giovedì 19 maggio 2011

Sergio Rodriguez Lascano: La classe politica e la guerra(Parte 1/2)


Scambio Epistolare su Etica e Politica

La classe politica e la guerra

Sergio Rodríguez Lascano

Nella lettera che il Subcomandante Insurgente Marcos scrive a don Luis Villoro, dal titolo "Appunti sulla guerra", si illustra in maniera molto dettagliata il bilancio utilizzato da Felipe Calderón per portare a termine la sua guerra contro la popolazione messicana, seguendo gli obiettivi del vicino mandante del Nord. Questo è molto importante perché, a parte tutto, una guerra deve essere analizzata nei suoi costi. Quello che mi piacerebbe sottolineare, partendo da questo punto relativo ai costi per poi passare ad altri argomenti, è il ruolo che l'insieme della classe politica messicana ha svolto in questa guerra.

Racconta chi c'era, che quando Lenin lesse su un giornale svizzero che la socialdemocrazia di Germania e Francia aveva votato i crediti di guerra che autorizzavano entrambi i governi ad avviare quella follia che si chiamava Prima Guerra Mondiale, pensò che si trattasse di un'edizione falsa di quel giornale. Da allora, è molto importante sapere come si comportano i diversi partiti politici presenti nei parlamenti quando si vota sui soldi per fare una guerra. Sebbene in Messico il presidente ogni anno elabori una proposta di bilancio, chi ne decide l'importo e le destinazioni sono i deputati e i senatori di ogni partito politico.

In Messico, negli ultimi quattro anni - e si potrebbe dire anche negli ultimi dieci anni - i bilanci sono stati votati praticamente all'unanimità, con l'eccezione di alcuni deputati la cui obiezione non riguarda il bilancio di guerra. Con questo possiamo dire che la guerra che ha deciso di lanciare Calderón ha contato sull'avallo e l'appoggio di tutta la classe politica messicana. L'unica critica che gli muove il dissidente contumace, López Obrador, si incentra unicamente sul fatto che Calderón ha sollevato un bel vespaio, e così - volente o no - cade nella logica che il governo ha tentato di imporre: che ci troviamo di fronte ad una guerra contro il crimine organizzato, in particolare, contro il narcotraffico.

Nello stesso modo in cui Felipe Calderón utilizza questa guerra come suo unico elemento di legittimazione, la screditata classe politica messicana si aggrappa a questa guerra e giura e spergiura che, accada quel che accada nel 2012, questa politica non cambierà.

Recentemente, la dichiarazione di un vecchio priista ha suscitato clamore. Sócrates Rizzo García, ex governatore di Nuevo León, ha detto: "Durante i regimi priisti, il presidente della Repubblica aveva il controllo sulle rotte del narcotraffico, cosa che impediva che ci fossero attacchi alla popolazione. In precedenza, i presidenti definivano le strade che doveva seguire il traffico di droga per non coinvolgere la società civile... In qualche modo, si era risolto il problema del transito della droga. Esisteva un controllo e c'era uno stato forte ed un presidente forte ed una Procura forte e c'era il ferreo controllo dell'esercito... Dicevano: 'Tu passi di qui; tu di qua; ma non toccare questi posti'... ". Subito, Enrique Peña Nieto ha dichiarato che se arriverà alla presidenza, continuerà la strada intrapresa da Calderón.

Marcelo Ebrard insistentemente ha dato il suo appoggio a Calderón in questa guerra, sostenendo che sarebbe stato meschino lesinare l'appoggio. Il consenso alla guerra comprende molti altri e molte altre istituzioni. Tutti i governatori degli stati e praticamente tutti i sindaci condividono questa strategia. Per questo, governatori e sindaci di varie regioni del paese hanno respinto le dichiarazioni di Felipe Calderón, nel senso che sfuggivano dalle loro responsabilità nella lotta al crimine organizzato, e gli hanno chiesto di "precisare meglio" le sue parole, perché sembra avere un panorama incompleto di quello che accade.

Felipe Calderón in un intervista ha dichiarato che in stati, municipi ed in altri ambiti del potere pubblico si elude la corresponsabilità prevista dalla Costituzione per affrontare in forma congiunta il crimine organizzato. Ha detto che quei livelli di governo credono che "sia facile passare la palla al governo della Repubblica". Mario Anguiano, mandatario di Colima, ha detto che in nessuna circostanza ha eluso "né sfuggiremo mai da questa responsabilità costituzionale e stiamo lavorando in funzione degli obiettivi che abbiamo definito e garantiremo la sicurezza alla popolazione". Al di là degli sfoghi isterici di Calderón, la realtà è che tutti sono coinvolti in questa politica.

