lunedì 25 febbraio 2013

] Rischio di espulsione degli zapatisti da San Marco Aviles

 

La Jornada – Domenica 24 febbraio 2013
 
Hermann Bellinghausen. Inviato. Enviado. San Cristóbal de las Casas, Chis. 23 febbraio. Esiste l'imminente rischio di espulsione delle famiglie zapatiste dell'ejido San Marcos Avilés, nel municipio di Chilón, da parte di abitanti dello stesso ejido affiliati ai partiti Rivoluzionario Istituzionale (PRI), della Rivoluzione Democratica (PRD) e Verde Ecologista del Messico (PVEM). Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba), ha diffuso oggi un'Azione Urgente per chiedere al governo federale e statale le garanzie per gli indigeni minacciati.
Lo scorso 19 febbraio, autorità ejidali e poliziotti della comunità, in maniera aggressiva, hanno consegnato un documento alle basi di appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), esigendo il pagamento dell'imposta prediale. I civili zapatisti sostengono le loro ragioni per non partecipare in nessuno spazio dei governi statale e federale: "Abbiamo sofferto molto a causa di tutte le aggressioni di questi gruppi dei partiti, ed il governo non ha fatto niente. Ora non è il momento di pagare perché siamo in resistenza ed esigiamo il rispetto del diritto alle nostre terre. Se non riceviamo niente dal governo, non paghiamo le imposte.
Le autorità ejidali hanno risposto che devono pagare, perché questo è l'ordine del presidente municipale e del Ministero delle Finanze. In caso contrario saranno sgomberati ed hanno dichiarato che li arresteranno loro stessi e li porteranno davanti alle autorità e taglieranno loro luce e acqua.
Il giorno 20 i partiti si sono riuniti per concordare le azioni contro le basi dell'EZLN. Questi, secondo le testimonianze raccolte dal Frayba, hanno redatto un verbale in cui si concorda che si cercherà il modo di cacciarli, oltre a rivolgersi ai governi municipale e statale per cercare strategie per lo sgombero degli zapatisti dalla comunità. 
Il giorno 21 i partiti sono partiti molto presto da San Marcos Avilés con l'obiettivo di eseguire quanto messo a verbale e parlare col presidente municipale e la Procura Agraria di Ocosingo per attivare lo sgombero, ed hanno inviato inoltre delle lettere ai governi municipale, statale e federale.
Le basi dell'EZLN riferiscono che le autorità ejidali li hanno informati di questo. Quella notte, intorno alle 21:00, gli ejidatari filogovernativi hanno minacciato gli zapatisti, sostenendo che il sindaco di Chilón aveva dato l'ordine di sgombero e che il prossimo lunedì 25 febbraio avrebbero sollecitato l'intervento del governo dello stato di Tuxtla Gutiérrez.
Il centro Frayba esprime la sua preoccupazione per l'imminente rischio della vita, integrità e sicurezza personale delle basi zapatiste di San Marcos Avilés, a seguito delle minacce di morte e persecuzione che sono aumentate nelle ultime settimane.
A questo si aggiungono lo sgombero forzato e l'esproprio delle loro terre iniziato il 9 aprile del 2010, situazione che li ha portati ad una crisi alimentare ed alla minaccia costante contro il loro processo di autonomia.
Il centro Frayba sottolinea la responsabilità del governo del Chiapas che, per omissione deliberata, non ha agito per garantire l'integrità e la sicurezza personale delle basi zapatiste e l'accesso alle loro terre, nonostante i diversi interventi del Frayba che chiedevano al governo messicano le misure necessarie per garantire l'integrità e la sicurezza personale degli indigeni minacciati, così come il diritto alle libertà fondamentali di libera espressione e pensiero, ed il loro diritto alle terre alienate ed al processo autonomistico in corso nell'ambito del diritto alla libera determinazione dei popoli.
Bisogna ricordare che il 9 settembre 2010 la Giunta di Buon Governo di Oventic denunciò lo sgombero forzato dall'ejido di 170 uomini, donne e bambini zapatisti dopo che nell'agosto di quell'anno gli zapatisti avevano costruito nell'ejido la prima scuola autonoma.
Quel giorno, 30 persone dell'ejido, guidate da Lorenzo Ruiz Gómez e Vicente Ruiz López, entrarono di forma violenta, con bastoni, machete ed armi nelle case degli zapatisti e cercarono di violentare due donne che riuscirono a scappare. Per non rispondere all'aggressione, le famiglie zapatiste si rifugiarono in montagna. Dopo 33 giorni di sfollamento, le 27 famiglie sono tornate nella comunità il 12 ottobre. Per più di due anni hanno vissuto in condizioni precarie, spoglatii delle loro terre e sotto costanti minacce che ora potrebbero concretizzarsi. http://www.jornada.unam.mx/2013/02/24/politica/019n1pol

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