giovedì 6 agosto 2009

Acteal, una lunga catena di indagini e poca giustizia

 

La Jornada – mercoledì 5 agosto 2009

 

L'omicidio diede il via al fiorire di gruppi paramilitari

Acteal, una lunga catena di indagini e poca giustizia

Ángeles Mariscal - Corrispondente

Tuxtla Gutiérrez, Chis., 4 agosto. Con l'omicidio di 45 indigeni ad Acteal – compiuto il 22 dicembre 1997 – iniziò il fiorire di gruppi paramilitari nelle zone di influenza dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), la cui esistenza era smentita e ritenuta solo "un mito".

Dopo il massacro, l'allora titolare della Procura Generale della Repubblica (PGR), Jorge Madrazo Cuéllar, ammise solo l'esistenza di "civili armati" ed intraprese l'arresto in massa degli avversari dell'organizzazione civile Las Abejas, alla quale appartenevano le vittime.

Tra dicembre 1997 e marzo 1998 la PGR avviò 13 indagini preliminari e fermò 87 indigeni e 15 funzionari di secondo e terzo livello; iniziato il processo, nel cosiddetto Libro Bianco di Acteal sostenne che il massacro derivò da un conflitto per il possesso di un banco di sabbia o fu la vendetta per l'assassinio di Agustín Vázquez Secum, commessi giorni prima da persone di Acteal.

La procura argomentò che mesi prima del multiplo omicidio la disputa tra Las Abejas ed i suoi rivali - tra i quali c'erano militanti del Partito Rivoluzionario Istituzionale e del Fronte Cardenista - provocò la morte di una trentina di persone di entrambe le parti senza che le autorità statali e municipali intervenissero, cosa che scatenò mutuo rancore.

Con tale argomento la PGR voleva invalidare l'ipotesi che il massacro fosse stato commesso da un gruppo paramilitare creato per resistere all'avanzata dell'EZLN, e la oggi estinta Unità Speciale per i Delitti Commessi da Probabili Gruppi Civili Armati, creata ex professo, dopo quattro anni di indagini concluse che la maggioranza dei gruppi paramilitari "non esistevano".

Inoltre - nell'agosto del 2001 - l'allora pubblico ministero Armando del Río Leal disse che le 56 indagini preliminari avviate e la comparizione di 948 persone non aveva permesso di accreditare l'esistenza di gruppi civili armati eccetto per Paz y Justicia, che più che un gruppo paramilitare era una "banda criminale".

Oggi, a quasi 12 anni dai fatti, solo cinque degli indigeni civili detenuti: Roberto Méndez, Lorenzo Pérez, Alfredo Hernández, Felipe Luna e Mariano Luna hanno confessato la loro partecipazione, ma secondo il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (che sostiene Las Abejas nel processo) le indagini mancarono sempre di tecnica scientifica.

Questo - assicura - ha lasciato nell'impunità le autorità locali, statali, della polizia e dell'Esercito implicate nei fatti, e contraddistingue la politica contrainsurgente dello Stato. "Questo brutale massacro si inseriva in un contesto di guerra in cui le azioni paramilitari erano parte della strategia implementata dal governo federale contro l'EZLN".

Attualmente, salvo Jacinto Arias Cruz (ex sindaco di Chenalhó) tutti gli ex dipendenti pubblici processati sono liberi perché le loro condanne non superavano gli 8 anni; mentre degli 87 indigeni sei sono stati assolti e gli altri scontano pene da 18 a 40 anni di prigione, ma sono ancora pendenti 27 mandati di cattura ed il risarcimento dei danni.

http://www.jornada.unam.mx/2009/08/05/index.php?section=politica&article=019n1pol

(Traduzione "Maribel" – Bergamo  http://chiapasbg.wordpress.com )

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