Si potrebbe dire, ed è vero, che esiste una forte corruzione tra i governatori o i presidenti municipali, ma questo non è diverso da quello che accade nell'insieme delle istituzioni federali. Così, per esempio, il Revisore dei Conti Superiore della Federazione (ASF) ha riscontrato errori amministrativi ed omissioni in una fiduciaria della Segreteria della Difesa Nazionale (Sedena) che, nel 2009, ha gestito risorse per 1.640 milioni di pesos "per urgenze e spese per la sicurezza nazionale". Nella revisione delle risorse, l'ASF ha rilevato la mancanza di licitazioni negli acquisti e contratti milionari che fanno perdere risorse all'Esercito, tra altre anomalie. Per un contratto firmato con un'impresa russa per la riparazione di cinque elicotteri, la Sedena ha dovuto sborsare 10,5 milioni di pesos solo per la cancellazione dell'accordo, poiché le condizioni non erano convenienti per l'ente.

Ugualmente, si potrebbe dire che molti governatori o presidenti municipali o deputati fanno parte delle reti del crimine organizzato, ma la stessa cosa si può dire di una serie di agenti federali, membri delle forze armate o dello stesso potere esecutivo.

Mentre l'insieme della classe politica partecipa attivamente a questa guerra, i presunti obiettivi che si è posta per portarla a termine non solo sono lontani, ma lo sono più che mai. La violenza non è diminuita, ma è aumentata in maniera esponenziale. Ogni settimana si supera il record precedente di violenza. Ogni volta sono più morti, ogni volta più scomparsi, ogni volta più arrestati, ogni volta più bambini coinvolti nella guerra, da una parte e dall'altra. Per esempio, la Rete per i Diritti dell'Infanzia in Messico (Redim), formata da 67 organizzazioni civili, ha documentato che, nel 2009, la Segreteria della Difesa Nazionale ha arruolato dei minorenni nel servizio militare anticipato per lo sradicamento di coltivazioni di marijuana e papavero. Ha inoltre denunciato, sulla base di documenti ufficiali, che nella lotta dell'esercito contro il narcotraffico partecipano dei minorenni reclutati mediante il Servizio Militare Nazionale ed il Sistema Educativo Militare. Lo scorso 31 di gennaio, la Redim ha presentato il documento "Infanzia e conflitto armato in Messico", elaborato con informazioni della stessa Sedena, nella cui Terza Relazione dei Lavori 2009 consta che, dal 25 maggio al 1 agosto di quell'anno, 314 adolescenti hanno svolto questo compito in Michoacán. Secondo la Redim, è la prima volta che "si sa" con certezza che degli adolescenti sono coinvolti in azioni di "lotta contro il narcotraffico".

E se l'obiettivo di ridurre la violenza non si raggiunge, non lo è neppure quello di ridurre il consumo di droga. Mentre il consumo di marijuana nel paese aumenta, la distruzione di colture di questa droga ed i sequestri diminuiscono. Durante l'amministrazione del presidente Felipe Calderón, la media annuale della distruzione di coltivazioni documentata dall'esercito è inferiore a quella dei mandati di Ernesto Zedillo e Vicente Fox. Dal 1995 al 2000, secondo la relazione della Segreteria della Difesa Nazionale, ogni anno venivano distrutti 19.523 ettari di marijuana, in media; dal 2001 al 2006, la cifra è stato di 25.800; ma nell'attuale  amministrazione, dal 2007 al 2009, è crollata a 17.014 ettari l'anno.

Il consumo di droga in Messico è schizzato: il suo valore attuale sul mercato nazionale supera gli 8.780 milioni di dollari l'anno, secondo informazioni della Segreteria di Pubblica Sicurezza (SSP) federale. "In Messico è aumentata in maniera importante la dipendenza, e devo segnalare che è uno dei fattori più importanti che bisognerebbe denunciare e assistere", ha ammesso il suo titolare, Genaro García Luna durante la sua comparizione davanti ai legislatori. "La parte più importante nel consumo è occupata dalla marijuana, con una proporzione quadruplicata negli ultimi dodici anni".

Naturalmente, per realizzare un'analisi completa sull'argomento è impossibile non considerare che si tratta di un grande affare. Affare del quale fanno parte i grandi industriali del paese e del mondo. E fino a che questo sarà un grande affare, i capitali continueranno a fluire verso questo settore.

Come segnala il Subcomandante Insurgente Marcos nella lettera citata, in questo grande affare il capitale nordamericano guadagna su due fronti: vendendo armi alle forze incaricate della violenza dello Stato e vendendo le stesse armi ai capi della droga. Lo fa anche, ed ora si sa, dagli uffici stessi delle istituzioni incaricate di vigilare sulla vendita delle armi.

Ma l'affare non si ferma lì. Secondo Víctor Cardoso, del quotidiano La Jornada, nei quattro anni del governo di Felipe Calderón sono stati riciclati 25.991 milioni di dollari. Parlando solo di quello che si lava attraverso il sistema bancario, per non parlare della quantità di hotel, scuole, centri ricreativi, eccetera, che sono semplicemente la facciata che occulta il riciclaggio di denaro sporco.

