martedì 22 gennaio 2013

Gustavo Esteva: Colpi alla cieca


La frattura tra le classi politiche si allarga continuamente, sia nei confronti della gente che della realtà, ciò che approfondisce il vuoto attorno a loro. Anche se questa mancanza di sostegno sociale e politico rende inevitabile la loro caduta, rappresenta anche un pericolo: stanno cadendo su di noi e devono far ricorso alla forza.
Il discorso quotidiano di queste classi politiche e dei loro intellettuali organici o inorganici, moltiplicato dai media, acquista crescente irrilevanza. Si tratta della proverbiale aspirina contro il cancro, di bambini che fischiano nel buio… Non funziona nemmeno a nascondere il sole con un dito, per simulare… Ma crea una nebbiolina di confusione che aggrava la confusione imperante. Abbiamo bisogno, prima o poi, di ritrovare la prospettiva.
La prima globalizzazione contemporanea, quella dell'espansione commerciale alla fine dell'Ottocento e all'inizio del Novecento, ha provocato un collasso del sistema che ha attraversato tre fasi sovrapposte: la Prima Guerra Mondiale, la Grande Depressione del 1929, la Seconda Guerra Mondiale. Solo nel 1945, dopo 100 milioni di morti e una immesa distruzione, l'economia ha mostrato segnali reali di ripresa.
La seconda globalizzazione, l'attuale, è entrata in crisi da tempo, un tipo di collasso che Wallerstein giudica terminale. Senza voler essere apocalittici, si può sostenere che le conseguenze saranno molto peggiori di quella della prima globalizzazione. Ha già prodotto, questo collasso, una distruzione naturale e sociale senza precedenti e mette a rischio la stessa sopravvivenza del pianeta e della specie umana.
Tradurre tutto questo in termini messicani dà i brividi. Tutte le cifre sono impressionanti: quella dei migranti, la più grande migrazione della storia del paese; quelle dei morti, scomparsi, sequestrati, sfollati, o quelle dei poveri, affamati, disoccupati… Non c'è rifugio. La distruzione ambientale, la minaccia al mais (da parte delle sementi transgeniche, ndt), la vendita di gran parte del territorio, la Walmartiizzazione del paese (allusione alla catena Wal-Mart e alla sua invasione del Messico, fino alla soglia di siti archeologici importanti come Teotihuacan: vedi http://www.democraziakmzero.org/2013/01/12/un-supermercato-a-teotihuacan/ , ndt)…
Lassù in alto… sulla luna, con una visione miope dei propri interessi, c'è chi chiacchiera di riforme strutturali, alleanze e populismi che solo aggravano la crisi … mentre altri giocare la scommessa vaga e lontana della lotteria elettorale. Aggrappate a istituzioni e dispositivi in agonia, le classi politiche non riescono a vedere chiaramente il presente, la drammatica realtà in cui viviamo, tranne quando si tratta di controllare la gente. Con il bastone e la carota cercheranno di vincere ogni resistenza al saccheggio che si cerca di mettere in pratica, utilizzando vecchi padroni del clientelismo, l'introduzione di nuove forme di cooptazione e repressione e trasformando la guerra civile in meccanismo di controllo.
Nell'esaminare le prospettive e nell'irrobustire le condizioni della resistenza, dobbiamo considerare i cambiamenti nel modello di dominio. Dal punto di vista economico, il neoliberismo si fa statalista, vale a dire che si impossessa degli apparati pubblici per organizzare il saccheggio e lo sfruttamento e rimediare agli eccessi e alle assurdità del mercato, cui era stata affidata il governo degli affari sociali. Dal punto di vista politico, l'amministrazione pubblica non solo usa il monopolio della violenza legittima che il patto sociale stato-nazione le attribuisce. Ora i poteri costituiti diventano gli imprenditori di violenza, gli organizzatori e i promotori: sono quelli che mettono in moto la violenza per stabilire il loro comando nella palude in cui affondiamo sempre di più, dove non è più possibile tracciare una linea che separi nettamente il mondo delle istituzioni del mondo criminale.
Una crisi, diceva Gramsci, consiste precisamente nel fatto che il vecchio deve ancora morire e il nuovo deve ancora nascere. A noi tocca organizzare ambedue le cose, dar loro realtà..
Il regime politico ed economico dominante non morirà di morte naturale, sopraffatto dalle famose contraddizioni strutturali. Può tentare anche, il sistema, come a quanto pare sta facendo, forme ancora peggiori di espropriazione e di autoritarismo. L'unico modo per finirla veramente ed evitare l'autoriproduzione che il sistema sta organizzando è fermarlo, smantellarlo. Né tanto meno sarà naturale la nascita del nuovo regime: si fa controcorrente, lottando in primo luogo contro la mentalità dominante che permea i cuori e le teste.
Il 21 dicembre abbiamo avuto l'opportunità di ricordare a noi stessi la via per fare tutto questo (allusione all'apparizione di 40 mila indigeni zapatisti in cinque città del Chiapas, ndt). Un ordine organico autonomo riafferma la sua presenza pubblica e mostra la realtà e praticabilità di un altro modo di fare politica. Smantellare il regime dominante comincia con il rendere inutili le funzioni dei suoi apparati, minando la sua esistenza dalla base. Resistere significa non solo opporsi, dire di no a politiche e azioni pubbliche e private, affrontare con coloro che cercano di aumentare e arricchire il saccheggio. Resistere implica creare un'altra opzione, dare realtà ai sogni. Di questo si tratta oggi.
da La Jornada di Città del Messico di lunedì 21 gennaio 2013
Gustavo Esteva è l'autore di "L'insurrezione in corso". La recensioen di DKm0 è a questo indirizzo


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