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di Martino Sacchi
Pubblicato il 21 settembre 2014 · in Osservatorio America Latina · - CarmillaOnLine
âIniziò così una complessa manovra di distrazione, un trucco di magia terribile e meraviglioso, un malizioso trucco del nostro cuore indigeno, la saggezza indigena sfidava la modernità in uno dei suoi bastioni: i mezzi di comunicazione. Incominciò allora la costruzione del personaggio chiamato Marcosâ.
Nel maggio di questâanno un gruppo di paramilitari uccide in unâimboscata il maestro Galeano, figura di spicco allâinterno dellâescuelita zapatista, un progetto che nel corso del 2013 aveva aperto le comunità zapatiste a migliaia di attiviste e attiviste per farne conoscere i percorsi dâautonomia. Pochi mesi dopo lâattacco paramilitare, esce il comunicato Entre Luz y Sombra (tra la luce e lâombra) in cui Marcos si destituisce enigmaticamente come portavoce del movimento zapatista, per ricomparire sul palco pochi secondi più tardi come âSubcomandante Galeanoâ.
Entre Luz y Sombra non è però una semplice commemorazione di un compagno ucciso: parlando di Galeano, il comunicato ripercorre lâintera storia della lotta zapatista. Ripensando a questa storia sembra che, fin dalla presa di San Cristobal de Las Casas nel 1994, Marcos abbia costituito in qualche modo la cartina tornasole di questa lotta: è stato leader militare dellâEZLN, âdelegato zeroâ durante la Otra Campaña (che si opponeva dal basso alla campagna elettorale per le elezioni politiche del 2006), è stato a lungo la faccia senza volto che appariva sui media globali e potente simbolo per movimenti politici da tutto il mondo. Eppure, nel comunicato del maggio scorso, il portavoce dellâEZLN dichiara: âse posso definire il personaggio di Marcos, direi senza indugio che è stato una montaturaâ. Nientâaltro che un âtruccoâ, unâologrammaâ, dunque. Ma câè di più: questa âmontaturaâ, dopo la escuelita, non è nemmeno più necessaria. Affinché Galeano possa continuare a vivere, un altro dovrà morire, e sarà proprio Marcos. Ma attenzione: ciò che la morte si porterà via al posto di Galeano non sarà âuna vita, ma solo un nome, poche lettere prive di senso, senza storia propria, senza vitaâ.
Cosa è cambiato con lâescuelita zapatista? Cosa significa la âmorteâdi Marcos? Che cosa è Marcos? Per comprendere lâintelligenza politica di una scelta tanto misteriosa si potrebbe quasi fare una genealogia di questoâtruccoâ chiamato Marcos: cioè una storia dei modi attraverso i quali il movimento zapatista si è letteralmente reso intellegibile a sé stesso e al mondo. Quando gli indigeni occuparono San Cristobal nel 1994 come un âesercito di gigantiâ, dice il comunicato, âci rendemmo conto che quelli di fuori non ci vedevano. Abituati a vederci umiliati, il loro cuore non comprendeva la nostra degna ribellione. Il loro sguardo si era fermato sullâunico meticcio con addosso un passamontagna, ovvero, non guardavanoâ.
Fu così che questo esercito di giganti si ritrovò costretto a inventareâqualcuno piccolo come loroâ affinché attraverso di lui, il mondo intero potesse vederli: âincominciò allora la costruzione del personaggio chiamato Marcosâ. Eâ una storia vecchia quanto il colonialismo: è la storia che lega capitalismo e modernità in una geografia fatta di centri europei e periferie coloniali, in cui tutto ciò che sta alla periferia esiste solo attraverso le parole di chi sta nel centro. Ma è anche una storia di classe, di âquelli in bassoâ contro âquelli in altoâ, di razza, dei âmeticciâ e degli âindigeni, e di genere, delle mujeres rebeldes e del patriarcato messicano. Ecco che possiamo porre una prima tesi: ciò che per un certo periodo si è chiamatoâMarcosâ è stata la mediazione necessaria affinché questa molteplicità di storie divenisse strumento di ribellione per popoli che sono sistematicamente spossessati di ogni strumento: primo fra tutti il linguaggio, la facoltà di parlare ed essere compresi, di denunciare, urlare per dire ânon può continuare cosìâ.
Ma se Marcos è questa mediazione, in che senso ora, dopo lâescuelita, non è più necessaria? Per capirlo è utile notare come, facendo questa genealogia dellâologramma-Marcos, incontriamo due tipi diversi di rotture, di discontinuità , di cambiamenti nel modo in cui lo zapatismo si è presentato nel corso della sua storia.
