lunedì 28 maggio 2012

Miramar: le comunita' indigene contro i progetti turistici


La Jornada – Domenica 27 maggio 2012
 
Hermann Bellinghausen. Inviato. Laguna Miramar, Chis., 26 maggio. La bella e grande laguna che segna il confine con i Montes Azules è la nuova meta degli investitori turistici. Approvato dal Ministero dell'Ambiente e Risorse Naturali e dalla Commissione per l'Ambiente, Risorse Naturali e Pesca del Senato, il progetto Estancias Vivas Natura Miramar contempla la costruzione di alloggi turistici nelle acque della laguna, un hotel che le autorità definiscono turismo alternativo. 
Nel progetto ufficiale viene considerato solo l'ejido Emiliano Zapata; sulle sue terre si costruirebbero 11 alloggi doppi e quattro suite, ristorante, bar, uffici, lavanderia e alloggi dei dipendenti. Non tutti sono d'accordo; molti non sono stati nemmeno consultati. Da anni qui esiste un flusso turistico regolare, mai affollato, che non sembra alterare la vita del villaggio. Un maggiore impatto qui, e peggio nel vicino ejido San Quintín, è rappresentato dalla grande base militare, a pochi chilometri dalla laguna.
Emiliano Zapata, Benito Juárez, Nueva Galilea e Tierra y Libertad sono i villaggi intorno a Miramar, anche se solo il primo è legale; i suoi abitanti si considerano i guardiani della laguna, benché anche altri lo siano, come a loro modo gli zapatisti di Nueva Galilea che la difendono senza aiuti del governo né investimenti turistici sempre più numerosi e sempre di più privati. 
In una località di isolotti all'interno della laguna, un cartellone esprime la loro opposizione: "Non vogliamo turismo d'avventura. Il governo sta creando turismo d'avventura per l'inferno. Questo progetto è pieno di ladri e sorci. È una campagna di contrainsurgencia e guerra di bassa intensità. Qui vogliamo giustizia, libertà e democrazia. Qui il popolo comanda ed il governo obbedisce. EZLN".
In un angolo della laguna vivono basi di appoggio zapatiste e dicono di prendersi cura dell'ultimo confine, l'attuale frontiera tra la selva dell'uomo e quella che prescinde dall'umanità nell'alternanza dei secoli. Visto da qui, rappresenta l'ultimo avamposto del Deserto della Solitudine, come lo chiamavano i primi conquistatori; oggi riserva integrale della biosfera o colloquialmente biosfera dei Montes Azules, sia che siano monti, e che siano azzurri. Nel periodo classico maya ci furono città e comunità di agricoltori nel cuore di questa selva oggi riserva, come Tzendales (notevole vestigia archeologica inesplorata, vicino al río Negro), Miramar e, chiaramente, Bonampak all'estremo nord.
Gli investitori promettono agli indigeni il sole, la luna e le stelle sotto forma di infrastruttura per turismo nella natura. Qui dove già ci sono il sole, la luna e le stelle, l'acqua migliore ed il cielo più grande della selva Lacandona, che altro possono offrire albergatori, ristoratori, costruttori, appaltatori, funzionari ambientali ed agrari del settore turistico, senatori, governatori, candidati, televisioni, imbottigliatori, banche? Che cosa meglio di questo?
Alcune comunità sono - e tutte dovrebbero esserlo - guardiane della selva, l'acqua, il territorio e quello che questa contiene ed alimenta, quello che ricevono ogni mattina dalla terra, chiamata Madre nelle quattro lingue maya che sfociano in questa sommità delle valli, convergenza anche delle strade che verso Las Margaritas ed Ocosingo riescono a sembrare carrozzabili. È dove il vivace fiume Perla si unisce al maestoso e calmo, infine navigabile, fiume Jataté, un corso d'acqua imponente che diventa il Lacantún e poi Usumacinta, lontano da quelle giovani cascate incuneate tra Corralito, negli Altos, tra Oxchuc ed Ocosingo.
Emiliano Zapata, sebbene a maggioranza chol, è una delle poche comunità della selva dove vivono anche tzeltales, tojolabales e tzotziles. Una delle più cosmopolite. Gli ejidatarios (non tutti lo sono a Zapata) tendono a criticare i vicini villaggi che non hanno titoli di proprietà, ed in particolare accusano quelli di Benito Juárez di distruggere i boschi ed inquinare il lago. L'imbarcazione di Benito Juárez, una terribile lancia, normalmente usava il motore, ma ora non gli è più permesso. Ora devono remare per raggiungere Zapata, che è la via d'uscita per gli abitanti della riva. O lo era, perché la strada che viene da Amatitlán, a valle di Lacantún, ha già raggiuntoChuncerro, dentro i Montes Azules.
Secondo Cesare, un giovane chol che guida gli inviati di La Jornada per la laguna, l'attuale gestione dei visitatori è razionale, sufficiente e fino ad un certo punto autosufficiente, non ha bisogno di un hotel privato. Chi vuole venire a Miramar, da qualunque parte provenga, viene. Solo alcuni giorni fa sono arrivati 20 visitatori da Comitán e Tuxtla Gutiérrez. Famiglie. Sono arrivati con dei furgoncini e si sono accampati per tre giorni, belli tranquilli. Gringo e francesi arrivano a ondate. Nel periodo delle vacanze si accampano fino a 50 persone o appendono le amache sulla spiaggia. Un turismo modesto, presumibilmente ecologico (più di quello di un hotel), sufficiente per una comunità che mangia della terra e vive circondata dall'acqua, tra due grandi fiumi ed una laguna portentosa.

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