martedì 22 maggio 2012

Il piano di riduzione delle emissioni e' un ecocidio


La Jornada – Martedì 22 maggio 2012
 
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 21 maggio. Nessun paese in cui è stato introdotto il programma di Riduzione delle Emissioni per la Deforestazione e Degrado delle Foreste (REDD) è stato esente da critiche. In Chiapas si è appena cominciato e popoli indigeni, organizzazioni sociali, alcuni centri di ricerca ed ONG indipendenti si sono riunite per discutere del progetto e della sua gestione, perché questo può distruggere le comunità che vivono dentro la selva, togliere loro il diritto di essere ascoltate e partecipare alle decisioni sul loro territorio, sostiene Ingrid Fadnes, dell'organizzazione norvegese Latinamérika Gruppene (LAG), presente da molti anni in Chiapas, in una ricerca svolta per gli Studi Latinoamericani della UNAM.
Dal 2007 le Nazioni Unite hanno intensificato i programmi per affrontare il cambiamento climatico. REDD è il risultato di questi sforzi. Da quando è stato avviato in paesi in via di sviluppo, secondo diversi rapporti serve solo a far sì che i paesi industrializzati possano comperare "lavarsi la coscienza" e continuare ad inquinare nei rispettivi paesi. Sono indulgenze, ironizza Fadnes.
A dicembre del 2010, il Messico ha aderto al REDD. In Chiapas, uno dei polmoni del pianeta, un milione e 300 mia ettari sono protetti in 48 riserve o Aree Naturali Protette. Circa la metà nei Montes Azules. Ma dentro la selva vive "quello che il governatore chiama anche 'il nemico del bosco: l'uomo' che qui sarebbero i popoli indigeni". Il saccheggio è stato una forma storica per rimuovere gli ostacoli nella selva dichiarata riserva. Oggi, gli unici abitanti legali sono i lacandoni, benché vi vivano anche altri popoli maya. Quando il governatore dice che le future generazioni ringraziano perché potranno vivere della conservazione del bosco, dell'ecoturismo e della produzione di gomma e palma da olio, parla per il suo governo e per i pochi indigeni che beneficiano del progetto, non delle comunità che lottano per mantenere la loro cultura ed il loro territorio, e per seminare le piante native come mais e fagioli.
Sia il Quadro Intergovernativo dei Cambiamenti Climatici (IPCC) sia il documento del governo messicano che prevede il REDD come strategia nazionale, riconoscono la necessità della partecipazione dei popoli indigeni e che siano ascoltati quando si compiono azioni nel loro territorio, ma non è stato così. Ci sono voci molto critiche a livello internazionale. In Messico e Chiapas ci sono organizzazioni e comunità che si oppongono al progetto, mentre alcune comunità indigene hanno accettato di partecipare, cita Fadnes. Tra i primi si trovano i firmatari, nel 2010, della Dichiarazione del Forum dei Montes Azules (30 organizzazioni indipendenti contadine e indigene, università e collettivi); tra i secondi, quasi esclusivamente si trova la cosiddetta comunità lacandona.
Ai concetti governativi secondo i quali il progetto è la soluzione ai cambiamenti climatici, allo sradicamento della povertà in Chiapas e all'incremento dello sviluppo economico dei popoli indigeni, la ricercatrice Ingrid Fadnes contrappone, tra gli altri, le critiche dell'organizzazione Maderas del Pueblo del Sureste, per la quale REDD è un ecocidio, implica lo spostamento forzato e la distruzione dei popoli originari; conviene solo ai paesi ricchi.
L'origine di queste soluzioni si rifà alla rivoluzione verde pubblicizzata come un successo ma che nel tempo ha generato una forte opposizione a causa della distruzione della biodiversità e all'avvelenamento di suoli e acqua attraverso le monocolture e i pesticidi. Sulla stessa linea, all'interno di REDD si programmano piantagioni di alberi della gomma, palma da olio ed eucalipto, monocolture che richiedono grandi quantità di pesticidi e danneggiano i suoli. La rivoluzione verde aveva cercato di rispondere alla domanda di cibo ed ha finito col cercare di controllare la natura, senza considerare le conseguenze per l'ecosistema, la biodiversità, la salute umana ed il lavoro contadino. http://www.jornada.unam.mx/2012/05/22/politica/016n1pol

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