Ci sono discontinuità verso lâesterno. Câè, ad esempio, un superamento della tradizione avanguardista e guevarista a lungo centrale in Latinoamerica, così come della non-violenza della teologia della liberazione: entrambe tradizioni che hanno influenzato lo zapatismo. In questo senso è anche significativo che lâinsurrezione zapatista scoppi nel contesto della sconfitta sandinista nel 1990 e lâaffermarsi del capitalismo neoliberale.
Dallâaltro lato, e questo è lâelemento più importante, lo zapatismo ha posto delle discontinuità dal suo interno. In parole più semplici, è un movimento che è stato capace di reinventarsi costantemente, dettandosi da solo i tempi di questo cambiamento. Spesso, qui in Italia, ci interroghiamo sulla difficoltà di uscire da una logica âreattivaâ rispetto al potere: notiamo come il nostro mobilitarsi sia spesso la ârispostaâ a uno sgombero, a degli arresti o a un corteo nazionale di cui, anche quando delle contraddizioni esplodono, abbiamo difficoltà a trattenere la potenza politica. Ecco, potremmo dire che lo zapatismo ha saputo dare una durata a questi momenti di rottura senza per questo rimanere sempre uguale a sé stesso. Ma soprattutto, ha saputo decidere i tempi e gli spazi di questo cambiamento, la sua âgeografiaâ e il suoâcalendarioâ, in maniera autonoma.
Proseguendo nella nostra genealogia, ci accorgiamo quindi che questo processo di cambiamento politico coincide anche con un progressivo decentramento della figura di Marcos che, da leader-simbolo negli anni â90 diviene progressivamente marginale: niente più che un âtruccoâ o âologrammaâdopo lâescuelita di questâanno. Fare una genealogia dello zapatismo significa dunque cercare di comprendere la relazione tra questi due movimenti: il decentramento di Marcos da un lato, le forme di autorganizzazione dallâaltro. Eâ attraverso la messa in relazione di questi due processi, quasi due facce della stessa medaglia, che è possibile cogliere lâautonomia zapatista.
Senza entrare troppo nei dettagli, possiamo semplicemente dire che il progressivo decentramento di Marcos corrisponde a un decentramento dellâEsercito Zapatista (struttura tuttâora gerarchicamente militare) e alla venuta in primo piano della base sociale (della popolazione delle comunità , le cosiddette âbases de apoyoâ).
Nel 2003 già nascevano le Giunte di Buon Governo, istituzioni municipali che si prendevano carico dellâamministrazione dei territori occupati secondo il principio del âcomandare obbedendoâ. Le Giunte di Buon Governo sostituivano gliaguascalientes, luoghi in cui la base sociale incontrava lâesercito zapatista, e ponevano al centro dellâagenda politica le pratiche quotidiane dellâautogoverno nelle comunità . Le Giunte del 2003 sono quindi una delle discontinuità che scandiscono questo doppio movimento dellâautogoverno e del personaggio-Marcos.
Si tratta di un processo che attraversa la storia dello zapatismo fin dal periodo di clandestinità negli anni â80, quando un manipolo di guerriglieri marxisti leninisti arrivano nella selva e decidono di imparare dagli indigeni anziché semplicemente âorganizzarliâ, e che giunge fino a noi e alla escuelita, durante la quale gli attivisti non hanno incontrato i quadri dellâesercito ma proprio la popolazione comune. Nel 2006, con la Otra Campana e la Sexta Declaracion de la Selva Locandona, incontravamo una ulteriore discontinuità : fine di ogni speranza di contrattazione con le istituzioni e sempre più forte legame con i movimenti anticapitalisti globali.
Lâescuelita del 2013-14 è dunque lâultima di queste continue riconfigurazioni del progetto politico zapatista. Si tratta, in sintesi, di un progressivo costituirsi di un soggetto collettivo, dotato di un proprio linguaggio, calendario e geografia, e di cui Marcos è stato tanto lo strumento quanto il prodotto.
Eppure câè nellâescuelita e nel comunicato Entre Luz y Sombraqualcosa di particolarmente importante, che getta luce su tutte le precedenti discontinuità (ne ho citate alcune arbitrariamente e a titolo di esempio). Anche dopo questa simbolica morte di Marcos e rinascita di Galeano, morte di un nome che troppo a lungo è stato associato a una leadership, è chiaro che la persona-Marcos continuerà a svolgere un ruolo chiave nella lotta del sud-est messicano. Ma ciò che è importante capire è la sostanza estremamente materiale di questo ologramma: i tanti modi verticali attraverso cui lo zapatismo si è rapportato con il potere e con il mondo, avevano sempre delle condizioni di possibilità orizzontali nelle reti di cooperazione e autogoverno che venivano sperimentate nei pueblos della gente comune.
