La Jornada – Martedì 16 febbraio 2010 Gli Accordi di San Andrés compiono 14 anni Elio Enríquez. San Cristóbal de las Casas, Chis., 15 febbraio. Questo martedì si compiono 14 anni dalla firma degli Accordi di San Andrés tra il governo federale e l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN). Per l'ex deputato locale Juan Roque Flores, che faceva parte della Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa), istanza del Congresso dell'Unione, così come dei Poteri Legislativo ed Esecutivo del Chiapas, che cooperò al conseguimento degli accordi, il responsabile dell'inadempimento degli stessi fu il governo federale che "non ebbe la volontà politica" di metterli in atto. "È deplorevole che non sia stata sradicata l'arretratezza sociale dei popoli indigeni e continuiamo ad essere quasi nella stessa situazione di 14 anni fa", ha dichiarato in un'intervista. Gli accordi, ha dichiarato, furono una "speranza di redenzione per i popoli indigeni che purtroppo non sono stati portati a termine". Intervistato separatamente, il vescovo di San Cristóbal, Felipe Arizmendi Esquivel, ha detto che per implementare gli accordi dovrebbe esserci un dialogo nel quale "ci sia la capacità di entrambe le parti di ascoltarsi, perché da posizioni intransigenti non c'è neppure la possibilità di iniziare il dialogo". Il prelato ha affermato che "ci sono cose che si possono recuperare, ma quando ci sono posizioni completamente contrastanti e violente non si va avanti. Se il governo non si fida degli indigeni e questi del governo, non andiamo avanti: dobbiamo continuare ad imparare a dialogare. La storia non passa in vano, e andiamo avanti nel senso della convivenza fraterna, imparando a rispettarci". Inoltre sostiene che nonostante conflitti e differenze, in molte aree della cosiddetta zona di conflitto, zapatisti e non zapatisti convivono e si mettono di accordo per affrontare le loro inevitabili divergenze. (Traduzione "Maribel" – Bergamo http://chiapasbg.wordpress.com ) |
martedì 16 febbraio 2010
Gli Accordi di San Andres compiono 14 anni
lunedì 15 febbraio 2010
: La JBG nega la responsabilita' degli zapatisti nell’aggressione a Bolon Ajaw
La Jornada – Domenica 14 febbraio 2010 La JBG nega la responsabilità degli zapatisti nell'aggressione armata a Bolón Ajaw Hermann Bellinghausen La Giunta di Buon Governo (JBG) Corazón del arco iris de la esperanza, del Caracol di Morelia, Chiapas, ha smentito le versioni, profusamente diffuse dal governo statale, sui fatti di violenza del 7 febbraio scorso nel villaggio Bolón Ajaw (municipio autonomo Comandanta Ramona) dove un indigeno è morto ed una ventina sono rimasti feriti, alcuni in maniera grave. La JBG sostiene che "i provocatori, membri dell'Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), abitanti dell'ejido Agua Azul, sono entrati con atteggiamento aggressivo il 20 gennaio" a Bolón Ajaw, e nei fatti del 7 febbraio loro stessi sarebbero i responsabili della morte del priista Adolfo Moreno Estrada, della cui morte la Procura Generale di Giustizia dello Stato ritiene responsabili gli zapatisti di Bolón Ajaw e delle comunità vicine. "A causa degli spari indiscriminati esplosi nel villaggio, loro stessi hanno ucciso i loro compagni perché sparavano tutti ammucchiati". Le autorità autonome ricordano che il 23 gennaio avevano denunciato quello che stava succedendo nella comunità zapatista, invasa da un gruppo armato della Opddic. "Lì potrete trovare nomi e cognomi degli aggressori, che atteggiamento avevano ed il calibro delle pistole che portavano quando sono entrati e vogliamo chiarire che quelle pistole non erano mai nascoste, le portavano in ogni momento anche mentre lavoravano". Nonostante ne Fosse informato, il governo non ha