giovedì 10 gennaio 2013

Gustavo Esteva: In ebollizione

 
 
di GUSTAVO ESTEVA
Siamo in ebollizione. Fervono indignazione e malcontento, se non frustrazione e perfino la disperazione, lo stesso accade con iniziative e mobilitazioni. Siamo in ebollizione, ma sconcertati: confusi e senza accordo, senza concertazione.
Non lo siamo solo noi. In mezzo a una delle peggiori crisi della storia, alla fine di un ciclo e forse di un'epoca, il disincanto verso le istituzioni, i governi e le politiche dominanti è sempre più generalizzato. Le loro risposte insensate alla mobilitazione popolare che si allarga continuano ad aggravare la crisi allargando il solco tra quelli che sono in alto e coloro che stanno in basso.
In questo contesto, le iniziative che gli zapatisti stanno prendendo potrebbero risultare ancora più importanti di quella del primo gennaio 1994 (data dell'insurrezione zapatista in Chiapas, ndt). Vi fu allora un risveglio nazionale e mondiale. Loro furono i primi a dire "basta!" di fronte all'ondata letale del neoliberismo, come riconoscono tutti i movimenti anti-sistemici nati dopo quell'appello. In Messico cambiò l'equilibrio politico delle forze e furono spinti alla sconfitta i piani autoritari di Salinas (presidente messicano dell'epoca, ndt).
Dicendo loro che non erano soli, tuttavia, a loro la signora società civile comunicò allora che non voleva più violenza e chiese loro di tentare una vaga via istituzionale. Gli zapatisti obbedirono. Non solo si convertirono in campioni della nonviolenza attiva e fecero della parola e dell'organizzazione i loro principali strumenti di lotta. Essi si impegnarono anche seriamente nel dialogo e nella trattativa con le istituzioni.
Accadde quel che accadde. Sia il governo federale, nelle amministrazioni successive, come i poteri legislativo e giudiziario, i governi locali e tutti i partiti politici tradirono la parola data e gli accordi (gli Accordi di San Andrés, firmati dall'EZLN e dal governo nel 1995, ndt) e isolarono, diffamarono e attaccarono senza sosta gli zapatisti e lo zapatismo.
Contro ogni previsione, cancellati dai media e dalle classi politiche, sistematicamente aggrediti da gruppi paramilitari o politici nonché dalla polizia, gli zapatisti hanno consolidato e approfondito la loro costruzione autonoma. Ora dimostrano che la alternativa non istituzionale che hanno intrapreso è ormai una realtà, un cammino percorribile ed efficace per l'azione politica. Come resistenza organizzata, pone dei limiti all'offensiva dall'alto. Come impegno radicale, mina le basi dell'esistenza del sistema dell'oppressione e procede nella riorganizzazione della società dal basso.
Milioni di persone, in Messico e nel mondo, attraverseranno i ponti che gli zapatisti cominciano a gettare per concertare l'azione. Hanno imparato, con loro, che per resistere all'orrore che è caduto su di noi non basta dire di no, rifiutando radicalmente politiche e azioni dall'alto che si feriscono e ci depredano. Abbiamo anche bisogno della costruzione autonoma che dà senso all'impegno, prende la forma della nuova società e nella stessa lotta stessa prefigura l'esito. E abbiamo bisogno di fare tutto questo insieme, in accordo. Dobbiamo ascoltarci e farci sentire, comporre tra tutti una sinfonia armoniosa.
Gli zapatisti mostrano chiara consapevolezza delle difficoltà che affronteranno e dei rischi che correranno. Non si fermano per questo. Sono ben consapevole della povera condizione umana di coloro che dirigono le istituzioni. Sanno che il famoso patto dei partiti o le promesse di Peña (attuale presidente messicano, ndt) agli indigeni, citate dal ministro degli interni. non sono che nuove minacce: costoro arretrano verso l'indigenismo dell'omologazione e spacciano come sviluppo i saccheggi che stanno pianificando. Gli zapatisti sanno anche che coloro che non possono pensare o agire al di fuori del quadro convenzionale e si rifiutano di riconoscere che il problema è nel sistema stesso dell'oppressione, non solo nei suoi operatori, continueranno a concentrare l'energia su nuove fantasie a proposito del 2018 (anno delle prossime elezioni presidenziali in Messico, ndt). Ma non trattano i primi come nemici né ignorano i secondi.
Già si realizzano tentativi truffaldini di ridurre le iniziative zapatiste alla questione indigena. E' certamente necessario riattivare il Congresso Nazionale Indigeno (organismo che rappresenta tutti i popoli indigeni del Messico, oltre 50 etnie e oltre und decimo della popolazione del paese, ndt) e tenere il dito sulla piaga della violazione degli accordi di San Andrés, ma non a costo di negare la portata delle attuali iniziative zapatiste che sfidano lo stato delle cose dominante e si propongono, grazie alla sapienza indigena, un cammino di trasformazione che comprende ugualmente indigeni e non indigeni.
Per tutto questo, centinaia di partecipanti al Terzo Seminario Internazionale di riflessione e analisi, che dal 30 dicembre al 2 gennaio dal CIDECI e dalla Universidad de la Tierra, in Chiapas, insieme alle migliaia di persone che lo hanno eguito via internet, hanno celebrato con uno spirito rinnovato l'anniversario della ribellione dell'EZLN. La presenza entusiasta e lucida di collettivi, organizzazioni e movimenti di una dozzina di paesi è servito a dimostrare la rilevanza delle iniziative zapatiste al di là dei nostri confini e per iniziare il lavoro di paziente e serena concertazione della nostra degna rabbia. http://www.jornada.unam.mx/2013/01/07/opinion/018a1pol
da La Jornada di lunedì 7 gennaio 2013. Tradotto da

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