo trovare la verità.
Non solo la verità scomparsa ad Ayotzinapa, bensì tutte le verità che sono state sequestrate, incarcerate e assassinate in ogni angolo del pianeta Terra.
Su questa verità ora ancora assente potremo costruire la giustizia.
Perché noi, zapatiste e zapatisti, crediamo che non si possa più avere fiducia dei malgoverni che esistono in tutto il mondo.
Questi malgoverni che solo servono i grandi capitalisti.
Questi malgoverni che altro non sono che i dipendenti del capitale. I capoccia, maggiordomi e caporali della grande impresa capitalista.
Questi malgoverni non fanno nulla di buono per il popolo.
Non importa quante parole possano dire, questi governi non comandano perché il mero comando è quello del capitale neoliberale.
Per questo non bisogna credere a nulla dei malgoverni.
Tutto quello che vogliamo come popolo dobbiamo costruirlo tra di noi.
Proprio come stanno facendo i famigliari degli assassinati e desaparecidos di Ayotzinapa che costruiscono la ricerca di verità e giustizia.
Così come stanno costruendo la loro stessa lotta.
Vogliamo dire ai padri ed alle madri dei compagni scomparsi di non stancarsi di lottare e non abbandonare la lotta per la verità e la giustizia per i 43.
La lotta dei famigliari di Ayotzinapa è l'esempio e lo stimolo per chiunque vuole verità e giustizia in tutti i paesi del pianeta.
Vogliamo seguire l'esempio dei padri e delle madri che hanno lasciato la loro casa e famiglia per lavorare e incontrarsi con altre famiglie che condividono lo stesso dolore, rabbia e resistenza.
La speranza non sta in un uomo o una donna individualmente, come vorrebbero farci credere quelli che ci dicono "Vota per me" oppure "entra in questa organizzazione perché noi vinceremo".
Così dicono.
Ma, quale lotta? Noi sappiamo che quello che vogliono loro è il Potere per poi dimenticarsi di tutto e tutti.
Per questo è meglio che prendiamo l'esempio dei famigliari di Ayotzinapa e ci organizziamo.
Bisogna costruire e far crescere l'organizzazione in ogni luogo in cui viviamo.
Immaginare come potrebbe essere una nuova società.
Per questo dobbiamo studiare come stiamo in questa società nella quale viviamo.
Noi zapatiste e zapatisti diciamo che viviamo in una società dove siamo sfruttati, repressi, disprezzati ed espropriati da molti secoli da padroni e leader, e fino ad oggi, alla fine del 2014 e inizio del 2015, questa società continua così.
Ci hanno sempre ingannato dicendoci che loro, quelli che stanno in alto, sono i più forti e invece noi non serviamo a nulla.
Che siamo stupidi e stupide, così ci chiamano.
Dicono che loro sono capaci di pensare, immaginare, creare e che noi siamo solo i peones che eseguono.
"Fanculo tutto questo!". "Ora Basta!", così abbiamo detto noi zapatiste e zapatisti nell'anno 1994, e adesso ci governiamo autonomamente.
La vediamo così noi zapatiste e zapatisti, lo sforzo e la lotta colma di ribellione, resistenza e dignità dei famigliari dei compagni studenti desaparecidos ci stanno esortando ad organizzarci affinché non continui tutto nella stessa maniera.
Per lo meno sapere cosa fare prima che tutto continui nella stessa maniera.
O cosa fare affinché non succeda più a nessuno quello che è successo a causa di questo sistema in qui viviamo.
L'hanno spiegato molto bene i famigliari di Ayotzinapa. Come dei buoni maestri, i famigliari hanno spiegato che il responsabile del crimine è il sistema attraverso i suoi capoccia.
Il sistema, veramente, ha le scuole per i suoi capoccia, maggiordomi e caporali, queste scuole sono i partiti politici che vogliono solamente cariche e poltrone sempre più importanti.
Lì è dove si preparano i servi dei malgoverni. Lì imparano a rubare, a ingannare, a imporre e a comandare.
Da lì escono quelli che fanno le leggi, quelli che diventano legislatori.
Da lì esce chi ci obbliga a seguire quelle leggi con la violenza, quelli che diventano presidenti grandi, medi e piccoli, con i loro eserciti e polizia.
Da lì esce chi giudica e condanna chi non obbedisce a quelle leggi, quelli che diventano giudici.