fatto niente "affinché non accadesse questa aggressione". Né Juan Sabines, né Antonio Moreno López, presidente municipale di Chilón. La Giunta autonoma sottolinea "la soddisfazione di Felipe Calderón che ottiene ciò che vuole con l'inganno". I contadini priisti di Agua Azul sono entrati nel villaggio di Bolón Ajaw sparando contro "cinque compagni e 10 compagne che non potevano resistere". Sono arrivati con pistole e fucili, dettaglia la JBG, "sparando contro i compagni circa 250 cartucce calibro .22". Quelli della Opddic "dicono che li abbiamo sorpresi all'alba spaventando la popolazione, quando siamo stati noi ad essere stati colti di sorpresa dagli spari". I loro compagni dell'Altra Campagna del vicino ejido San Sebastián Bachajón sono stati imboscati a pochi metri dalla cabina di riscossione di Agua Azul; "lì è rimasto ferito all'addomen il nostro compagno Francisco González Gómez". La JBG cita che il governatore Sabines, attraverso Pedro Raúl López, funzionario che si occupa delle organizzazioni non governative, "ha insinuato si potrebbe far entrare l'Esercito e si romperebbe il dialogo per ricominciare le ostilità". Sono ben visibili i movimenti militari e di polizia nelle immediate vicinanze del villaggio zapatista. "Smentiamo quello che dicono i leader della OPDDIC di essere stati aggrediti dai nostri compagni sabato 6 febbraio 2010, sono solo menzogne, perché 15 giorni prima avevamo fatto la nostra denuncia che per noi significava prendere quel tempo per aspettare se volevano dialogare, ma loro non si sono mai avvicinati. Inoltre, anni prima questa Giunta di Buon Governo aveva convocato nei nostri uffici il commissario Geremías López Hernández per dialogare ma non ci ha mai ascoltato". La mattina del 7, gli zapatisti si sono recati nel territorio di Bolón Ajaw "per svolgere un lavoro collettivo che ci vogliono sottrarre; non siamo andati per colpire nessuno, inoltre su quel terreno vivono i nostri compagni che abitano nel villaggio Bolón Ajaw, ed abbiamo ripetuto che avremmo difeso la terra lavorando pacificamente e senza sorprese". Per entrare nel villaggio di Bolón Ajaw, precisa la JBG, "Non siamo entrati neppure di un millimetro ad Agua Azul", e sottolinea "l'invenzione della Opddic che ci accusa di averli colti di sorpresa.. Quando noi siamo arrivati sul posto erano le 6 del mattino, tutti siamo arrivati attraverso un sentiero che porta a Bolón Aajaw e senza armi, e quando siamo arrivati gli invasori della OPDDIC si sono ritirati e pensavamo che erano tornati nelle loro case tranquilli, ma non era così". E' stato allora che sono arrivati sparando, secondo la versione degli zapatisti. "Grazie ai nostri compagni che si sono ritirati rapidamente non ci sono stati né feriti né morti, perché mentre si ritiravano chiedevano aiuto ai nostri compagni che stavano lavorando perché stavano arrivando 40 persone della OPDDIC tutte armate nel villaggio di Bolón Ajaw. Queste si sono dirette alla chiesa del villaggio e sono entrati rompendo la porta ed una volta dentro hanno fatto dei danni". Nonostante l'aggressione, la JBG denuncia: "Ancora una volta inventano reati contro di noi, ci accusano di sequestrare, proprio noi che lottiamo contro la morte non siamo pazzi per i soldi come i governi". http://www.jornada.unam.mx/2010/02/14/index.php?section=politica&article=015n1pol (Traduzione "Maribel" – Bergamo http://chiapasbg.wordpress.com ) |
domenica 14 febbraio 2010
2mila donne Manifestano a citta Juarez contro la violenza (testo in spagnolo)
Marchan juarenses contra la violencia
En la manifestación denominada Marcha de Coraje, Dolor y Desagravio participaron activistas y madres de los muchachos ultimados el 31 de enero en Villas de Salvárcar y de víctimas de feminicidios.
