sabato 12 marzo 2011

] Subcomandante Marcos: Sulle Guerre - Parte 2/2

 

SULLE GUERRE

La lettera completa alla pagina web: http://chiapasbg.wordpress.com


La Geografia della Guerra Moderna.

Se l'aspetto fisico lo riferiamo ad un esercito, cioè, ad un'organizzazione armata, quanto più forte è (cioè, più potere di distruzione possiede), tante più possibilità di successo ha. 

Se è l'aspetto morale ad essere riferito ad un organismo armato, quanto più legittima è la causa che lo anima (cioè, quanto più potere di convocazione ha), tanto maggiori sono le possibilità di raggiungere i suoi obiettivi.

Il concetto di guerra si è allargato: si trattava non solo di distruggere il nemico nella sua capacità fisica di combattimento (soldati ed armi) per imporre la volontà propria, era anche possibile distruggere la sua capacità morale di combattimento, benché avesse ancora sufficiente capacità fisica. 

Se le guerre si potessero mettere unicamente sul terreno militare (fisico, poiché ci riferiamo a questo), è logico aspettarsi che l'organizzazione armata con maggiore potere di distruzione imponga la sua volontà all'avversario (tale è l'obiettivo dello scontro tra forze) distruggendo la sua capacità materiale di combattimento.

Ma non è più possibile collocare nessun conflitto sul terreno puramente fisico. E' sempre più complicato il terreno su cui si svolgono le guerre (piccole o grandi, regolari o irregolari, di bassa, media o alta intensità, mondiali, regionali o locali).

Dietro quella grande ed ignorata guerra mondiale ("guerra fredda", come la chiama la storiografia moderna, noi la chiamiamo "la terza guerra mondiale"), si può trovare una sentenza storica che segnerà le guerre a venire.

La possibilità di una guerra nucleare (portata al limite dalla corsa agli armamenti che consisteva, grosso modo, in quante volte si era capaci di distruggere il mondo) offrì la possibilità di "un altro" finale di un conflitto bellico: il risultato di uno scontro armato poteva non essere l'imposizione della volontà di uno dei contendenti sull'altro, ma poteva presupporre l'annullamento delle volontà in lotta, cioè, della sua capacità materiale di combattimento. E per "annullamento" mi riferisco non solo a "incapacità di azione" (dunque un "pareggio"), ma anche (e soprattutto), a "scomparsa".

In effetti, i calcoli geomilitari ci dicevano che in una guerra nucleare non vi sarebbero stati vincitori né vinti. E ancora, non ci sarebbe stato nulla. La distruzione sarebbe stata così totale e irreversibile che la civiltà umana avrebbe ceduto il passo a quella degli scarafaggi

L'argomento ricorrente tra le alte sfere militari delle potenze dell'epoca era che le armi nucleari non servivano per combattere una guerra, ma per inibirla. Il concetto di "armi di contenimento" si tradusse allora nel più diplomatico "mezzi di dissuasione".

In sintesi: la dottrina "moderna" militare si sintetizzava così: impedire che l'avversario imponga la sua volontà (o "strategica"), equivale ad imporre la propria volontà ("strategica"), cioè, spostare le grandi guerre verso le piccole o medie guerre. Non si trattava più di distruggere la capacità fisica e/o morale di combattimento del nemico, ma di evitare che la usasse in uno scontro diretto. Invece, si cercava di ridefinire i teatri di guerra (e la capacità fisica di combattimento) dall'ambito mondiale all'ambito regionale e locale. Insomma: diplomazia pacifica internazionale e guerre regionali e nazionali.

Risultato: non c'è stata guerra nucleare (almeno non ancora, sebbene la stupidità del capitale sia tanto grande quanto la sua ambizione), ma al suo posto ci sono stati innumerevoli conflitti a tutti i livelli che hanno lasciato milioni di morti, milioni di profughi di guerra, milioni di tonnellate di materiale distrutto, economie rase al suolo, nazioni distrutte, sistemi politici fatti a pezzi… e milioni di dollari di profitti.

Ma era stata data la definizione alle guerre "più moderne" o "postmoderne": sono possibili conflitti militari che, per la loro natura, siano irrisolvibili in termini di forza fisica, cioè, nell'imporre con la forza la propria volontà all'avversario.

