lunedì 14 febbraio 2011

Arrestati con l'inganno gli indigeni ad Agua Azul


La Jornada – Domenica 13 febbraio 2011

Si dichiarano innocenti gli indigeni arrestati in Chiapas per omicidio. Arresti avvenuti con l'inganno.

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 12 febbraio. In contraddizione con la versione ufficiale che attribuisce loro un omicidio ed altri presunti reati, i 10 indigeni aderenti all'Altra Campagna dell'ejido San Sebastián Bachajón, attualmente detenuti nella prigione di Playas de Catazajá, si dichiarano innocenti. In questo stesso senso si è espressa l'assemblea degli ejidatarios di San Sebastián, che giovedì 10 ha installato un presidio di denuncia al crocevia per le cascate di Agua Azul, e sostengono che "i detenuti sono ostaggi del governo dello stato per obbligarli ad accettare il dialogo".

Secondo l'assemblea degli ejidatarios tzeltales, "quelli che avevano le armi, erano del gruppo di priisti, con Carmen Aguilar Gómez e suo figlio, ed i suoi compagni, che ci sparavano addosso, e loro dichiarano che c'è stato un morto e dei feriti dando la colpa ai compagni dell'Altra Campagna".

Nei fatti, successi lo scorso 3 febbraio, effettivamente ha perso la vita Marcos Moreno García, del gruppo priista che il giorno prima aveva preso con la forza la cabina di riscossione di accesso alle cascate. Poco dopo erano stati "fermati" dalla polizia 117 ejidatarios dell'Altra Campagna, con un misto di minacce ed inganni. Questi negano di avere ucciso (né sparando, né in altro modo) Moreno García. E denunciano di essere stati torturati.

Dalla fine di gennaio gli ejidatari denunciano minacce del gruppo priista (minoritario e senza rappresentanza legittima), che avrebbe preso la cabina di pedaggio che l'ejido gestisce dal 2008, e che è stato già causa di conflitti e repressioni poliziesche. La minaccia si è compiuta il 2 febbraio. Il giorno seguente gli ejidatari dell'Altra Campagna hanno tentato di recuperare il posto e sono stati affrontati dagli invasori, che come in altre occasioni contavano sul sostegno di poliziotti municipali e statali.

Dal carcere n.17, a Catazajá, gli indigeni formalmente arrestati sostengono che a provocare le violenze è stato il gruppo del "secondo commissario ufficiale" Francisco Guzmán Jiménez (Goyito), "e sono stati loro a bloccare la strada". Bisogna ricordare che questo gruppo, filogovernativo, serve da punta di lancia per il progetto turistico privato Visión 2030, che comprende lo stabilimento balneare dell'ejido Agua Azul ed i terreni di San Sebastián.

Riferiscono che il giorno 3 gli ejidatari dell'Altra Campagna si erano riuniti vicino al crocevia: "I gruppi legati ai partiti avevano abbattuto degli alberi per impedirci di passare ed andare a recuperare la cabina di riscossione. Qualche ora dopo siamo stati circondati da centinaia di poliziotti e ci hanno chiesto se volevamo discutere della cabina, ma gli ejidatari hanno risposto di no".

I comandanti di polizia hanno deciso che "se non volevamo parlarne era meglio portarci in un 'posto sicuro'". Così, gli indigeni sono stati obbligati "a mettersi in fila e salire uno alla volta su due autobus, su uno sono saliti 58 ejidatarios e sull'altro 59 e, trattati come animali siamo stati portati a Palenque, nella colonia Pakalná". Lì "quelli che non capivano lo spagnolo" sono stati torturati.

In carcere attualmente si trovano Mariano Demeza Silvano (minorenne), Domingo Pérez Álvaro, Pedro Hernández López, Miguel López Deara, Domingo García Gómez, Juan Aguilar Guzmán, Pedro García Álvaro, Jerónimo Guzmán Méndez, Pedro López Gómez e Miguel Álvaro Deara.

Questi erano stati portati alla Procura Distretto Selva per rilasciare le loro dichiarazioni, come il resto dei fermati, "e siccome hanno visto che sapevamo un po' leggere e scrivere, i Pubblici Ministeri insistevano che mettessimo per iscritto su un foglio il nome del colpevole dei fatti successi il 2 febbraio, ed uno di noi ha detto che non lo sapevamo perché quel giorno eravamo al lavoro" (pertanto, alcuni degli inquisiti non si trovavano nemmeno sul luogo dei fatti).

Jerónimo Guzmán Méndez, "uno degli ultimi ad essere stati ascoltati", come altri suoi compagni, non ha avuto un adeguato interprete legale e gli sono state attribuite dichiarazioni false senza possibilità di smentirle, in uno scritto che "pur di accusarlo, gli hanno dato la colpa di tutto quanto è accaduto, ed è anche scritto che non sa parlare castigliano, né scrivere". Gli ejidatari concludono definendosi "prigionieri politici in difesa delle nostre terre". http://www.jornada.unam.mx/2011/02/13/index.php?section=politica&article=019n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)


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