La Jornada en línea
Publicado: 13/02/2010 13:48
México, DF. Alrededor de las 10 y media de la mañana, madres y familiares de los jóvenes masacrados en Villas de Salvárcar, madres de víctimas de feminicidios y parientes de activistas como Josefina Reyes, partieron en marcha por las calles de esta ciudad para recordar a los 15 muchachos ultimados el pasado 31 de enero.
Un total de dos mil personas (mil 300 según la Policía Municipal) partieron del Monumento a Benito Juárez hasta el Puente Internacional Santa Fe, ubicado sobre la avenida Juárez, en un acto que fue llamado la Marcha de Coraje, Dolor y Desagravio para protestar y exigir justicia, la renuncia del presidente Felipe Calderón, el gobernador de Chihuahua, José Reyes Baeza, y el edil juarense José Reyes Ferriz.
Ahí, a la vanguardia de la manifestación -según reportes radiofónicos y de medios locales-, iba Luz María Dávila, la mujer que el jueves pasado encaró al presidente Felipe Calderón y a los miembros del gabinete, y les exigió justicia por la muerte de sus dos hijos en la matanza de Villas de Salvárcar.
Los asistentes, entre los que también había maestros, estudiantes y vecinos de Villas de Salvárcar, dijeron "Ya basta" con cartulinas, mantas y volantes, y exigieron que Calderón someta a consulta ciudadana la presencia del Ejército en Ciudad Juárez.
Esta manifestación fue convocada en gran parte por Internet, por las redes sociales y grupos como el Frente Popular Ciudadano.
Cipriano Jurado Herrera, representante del Frente Popular, explicó que el objetivo de la protesta es manifestarse en contra de la violencia que se ha registrado durante los últimos años en esta frontera.
Los participantes asistieron vestidos de negro y los estudiantes con su uniforme deportivo con un listón negro en el brazo.
Al arribar al Puente Internacional Santa Fe, alrededor de las 13:30 horas, alumnos -algunos disfrazados de militares- simularon la muerte de los 15 jóvenes de Villas de Salvárcar.
En ese lugar, Luz María Dávila, madre de dos de los fallecidos, desquitó su coraje con un hombre caracterizado como el presidente Felipe Calderón, a quien gritó "Asesino, renuncia", mientras otros manifestantes hicieron lo mismo con personas disfrazadas como militares, a quienes espetaron "¡Afuera el Ejército".
(Con información de Notimex)
sabato 13 febbraio 2010
PROTESTA NEL DF DAVANTI ALLA RAPPRESENTANZA CHIAPANECA
La JBG di Morelia chiarisce quanto successo nei giorni scorsi a Bolón Ajaw
giovedì 11 febbraio 2010
Basi dell'EZLN liberano i 5 della Opddic fermati ad Agua
"Il gruppo paramilitare minaccia" di far sparire alcuni aderenti dell'Altra Campagna di Mitzitón
mercoledì 10 febbraio 2010
Fw: [Ezln-it] A 15 anni dall’offensiva in Chiapas persiste la militarizzazione
La Jornada – Mercoledì 10 febbraio 2010 Nonostante la guerra antinarco continua ad essere lo stato con Maggiore presenza di militari A 15 anni dall'offensiva in Chiapas contro lo zapatismo persiste la militarizzazione HERMAN BELLINGHAUSEN A 15 anni dall'offensiva militare del governo federale di Ernesto Zedillo contro centinaia di comunità zapatiste in Chiapas, il 9 febbraio 1995, e davanti al crescente numero e gravità delle aggressioni contro questi stessi popoli, soprattutto nella selva Lacandona, collettivi ed organizzazioni aderenti all'Altra Campagna in diverse parti del paese hanno dichiarato che, "con la sua guerra di sterminio il malgoverno non vuole solo distruggere l'EZLN, ma la vita e la dignità dei popoli". Bisogna rilevare che l'occupazione decretata tre lustri fa è intatta ed anche adesso che si è militarizzato il territorio nazionale per combattere al crimine organizzato, il Chiapas continua ad essere l'entità con la maggiore presenza di effettivi militari. "Quello che il governo sembra ignorare è che il progetto