lunedì 29 agosto 2011

SupMarcors: Terza Lettera a Luis Villoro 1/3



FORSE...

Terza Lettera a Don Luis Villoro nello scambio su Etica e Politica

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE
MESSICO

Luglio-Agosto 2011

Per: Don Luis Villoro
Da: SupMarcos

Don Luis:

Le mando i saluti di tutt@ noi ed un abraccio forte da parte mia. Speriamo che stia meglio in salute e che la pausa in questo scambio sia servita per nuove idee e riflessioni.

Anche se la realtà attuale sembra precipitare vertiginosamente, una seria riflessione teorica dovrebbe essere in grado di "congelarla" un istante per scoprire in essa le tendenze che ci permettano, rivelando la sua gestazione, di vedere verso dove sta andando.

(E parlando della realtà, ricordo che fu a La Realidad zapatista dove proposi a Don Pablo González Casanova lo scambio: lui doveva farmi arrivare un pacchetto di biscotti Pancrema, ed io dovevo inviargli un presunto quanto improbabile libro di teoria politica (per definirlo in qualche modo). Don Pablo lo fece, ed il dilatato procedere del nostro calendario mi ha impedito di compiere la mia parte dello scambio… non ancora. Ma credo che durante le piogge prossime ci saranno altre parole.

Come forse si è andato insinuando nella nostra corrispondenza (e nelle lettere di coloro che, generosamente, hanno aderito a questo dibattito), la teoria, la politica e l'etica si intrecciano in modi non così evidenti.

Certamente non si tratta di scoprire o creare VERITÀ, quelle pesanti pietre che abbondano nella storia della filosofia e nelle sue figlie bastarde: la religione, la teoria e la politica.

Credo che saremmo d'accordo sul fatto che il nostro impegno mira più a tentare di far "saltare" le linee non evidenti, ma sostanziali, di questi ambiti.

"Abbassare" la teoria all'analisi concreta è una delle strade. Un altro è ancorarla alla pratica. Ma nelle epistole non si compie questa pratica, semmai si rende conto di essa. Cosicché credo che dobbiamo continuare ad insistere "nell'ancorare" le nostre riflessioni teoriche alle analisi concrete o, più modestamente, tentare di delimitare le loro coordinate geografiche e temporali. Cioè, insistere nel fatto che le parole si pronunciano (si iscrivono, in questo caso) da un determinato luogo e tempo.

Da un calendario ed in una geografia.

I. Lo specchio locale.

Anno 2011, Chiapas, Messico, il Mondo.

E siamo qua, in questi calendario e geografia, attenti a quello che succede, a quello che si dice e, soprattutto, a quello che si tace.

Nelle nostre terre proseguiamo la resistenza. Proseguono le aggressioni contro di noi provenienti da tutto lo spettro politico. Siamo l'esempio del fatto che è possibile che tutti i partiti politici abbiano uno stesso obiettivo. Sponsorizzati dai governi federale, statale e municipale, tutti i partiti politici ci attaccano.

Prima o dopo ogni aggressione si svolge una riunione tra funzionari governativi e dirigenti "sociali" o di partito. In queste riunioni si parla poco, solo lo stretto necessario per concordare il prezzo e la forma di pagamento.

Quelli che criticano la nostra posizione zapatista secondo cui "tutti i politici sono uguali", dovrebbero farsi un giro per il Chiapas. Anche se certamente diranno che è qualcosa di strettamente locale, che questo non succede a livello nazionale.

Ma tra la classe politica chiapaneca si ripetono, con i loro timbri autoctoni, le stesse ridicole routine dei periodi preelettorali.

Ci sono regolamenti di conti interni (come nelle bande criminali) che per la classe politica si mascherano di "giustizia". Ma da tutte le parti si tratta della stessa cosa: liberare la strada all'eletto di turno. Tutto quello che succede in basso viene fatto passare per il complotto di uno o diversi rivali. Tutto quello che succede in alto viene deformato o si tace.

Nella politica mediatica di elargizione degli elogi, quando si tratta del Chiapas non c'è nessuna differenza tra la stampa della capitale del paese e quella della capitale statale.

Ma, si può parlare seriamente di giustizia in Chiapas quando è sempre libero uno dei responsabili del massacro di Acteal, di nome Julio César Ruiz Ferro? "Presidente non si preoccupi, lasci che si ammazzino, poi mando la pubblica sicurezza a portare via i morti", rispose l'allora governatore del Chiapas, Julio César Ruiz Ferro, a Jacinto Arias Cruz, sindaco di Chenalhó, che lo avvertiva di un imminente scontro ad Acteal il 19 dicembre 1997. (María de la Luz González, El Universal 18 dicembre 2007).

