venerdì 4 gennaio 2013

E’ il tempo della ribellione


La Jornada – Giovedì 3 gennaio 2013
La lezione dell'EZLN: non si può mettere a tacere la storia, affermano Villoro e Navarro a chiusura dell'incontro
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 2 gennaio. Celebrando "il fragore del silenzio dei nostri fratelli zapatisti che hanno svegliato il mondo - anche i più increduli - tornando ad accendere la fiamma della speranza", i filosofi Luis Villoro e Fernanda Navarro hanno salutato il Terzo Seminario Internazionale di Riflessione e Analisi Pianeta Terra, Movimenti Antisistemici che si è chiuso oggi.
Nel loro messaggio, Villoro e Navarro affermano: Ci hanno dato una nuova lezione: che la storia non si può mettere a tacere. Non molto diverso è quello che sono venuti a dire in questo particolare dialogo interculturale le voci dell'America indigena, da esperienze differenti, cariche dell'energia (newen, la chiamano i mapuche) del divenire della storia.
Nella sessione finale sono risuonate forte le voci dell'intellettuale di lingua mapundungun Luis Cárcamo-Huechante e del dirigente amazzonico dell'Ecuador Severino Sharupi Tapuy. Non sono tempi per procedere lentamente, ha detto il secondo, in rappresentanza dell'importante Confederazione Nazionale Indigena dell'Ecuador (Conaie). Ha esposto una valutazione dell'impatto del movimento indigeno sulla vita del suo paese nei passati 20 anni, non esente da autocritiche, perché ha ammesso che, a dispetto dei risultati, hanno commesso errori legati all'intenzione di prendere il potere (e sono stati vicino a farlo, abbattendo tre presidenti e ottenendo una nuova Costituzione).
Secondo Sharupi, non si è costruito un potere dal basso per l'idea di prendere il potere esistente. Le sue parole risultano urgenti: Non è più il momento di resistere soltanto. È il momento di fare un passo avanti. È il tempo della parola e della ribellione. La consonanza con i messaggi zapatisti che hanno permeato questo seminario internazionale è evidente: Siamo un popolo in costruzione, ha detto, e paradossalmente ha concluso: Come la tartaruga che è lenta, ma, siccome procede sulle sue quattro zampe, non cade.
Il dire facendo/fare dicendo degli ecuadoriani si sposa anche, senza ripeterlo, con l'uso della parola che ha caratterizzato il movimento zapatista del Chiapas nei due stessi decenni in cui la Conaie ha percorso le proprie strade, e non è la prima volta che si incrociano. 
Cárcamo-Huechante, mapuche cosmopolita per l'esilio, ha parlato a nome della Comunità di Storia Mapuche, organizzazione di lotta culturale in Cile che ha trovato nei libri e nella radio strumenti di autonomia. Ha descritto l'esperienza di auto-pubblicarsi, con una visione propria della storia, la geografia, l'interpretazione del territorio e la comprensione della legge.
L'opera collettiva Historia, colonización y resistencia en el País Mapuche è una pietra miliare nell'attuale e contundente risveglio dei popoli di Wall Mapu, in Cile (e Argentina). Continuano ad essere colonizzati dallo Stato cileno, tradizionalmente razzista e che li ha perseguitati e derubati. Dalla dittatura di Pinochet viene loro applicata l'infame legge antiterrorista. 
Ma anche in Ecuador, col suo governo più progressista (ma fondamentalmente favorevole alle estrazioni minerarie, dice Sharupi), si applica una legge simile contro i dirigenti indigeni.
Insieme a queste voci, quelle di Félix Díaz, qarashé della comunità qom dell'Argentina; del mapuche Andrés Cuyul, e quelle del Congresso Nazionale Indigeno del Messico, sentite ieri. Tutti questi interventi sono stati tradotti o commentati in tzeltal e tzotzil, in considerazione del pubblico locale venuto ad ascoltare gli analisti, i dirigenti ed i saggi, come Luis Villoro e Jean Robert.
Fedele al pensiero attivo che ha caratterizzato la sua vita, Robert ha parlato con generosità del mondo contadino, dove risiede la resistenza, ed ha avvertito del pericolo della sua scomparsa di fronte al disastro ecologico che si diffonde nel pianeta. La parola chiave per lui è costruzione. 
Anche Villoro e Navarro, rispondendo all'appello zapatista dichiarano: dietro quel silenzio ci invitano, ci incitano a far camminare la parola, la loro parola, per mostrare quello che loro hanno ottenuto resistendo e costruendo un mondo nel quale tutto quello che ha vita si ama e si rispetta, perché ha cuore. http://www.jornada.unam.mx/2013/01/03/politica/005n1pol

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