zapatista è arrivato molto oltre le nostre frontiere, vive in molte parti del mondo. Siamo in molti e non ci arrenderemo", sostengono gli aderenti all'Altra Campagna. Da parte sua, la Rete contro la Repressione e per la Solidarietà, anch'essa dell'Altra Campagna, si è espressa rispetto alle aggressioni alle basi zapatiste a Bolom Ajaw (municipio autonomo Comandanta Ramona) e Laguna di San Pedro, questi ultimi sfollati dei Montes Azules. "Le azioni di intimidazione e sgombero effettuate dal malgoverno, utilizzando l'Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic), o in maniera diretta, confermano l'attività delle bande paramilitari col consenso e la tolleranza dei tre livelli di governo, con la finalità di spogliarli di quelle terre per fini di investimento in progetti turistici". Aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona raggruppati nell'Altra Jovel denunciano che il governo "crea, addestra ed arma gruppi paramilitari per orchestrare conflitti, come lo fa con la Opddic a Bolom Ajaw". Sostengono che "copre queste aggressioni" e "per pulire la sua immagine finge di negoziare, mostrare buona volontà e rispettare i diritti umani", immagine che cade davanti alla brutalità delle sue azioni ed alla sfacciataggine con cui cerca di appropriarsi di terre e territori autonomi zapatisti. La paura del malgoverno è talmente cresciuta che spende le sue risorse per creare un clima di terrore e violenza per poi giustificare un intervento militare". Inoltre, una decina di organizzazioni civili che formano la Rete per la Pace in Chiapas manifestano "profonda preoccupazione" per gli sgomberi avvenuti i giorni 21 e 22 gennaio nelle comunità indigene dei Montes Azules, ed allertano sul rischio di nuovi sgomberi "annunciati" da diverse fonti. Denunciano che con "lo sgombero forzato di Laguna El Suspiro e Laguna San Pedro, molte garanzie e diritti fondamentali sono stati violentati, attentando all'integrità di bambini, donne e uomini che occupano la zona da tempi ancestrali". Gli operativi poliziesco-militari non sono stati i primi nei Montes Azules" per cui, "i progetti governativi di 'pulizia territoriale' per la creazione di circuiti turistici, si teme continuino a frammentare la vita comunitaria ed il tessuto sociale delle comunità a rischio di sgombero". La Rete per la Pace sottolinea "la parzialità" dei media locali per la loro "stigmatizzazione, senza previa investigazione e copertura delle diverse fonti non ufficiali". Diffondendo "unicamente" la versione governativa dei fatti, "mettono a rischio l'integrità delle famiglie sfollate, dei difensori dei diritti umani e degli abitanti di altre comunità". Le organizzazioni civili "con attività documentate nella zona" respingono "il pretesto di 'conservazione e protezione delle risorse naturali' utilizzato dai diversi livelli di governo per ottenere il controllo territoriale - che si traduce in sociale, politico ed economico - di una delle zone più ricche in biodiversità del Chiapas." http://www.jornada.unam.mx/2010/02/10/index.php?section=politica&article=016n1pol (Traduzione "Maribel" – Bergamo http://chiapasbg.wordpress.com ) |
martedì 9 febbraio 2010
] Denunciati gli zapatisti per gli scontri di Bolon Ajaw