Lo scontro verticale con il potere e con i media che, come si è detto,âsfidava la modernità in uno dei suoi bastioni: i mezzi di comunicazioneâ, ha potuto esistere solo grazie a qualcosa che stava fuori da questo teatro mediatico, cioè lâapprendimento quotidiano allâautorganizzazione. Il 21 dicembre 2012, anno della fine del mondo seconda la tradizione Maya, gli zapatisti hanno nuovamente invaso San Cristobal dopo dieci anni in cui poco si è saputo di loro fuori dal Chiapas. Ma a differenza del 1994, lâhanno fatto in silenzio e senza armi.
Questo non è pacifismo, ma la potenza silenziosa di chi sa che ora ha le forze materiali per smettere di parlare il linguaggio mediatico che è stato a lungo costretto a utilizzare per farsi ascoltare. Nella marcia silenziosa, il personaggio-Marcos già moriva, non più necessario: negli anni di silenzio, le pratiche di autogoverno si erano sviluppate. Si trattava ora di mostrare che fuori dai riflettori mediatici un altro tempo di lotta aveva continuato a battere nelle comunità . Si trattava di mostrare ciò che a lungo e in silenzio si andava ancora costruendo, passo a passo, con tentativi e ripensamenti. E così, venne inaugurata una âpiccola scuola zapatistaâ.
Ovviamente uno scontro âverticaleâ con il potere e i media câè sempre stato e continuerà ad esserci, come la guerra paramilitare e la morte di Galeano ha mostrato. Ma è sul piano âorizzontaleâ e quotidiano che la risposta politica viene messa in pratica. Lâescuelita zapatista non è stata una piattaforma politica tra realtà di movimento e quadri dellâEZLN, ma un momento in cui gente qualsiasi è stata ospitata in casa da indigeni zapatisti. Anziché scrivere un manifesto politico ci si è sforzati di comunicare tra lingue diverse delle quali, questa volta, lo spagnolo coloniale era quella straniera e i dialetti indigeni quella quotidiana. Si è imparato che âtradurreâ è sempre cosa complicata, sia che si tratti di una lingua che di una pratica politica.
Abbiamo lavorato nei campi, letto libri e condiviso il cibo, ma non per imparare un modello di autonomia da esportare nei nostri paesi di provenienza. Al contrario, abbiamo sperimentato la differenza e il duro tentativo di dialogo tra lotte e vite completamente diverse tra loro. Non conosco di nessuna altra rete di popoli in guerra nel mondo intero capace di un simile sforzo umano e organizzativo. Fa sorridere pensare come qualcosa di così vero, così fisico e palpabile, sia stato reso possibile da un âologrammaâ, durato ventâanni.
âAvevamo bisogno di tempo per incontrare chi ci vedesse non dallâalto, non dal basso, ma di fronte, che ci vedesse con uno sguardo da compagniâ
Ghost Track
[Due segnalazioni di libri sullo zapatismo, usciti in Italia recentemente e complementari. Il primo, di Alessandro Ammetto, osservatore attento della ribellione zapatista sin dai suoi inizi (Ed. Red Star Press, 2014), s'intitola Siamo ancora qui. Uno storia indigena del Chiapas e dell'EZLN ed è tra i testi più completi e dettagliati in circolazione sulla storia del movimento zapatista e sul contesto politico, storico e sociale che ha preceduto l'insurrezione del 1994 e che ha segnato tutte le evoluzioni successive della lotta. Il secondo, di Andrea Cegna e Alberto "Abo" di Monte (AgenziaX, 2014) completa la storia e la arricchisce di testimonianze dirette e recenti. Si basa sull'esperienza della escuelitama anche sul raccordo di più voci di movimenti, media indipendenti e militanti tra Messico e Italia (tra cui il centro per i diritti umani Frayba, la Brigada Callejera di Città del Messico, Promedios, Centro de medios libres, alcuni storici comitati italiani e artisti solidali come Rouge, 99 posse, Lo stato sociale e Punkreas). S'intitola20zln. Vent'anni di zapatismo e liberazione. F. L.]http://www.carmillaonline.com/2014/09/21/genealogia-ologramma-marcos-galeano/
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