giovedì 13 ottobre 2011

Pressioni del PRD per rimuovere il presidio a SanCristobal

 

La Jornada – Mercoledì 12 ottobre 2011
HERMANN BELLINGHAUSEN
San Cristóbal de las Casas, Chis. 11 ottobre. Funzionari municipali inviati dal sindaco Cecilia Flores, del PRD, hanno esercitato pressioni sugli indigeni accampati nella piazza centrale di questa città, familiari dei detenuti in sciopero della fame nel Carcere N. 5 ed in altre due prigioni chiapaneche, che chiedono la loro liberazione.
Come ha comunicato questa mattina Alberto Patishtán Gómez, membro della Voz del Amate e portavoce dei sette detenuti in sciopero della fame, che oggi sono al 13° giorno di protesta, gli emissari municipali pretendono che si tolga il presidio dalla piazza della cattedrale di San Cristóbal almeno mentre si svolgerà il Forum Mondiale del Turismo di Avventura il prossimo fine settimana. Nei prossimi giorni è previsto l'arrivo dei partecipanti.
Patishtán ha detto a La Jornada che le famiglie hanno risposto alle pressioni "che si ritireranno dalla piazza solo quando usciranno liberi tutti i detenuti rinchiusi ingiustamente".
Il portavoce dei detenuti ha rivolto un appello alla società civile ed a coloro che simpatizzano con la richiesta di libertà, a realizzare azioni di solidarietà in difesa delle famiglie indigene che sono in presidio permanente, di fronte al pericolo che, ha detto, "vengano cacciati con la forza dalla piazza affinché i governanti possano fare bella figura con la loro festa per promuovere il turismo".
Mentre il governo non ha praticamente fatto nulla per rispondere alle richieste dei detenuti, alcuni rappresentanti del Consiglio Statale dei Diritti Umani (CEDH) nei giorni scorsi si erano offerti ai detenuti dell'Altra Campagna di intervenire nei loro casi se avessero firmato un documento nel quale designavano lo stesso CEDH come loro rappresentante legale.
Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba) ha inviato comunicazioni al governatore ed al titolare del sistema penitenziario in Chiapas, e l'unica risposta è stata una notifica della direzione delle carceri secondo la quale i casi saranno "dati in carico" ai tribunali locali delle prigioni corrispondenti. "Non c'è alcuna risposta ufficiale", sostiene Víctor Hugo López, direttore del Frayba. "Il governo vuole solo prendere tempo".
Intanto, 15 collettivi, organizzazioni sociali e reti solidali della Sesta Internazionale dell'Altra Campagna in diverse nazioni europee hanno manifestato il loro sostegno allo sciopero ed al digiuno degli indigeni dell'Altra Campagna: "Ci uniamo alla vostra richiesta contro gli arbitri di José Antonio Martínez Clemente, sottosegretario per l'Applicazione delle Sanzioni Penali e Misure di Sicurezza dello stato, e di José Miguel Alarcón García, direttore del Carcere N. 5. Chiediamo che si permetta l'ingresso di familiare, amici, accompagnatori e personale medico".
Gruppi civili di Francia, Svizzera, Italia, Spagna e Germania ritengono responsabili questi funzionari ed il governatore chiapaneco Juan Sabines Guerrero "di qualunque cosa possa accadere" ai detenuti Rosario Díaz Méndez, Pedro López Jiménez, José Díaz, Alfredo López Jiménez, Alejandro Díaz Santis, Manuel Heredia Jiménez, Juan Díaz López, Alberto Patishtán Gómez, Andrés Núñez Hernández, Rosa López Díaz e Juan Jiménez Pérez.
Chiedono che "cessi il ricatto contro Rosa López Díaz, alla quale hanno minacciato di togliere il figlio" se non interrompe il digiuno. Soprattutto chiedono la "liberazione immediata" dei detenuti di La Voz del Amate, solidali di La Voz del Amate, L'Altra Mitzitón e Voces Inocentes.
I collettivi concludono: "Seguiamo la situazione ed eserciteremo la pressione necessaria per ottenere, tutti insieme, la loro liberazione".

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