Non importa se questi capoccia, maggiordomi o caporali sono uomini o donne, se sono bianchi o neri, gialli, rossi, verdi, azzurri, color caffè o di qualsiasi altro colore.
Il lavoro di quelli che stanno in alto è non lasciare respirare quelli che stanno in basso.
Talvolta chi manda ad uccidere ha lo stesso colore della pelle di chi viene ucciso.
Talvolta l'assassino e la vittima hanno lo stesso colore e la stessa lingua.
Non importano né il calendario né la geografia.
Quello che ci ha fatto pensare La lotta dei famigliari e dei compagni di Ayotzinapa ci fa pensare che chi sequestra, assassina e mente sono sempre gli stessi.
Chi non cerca la verità è chi dice menzogne.
Chi non fa giustizia è chi impone l'ingiustizia.
Noi pensiamo che questo non può continuare sempre così, in qualsiasi parte e a qualsiasi livello.
Questo è proprio quello che ci insegnano i famigliari di Ayotzinapa, ovvero che è meglio che noi cerchiamo e incontriamo chi subisce questa malattia chiamata capitalismo.
Insieme ai famigliari di Ayotzinapa cerchiamo le desaparecidas che abbiamo in tutti i nostri mondi.
Perché le donne scomparse e assassinate tutti i giorni e in qualsiasi ora ed in ogni luogo sono la verità e la giustizia.
Grazie ai famigliari dei 43 capiamo che Ayotzinapa non è nello stato messicano di Guerrero, ma è in tutto il mondo del basso.
Grazie a loro abbiamo capito che il nemico comune in campagna ed in città è il capitalismo, non solo in questo paese ma in tutto il mondo.
Ma questa guerra mondiale del capitalismo, in tutto il mondo incontra persone che si ribellano e che resistono.
Queste persone che si ribellano e che resistono si organizzano secondo i propri modi di pensare, secondo il luogo, secondo la storia, a modo loro.
Così, con le loro lotte di ribellione e resistenza si conoscono e fanno accordi per raggiungere quello che si vuole raggiungere.
Si conoscono ma non si giudicano tra loro.
Non si mettono in competizione per vedere chi è il migliore. Non si chiedono chi ha fatto di più, chi è più avanti, chi è avanguardia, chi comanda.
Insieme si chiedono se c'è qualcosa di buono in quello che fa il capitalismo.
Iniziando a farsi domande scoprono che NON c'è nulla di buono, anzi, proprio il contrario, fa del male in mille modi quindi è logico che ci siano mille modi di rispondere a questo male.
E allora la domanda è: come ribellarsi contro il male? Come resistere per far sì che il male del capitalismo non distrugga? Come ricostruire quello che viene distrutto, in modo che non torni tutto come prima, ma che sia meglio? Come si rialza chi cade? Come si ritrova un desaparecido? Come si libera un prigioniero? Come vivono i morti? Come si costruiscono la democrazia, la giustizia e la libertà?
Non c'è un sola risposta. Non esiste un manuale. Non esiste un dogma. Non c'è un credo.
Ci sono molte risposte, molti modi, molte forme.
Ognuno guarda i propri risultati e impara dalla sua e dalle altre lotte.
Mentre quelli in alto si arricchiscono con i soldi, quelli in basso si arricchiscono con esperienze di lotta.
Sorelle e fratelli, noi zapatisti e zapatiste diciamo che abbiamo appreso guardandovi e ascoltandovi, e anche guardando e ascoltando il mondo.
Non è stato, non è e non sarà un individuo o individua a regalarci la libertà, la verità e la giustizia.
Perché, amici e nemici, ci risulta che la libertà, la verità e la giustizia non sono un regalo, ma diritti che si devono conquistare e difendere.
E si possono raggiungere solo collettivamente.
Siamo noi, i popoli, le donne, gli uomini, gli otroas, abitanti delle campagne e delle città che dobbiamo prendere per mano la libertà, la democrazia e la giustizia per una nuova società.
Questo è quello che stanno facendo i padri e le madri dei compagni desaparecidos.
In mille maniere dobbiamo lottare per conquistare una società nuova.
Dobbiamo partecipare tutti, con diversi gradi d'impegno, alla costruzione di questa nuova società.
Tutti dobbiamo sostenere la lotta dei famigliari di Ayotzinapa nella ricerca di verità e giustizia, con purezza e semplicità perché questo è il dovere di chiunque sia in basso a sinistra.