La Jornada – Martedì 9 febbraio 2010 Denunciate le basi zapatiste per gli scontri a Bolon Ajaw dove è morto un uomo e sono rimaste ferite 28 persone Ángeles Mariscal. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 8 febbraio. Membri dell'Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) hanno presentato denuncia per i reati di danni, lesioni ed omicidio contro le basi di appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) con le quali si contendono la proprietà di Bolon Ajaw che fa parte del centro turistico noto come le Cascate di Agua Azul. Secondo il procedimento 79/SE74-T2/2010 aperto dalla Procura Generale di Giustizia dello Stato (PGJE) per il caso Agua Azul, durante gli incidenti ha perso la vita Adolfo Moreno Estrada e sono stati registrati 13 feriti ricoverati in ospedale a causa della gravità delle ferite, oltre ad altre 15 persone con ferite più lievi. Tra i ricoverati in ospedale cinque presentavano ferite da arma da fuoco, due da arma bianca e sei da colpi inferti con oggetti. Questa mattina, Alberto López Urbina, presidente della cooperativa che amministra il centro ecoturistico delle Cascate di Agua Azul, familiari dei membri della Opddic feriti, appoggiati da elementi dell'Organizzazione Campesina di San Andrés, situata nel municipio di Berriozábal, hanno realizzato un meeting nella capitale dello stato. In un'intervista, López Urbina ha raccontato che lo scorso sabato mattina un gruppo di giovani collaboratori del centro turistico stavano lavorando la terra che è contesa con gli abitanti del municipio autonomo zapatista Comandanta Ramona, quando sono stati affrontati da questi ultimi. Alcuni sono riusciti a scappare e ad avvisare dell'incidente. "Quando i compagni sono giunti sul posto per aiutarli, sono stati accolti con spari da coloro che si dichiarano basi di appoggio, simpatizzanti e militanti dell'EZLN nella regione; è stato allora che hanno ferirono i compagni", ha raccontato. I manifestanti hanno collocato striscioni sul portone del palazzo di governo con la scritta: "Sabines, vogliamo giustizia", ed altre nelle quali chiedevano la liberazione dei giovani che si presume siano nelle mani dei membri del municipio autonomo. Gli appartenenti alla Opddic insistono nel dichiararsi proprietari del podere dove si trovano le Cascate di Agua Azul ed altre che non sono ancora state sfruttate turisticamente. Il conflitto di Agua Azul o Bolon Ajaw è considerato dalle autorità statali e federali una questione ad elevata conflittualità dopo che nel marzo del 2003 si verificò il primo scontro per la disputa di 20 ettari di terreno. http://www.jornada.unam.mx/texto/015n1pol.htm (Traduzione "Maribel" – Bergamo http://chiapasbg.wordpress.com ) |
lunedì 8 febbraio 2010
12 feriti negli scontri per il possesso di Bolon Ajaw
La Jornada – Lunedì 8 febbraio 2010 12 indigeni feriti negli scontri per il possesso di Bolón Ajaw Elio Henríquez e Ángeles Mariscal. Corrispondenti. Tuxtla Gutiérrez, Chis., 7 febbraio. Almeno quattro indigeni sono rimasti feriti da colpi d'arma da fuoco ed altri otto da armi da taglio (uno è grave) durante uno scontro tra basi dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) ed elementi dell'Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) per il possesso della proprietà Bolón Ajaw. Il secondo scontro tra i due gruppi dall'inizio dell'anno, è avvenuto sabato scorso, quando le basi di appoggio dell'EZLN hanno recuperato il terreno - da dove erano stati cacciati dai rivali della Opddic il 21 gennaio - e durante l'alterco 12 di loro sono rimasti feriti, ma non si sa quanti feriti ci siano dalla parte zapatista. I due gruppi si contendono il possesso di Bolón Ajaw, situato nel municipio autonomo Comandanta Ramona, che è una riserva ecologica nella quale si trovano le cascate di Agua Azul ed un altro gruppo di cascate ancora vergini di cui avevano cura le famiglie zapatiste tzeltales. "Gli zapatisti ci hanno attaccato di sorpresa e le donne hanno dovuto mettere uno steccato per tentare di fermarli, ma poi sono fuggiti lasciandosi dietro otto compagni che non sappiamo dove si trovino ora", ha raccontato Alberto López Urbina, membro della Opddic. A sua volta, il segretario di Governo del Chiapas, Noé Castañón, ha sollecitato le parti in conflitto a stabilire un tavolo di dialogo per risolvere la disputa, ed ha segnalato - in un comunicato - che la Segreteria di Pubblica Sicurezza e Protezione Cittadina ha inviato un gruppo di donne poliziotte disarmate in missione di aiuto. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/08/index.php?section=politica&article=014n2pol (Traduzione "Maribel" – Bergamo http://chiapasbg.wordpress.com ) |
