mercoledì 2 gennaio 2013

Voci dal Seminario di riflessione e analisi: PlanetaTierra


La Jornada – Mercoledì 2 gennaio 2013
 
Hermann Bellinghausen. Inviato.San Cristóbal de las Casas, Chis., 1º gennaio. Ci troviamo di fronte all'opportunità di organizzare a livello mondiale un'immensa rete di collettivi a difesa del territorio, della terra e della Terra, ha dichiarato Pablo González Casanova davanti a un auditorium strapieno dell'Università della Terra in questa città; ciò, in riferimento alla persistente e crescente costruzione dell'autonomia delle comunità zapatiste. "Questo è il compito fondamentale, se pensiamo alla 'altra politica', costruita dal basso".
La proposta zapatista, ha aggiunto, è una nuova alternativa al vecchio dilemma riforma/rivoluzione che ha caratterizzato il dibattito e le lotte della sinistra nel XX° secolo. Siamo di fronte ad un nuovo momento che cambia la geometria politica, che va oltre l'opposizione destra-sinistra, parlando, come fanno gli zapatisti, del sopra e del sotto.
González Casanova sostiene che il mondo affronta una crisi ad ampio spettro, più grande di una crisi finanziaria o economica. Non ciclica, né di breve o lunga durata, dovuta al modello di accumulo intrapreso dal capitalismo nella sua fase attuale che mette in rischio la sopravvivenza stessa del mondo.
Ha rimarcato la novità del modo di presentare le alternative rivoluzionarie, lì dove le grandi trasformazioni promulgate da Lenin e Mao sono fallite. Ha origine il sudest messicano, abitato dai popoli maya, e rappresenta un progetto universale, non per una nuova politica indianista o solo indigenista, ma di emancipazione umana che, per quanto possibile, sarà pacifica.
Il sociologo messicano si domanda: che cosa hanno Cuba e la sua rivoluzione per continuare ad esistere dove altre esperienze come quella sovietica o quella del Vietnam hanno portato al tipo di capitalismo che attualmente guida quelle nazioni? È la combinazione di Marx e Martí, ha azzardato. Sostiene che oggi è l'esperienza del Venezuela quella che è arrivata più lontano nel continente, senza ignorare quello che succede in Ecuador, Bolivia ed Uruguay, che pure essendo insufficiente, punta a come può resistere l'attuale fase di ricolonizzazione e saccheggio del capitalismo.
Mentre nei loro cinque caracoles nella selva e sulle montagne del Chiapas migliaia di basi di appoggio zapatiste celebrano a porte chiuse il 19° anniversario dell'insurrezione dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), in questa città si svolge il Terzo Seminario di riflessione e analisi Pianeta Terra: movimenti antisistemici, dove questa sera è intervenuto González Casanova.
Uno striscione sul portone del caracol di Oventic, negli Altos, recitava in caratteri rossi e neri: "Lunga vita ai compagni aderenti all'Altra Campagna del Messico e del mondo". Le guardie incappucciate indicavano ai giornalisti che si poteva riprendere o fotografare solo questo. Su altri due striscioni si leggeva la richiesta di liberazione immediata di Francisco Santiz López, base di appoggio dell'EZLN, ed Alberto Patishtán Gómez, aderente all'Altra Campagna. Ieri sono giunti nei caracol migliaia di indigeni in numerosi gruppi provenienti dalle diverse comunità.
Il terzo seminario internazionale ha fatto da eco al deliberato silenzio della marcia zapatista questo 21 dicembre. Ed anche per riannodare il dialogo della società civile e degli intellettuali che continuano ad essere interlocutori dello zapatismo; ora, dopo il recente comunicato del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, Comandancia Generale dell'EZLN, e le lettere al governo federale passato e nuovo del subcomandante Marcos. Tutto conferma il vigore e l'urgenza dell'autonomia comunitaria che nelle montagne del Chiapas oggi rappresenta l'esperienza di autogestione più estesa e longeva al mondo, in permanente resistenza.