Diciamo sostenere perché non si tratta di guidarli, di manipolarli, di usarli, di disprezzarli.
Si tratta di lottare insieme a loro.
Perché nessun essere umano onesto può approfittare di questo dolore e questa rabbia, questa ingiustizia.
Fratelli e sorelle famigliari degli assenti di Ayotzinapa:
Le zapatiste e gli zapatisti vi appoggiano perché la lotta è giusta e vera. Perché la vostra lotta deve essere di tutta l'umanità.
Siete stati voi e nessun altro ad aver inserito la parola "Ayotzinapa" nel vocabolario mondiale.
Voi con la vostra parola semplice. Voi con il vostro cuore addolorato e indignato.
Quello che ci avete mostrato ha dato molta forza e coraggio alle persone semplici in basso e a sinistra.
Lì fuori si dice e si grida che solo le grandi menti sanno come fare, e solo con i leader e caudillos, solo con i partiti politici, solo con le elezioni.
E così se la cantano e se la suonano senza ascoltarsi e senza ascoltare la realtà.
Poi è arrivato il vostro dolore e la vostra rabbia.
Poi ci avete insegnato che era ed è il nostro stesso dolore, che era ed è la nostra stessa rabbia.
Per questo vi abbiamo chiesto di prendere il nostro posto in questi giorni durante il Primo Festival Mondiale delle Resistenze e delle Ribellioni contro il Capitalismo.
Non solo desideriamo che si raggiunga il nobile obiettivo del ritorno in vita di chi oggi ancora manca. Ma continueremo ad appoggiarvi con le nostre piccole forze.
Noi zapatisti siamo sicuri che i vostri assenti, che poi sono anche nostri, quando saranno di nuovo presenti non si meraviglieranno più di tanto del perché i loro nomi hanno assunto diverse lingue e geografie.
Tanto meno del perché i loro volti hanno fatto il giro del mondo. E nemmeno che la lotta per la loro riapparizione in vita è stata ed è globale. Neanche che la loro assenza ha fatto crollare le menzogne del governo e denunciato lo stato di terrore creato dal sistema.
Ammireranno invece la statura morale dei propri famigliari che non hanno mai fatto cadere nel dimenticatoio i loro nomi. Senza arrendersi, senza vendicarsi, senza tentennare hanno continuato a cercarli fino a trovarli.
Quindi quel giorno o quella notte i vostri assenti vi daranno lo stesso abbraccio che adesso vi diamo noi zapatiste e zapatisti.
Un abbraccio affettuoso, con rispetto e ammirazione.
Così vi diamo 46 abbracci per ognuno degli assenti.
- Abel García Hernández
- Abelardo Vázquez Peniten
- Adán Abraján de la Cruz
- Antonio Santana Maestro
- Benjamín Ascencio Bautista
- Bernardo Flores Alcaraz
- Carlos Iván Ramírez Villarreal
- Carlos Lorenzo Hernández Muñoz
- César Manuel González Hernández
- Christian Alfonso Rodríguez Telumbre
- Christian Tomás Colón Garnica
- Cutberto Ortiz Ramos
- Dorian González Parral
- Emiliano Alen Gaspar de la Cruz.
- Everardo Rodríguez Bello
- Felipe Arnulfo Rosas
- Giovanni Galindes Guerrero
- Israel Caballero Sánchez
- Israel Jacinto Lugardo
- Jesús Jovany Rodríguez Tlatempa
- Jonás Trujillo González
- Jorge Álvarez Nava
- Jorge Aníbal Cruz Mendoza
- Jorge Antonio Tizapa Legideño
- Jorge Luis González Parral
- José Ángel Campos Cantor
- José Ángel Navarrete González
-José Eduardo Bartolo Tlatempa
-José Luis Luna Torres
-Jhosivani Guerrero de la Cruz
-Julio César López Patolzin
-Leonel Castro Abarca
-Luis Ángel Abarca Carrillo
-Luis Ángel Francisco Arzola
-Magdaleno Rubén Lauro Villegas
-Marcial Pablo Baranda
-Marco Antonio Gómez Molina
-Martín Getsemany Sánchez García
-Mauricio Ortega Valerio
-Miguel Ángel Hernández Martínez
-Miguel Ángel Mendoza Zacarías
.-Saúl Bruno García
.- Julio César Mondragón Fontes
.- Daniel Solís Gallardo
.- Julio César Ramírez Nava
.- Alexander Mora Venancio
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Compagni tutti, tutte e todoas:
Sono qui con noi le sorelle e i fratelli dei popoli originari che lottano nel grande consesso che si chiama Congresso Nazionale Indigeno.