E che dire di "El Croquetas" Roberto Albores Guillén, responsabile del massacro di El Bosque, che ha eretto un impero di crimini e corruttele che ora gli permettono di concorrere contro Juan Sabines Guerrero ed il suo "gallo", il coleto Manuel Velasco, per tornare a governare il Chiapas? (parlando di "galli", il lopezobradorismo renderà mai conto, un giorno, di avere aiutato a riciclare il peggio della politico priista chiapaneca?).

Ah, la vecchia rivalità tra le vetuste classi politiche di Comitán, San Cristóbal de Las Casas e Tuxtla Gutiérrez (a proposito, i loro precedenti si possono trovare nel libro di Antonio García de León, "Resistenza e utopia: memorie di oltraggi e cronache di rivolte e profezie accadute nella Provincia del Chiapas negli ultimi cinquecento anni della sua storia" della casa editrice ERA del caro Neus Espresate).

Mentre si addensano le nubi di una bufera nella politica del Chiapas dell'alto, Juan Sabines Guerrero prosegue ostinato nella linea che ha già causato tanti fallimenti al "Croquetas" Albores: attivare gruppi, paramilitari e non, per aggredire le comunità zapatiste; occultare i vertici delle mafie criminali con o senza l'alibi di partito politico; mantenere l'impunità per gli amici; la simulazione come programma di governo.

La stampa, locale e nazionale, ben "oliata" dai soldi, non riesce ad occultare, attraverso l'unanimità, la guerra intestina nella politica dell'alto.

Soprattutto, basta segnalare questo: da tempo le regole interne della classe politica sono rotte. Gli aguzzini di ieri sono gli incarcerati di oggi, ed i persecutori di oggi saranno i perseguiti di domani.

Non è che non si facciano "accordi", ma non riescono a rispettarli.

Ed una classe politica che non rispetta i suoi accordi interni è un cadavere in attesa di sepoltura.

No, la classe politica di sopra non capisce niente. Ma soprattutto non capisce la cosa fondamentale: il suo tempo è finito.

Governare non è più un lavoro politico. Ora il lavoro per eccellenza dei governanti è la simulazione. Più importanti dei consulenti politici ed economici, sono i consulenti d'immagine, pubblicità e marketing.

Così fanno oggigiorno i governanti in Messico, mentre le realtà locali, regionali e nazionali vanno in pezzi.

Nemmeno i bollettini governativi mascherati da "reportage" e "cronache giornalistiche" riescono a coprire la crisi economica: nelle principali città del Chiapas reale cominciano a vedersi e crescere l'indigenza ed i "lavori" più marginali. La povertà che sembrava essere esclusiva delle comunità rurali inizia a crescere nelle zone urbane del sudest messicano.

Proprio come nel resto del territorio nazionale.

Sembra che stia parlando della politica di sopra a livello nazionale e non locale?

Ah, i frammenti dello specchio rotto, irrimediabilmente rotto…

II. Epitaffio per una classe politica o per una Nazione?

Quando Felipe Calderón Hinojosa (presidente grazie alla colpa ora confessata di Elba Esther Gordillo), travestito da guida turistica per far arrivare in Messico non solo poliziotti e militari nordamericani, si affaccia al Sótano de Las Golondrinas, ad Aquismón, San Luis Potosí, ed esclama "Oh my god!" (http://mexico.cnn.com/nacional/2011/08/17/calderon-promuovere-destino-turistico-in-il-programma-the-royal-tour), potrebbe ben dire la stessa cosa se si affacciasse al pozzo nel quale il paese è sprofondato durante il suo mandato.

Secondo le statistiche rivelate dal Consiglio Nazionale di Valutazione della Politica di Sviluppo Sociale (CONEVAL), il numero di poveri in Messico è passato da 48.8 milioni a 53 milioni. Quasi la metà della popolazione messicana vive in condizioni di povertà. Quasi 12 milioni di persone sono in condizioni di povertà estrema.

E se si riguardano le mappe dello stesso CONEVAL, si vede che le sacche di povertà, prima esclusiva degli stati del sud e sudest del Messico (Guerrero, Oaxaca, Chiapas) cominciano ad estendersi agli stati del nord del paese.

In questo sessennio i prezzi dei generi di largo consumo sono raddoppiati e triplicati.

