mercoledì 1 luglio 2009

In attesa della sentenza per liberazione dei 7 detenuti

 
 

La Jornada – Mercoledì 1 luglio 2009

 

 

Numerose irregolarità durante il processo

Campesinos tzeltales aspettano la sentenza dei magistrati che ordinino la loro liberazione

HERMANN BELLINGHAUSEN

 

San Cristóbal de las Casas, Chis. 30 giugno. I sette campesinos tzeltales di San Sebastián Bachajón aderenti all'Altra Campagna arrestati per presunta rapina e criminalità organizzata, e che hanno proclamato la loro innocenza fin dal primo momento, hanno presentato appello al giudice per chiedere la risoluzione del caso e la loro liberazione immediata. Per ora restano rinchiusi nella prigione di El Amate, a Cintalapa de Figueroa, obbligati a svolgere forzatamente lavori ("talachas") imposti dalla mafia del carcere.

 

Secondo l'avvocato Ricardo Lagunes Gasca, in un esposto presentato il 5 giugno, denunciava la mancanza del traduttore e difensore che conoscessero la lingua tzeltal e la cultura di Bachajón e si pronunciava contro il valore probatorio della "confessione" di Gerónimo Gómez Saragos estorta sotto tortura e senza piena conoscenza del contenuto del documento che questi firmò". Detta "confessione" è stata utilizzata come testimonianza a carico contro gli altri arrestati..

 

Un'altra violazione è stato dare "valore probatorio" alle procedure di identificazione "sulla base delle quali poliziotti ed autisti dell'impresa Cristóbal Colón (OCC) dichiararono di 'riconoscere' gli arrestati come responsabili di diversi assalti". Tali procedure non si sarebbero svolte in conformità al Codice di Procedura Penale dello stato".

 

Il difensore segnala che dopo l'udienza del 23 giugno, "i magistrati hanno 15 giorni di tempo per emettere la loro risoluzione riguardo l'atto formale di arresto". 

 

In quanto ai lavori che i detenuti svolgono forzatamente, denunciati da quando sono entrati a El Amate, l'avvocato afferma che "le autorità non hanno preso nessuna posizione al riguardo".

 

In una memoria di oltre 40 pagine, Lagunes indica che suoi assistiti sono ejidatarios aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, "movimento sociale pacifico mediante il quale difendono il loro territorio e le loro risorse naturali dai progetti economici neoliberisti del governo federale e statale che vogliono spogliarli della terra che è la loro vita". Il diritto di difendere territorio e risorse naturali, ed esercitare la loro autonomia e libera determinazione si basa sulla loro condizione di popoli originari e in accordo alle garanzie che riconosce loro la Costituzione, gli accordi di San Andrés, il Trattato 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro e la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni delle Nazioni Unite.

 

Nell'esercizio della loro autonomia questi ejidatarios controllano la strada Ocosingo-Palenque per fornire sicurezza all'ejido ed ai turisti che visitano la regione, dato che la corruzione e l'inefficienza degli agenti della Polizia Stradale, Statale e Federale Preventiva ha permesso che gli assalti rimanessero impuniti "e perfino privano arbitrariamente della libertà i contadini senza giustificazione legale", aggiunge nella memoria.

 

Nell'atto di arresto formale impugnato, il giudice "ha eluso le violazioni alle norme di procedura nelle indagini preliminari della Procura Specializzata Contro la Criminalità Organizzata" dello stato.

 

http://www.jornada.unam.mx/texto/019n1pol.htm

(Traduzione "Maribel" – Bergamo)

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