Da oltre 500 anni abbiamo cercato come popoli indigeni le strade della ribellione e della resistenza.
Da oltre 500 anni abbiamo incontrato dolore e rabbia, giorno e notte, sul nostro cammino.
Da oltre 500 anni è stato nostro impegno conquistare libertà, verità e giustizia.
Da oltre 18 anni ci incontriamo come Congresso Nazionale Indigeno nel nome della scomparsa Comandata Ramona.
Da allora abbiamo cercato di essere allievi della loro saggezza, della loro storia, del loro esempio.
Da allora abbiamo rivelato, insieme, la marcia della tetra carrozza del capitalismo sulle nostre ossa, il nostro sangue, la nostra storia.
Abbiamo citato sfruttamento, saccheggio, repressione e discriminazione.
Abbiamo nominato il crimine e il criminale: il sistema capitalista.
Non solo, con le nostre ossa, con il nostro sangue e storia abbiamo dato nome alla rivolta ed alla resistenza dei popoli originari.
Con il Congresso Nazionale Indigeno abbiamo dato valore al degno colore della terra, quello che siamo.
Con il Congresso Nazionale indigeno abbiamo imparato che dobbiamo rispettarci, che tutto noi abbiamo un nostro posto e nostre domande.
Capiamo che adesso la cosa più importante è la verità e la giustizia per Ayotzinapa.
Oggi la cosa più dolorosa e indignante è che non siamo qui con i nostri 43.
Non vogliamo che domani possa accadere anche a noi, per questo ne parliamo nei nostri villaggi, nazioni, quartieri e tribù.
Abbiamo invitato le nostre comunità a non permettere che continuino ad ingannarci con miserabili pochezze, solo per tenerci in silenzio e che i grandi Capi continuino ad arricchirsi a spese nostre.
Abbiamo unito le nostre rabbie organizzandoci e lottando degnamente senza venderci, senza arrenderci, senza tentennare per i nostri prigionieri politici che sono rinchiusi in carcere per aver lottato contro le ingiustizie che subiamo.
Come popoli originari lottiamo per i nostri diritti, sappiamo come fare, come ci hanno insegnato i nostri bisnonni che non sono riusciti a distruggere come popoli originari di queste terre.
Per questo esistono ancora tante lingue, perché i nostri antenati sapevano come non farsi distruggere, ed ora tocca a noi fare lo stesso.
Tutti devono dire NO alle multinazionali.
Nelle nostre comunità, nazioni, quartieri e tribù tutti dobbiamo pensare cosa dobbiamo fare, come dobbiamo far sapere quello che ci fanno i malgoverni.
Dobbiamo organizzarci e avere cura di noi.
Perché ci vorranno comprare, vorranno darci le briciole, ci offrirano poltrone.
Troveranno tutte le maniere per dividerci e farci litigare e farci ammazzare tra di noi.
Ci vorranno dominare e controllare con idee diverse.
Ci spieranno e ci intimidiranno in mille modi.
Metteranno mille trappole per farci cadere e farci abandonare la lotta per il nostro popolo.
Vogliamo permettere altri 520 anni a farci trattare come spazzatura?
Vogliamo solamente vivere in pace, senza sfruttamento dell'uomo sull'uomo, chiediamo parità tra uomini e donne, rispetto per il diverso, e poter decidere insieme il nostro destino ed il mondo che vogliamo nelle campagne e nelle città.
Sicuramente lo stile di vita migliore che noi chiediamo è diverso da quello che ci impongono.
Noi zapatiste e zapatisti chiediamo alle popolazioni originarie del Congresso Nazionale Indigeno di abbracciare i famigliari di Ayotzinapa ed accoglierli nei loro territori.
Chiediamo che invitino le loro storie ed i loro cuori.
Chiediamo per loro l'onore della vostra parole e del vostro ascolto.
Grande è la saggezza racchiusa nel cuore delle popolazioni originarie, e crescerà ancor di più nella condivisione del dolore e della rabbia di queste persone.