Stando così le cose, possiamo dire che, dentro le finanze di questa guerra, è possibile incontrare il sistema bancario messicano, oggi prevalentemente in mani straniere, e dunque non si può negare che una buona parte della quantità di soldi che si trovano in questo settore viene dal narcotraffico.

Inoltre, sappiamo che ogni anno entrano in Messico 29 mila milioni di dollari dal narcotraffico. Questo spiega, in buona parte, perché il Messico nel 2009 non sia caduto in una crisi peggiore ed quello che sta dietro la ripresa tanto esaltata del 2010, in un momento in cui le esportazioni di petrolio sono minori così come l'entrata di valuta grazie alle rimesse degli emigrati. Questa cifra è superiore a tutto l'Investimento Straniero Diretto che solo l'anno scorso è stato di 16 mila milioni di dollari, e di questo affare beneficia una buona parte della classe politica messicana. Per questo, questa guerra non è realmente contro il narcotraffico, perché sarebbe come tagliare la mano che ti nutre.

Il potere corrompe dice la vecchia massima, ma il potere e il denaro corrompono due volte. Per questo il panorama nel Messico del 2011 è quello di funzionari dello Stato che scoprono le mille e una strada per accedere a quella fonte inesauribile di entrate. Nella loro opera Mil mesetas, Delleuze e Guattari dicevano: "Così come il capitale cresce in maniera costante e smisurata rispetto al capitale variabile, la guerra diventa sempre più una guerra di armamenti. La crescita della composizione organica di capitale si traduce così nella crescita della composizione organica di capitale militare".

Con questo si è aperta un'epoca di degrado ed umiliazione. Una guerra fatta con l'ordine di combattere il crimine organizzato cerca di contendere a quest'ultimo i guadagni. Si tratta dell'azione degradata del potere che utilizza una copertura ideologica per uno scopo inconfessabile. Ma vuole anche un'altra cosa: umiliare la società, facendole pagare i costi di sangue di questa guerra, cercando di distruggere l'ambito collettivo che trova sul suo passaggio; ogni ambito sociale che riesca a calpestare. Epoca di degrado e umiliazione che tutto annuncia proseguirà dopo il 2012 mentre si sta realizzando tutto quello che i candidati avevano presentato nel 2006; compreso quello che López Obrador aveva esposto nel suo libro Proyecto alternativo de nación, in cui segnalava che era giusto utilizzare l'esercito contro i narcos, poiché si trattava di un problema di sicurezza nazionale.

Oggi, in Messico, le elite politiche ed economiche che esercitano il potere, inteso non unicamente come l'esecutivo ma come l'insieme del potere, incarnano gli obiettivi più eccessivi tanto nell'accaparramento di denaro come di capacità di comando sulla società.

Tuttavia, questo slancio, questa volontà, questa apparente sicurezza svanisce quando il suo padrone alza la voce perché gli hanno ucciso un agente doganale, invece di chiedersi, là in alto, cosa ci faceva un agente doganale degli Stati Uniti a San Luis Potosí - forse la dogana non è più sul Río Bravo?- no, immediatamente, si scopre "l'assassino".

Gli esperti sui mezzi di comunicazione mettono in discussione la rapidità con la quale si è saputo nel vicino paese del nord dell'arma assassina e dove è stata venduta, e non mettono in discussione il fatto che, in due giorni, lo Stato messicano - lo stesso che non sa chi ha assassinato Maricela Escobedo, lo stesso incapace di trovare chi ha ucciso gli studenti dell'Istituto Tecnologico di Monterrey, lo stesso che ha quasi distrutto la famiglia Reyes - ora, in due giorni, trovi un ragazzo, si presume l'assassino del funzionario statunitense, conosciuto come el Piolín.

Il problema che sorge dall'inizio è il seguente: quale è il livello di credibilità del potere politico in Messico? Perché dovremmo credergli? Chi può dire che i 35 mila assassinati in questa guerra erano membri del crimine organizzato? Perché davanti alle telecamere appaiono con armi, pistole, granate, fucili? Lo Stato, storicamente, non si è mai premurato di mettere davanti alle telecamere qualche ragazzo, vivo o morto, circondato da un arsenale? Ci siamo già dimenticati degli anni della guerra sporca contro le organizzazioni rivoluzionarie?

Queste domande sorgono, soprattutto, quando si conoscono bene le velleità cinematografiche del genio della menzogna, García Luna, che monta operativi a beneficio dei mezzi di comunicazione.

Per questo ha ragione Julio Scherer quando, nel suo libro Historias de muerte y corrupción, dice: "Dietro ogni vittima c'è un nome, un cognome, una storia, ma arriverà il giorno della resa dei conti da parte di chi si è visto coinvolto in questa tragedia che non cessa".

..... segue


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