Secondo i dati del Centro di Analisi Multidisciplinare, per avere il denaro sufficiente al paniere alimentare raccomandato, all'inizio del sessennio di Felipe Calderón Hinojosa si doveva lavorare per 13 ore e 19 minuti al giorno. 5 anni dopo, in questo 2011, si dovrebbe lavorare per 22 ore e 55 minuti.

 

Mentre i profitti dei milionari negli ultimi 10 anni sono quadruplicati.

A tutto questo andrebbero sommate le perdite dei posti di lavoro per la chiusura delle fonti di impiego. Tra le quali il colpo criminale al Sindacato Messicano degli Elettricisti. L'attacco è stato guidato dal facinoroso segretario del lavoro, Javier Lozano Alarcón (che sarà ricordato anche per le estorsioni da gangster - Zhenli Ye Gon ed i 205 milioni di dollari per la frode elettorale del 2006 -), ed "acclamato" dai grandi mezzi di comunicazione di massa.

Tra l'altro, la gigantesca campagna propagandistica contro i lavoratori del Sindacato Messicano degli Elettricisti (che comprende la minaccia di azioni penali contro i suoi dirigenti) che lo stesso accusa di essere indolenti e terroristi, sarebbe in contrasto con la realtà: se questi lavoratori erano pigri ed inutili, com'è che c'era la luce elettrica nella zona centrale del paese? Com'è che funzionavano le televisioni che ora li attaccano, i giornali che li calunniano, le stazioni radio che li diffamano? Ed i disservizi ora presenti con la Compagnia Federale di Elettricità nella maggioranza delle case di quella parte del Messico? E le nuove bollette con cifre esorbitanti?

Ma la resistenza di questi lavoratori non passa inosservata. Non a noi.

E mentre la crisi mondiale si affaccia sull'economia nazionale, la classe politica va avanti, quella sì, nel suo ozio.

Il 2012 nel calendario di sopra è arrivato il 1 dicembre del 2006, ed in questi 5 anni non ha fatto che evidenziare che questi calendari non servono nemmeno per decorare i muri diroccati della casa grande che ancora chiamiamo "Messico".

Nel PRI un Beltrones ed una Paredes fanno calcoli per spodestare un Peña Nieto più preoccupato di fare passerelle mediatiche (aveva i soldi) che fare politica (non ne era capace).

Nel PRD la coppia López Obrador e Marcelo Ebrard si sta solo ora accorgendo che la cosa fondamentale dipende dalle burocrazie di partito dell'autodenominata "sinistra" istituzionale.

E nel PAN dell'incubo nazionale, un ometto impazzito di morte e distruzione cerca chi gli copra le spalle quando le guardie presidenziali ed il palazzo nazionale non lo faranno più.

Nonostante il discredito e il deterioramento del partito al governo sia grande, Felipe Calderón Hinojosa scommette, e forte, sull'uso di tutte le risorse a sua disposizione per imporre la sua proposta. Se l'ha già fatto nel 2006, potrebbe ripeterlo nel 2012. E ne avrà bisogno, perché le sue carte sono pessime: Un Cordero [in spagnolo significa agnello – n.d.t.] che promette al suo pastore che continuerà ad esserlo; un Lujambio che spera di non ricevere la stoccata della estela de luz [Stele di Luce, Lujambio ministro dell'istruzione accusato di frode nella realizzazione del monumento per la commemorazione del bicentenario – n.d.t.]; un Creel al quale il grigio sta bene (e lo definisce); ed una Vázquez Mota il cui unico argomento è essere donna.

(Ricordo una discussione su Barack Obama e Hillary Rodham Clinton mentre si contendevano la candidatura presidenziale. Alcune femministe chiedevano l'appoggio a Hillary perché donna, alcuni afroamericani chiedevano di appoggiare Obama perché di colore. Il tempo ha dimostrato che in alto non contano né il colore né il genere).

Nel frattempo, come la matrona di un bordello, Elba Esther Gordillo sfoglia la margherita… e non esclude di candidarsi, invece di appoggiare qualcuno.

In questo patetico panorama è logico, e perfino auspicabile, che nascano candidati esterni… e cardellini che li accompagnino.

In realtà, al di fuori delle combriccole di partito, del potere economico e di qualche militante, il passaggio governativo non sembra interessare a nessuno.

L'apatia è sostituita dal rancore, e non sono pochi a sognare di riuscire finalmente a seppellire il sistema politico messicano, e con mani plebee scrivere sulla sua tomba l'epitaffio: "E' stato difficile, ma alla fine il gioco è finito".

Nel frattempo la guerra prosegue… e con lei le vittime…
.. segue


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