Come guardiani e guardiane della madre terra sappiamo bene che il nostro passo è lungo e ha bisogno di compagnia.
C'è ancora molta strada da fare e non possiamo fermarci.
Così continuiamo a camminare.
Come popoli originari conosciamo bene la terra, lavoriamo la madre terra e viviamo con quello che ci dà, senza sfruttarla.
Curiamo, amiamo e riposiamo in pace con la terra.
Siamo le guardiane ed i guardiani della madre terra.
Insieme a lei possiamo tutto, senza di lei si muore inutilmente.
Come popoli originari è la nostra ora, adesso sempre.
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Compagne, compagni e compañeroas della Sexta nazionale e internazionale:
In questi giorni, presenti o no, si è svolta la condivisione che non è altro che uno dei passi che dobbiamo fare insieme come Sexta, ognuno nel proprio paese di lotta, con le sue modalità e con la propria storia.
Ci sono momenti in cui la storia ci unisce, indipendentemente dalla geografia nel nostro sogno e indipendentemente dal calendario della nostra lotta.
Ayotzinapa è un punto dove ci siamo riuniti.
Non basta.
Lavoriamo, organizziamoci e lottiamo per i/le nostr@ compagn@ desaparecid@s e lottiamo per i/le nostr@ prigionier@ politici.
Formiamo un ciclone nel mondo, affinché ci ridiano in vita i nostri scomparsi.
Facciamolo insieme. Insieme siamo essere umani, ma ci sono bestie che non muoiono, sono i capitalisti.
Formiamo una sola onda e travolgiamo questi animali, e anneghiamo questi malvagi che tanti danni fanno nel mondo.
Facciamolo, come ci stanno insegnano i famigliare di Ayotzinapa.
Senza sosta, come loro, senza sfruttare la situazione per vantaggi o altri interessi.
Compagne e compagni. rimuoviamo dalle nostre menti il significato cattivo della parola "sfruttare".
Pensiamo al significato buono della parola, sfruttiamo il nostro bene comune. Abbiamo già vissuto il male che fanno quelli che hanno approfittato per sfruttarci.
E ancora ci fanno sparire, ci torturano, ci incarcerano.
Libertà, giustizia, democrazia e pace sono il nostro destino.
Adesso è ora che noi, i poveri del mondo, iniziamo a costruire un mondo diverso, più giusto, dove le nuove generazioni saranno preparate a non permettere più che ritorni il capitalismo neoliberale selvaggio.
Ascoltiamo il grido dei 43 compagni giovani studenti che ci dicono "Cercateci e trovateci, non permettete che soffochino il nostro grido, noi 43 siamo come voi, ci hanno tolto la libertà, sappiamo se lotterete per noi e se non lotterete, significa che non lotterete per quelo che potrebbe succedere a voi."
Il grido dei 43 compagni ci dice "Aiutateci, supportateci, lottate, organizzatevi, lavorate, muovetevi insieme ai nostri famigliari, li stanno ormai lasciando soli perché si stanno avvicinando le elezioni, questo è quello che stanno facendo quelli che si dimenticano di noi."
Sommiamo alle nostre lotte, la lotta per i desaparecidos e desaparecidas. Nominiamo gli assenti. Denunciamo chiaramente il crimine. Denunciamo il criminale.
I famigliari di Ayotzinapa hanno alimentato la nostra forza ribelle e di resistenza, ci hanno fatto aprire ancor di più gli occhi ed hanno fatto crescere la nostra degna rabbia.
Ci stanno indicando un cammino e ci stanno dicendo che non gli importa di morire, se è necessario, per i loro desaparecidos.
Ci dimostrano come sia necessario che si organizzi chiunque ha degli scomparsi, e anche chi per ora non ha desapercidos perché li avrà se non si organizza, visto che qui continua il narco-governo.
Ci dimostrano che bisogna lottare, che non importa se si ha visibilità sui mezzi di comunicazione prezzolati, ciò che importa è la vita e non altre morti o sparizioni.
Ci dimostrano che è ora di organizzarci.
E' ora che decidiamo noi stessi del nostro destino.
Così semplice e così complicato.
Per questo dobbiamo organizzarci, lavorare, lottare, ribellarci e resistere.
Solo con il movimento e l'organizzazione quelli in basso potranno difendersi e liberarsi.
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Compagne e compagni dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale:
E' stato un anno difficile.