Il Congresso Nazionale Indigeno (CNI) si è espresso ampiamente attraverso la voce del dirigente purépecha Salvador Campanur, della comunità autonoma di Cherán, Michoacán, come spazio di riflessione ed incontro di tutti i popoli e nazioni indios disposti a procedere in autonomia, libertà e resistenza. Non a caso la figura ed il nome di don Juan Chávez Alonso, morto mesi fa, è risuonata per bocca di sua figlia Margarita, arrivata qui dalla comunità di Nurío, e di altri suoi compagni.
Erano presenti per salutare e ribadire la loro lotta i wixaritari di Jalisco e la difesa contro le imprese minerarie nel deserto sacro di Wirikuta; gli yaquis che difendono il loro fiume omonimo contro la barbarie del governo panista di Sonora, e gli amuzgos di Suljaá, Gueriero, per voce della sua Radio Ñomndaá. L'Assemblea dei Popoli Indigeni dell'Istmo in Difesa della Terra e del Territorio ha insistito nel denunciare gli abusi colonizzatori delle multinazionali dell'energia eolica che infestano le comunità zapotecas di Unióne Hidalgo e Juchitán, come i popoli ikoot di San Dionisio e San Francisco del Mar, nel sud di Oaxaca. Le spagnole Mareña Renovables, Femosa ed altre, con l'inganno, violando i diritti dei popoli, ed appoggiate dal governo oaxaqueño, hanno causato grandi danni sociali ed ambientali, e minacciano di causarne ancora di più se i popoli non le fermeranno.
Dal suo inizio, il seminario ha adottato come indirizzo di riflessione la condizione dell'ascolto attento: È un nuovo tempo delle lotte dei popoli, ha detto il giorno 30 l'antropologa femminista Mercedes Oliveira, al CIDECI-Università della Terra. Hanno partecipato Jerome Baschet, Xóchitl Léyva e Ronald Nigh, anche come attenti ascoltatori del silenzio e della parola dei ribelli che l'Anno Nuovo del 1994 si sono sollevati in armi contro il malgoverno e quasi due decenni dopo sono ancora presenti e contano. Ora annunciano nuove iniziative ed azioni. Anche Sylvia Marcos ha affermato quello che ha sentito dall'impressionante silenzio e dai corpi dei 40 mila zapatisti che il 21 dicembre hanno sfilato in cinque città del Chiapas, e dopo le più recenti parole dell'EZLN.
Hanno illustrato le loro lotte ed affinità anche Emory Douglas, figura storica del partito delle Pantere Nere statunitensi; Andrés Cuyul, rappresentante del popolo mapuche; la cineasta e nazionalista portoricana Ivonne María Soto, e Juan Haro, del Movimento per la Giustizia del Barrio di New York. Il pensatore belga François Houtart, nella sua interpretazione del disastro capitalista, ha affermato che esiste una resistenza generalizzata contro la disuguaglianza economica ed il sistema che si è costruito nel mondo, e che di fronte alla crisi della logica dello sviluppo dobbiamo trovare alternative e non solo regolamentazioni; bisogna ripensare in maniera completa la realtà della Terra e la realtà umana.
Gustavo Esteva ha parlato di questa crisi all'interno della crisi del capitalismo ed enumerato i dati minimi delle condizioni di disastro sociale, politico, economico, alimentare, ambientale e di vita in cui si trova il Messico, ed ha invitato a consolidare le vie dell'autonomia, l'autosufficienza alimentare, la difesa delle risorse e, soprattutto, il pensiero libero, decontaminato, senza il quale non sarà possibile la costruzione di un mondo diverso.
Poco prima, Silvia Ribeiro aveva tracciato le coordinate dell'imminente appropriazione, da parte di Monsanto e simili, del mais e della vita in Messico, aiutati dall'entusiasmo riformatore dei legislatori di tutti i partiti che spianano la strada alle multinazionali ed alle loro coltivazioni transgeniche, per di più, con diritto di brevetto. 
Ben riassume quello che il CNI ed i relatori sono venuti ad esporre in questo seminario internazionale molto partecipato, la gratitudine di Margarita Chávez Alonso a suo padre per avere insegnato il percorso dell'EZLN alle comunità di Michoacán. http://www.jornada.unam.mx/2013/01/02/politica/005n1pol -  (Traduzione "Maribel" - Bergamo)

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