La  Jornada – Mercoledì 21 agosto 2013
    Hermann Bellinghausen. Inviato. Yaxjemel, Chis., 20 agosto. Il  ritorno degli sfollati cattolici della colonia Puebla (municipio di Chenalhó) è  stato impedito da decine di giovani, alcuni di loro quasi bambini, ad alcuni  chilometri da questa comunità.   
  Si  è poi saputo che all'interno della colonia c'erano altri ragazzi tenuti sotto  minaccia che aspettavano la carovana che accompagnava il fallito ritorno di  cinque famiglie tzotzil che da un mese vivono fuori dalle proprie case. A nulla  è servita la presenza da una pattuglia della Polizia Statale Preventiva che non  si è neppure avvicinata al luogo in cui si è svolto il fatto, e di una pattuglia  della polizia municipale che, di fronte all'atteggiamento aggressivo dei ragazzi  (che hanno anche lanciato pietre e inseguito i veicoli della carovana), ha   prontamente abbandonato il posto.
  Non  è servita nemmeno la presenza dall'assessore del sottosegretariato degli Affari  Religiosi della Segreteria di Governo, Javier García Méndez, che ha rilevato  come la situazione sia stata predisposta dai leader presbiteriani ed evangelici,  che a loro volta sono autorità comunitarie.  
  Almeno  sei individui con taglio di capelli militare aizzavano i ragazzi per aggredire i  profughi ed i componenti della carovana. Colpivano le parole di odio pronunciate  da bambini di non più di 12 anni, apparentemente preparati alla violenza.  
  La  carovana degli indigeni del municipio ed alcuni osservatori civili che  accompagnava gli esiliati di Puebla, prima di ritirarsi hanno recitato alcune  preghiere. Gli aggressori stavano su un pendio sopra al luogo in cui si pregava,  mostrando atteggiamenti sempre più aggressivi ed insultando le  donne.
  Tutto  questo nonostante l'accordo firmato l'8 agosto scorso tra i cattolici, le   riluttanti autorità della comunità ed il governo statale. Come si ricorderà, il  conflitto nella colonia Puebla è sorto per la presunta disputa sulla cappella  cattolica. A Luglio furono catturati con violenza tre indigeni, due di loro basi  di appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). Brutalmente  picchiati e minacciati di essere cosparsi di benzina e dati alle fiamme. Erano  stati falsamente accusati di avvelenare l'acqua; furono portati dal Pubblico  Ministero Pubblico a San Cristóbal de Las Casas e rimasero in prigione per due  giorni.  
  Di  fronte all'inefficienza del governo, c'è molta paura per l'integrità delle  famiglie cattoliche che rimangono nell'ejido completamente indifese.  http://www.jornada.unam.mx/2013/08/21/politica/013n2pol