Continua la guerra contro il nostro animo di pace.
Il Capo continua a voler uccidere la nostra libertà.
Continua la menzogna che vuole nascondere il nostro impegno.
Il nostro sangue e la nostra morte continuano a scorrere nelle nostre montagne.
Ormai da tempo, il dolore e la morte che prima erano solo per noi, ora si estendono ad altre parti e raggiungono altre, altri, otroas nelle campagne e nelle città.
L'oscurità si fa più lunga e fitta nel mondo che tocca ad ognuno.
Questo lo sapevamo.
Questo lo sappiamo.
Per questo ci siamo preparati per anni, decenni e secoli.
Il nostro sguardo non guarda solo vicino.
Non guarda solo all'oggi e nemmeno solo al nostro territorio.
Guardiamo lontano nei calendari e nelle geografie, così la pensiamo.
Sempre di più ci unisce il dolore ma anche la rabbia.
Perché adesso, e anche da un po' di tempo, vediamo che in tanti angoli del mondo si accendono luci.
Luci di ribellione e resistenza.
A volte piccole come la nostra.
A volte grandi.
A volte flebili.
A volte sono un fulmine che si spegne rapidamente.
A volte continuano e continuano senza spegnersi nella memoria.
In queste luci si avvicina il domani che sarà molto diverso.
Questo lo sappiamo da 21 anni, da 31 anni, da 100 anni, da 500 anni.
Per questo sappiamo che dobbiamo lottare tutti i giorni, ad ogni ora in ogni luogo.
Per questo sappiamo che non ci arrenderemo, che non ci venderemo e che non tentenneremo.
Per questo sappiamo che manca quello che manca.
-*-
Compas tutti, tutte, todoas:
Nei prossimi giorni, settimane, mesi, usciranno altre nostre parole su quello che pensiamo e su come vediamo il mondo piccolo ed il mondo grande.
Saranno parole e pensieri difficili perché sono semplici.
Vediamo chiaramente che il mondo non è quello di 100 anni fa e nemmeno lo stesso di 20 anni fa.
Come zapatisti, quindi piccole e piccoli, studiamo il mondo.
Lo studiamo nei vostri calendari e nelle vostre geografie.
Il pensiero critico è fondamentale per la lotta.
Teoria si dice del pensiero critico.
No al pensiero vago, che si accontenta di quello che c'è.
No al pensiero dogmatico, che si fa comando ed imposizione.
No al pensiero ingannevole, che argomenta le menzogne.
Sì al pensiero che domanda, che critica, che dubita.
Non si deve abbandonare lo studio e l'analisi della realtà nei momenti difficili.
Lo studio e l'analisi sono le armi per lottare.
Ma non solo la pratica, non solo la teoria.
Il pensiero che non lotta, non è altro che rumore.
La lotta che non pensa, ripete gli errori e non si risolleva dopo la caduta.
E lotta e pensiero si uniscono nelle guerriere e nei guerrieri, nella ribellione e nella resistenza che oggi scuote il mondo benché il suo suono sia silenzio.
Gli zapatisti e le zapatiste lottano e pensano.
Pensiamo e lottiamo nel cuore collettivo che siamo.
-*-
Compagni, compagne, compañeroas:
Non esiste un solo cammino.
Non esiste una sola direzione.
Non ha le stesse pratiche chi cammina e lotta.
Non è solo chi cammina.
Sono diversi i tempi e i luoghi e molti sono i colori che brillano in basso e a sinistra nella terra che soffre.
Ma il destino è lo stesso: la libertà, La Libertà, LA LIBERTA'.
Compagni, compagne, compañeroas:
Sorelle e fratelli:
21 anni dopo l'inizio della nostra guerra contro l'oblio, questa è la nostra parola:
VERITÀ E GIUSTIZIA PER AYOTZINAPA!
VERITÀ E GIUSTIZIA PER IL MESSICO E IL MONDO!
MUOIA LA MORTE CHE IL CAPITALISMO IMPONE!
VIVA LA VITA CHE LA RIVOLUZIONE CREA!
PER L'UMANITA' E CONTRO IL CAPITALISMO!
RIBELLIONE E RESISTENZA!

Dalle montagne del Sudest Messicano.
Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comandancia Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Subcomandante Insurgente Moisés
Messico, Gennaio 2015


(Traduzione a cura Andrea Cegna e "Maribel" - Bergamo)


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