martedì 8 novembre 2011

Fine dello sciopero della fame. La lotta continua.

 

La Jornada – Martedì 8 novembre 2011
 
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 7 novembre. A quasi 40 giorni di sciopero della fame, e di fronte alla sistematica assenza di risposte da parte del governo del Chiapas, i detenuti hanno deciso di sospendere l'azione per il rischio in cui erano le loro vite, ed il presidio dei familiari degli indigeni ha trasferito la sua protesta alle porte della prigione di questo municipio.
Oggi, a mezzogiorno circa, decine di indigeni hanno bloccato la strasa San Cristóbal-Ocosingo, di fronte al Carcere N. 5.
Su un grande striscione che occupava la carreggiata, dietro una linea di rami di pino, si riassume la domanda chiave: "Libertà immediata per i nostri prigionieri".
Gli otto reclusi della Voz del Amate, Voces Inocentes e Solidarios de la Voz del Amate, aderenti all'Altra Campagna, hanno fatto sapere i motivi della loro nuova azione. Hanno decio ieri sera e questa mattina l'hanno resa pubblica. Ciò nonostante, il governo statale si è affrettato a diffondere la notizia lasciando intendere l'esistenza di un qualche accordo. Facciamo dire, per esempio, a Juan Collazo Jiménez, che partecipa alla protesta, che questa mattina è stato punito con la cella di isolamento, nudo, dal comandante della prigione di Motozintla, come ha denunciato suo padre, Salvador Collazo. "Adesso non sei più in sciopero", gli hanno detto.
Il motivo per cui i detenuti hanno sospeso lo sciopero sono altre: "Per le complicazioni delle nostre condizioni di salute fisica dovute ai 39 giorni di sciopero della fame per esigere giustizia, mentre il governo ha ignorato le nostre richieste e le istanze del popolo, comunichiamo che ieri 6 novembre alle ore 20:00, a causa della gravità delle nostre condizioni di salute prima che si arrivasse all'irreparabile, abbiamo sospeso lo sciopero della fame, ma non vuole dire che desisteremo dalla lotta; al contrario, lotteremo con più forza fino a vincere questo sistema".
E precisano: "Abbiamo desistito perché alcuni compagni stanno molto male ma non abbiamo sospeso lo sciopero della fame in cambio di quello che dice il governo, perché noi continueremo a lottare in vita, perché finché c'è vita ci sarà la possibilità di lottare per la giustizia e il benessere di tutti, ma non lo faremo come vorrebbe il malgoverno, continueremo invece ad esortare il governo ad intervenire al più presto per la nostra liberazione, per ridarci la libertà che ci il governo ci ha rubato".
I reclusi del Carcere N. 5 insistono anche sulla liberazione di Collazo Jiménez ed Enrique Gómez Hernández, anche loro in sciopero a El Amate.
"Esortiamo inoltre il governo federale di Felipe Calderón Hinojosa ad agire per la liberazione immediata del compagno Alberto Patishtán Gómez, prigioniero politico della Voz del Amate".
Infine, invitano le organizzazioni nazionali ed internazionali che li hanno appoggiati "a continuare a chiedere giustizia, perché la nostra lotta non è finita".
Alle ore17 il blocco è stato tolto dagli stessi indigeni, che per tutto il giorno sono stati controllati, ad una certa distanza, dai veicoli della polizia statale e municipale, che non è intervenuta.
Questa notte, al presidio ancora in corso delle famiglie nella piazza della cattedrale, si discuteva sui passi da fare di fronte all'indifferenza del governo ed al "il tentativo di divisione che ha messo in atto annunciando di voler rivedere i casi di solo otto dei detenuti in sciopero, visto che sono 11; non cita Juan Collazo, Enrique Gómez né il professor Alberto Patishtán".
Oggi è partita dal Chiapas per Guasave, Sinaloa, una commissione di familiari ed avvocati per fare visita al professore nella prigione federale, dove è in isolamento da due settimane fa, ha informato sua figlia Gabriela Patishtán Ruiz. http://www.jornada.unam.mx/2011/11/08/politica/020n1pol

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