giovedì 24 gennaio 2013

Ancora detenuti gli indigeni in Chiapas


La Jornada – Giovedì 24 gennaio 2013
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 23 gennaio. E' trascorso più di un anno dal nostro sciopero della fame ed ancora non c'è risposta alla richiesta del nostro rilascio, né al risarcimento per tutte le irregolarità giudiziarie contro di noi, ha dichiarato Pedro López Jiménez, a nome del gruppo di detneuti dell'Altra Campagna nel Carcere N. 5. Le autorità sanno della nostra innocenza. 
Si tratta di detenuti indigeni che scontano pene basate su montature e irregolarità nei loro processi. I più noti sono Alberto Patishtán, della Voz del Amate, e Francisco Santiz López, base di appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, i cui casi sono di competenza federale e, nonostante le promesse dei governi chiapanechi, dormono indebitamente il sonno dei giusti.
Denunciando le condizioni carcerarie degli oltre 500 detenuti nel carcere degli Altos, López Jiménez, del grupo Solidarios de la Voz del Amate, sostiene che il nuovo direttore, Wenceslao Urbina Gutiérrez, "ha limitato molte cose, violando i diritti dei detenuti senza rispettare gli usi e i costumi di tutti noi che siamo in stragrande maggioranza indigeni. 
Chiediamo al governatore Manuel Velasco Coello che intervenga in questa situazione di ingiustizia", aggiunge. Da lunedì scorso impediscono ai suoi familiari di portargli cibo, come banane, pozol, tortillas. "Siamo poveri, ma le nostre famiglie ci portano cose che compensano il cibo della prigione che non è buono né sufficiente, ed ora ci proibiscono questo diritto". 
Inoltre, "le autorità del Carcere N. 5 stanno limitando le visite senza giustificazioni e in malo modo. Questa situazione colpisce la totalità della popolazione, non solo chi è organizzato", dichiara il portavoce tzotzil.
Gli altri detenuti dell'Altra Campagna sono Alfredo López Jiménez, Rosa López Díaz, Juan Collazo Jiménez, Juan López Díaz e Alejandro Díaz Santiz. Tutti hanno documentato detenzione arbitraria, tortura, negazione dell'interprete nella propria lingua, corruzione degli agenti del Pubblico Ministero, confessioni estorte e fabbricazione delle accuse. 
Intanto, Santiz López, base di appoggio zapatista, continua a restare in carcere senza motivo ed il suo caso congelato, più come ostaggio politico che imputato. Anche il professor Patishtán aspetta che la Corte Suprema di Giustizia della Nazione rispetti il suo obbligo di considerare il suo caso, un'altra collezione di irregolarità processuali che l'ha condannano a 60 anni di prigione (ne ha già scontati 12) per un crimine che non ha commesso. 
Infine, in un'altra dilazione inspiegabile, la giudice di Simojovel che deve pronunciarsi sull'invalidità delle accuse contro Rosario Díaz Méndez, membro della Voz del Amate, ha ritardato per settimane il suo intervento, non rispettando i successivi termini legali. http://www.jornada.unam.mx/2013/01/24/politica/022n1pol

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