venerdì 5 febbraio 2010
IL MESSICO E LA GIUSTIZIA DEI NARCOS
dal quotidiano Il FATTO 3 febbraio 2010 IL MESSICO E LA GIUSTIZIA DEI NARCOS Faide e vendette: migliaia di vittime e lo Stato è scomparso di Federico Mastrogiovanni Città del Messico Il mese di gennaio si è chiuso in Messico con il più alto numero di omicidi legati alla criminalità e al narcotraffico nell'ultimo mandato del presidente della Repubblica. La cifra è spaventosa: 908 morti in un mese, una media di trenta omicidi al giorno, in un paese che sotto il governo di Felipe Calderón, instauratosi nel 2006, ha raggiunto la cifra di 17.793 omicidi. Gli ultimi due massacri sono avvenuti quasi contemporaneamente in due città del nord, non lontano dal confine americano, la notte tra sabato e domenica scorsi. A Torreon, nello Stato di Coahuila, intorno alla mezzanotte, un commando di almeno dieci persone a bordo di Hummer e suv ha fatto irruzione nel bar El Ferrie di Torreon, sparando su un gruppo di giovani. Il bilancio è di 10 morti e almeno 15 feriti, quasi tutti sotto i 25 anni. Contemporaneamente a Ciudad Juárez, nello Stato di Chihuahua, che da 25 mesi consecutivi è lo Stato messicano con il più alto numero di esecuzioni, e che in gennaio ha registrato 331 omicidi, un altro commando di 15 pistoleros, si è presentato a una festa privata e ha fatto fuoco sugli invitati. I morti sono 18, quasi tutti adolescenti, tra i 15 e i 17 anni. In questo caso una delle vittime era stato testimone, pochi giorni prima, di un'altra esecuzione. Queste cifre testimoniano un clima di violenza che sembra in continuo aumento. Ma soprattutto mostrano la debolezza di uno Stato di fronte all'impunità di organizzazioni criminali che controllano molta parte del territorio messicano, soprattutto al nord. Ma il livello di attenzione comincia a salire anche nel Distrito Federal, dove tradizionalmente per un tacito accordo tra cartelli del narco e istituzioni, non si verificavano casi di esecuzioni. Alle 5 di mattina del 25 gennaio, nel bagno del Bar Bar, sulla trafficatissima e centrale Avenida Insurgentes, l'attaccante della Nazionale di calcio del Paraguay, Salvador Cabañas, che milita in una delle squadre di Città del Messico, è stato aggredito da un uomo che gli ha sparato un colpo di pistola in testa. Cabañas si sta riprendendo dalla ferita anche se è in condizioni critiche. Il controllo del territorio e l'impotenza delle istituzioni, negli Stati dove le famiglie del narco sono più radicate e potenti, si misura in molti modi. Uno di questi è l'impossibilità di delinquere al di fuori delle famiglie. Si tratta di veri e propri poteri paralleli, armati meglio dell'esercito, con più denaro e più uomini delle forze di polizia. Nel municipio di Zamora, Stato di Michoacan, negli ultimi tempi sono sempre più i casi di rateros (ladri) e violentatori, fustigati, torturati e obbligati dai membri della Familia , il potente cártel di Michoacán, a camminare per le strade principali della città, nudi in pieno giorno, mostrando i segni delle torture, e portando appesi al collo cartelli che recitano "sono un ladro e un violentatore, questo è quello che mi merito". La legge in queste zone la fanno i cartelli del narco, nonostante la massiccia presenza di esercito e forze di polizia, dispiegate dal governo di Felipe Calderón. Ciò che contraddistingue le violenze degli ultimi anni, oltre al numero delle vittime, è l'efferatezza dei crimini, in un contesto in cui le istituzioni risultano