sabato 26 gennaio 2008

La sospensione del dialogo EZLN-governo


Jaime Martínez Veloz - LaJornada



Parte I

Il primo gennaio 1994 l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) incitò all’insurrezione attraverso una dichiarazione di guerra all’Esercito Messicano e l’occupazione militare di vari municipi, innalzando le bandiere dei diritti collettivi dei popoli indigeni e la costruzione di un nuovo modello di nazione.

La minaccia di una destabilizzazione generalizzata mobilitò ampi settori sociali, cosa che costrinse i contendenti a sospendere lo scontro militare ed a mettersi a dialogare, per la prima volta nella cattedrale di San Cristóbal de las Casas, in un processo che è risultato difficile e perfino contraddittorio.

Il presidente della Repubblica era Ernesto Zedillo Ponce de León e ci furono avvicinamenti iniziali tra funzionari del Potere Esecutivo federale e la dirigenza dell’EZLN, che furono bruscamente annullati il 9 febbraio 1995, quando furono emessi mandati di cattura contro la dirigenza dei ribelli.

Questa decisione del Potere Esecutivo scatenò una grave crisi che fu superata solo grazie all’intervento del Potere Legislativo federale che il 10 aprile 1995 approvò unanimemente la Legge per il Dialogo, il Negoziato e la Pace Degna in Chiapas, che voleva favorire la comprensione tra le parti, riaffermare la sovranità tra poteri e risolvere giuridicamente la questione dei mandati di cattura.

Infatti, e con il sostegno di tutte le istituzioni e dei partiti politici, questa legge diventò la piattaforma per strutturare il processo di dialogo e pacificazione tra il governo federale e l’EZLN dall’aprile 1995 al settembre 1996.

L’agenda di questo processo, approvata congiuntamente, includeva i seguenti temi: diritti e cultura indigeni, democrazia e giustizia, benessere e sviluppo, riconciliazione in Chiapas e diritti della donna, lasciando alla fine la cancellazione della dichiarazione di guerra e l’accordo di pace definitivo. Per lo sviluppo di ogni tema, si concordò una metodologia di lavoro che permetteva la realizzazione di avvicinamenti e di consultazioni tra le delegazioni di ognuna delle parti e delle loro rispettive istanze di comando.

Il 16 febbraio 1996, a San Andrés Larráinzar si firmò il primo accordo parziale su Diritti e Cultura Indigeni, dopo un intenso e proficuo processo di dialogo e negoziato.

In questa tappa, il rapporto tra l’EZLN e la Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) fu di vicinanza, cordialità e fiducia, cosa che favorì la creazione di una strategia denominata Via parallela, la quale consisteva nel preparare il processo di dialogo, un meccanismo di interlocuzione tra l’EZLN ed il governo federale, dove mediante documenti riservati, cioè, testi di impegno politico tra le parti, il presidente della Repubblica ed il subcomandante Marcos, incaricato dalla comandancia zapatista, cercavano attraverso la Cocopa di accelerare il processo di pace.

Il secondo tema in agenda era Democrazia e giustizia, ma il suo sviluppo fu molto contrastato rispetto al precedente: la parte governativa si rifiutò in maniera costante di manifestare la propria posizione ai tavoli installati, atteggiamento che differiva totalmente dalle intenzioni dichiarate dal presidente della Repubblica alla Cocopa.

Davanti al fallimento di questo tavolo ed al ritardo nel realizzare i primi accordi, nell’agosto del 1996 l’EZLN dichiarò sospeso il dialogo fino a che non si fosse applicato quanto pattuito in materia di Diritti e Cultura Indigeni.

Per superare questa crisi e contando sull’appoggio delle rispettive direzioni di partito e con l’accordo delle parti, i membri della Cocopa, nel 1996, elaborarono l’Iniziativa di riforma costituzionale in materia di diritti e cultura indigena.

Parte II

Quando la Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) presentò alle parti in conflitto l’iniziativa di legge in materia di diritti e cultura indigeni, l’EZLN rispose che benché la proposta non includesse tutti i contenuti ai quali aspirava, l’avrebbe accettata ed il subcomandante Marcos disse perfino alla commissione legislativa che una volta approvata dal Parlamento dell’Unione, nel marzo del 1997, sarebbe stato possibile firmare un protocollo di pace anticipato, permettendo così di affrontare i successivi temi in agenda senza tensioni di carattere militare.

La risposta del governo federale all’iniziativa della Cocopa fu inversa alla posizione zapatista; il presidente Ernesto Zedillo ignorò i termini già approvati dai suoi rappresentanti e respinse assolutamente l’iniziativa adducendo "imprecisioni tecnico-legali" e successivamente si espresse contrario alle questioni di fondo.

