giovedì 7 maggio 2015

SupGaleano: Il Muro e la Crepa- Primi Appunti sul Metodo Zapatista

_______________________________________________
Ezln-it mailing list
Ezln-it@lists.ecn.org
http://lists.ecn.org/mailman/listinfo/ezln-it




  
3 maggio 2015
Buona sera, giorno, notte a chi ci ascolta e chi ci legge, indipendentemente da calendari e geografie.
Il mio nome è Galeano, Subcomandante Insurgente Galeano. Sono nato all'alba del 25 maggio 2014, per volere collettivo e non mio, e nemmeno di altri, altre e otroas. Come il resto delle mie compagne e compagni zapatisti, mi copro il volto quando è necessario mostrarmi, e mi scopro per nascondermi. Nonostante non abbia ancora compiuto un anno di vita, il comando mi ha assegnato il compito di guardia, vedetta o sentinella in uno dei posti di osservazione di questa terra ribelle.
Siccome non sono abituato a parlare in pubblico, tantomeno di fronte a così tante e così (scusate, dev'essere il singhiozzo da panico del palcoscenico), dicevo così raffinate personalità, vi ringrazio per la comprensione per i miei balbettii ed inciampi nella difficile e complicata arte della parola.
Ho assunto il nome di Galeano, il nome di un compagno zapatista, un maestro ed organizzatore, indigeno che fu aggredito, rapito, torturato ed assassinato da paramilitari patrocinati da una presunta organizzazione sociale: la CIOAC-Histórica. L'incubo che si concluse con la vita del compagno maestro Galeano, iniziò l'alba del 2 maggio 2014. Da quell'ora, noi, zapatiste e zapatisti, abbiamo iniziato la ricostruzione della sua vita. 
In quei giorni la direzione collettiva dell'EZLN decise di far morire il personaggio autonominato SupMarcos, allora portavoce degli uomini, donne, bambini ed anziani zapatisti. Da allora, l'incarico di portavoce dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale è stato assunto dal Subcomandante Insurgente Moisés. Per sua voce parliamo, attraverso i suoi occhi guardiamo, nei suoi passi camminiamo, noi siamo lui.
Mesi dopo quel 2 maggio, la notte è scesa sul Messico aggiungendo un nuovo nome alla già la lunga lista del terrore: "Ayotzinapa". Come è già avvenuto altre volte nel mondo, una geografia del basso veniva segnalata e nominata da una tragedia studiata ed eseguita, cioè, un crimine.
Abbiamo già detto, per voce del Subcomandante Insurgente Moisés, cosa ha significato Ayotzinapa per zapatiste e zapatisti. Col vostro permesso e delle mie compagne e compagni cape e capi zapatisti, riprendo le sue parole.
Ayotzinapa è dolore e rabbia, ma non solo. È anche e soprattutto l'ostinato impegno dei genitori e compagni degli assenti.
Alcuni di questi genitori che non hanno lasciato cadere la memoria, ci hanno fatto l'onore della loro condivisione e sono qui con noi in terre zapatiste. 
Abbiamo ascoltato la parola di Doña Hilda e Don Mario, madre e padre di César Manuel González Hernández, ed abbiamo la presenza e la parola di Doña Bertha e Don Tomás, madre e padre di Julio César Ramírez Nava. Con loro reclamiamo i 46 assenti.
A Doña Bertha e Don Tomás chiediamo di far arrivare queste parole agli altri familiari degli assenti di Ayotzinapa. Perché è stata la loro lotta a far avviare questo semenzaio.
Credo che più di una, uno, unoa, della Sexta e dell'EZLN concorderanno con me che avremmo preferito che non fossero qui. Voglio dire che avremmo voluto che fossero qui ma non per dolore e rabbia, ma per un abbraccio tra compagni. Che non fosse successo nulla quel 26 settembre. Che il calendario avesse dato una mano amica ed avesse saltato quella data, e che la geografia si fosse persa e non si fosse fermata ad Iguala, Guerrero, Messico.
Ma se dopo quella notte di terrore la geografia ha raggiunto gli angoli più remoti del pianeta, e se il calendario resta fisso su quella data, è stato per il vostro impegno, per la grandezza della vostra semplicità, per la vostra dedizione incondizionata.
Non abbiamo conosciuto i vostri figli. Ma conosciamo voi. E vorremmo che la nostra ammirazione e rispetto sia per voi una certezza, anche nei vostri momenti di dolore e solitudine.
È vero, non possiamo riempire le strade e le piazze delle grandi città. Ogni mobilitazione, per piccola che sia, per le nostre comunità rappresenta una perdita importante nella loro economia, già di per sé difficile, come quella di milioni di persone, sostenuta con difficoltà dalla ribellione e resistenza che dura da oltre due decenni. Dico nelle nostre comunità, perché i nostri aiuti non sono la somma di individualità, ma sono azione collettiva, pensata ed organizzata. Sono parte della nostra lotta. 
Non possiamo emergere nelle reti sociali, né far arrivare le vostre parole oltre i nostri cuori. Non possiamo nemmeno aiutarvi economicamente, anche se sappiamo che questi mesi di lotta vi hanno segnato nella salute e nelle condizioni di vita.
Succede anche che il nostro essere ribelli ed in resistenza il più delle volte è visto con sospetto e sfiducia. Movimenti e mobilitazioni che si svolgono da diverse parti, preferiscono non rendere esplicita la nostra simpatia. Sensibili al "cosa diranno" mediatico, non vogliono che la loro causa sia associata in alcun modo "agli incappucciati del Chiapas". Lo capiamo, non lo discutiamo. Il nostro rispetto per le ribellioni che pullulano nel mondo include il rispetto delle loro valutazioni, dei loro passi, delle loro decisioni. Rispettiamo, ma non ignoriamo. Siamo attenti ad ognuna delle mobilitazioni che affrontano il Sistema. Cerchiamo di comprenderle, cioè, di conoscerle. Sappiamo che il rispetto nasce dalla conoscenza, e che la paura e l'odio, queste due facce del disprezzo, non poche volte nascono dall'ignoranza.
La stragrande maggioranza nel mondo, non solo nel nostro paese, è come voi, sorelle e fratelli familiari degli assenti di Ayozinapa. Persone che devono combattere giorno e notte per un pezzo di vita. Gente che deve lottare per strappare alla realtà qualcosa per sopravvivere.
Chiunque in basso, uomo, donna, otroa, che conosca la storia che vi addolora, simpatizza con la vostra lotta per chiedere verità e giustizia. La condivide perché nelle vostre parole vedono la ripetizione delle loro storie, perché si riconoscono nel vostro dolore, perché si identificano con la vostra rabbia.
La maggioranza non è andata a manifestare, non ha creato temi nelle reti sociali, non ha rotto vetri, non ha incendiato auto, non ha gridato slogan, non ha usurpato palchi, non ha vi ha detto che non siete soli.
Non l'hanno fatto semplicemente perché non hanno potuto farlo.
 






Questa e-mail è stata controllata per individuare virus con Avast antivirus.
www.avast.com


Inviato dal mio telefono Huawei