La Jornada Martedì 8 aprile 2008
La gente, non il governo, ha deciso la nostra liberazione: ex detenuti politici in Chiapas
- Manifestano appoggio ai 17 detenuti di Tacotalpa, Tabasco, ed anunciano azioni per la loro scarcerazione.
- Chiedono alle ONG di stare in allerta e chiedere al governo di Sabines il ritiro dei corpi dimpolizia.
HERMANN BELLINGHAUSEN
San Cristóbal de las Casas, Chis. 7 aprile. "La nostra liberazione non è avvenuta per volontà del governo, ma per l'unità del popolo, di diverse organizzazioni", hanno dichiarato oggi gli ex "detenuti politici" scarcerati una settimana fa dai Ceresos 5, 14 e 17.
Senza citare esplicitamente lo sciopero della fame che hanno sostenuto tra febbraio e marzo (i loro compagni non scarcerati l'hanno sostenuto fino al 6 aprile), gli ex "detenuti politici", in conferenza stampa, hanno chiesto la liberazione di quanti sono ancora reclusi nei Ceresos 5 e 14, e nella prigione di Tacotalpa, Tabasco. "Non sono stati considerati, in quanto durante la loro detenzione hanno subito tortura, minacce, ed i loro reati sono stati prefabbricati. La maggioranza di loro, per il fatto di essere indigeni, non ha avuto né difensore né un interprete".
"Realizzeremo nuove azioni per la liberazione dei 17 compagni che rimangono in prigione", hanno annunciato i familiari degli imputati ed ex detenuti politici che fino a domenica hanno mantenuto un presidio davanti al palazzo di governo a Tuxtla Gutiérrez. Questo, "è quanto concordato nella nostra nuova tappa di lotta".
Collettivamente, "come ex detenuti politici", gli indigeni rilasciati grazie alla protesta che ha scosso il sistema penale del Chiapas ed ha ottenuto la liberazione di 30 uomini ed una donna imprigionati ingiustamente, chiedono al governo il rispetto dei loro diritti umani "nel proseguimento della nostra lotta per la liberazione dei detenuti politici", e che "non ci sia repressione contro i nostri familiari".
Hanno concordato "di continuare a lavorare per la liberazione dei compagni, insieme ai familiari". Invitano "tutti e tutte ad unirsi alla nuova tappa di lotta" e reclamarono "sicurezza e rispetto" per loro. In particolare gli ex detneuti del Cereso 17 (Playas de Catazajá), abitanti della comunità Busiljá, ed i loro familiari.
"Sono stati cacciati dalle loro terre da membri della Opddic, paramilitari, e non possono ritornare nelle proprie case perché li hanno minacciati di morte. Siamo preoccupati per quello che potrebbe accadere loro e riterremo responsabile il governo accadrà loro qualcosa".
Chiedono alle organizzazioni dei diritti umani di "stare in allerta" e chiedere al governo del Chiapas il ritiro dei corpi di polizia acquartierati nelle loro terre a Busiljá. Hanno recuperato la loro libertà, ma il governo non ha sanato l'usurpazione subita da queste famiglie.
I membri de la Voz del Amate, di la Voz de los Llanos (aderenti all'Altra Campagna) e di altre organizzazioni che ancora sono reclusi sono: Alberto Patishtán Gómez, Julio César Pérez Ruiz, Marcelino Díaz González, José Pérez Pérez, Jesús López López, María Delia Pérez Arizmendi, Antonio Gómez Díaz e Miguel Gómez Gómez, tutti nel Cereso 14. Nel Cereso 5, Tiburcio Gómez Pérez, Diego Rodriguez Hernández, Agustín Rodriguez Jiménez, Antonio Díaz Pérez, Miguel Díaz López, Juan Díaz López e Nicolás Pérez Núñez.
Nel carcere municipale di Tacotalpa sono rinchiusi ingiustamente da 12 anni Ángel Concepción Pérez Gutiérrez e Francisco Pérez Vázquez, basi di appoggio dell'EZLN.
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" Bergamo)