Questo rifiuto di rispettare quanto pattuito provocò l’allontanamento delle parti e dentro il governo federale si rafforzò la strategia contrainsurgente di incoraggiare settori indigeni a scontrarsi con violenza contro gli zapatisti, con disastrosi risultati per le comunità ed il processo di pace; la tragedia di Acteal è il risultato di questa strategia. La Cocopa fu ridotta alla sua minima espressione e praticamente rimase senza ruolo a partire dal rifiuto del governo di rispettare gli accordi concordati.

Assumendo la Presidenza della Repubblica, Vicente Fox Quesada ripropose al Congresso dell’Unione l’iniziativa di legge elaborata dalla Cocopa in materia di Diritti e Cultura Indigeni, defenestrata dal suo predecessore.

La presentazione della stessa avvenne in un contesto caratterizzato da un’ampia mobilitazione sociale intorno al movimento zapatista. Non esente da difficoltà, la marcia nazionale zapatista approdò al Distretto Federale tra grandi aspettative. La presenza della comandancia zapatista tra i seggi del Parlamento dell’Unione fu un fatto inedito, reso possibile grazie al consenso di tutti quelli che pensavamo che il sistema politico messicano non include pienamente tutti i messicani. Tuttavia, la decisione presidenziale di ripresentare l’iniziativa in materia indigena non ebbe il supporto indispensabile affinché i suoi effetti si trasformassero in incentivi per la pace; il testo che approvò il Parlamento escluse parti sostanziali in materia e già concordate nei conclavi di San Andrés Larráinzar, cosa che fu interpretata dall’EZLN come un tradimento di tutta la classe politica.

Successivamente l’EZLN realizzò una ritirata tattica, si crearono le giunte di buon governo che realizzano attività di concertazione degli sforzi, appianamento pacifico delle divergenze comunitarie ed articolazione dei lavori collettivi nelle zone zapatiste. Queste forme innovative di organizzazione hanno costituito un prezioso apporto zapatista alla governabilità chiapaneca ed alla comprensione con altri nuclei indigeni che condividono la loro vita e questioni nella stessa zona di influenza zapatista.

Durante la campagna elettorale federale del 2006 l’EZLN realizzò un viaggio per il territorio nazionale che denominò l’altra campagna, col quale rese palese la sua distanza dalla sinistra elettorale e mantenne il contatto con gruppi di simpatizzanti zapatisti in uno sforzo per creare un movimento nazionale.

Le cause che hanno provocato l’insurrezione guidata dall’EZLN 14 anni non sono sostanzialmente cambiate, nonostante quanto fatto in tutto questo tempo, compresi i molti sforzi sinceri di ottenere cambiamenti duraturi a beneficio di tutti i chiapanechi.

Sembra siano prevalsi criteri che ora non si osano nominare, ma che dall’inizio hanno scommesso sul principio che la fatica e l’usura avrebbe finito per smembrare i ribelli, condizione per la restaurazione del vecchio ordine, inaccettabile perché ingiusto.

Questi criteri fallirono e per questo ora nessuno riconosce la loro paternità; c’era molto in gioco nel passato recente, gli equilibri delle armi sono fragili ed instabili e se in Chiapas non si ruppero fu grazie alla lealtà di molti, in particolare al comportamento responsabile dell’EZLN. Oggi, dopo 14 anni dall’insurrezione armata, lo zapatismo è vivo, organizzato e con capacità di iniziativa politica.

Attualmente sembra lontana la possibilità che le parti possano incontrarsi di nuovo ma credo che il contributo fornito dall’EZLN allo sviluppo dello Stato ed a porre al centro del dibattito nazionale i temi dell’agenda di una riforma democratica dello Stato, deve essere considerato nella sua giusta dimensione dalle istituzioni nazionali che storicamente sono in debito con i popoli indigeni del Messico.

La sospensione del dialogo in Chiapas ha origine nel comportamento irresponsabile di un governo che di fronte alla nazione strinse alcuni accordi e mesi dopo, con un atteggiamento cinico, li respinse. Il presidente del Messico che ha duplicato il debito del Messico, che ha creato il Fobaproa, che ha consegnato satelliti, ferrovie, aeroporti e quanto ha potuto alle multinazionali, ha avuto la sfacciataggine di affermare che gli accordi di San Andrés attentavano alla sovranità nazionale. Acteal, paramilitari, inadempimento e mandati di cattura contro la dirigenza zapatista sono il segno distintivo del governo di Ernesto Zedillo.

Riporre il procedimento legislativo per approvare l’iniziativa di legge in materia indigena nei termini concordati a San Andrés Larráinzar sarebbe un buon inizio per riaprire il dibattito. Ciò nonostante, questo, che sembra tanto semplice, è molto lontano dalle preoccupazioni della classe politica messicana. I fatti lo dimostrano. Speriamo che quando gli tornerà la memoria non sia troppo tardi.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

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