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Hermann Bellinghausen
11 maggio 2014
Ricordo quando in un programma televisivo uno dei più noti intellettuali mediatici dichiarò con stupore e perfino scherno, "veramente un villaggio del nostro paese non può chiamarsi La Realidad, se lo sono inventato, è una trovata mediatica". Per lui, come per i suoi colleghi che si dedicavano a sparlare degli zapatisti e del subcomandante Marcos, doveva risultare davvero insopportabile dire che a La Realidad succedeva questo o quello, che la visitavano persone come Oliver Stone, Manu Chao o Madame Miterrand, che dalla Realidad l'EZLN aveva dichiarato questo e quello. Era un contrattempo che dalla Realidad in Chiapas scrivessero Juan Gelman, Manuel Vázquez Montalbán, Eduardo Galeano, Carlos Monsiváis, Ignacio Ramonet, Juan Bañuelos, Luis Villoro, Adolfo Gilly, Pablo González Casanova e gente così. Decine di fotoreporter e cineasti per anni hanno mostrato scene della Realidad. Le agenzie internazionali datavano le loro notizie stampa dalla Realidad.
Per le teste parlanti, ancor più per gli articolisti che allora proliferavano facendo dello sfogo antizapatista una forma di respirazione, pronunciare quel nome sovvertiva il loro schema verbale. Come accusare di mentire o di fare propaganda su quanto succede o si dice là nella realtà (il parlato non conosce maiuscole) alcuni indios poveri, remoti e ribelli.
La cosa peggiore per i commentatori sprofondati nelle loro poltrone dello studio televisivo, era che esistesse una comunità nella valle di Las Margaritas che da mezzo secolo si chiamava La Realidad Trinitaria. Fondata da coloni tojolabal negli anni cinquanta del XX secolo, col tempo i suoi abitanti finirono per chiamarla colloquialmente La Realidad. Uffa, quante realtà in una. E dopo che c'erano e ci sono centinaia, migliaia di villaggi di diversi nomi tra le montagne del Chiapas che ugualmente meritino di chiamarsi La Realidad. Migliaia di villaggi, quartieri, colonie, ejidos ed accampamenti di indigeni che vivevano nella propria Realidad si sono identificati con quella degli zapatisti. E come si sa, nelle comunità indigene del nostro paese la realtà suole essere crudele, dura, nuda, eloquente, meravigliosa, allarmante, indicibile.
Quando verso il 1994 Carlos Monsiváis riconosceva, ammirato: "gli zapatisti ci parlano con la realtà", La Realidad era un villaggio lontano e sconosciuto. Sarebbe stato il realissimo attacco a tradimento di Ernesto Zedillo, con la sua guerra il 9 febbraio 1995, a devastare Guadalupe Tepeyac (allora sede dell'EZLN per incontrarsi con l'allora numerosa società civile). Ciò obbligò l'EZLN, con tutto il suo Aguacalientes, a spostare il suo luogo di incontro alcuni chilometri più in là, verso la laguna di Miramar, nel villaggio di La Realidad, che all'improvviso apparve sulle mappe e si trasformò nel più importante scenario della militarizzazione e della guerra occulta del governo messicano. Due decenni dopo, quella guerra continua. La resistenza anche, ma a volte duole.
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