impotenti e incapaci di proteggere la popolazione, che a sua volta vive in un continuo stato di agitazione e paura. Quando per le strade di una piccola comunità come quella di Apatzingán, un municipio di 90mila abitanti nello Stato di Guerrero, compaiono sei cadaveri decapitati, e vengono ritrovate le teste a centinaia di metri di distanza dai corpi, segnate con una zeta incisa sulla fronte, che non è la firma di Zorro, ma degli Zetas, uno dei cartelli più sanguinari e potenti del paese, e se questo succede quasi tutti i giorni in tutto il Messico, è evidente che la situazione sia disperata e le politiche adottate non sono adeguate al problema. Ormai in città come Culiacán, capitale dello Stato di Sinaloa, molti cittadini hanno tolto il clacson dalle loro automobili per non correre il rischio di imbattersi in qualche appartenente al cártel di Sinaloa e suonargli per sbaglio. La conseguenza potrebbe essere quella di venire assaltati a colpi di pistola in pieno giorno. Il 2010 in Messico è un anno importante, poiché ricorrono i 200 anni dell'Indipendenza e i 100 della Rivoluzione. È un anno di aspettative e festeggiamenti. E in molti cominciano a credere che grazie alla narcotizzante passione per il calcio, con l'attenzione sviata dalla nazionale impegnata in Sudafrica, mentre tutti sono distratti dall'euforia le famiglie del narco sferreranno l'attacco definitivo alle istituzioni e prenderanno il potere. Quello che sembra inverosimile di questa teoria del complotto è proprio l'idea di "prendere le istituzioni", da parte delle organizzazioni criminali che di fatto il controllo del paese lo hanno già. Probabilmente non ci sarà bisogno di gesti eclatanti. Se la risposta della politica rimarrà la stessa, i record negativi del Messico continueranno ad essere superati da altri ancor più spaventosi. |
mercoledì 3 febbraio 2010
Fw: [Ezln-it] Aggressione armata contro simpatizzanti EZLN
La Jornada - Mercoledì 3 febbraio 2010 Aggressione armata contro tzeltales simpatizzanti dell'EZLN Hermann Bellingahusen. Inviato. Bachajón, Chis., 2 febbraio. Indigeni aderenti all'Altra Campagna dell'EZLN - residenti nel podere Virgen de Dolores - sono stati aggrediti a colpi d'arma da fuoco da elementi dell'Organizzazione per la Difesa dei Diritti Indigeni e Contadini (Opddic) "ingaggiati dai rancheros", come hanno denunciato le autorità ejidali di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, Chiapas. I fatti risalgono al 28 gennaio scorso e si sono verificati su "terre recuperate dagli indigeni", sostengono gli ejidatari tzeltales. "I compagni aderenti all'Altra Campagna sono stati provocati e affrontati con armi di grosso calibro alle ore 8 di sera nel rancho Dolores, dove vivono attualmente". Gli aggressori sono di "un gruppo di paramilitari appartenenti alla Opddic", tra i quali erano presenti l'agente municipale Abraham Vázquez Díaz, e con lui, "un totale di 14 persone armate, ben note agli abitanti". Secondo il comunicato, sono stati ingaggiati "dai rancheros Trujillo e Ballinas, del capoluogo municipale, e da Sebastián Encino Gutiérrez", ex sindaco di Chilón. "Dal momento della provocazione i contadini del podere sono in allerta e montano guardie per prevenire un nuovo attacco", aggiunge la denuncia. "Riteniamo responsabili i rancheros di qualsiasi nuova aggressione o provocazione." Sostengono che "l'occupazione e la difesa" delle terre (alle quali hanno diritto da decenni, ma che sono state loro sempre sottratte) è per difendere il loro diritto all'autonomia. http://www.jornada.unam.mx/2010/02/03/index.php?section=politica&article=016n2pol Denuncia originale http://enlacezapatista.ezln.org.mx/denuncias/2898 (Traduzione "Maribel" – Bergamo http://chiapasbg.wordpress.com ) |
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