Potremmo supporre dunque che si iniziò una lotta parallela SUPERIORE alle guerre "convenzionali". Una lotta per imporre una volontà sull'altra: la lotta del potente militarmente (o "fisicamente" per transitare nel microcosmo umano) per impedire che le guerre si svolgessero su terreni dove non si potevano raggiungere risultati convenzionali (del tipo "l'esercito meglio equipaggiato, addestrato ed organizzato sarà potenzialmente vittorioso sull'esercito peggio equipaggiato, addestrato ed organizzato"). Potremmo supporre, quindi, che al contrario, c'è la lotta del militarmente (o "fisicamente") debole per fare che le guerre si svolgano su terreni dove il predominio militare non sia un fattore decisivo.

Le guerre "più moderne" o "postmoderne" non sono, quindi, quelle che mettono sul terrene le armi più sofisticate (e qui includo non solo le armi come tecnica militare, ma anche quelle considerate tali negli organigrammi militari: la fanteria, la cavalleria, i blindati, etc.), bensì quelle che sono portate su terreni dove la qualità e la quantità del potere militare non è il fattore determinante.

Con secoli di ritardo, la teoria militare di quelli che stanno in alto scopriva che sarebbero possibili conflitti nei quali un concorrente terribilmente superiore in termini militari sia incapace di imporre la sua volontà su un rivale debole.

Sì, sono possibili.

Gli esempi nella storia moderna abbondano, e quelli che adesso mi vengono in mente sono di sconfitte della più grande potenza bellica al mondo, gli Stati Uniti d'America, in Vietnam e a Playa Girón. Anche se potremmo aggiungere alcuni esempi dai calendari passati e della nostra geografia: le sconfitte dell'esercito realista spagnolo dalle forze insorte nel Messico di 200 anni fa.

Tuttavia, la guerra è lì con la sua questione centrale: la distruzione fisica e/o morale del rivale per imporre la propria volontà, continua ad essere il fondamento della guerra di quelli che stanno in alto. 

Allora, se la forza militare (o fisica, ripeto) non solo non è rilevante ma può essere prescindibile come variabile determinante nella decisione finale, abbiamo che nel conflitto bellico entrano altre variabili o alcune di quelle presenti come secondarie passano in primo piano.

Questo non è nuovo. Il concetto di "guerra totale" (sebbene non come tale) ha precedenti ed esempi. La guerra a tutti i costi (militari, economici, politici, religiosi, ideologici, diplomatici, sociali ed anche ecologici) è sinonimo di "guerra moderna".

Ma manca la cosa fondamentale: la conquista di un territorio. Ovvero, questa volontà si impone certo in un calendario preciso, ma soprattutto in una geografia delimitata. Se non c'è un territorio conquistato, cioè, sotto il controllo diretto o indiretto della forza conquistatrice, non è vittoria.

Benché si possa parlare di guerre economiche (come il blocco che il governo nordamericano mantiene contro la Repubblica di Cuba) o di aspetti economici, religiosi, ideologici, razziali, etc., di una guerra, l'obiettivo continua ad essere lo stesso. E nell'epoca attuale, la volontà che tenta di imporre il capitalismo è distruggere/spopolare e ricostruire/riordinare il territorio conquistato.

Sì, ora le guerre non si accontentano di conquistare un territorio e ricevere il tributo dalla forza vinta. Nella tappa attuale del capitalismo è necessario distruggere il territorio conquistato e spopolarlo, cioè, distruggere il suo tessuto sociale. Parlo dell'annichilimento di tutto quello che dà coesione ad una società.

Ma la guerra di quelli che stanno in alto non si ferma qui. Contemporaneamente alla distruzione ed allo spopolamento, si opera la ricostruzione di questo territorio ed il riordino del suo tessuto sociale, ma ora con un'altra logica, un altro metodo, altri attori, un altro obiettivo. Insomma: le guerre impongono una nuova geografia.

Se in una guerra internazionale questo complesso processo avviene nella nazione conquistata e si opera dalla nazione assalitrice, in una guerra locale o nazionale o civile il territorio da distruggere/spopolare e ricostruire/riordinare è comune alle forze in lotta. 

Cioè, la forza attaccante vittoriosa distrugge e spopola il proprio territorio. 

E lo ricostruisce e riordina secondo il suo piano di conquista o riconquista.  

Anche se non ha un piano… "qualcuno" opera quella ricostruzione - riordino. 

Come popoli originari messicani e come EZLN possiamo dire qualcosa sulla guerra. Soprattutto se si svolge nella nostra geografia ed in questo calendario: Messico, inizi del secolo XXI…

..... SEGUE

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