La Jornada – Domenica 22  gennaio 2012
  Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 21  gennaio. Una decina di comunità tzeltales, tzotziles e  choles, aderenti all'Altra Campagna, questo venerdì hanno dichiarato che in  Chiapas "le strategie di furto del territorio rappresentate da Procede/Fanar  contro la proprietà comunale ed ejidale sono state l'obiettivo fondamentale di  Juan Sabines e di Felipe Calderón in questo sessennio".
 Gli indigeni sostengono: "Con i megaprogetti  per il presunto sviluppo sostenibile, le città rurali, il turismo ambientale, il  Prodesis, la Strategia di Sviluppo degli Stati del Sud (EDES), approvati dalla  Camera dei Deputati per implementare il corridoio biologico, turistico ed  ecoarcheologico, si vogliono spopolare e ripopolare i territori indigeni, fino a  realizzare una nuova Cancun in Chiapas, consolidando il Corridoio Biologico  Mesoamericano per mettere in mani transnazionali tutta la ricchezza naturale  delle nostre terre e territori".
 Secondo gli abitanti di Zinacantán, Chilón,  Venustiano Carranza, Ocosingo, Tenejapa, Teopisca e Villa las Rosas, questo  spiega perché i partiti politici (PRI, PRD e PVEM) ed i tre livelli di governo  "hanno ingrossato le fila dei tradizionali gruppi di scontro e paramilitari come  Paz y Justicia, Uciaf e Orcao, che oggi tengono sotto assedio e minaccia le basi  di appoggio zapatiste nei cinque caracoles autonomi". Come dal 2010  succede in comunità dei cinque caracoles: San Marcos Avilés (Oventic),  Nueva Purísima e Nuevo Paraíso (La Garrucha), San Patricio (Roberto Barrios),  Patria Nueva e Mártires (Morelia), e Monte Redondo (La Realidad).
 Secondo la ricercatrice della UNAM, Dolores  Camacho, il Procede è stato "un fattore di conflitti in ejidos e tra  organizzazioni". Nel 1995 iniziò la suddivisione dei terreni in ejidos e  comunità, dopo la modifica dell'articolo 27 della Costituzione. "Tutte le  organizzazioni indipendenti, e perfino la Confederazione Nazionale Contadina  (CNC), non ci stanno ed impediscono la partenza del processo. Questo ha fatto sì  che le nuove disposizioni non fossero applicate con la rapidità  pensata".
 Sono quindi nati conflitti per i tentativi di  imposizione da parte di "piccoli gruppi alleati del governo". Le autorità  agrarie ed i governi di tutti i livelli lanciarono campagne di convincimento sui  commissari ejidali per ottenere il sostegno delle assemblee a favore del  progetto, aggiunge Camacho nell'intervista. "Sotto pressione del PRI, la CNC  promosse il programma, benché la gente non accettasse facilmente le decisioni  prese dall'alto". C'era un termine stabilito per stabilire i confini. "Da qui  iniziano pressioni e promesse".
 Nel 2000, la Procura Agraria, il Tribunale  Agrario e la delegazione della Riforma Agraria hanno fatto forti pressioni sugli  indigeni per far accettare il Procede. "Organizzazioni prima vicine allo  zapatismo come Orcao e Cioac, cercano di 'convincere' i loro affiliati a  'legalizzare' le loro terre, grazie a negoziazioni dei loro leader col nuovo  governo di Pablo Salazar Mendiguchía".   
 Questi "accordi" hanno modificato l'impegno  delle organizzazioni filo-zapatiste "ed hanno favorito la lotta negli ejidos e  nei territori recuperati congiuntamente con gli zapatisti insorti". Le basi di  appoggio dell'EZLN hanno rispettato gli accordi precedenti e la loro Legge  Agraria Rivoluzionaria; "le organizzazioni 'indipendenti' hanno preferito  gestire la proprietà legale". Questo ha portato problemi interni che fino ad  oggi hanno alimentato i conflitti, sostiene la ricercatrice.
 "La poca chiarezza con la quale si è voluto  risolvere il conflitto per la terra ha lasciato molti vuoti di cui approfittare  per far scontrare gli zapatisti con le organizzazioni prima affini". La Legge  Agraria Rivoluzionaria dispone che il recupero delle terre avvenga per  riappropriarsi di un diritto della popolazione delle zone indigene violato  storicamente. Secondo l'analista, per i non zapatisti la presa delle terre  significa esercitare un diritto "proveniente dalle leggi che promuovono l'uso ed  il possesso della terra in forma individuale". Nei territori zapatisti, "questo  deve essere collettivo e preferibilmente destinato alla produzione di prodotti  di base per il sostentamento delle comunità". http://www.jornada.unam.mx/2012/01/22/politica/021n1pol