La Jornada – Domenica 18  dicembre 2011
  Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 17  dicembre. I detenuto dell'Altra Campagna che tra  settembre e novembre per 39 giorni avevano sostenuto uno sciopero della fame in  tre prigioni del Chiapas, senza però ottenere la libertà, salvo per due di loro,  annunciano l'intenzione di proseguire "in questa trincea della nostra  resistenza" nelle prigioni, perché si dichiarano innocenti. La liberazione di  Alberto Patishtán, oggi in una prigione federale in Sinaloa, continua ad essere  la principale richiesta del movimento, che va oltre la protesta del digiuno  conclusa il passato 7 novembre, per la mancanza di risposte del governo  statale.
 Il professor Patishtán "è sottoposto a  condizioni molto dure nel carcere di Guasave", informano i detenuti della Voz del Amate, Solidarios de la Voz del  Amate e Voces Inocentes dal  carcere N. 5 di San Cristóbal. In una conversazione telefonica, lo stesso  Patishtán ha denunciato che gli è stato sospeso il trattamento medico contro il  glaucoma e che lo tengono in isolamento. Non potrà ricevere nemmeno un libro  prima di sei mesi. "Mi hanno completamente ignorato", ha detto.
 Uno dei suoi compagni, il promotore di salute  Pedro López Jiménez, a conoscenza della malattia di Patishtán Gómez, racconta  che quando questi arrivò nella prigione di El Amate a San Cristóbal nell'aprile  del 2009, "ci si accorse che stava perdendo la vista dall'occhio destro; allora  fu portato in ospedale dove rimase ricoverato per oltre cinque mesi", e gli fu  diagnosticato il glaucoma.
 A causa dello sciopero della fame, del quale  era portavoce, Patishtán è stato trasferito in una prigione di massima sicurezza  "per isolarlo". Oggi, aggiunge López Jiménez, "gli hanno tolto le gocce che i  medici hanno raccomandato di non sospendere nemmeno per un solo giorno; io, come  promotore di salute, conosco la malattia di Alberto perché gli mettevo le gocce  tutti i giorni quando ero in quella prigione". López Jiménez chiede al governo  federale "di dare istruzioni affinché le gocce siano nuovamente concesse come  trattamento del glaucoma". 
 Come hanno dichiarato i suoi compagni Rosario  Díaz Méndez, Alfredo López Jiménez, Juan Collazo Jiménez e Juan Díaz López, le  autorità hanno trattato Patishtán "come un criminale pericoloso, benché il  governo dello stato abbia riconosciuto pubblicamente la sua innocenza". I  detenuti indigeni esortano il governo di Felipe Calderón "ad intervenire per la  sua liberazione, così come chiediamo il suo trasferimento vicino alla sua  famiglia e le cure per la sua malattia". Chiedono inoltre al governo di Juan  Sabines Guerrero a concedere a tutti loro "la libertà incondizionata che ci è  stata rubata".
 Grazie allo sciopero, il 16 novembre Juan  Collazo Jiménez è stato trasferito dal carcere N. 6 di Motozintla a quello di  San Cristóbal de las Casas. Non è stato rilasciato, ma non è più "in punizione"  lontano dalla sua famiglia e dai suoi compagni da un anno, sottoposto a tortura  psicologica e punizioni fisiche come parte di "una strategia di destrutturazione  sociale e politica", sostengono i detenuti.
 Il 15 novembre, grazie allo sciopero della  fame, sono stati liberati due dei detenuti dell'Altra Campagna, Andrés Núñez  Hernández e José Díaz López.
 Tuttavia, Alfredo López Jiménez e Rosario  Díaz Méndez hanno denunciato "la carente assistenza medica" nel carcere N. 5,  per mancanza di personale, medicine e risorse materiali. Con queste pratiche,  denunciano, "l'istituzione penitenziaria a carico del Sottosegretariato degli  Istituti Penali del Chiapas, viola gli articoli 4 e 18 della Costituzione sul  diritto alla salute dei reclusi nei penitenziari della Repubblica", così come i  relativi trattati internazionali.
 Qualche giorno fa, i detenuti aderenti  all'Altra Campagna hanno così ringraziato per la solidarietà internazionale  ricevuta: "Anche se non abbiamo ottenuto politicamente nulla, abbiamo ottenuto  molto più di quello che immaginavamo, perché abbiamo il vostro immenso appoggio  nel chiedere la giustizia e la libertà. Siamo qui con rinnovata volontà di  continuare a lottare con coraggio e forza. Non importano gli ostacoli e gli  oltraggi, perché noi siamo una famiglia numerosa quante sono le stelle la cui  luce è visibile da lontano, che è la solidarietà con le nostre lotte". http://www.jornada.unam.mx/2011/12/18/politica/016n1pol
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