martedì 17 settembre 2013

Hermann Bellinghausen: Sentenza Patishtán, un crimine di Stato

 

Hermann Bellinghausen 
In un certo senso sono irrilevanti, solo un anello più piccolo nella catena alimentare in cui si è trasformato il nostro obbrobrioso ed oneroso sistema giudiziario, ma non è superfluo insistere nel nominarli. Freddy Gabriel Celis Fuentes, Manuel de Jesús Rosales Suárez ed Arturo Centeno Garduño, giudici federali di Tuxtla Gutiérrez, hanno respinto in ultima istanza il riconoscimento di innocenza del professor Alberto Patishtán. Grazie a loro l'incubo continua. Nel mezzo del riformismo radicale e regressivo che smantella i contenuti sociali e la difesa della Nazione nel corpo delle leggi, e mentre si riducono le garanzie di giustizia e libertà, il giudizio contro Patishtán costituisce un messaggio dello Stato (come ha segnalato da queste pagine Luis Hernández Navarro) indirizzato agli insegnanti, ai popoli indigeni e ad ogni messicano che dice no.
Separazione dei poteri, indipendenza? Ormai non ci crede più nessuno. Per ragioni di Stato, o per impegni presi in precedenza, questo stesso sistema di tribunali con peregrini sofismi legali e mediatici, ha liberato narcotrafficanti e sequestratori internazionali, politici e loro parenti infangati fino al collo, paramilitari rei confessi di genocidio, e gente così. Comunque, il Consiglio della Magistratura Federale, per mettersi al riparo, ha comunicato che la sentenza "stabilisce che la decisione riguardo questo caso di riconoscimento di innocenza non contiene un pronunciamento sulla responsabilità penale del condannato". 
La divisione dei poteri si riduce ad una rete di complicità e spartizione di prebende tra gruppi mafiosi. Tutti questi giudici della Corte formano una casta esorbitatamente ben pagata, "affinché non vengano corrotti" ed in funzione della loro "alta investitura". A loro volta legati ad altri gruppi di potere in televisioni, università, classi politiche regionali, non è trascurabile che nella Suprema Corte di Giustizia della Nazione (SCJN) esista, già con una certa tradizione, un certo numero di ministri chiapanechi. Armando Valls e Margarita Luna Ramos, attuali membri della Corte, hanno chiari legami con la classe politica del loro stato. Come nel caso di Patishtán. Lo sdegno e l'arroganza della SCJN, trasmessi tali quali ai giudici di Tuxtla Gutiérrez, hanno permesso a giudici e magistrati di sprecare l'opportunità di procedere con decenza e sensibilità. Si può attribuire al razzismo, a calcoli politici di congiuntura in un momento vertiginoso di smantellamento della sovranità in nome degli affari dei veri soci, o a dettagli microscopici e retorici di tecnica giuridica (che hanno funzionato benissimo nella campagna umanitaria del CIDE per liberare i paramilitari di Acteal e chiudere il cerchio di criminalità di Stato in totale impunità).
Tuttavia, il caso di Patishtán implica un mistero particolare, forse così importante e delicato da renderne impensabile la liberazione. Chi lo arrestò nel 2000 credette che non valesse niente, che fosse eliminabile. Lui solo sta scontando una condanna per un crimine grave che necessariamente fu commesso da numerose persone: un'imboscata da professionisti contro dei poliziotti in un territorio fortemente militarizzato. 
Salvo che  per la tremenda corte, è provato che Patishtán non partecipò né ebbe niente a che fare. Ma siccome nessuno pagherà per quelle morti emblematiche (sette poliziotti), il sistema crede che reggerà la pressione sociale. Governava il Chiapas il priista e genocida, come il suo capo Zedillo, Roberto Albores Guillén, ancora oggi parte attiva dei poteri che controllano il governo statale. Nel 2000 presiedeva la corte suprema dell'entità Noé Castañón León, chi fino a poco tempo fa è stato segretario di Governo (ed in un'epoca successiva di "esilio politico", per presunta corruzione, ministro della SCJN!). Questi politici ed i loro scagnozzi sono parte dello Stato realmente esistente nell'entità. Non bisognerebbe far partire le indagini dalle loro stanze?
Che cosa nascondono? Quale cloaca proteggono questi attori? L'ex prima dama Margarita Zavala de Calderón, "come avvocato", mostrò interesse, si suppone genuino, per la sua liberazione, ma non fece mai niente. Si dice che fu fermata da Genaro García Luna, il capo polizia agli ordini di suo marito. E che ordini. Il governatore attuale ed il suo predecessore si sono pronunciati per la libertà di Patishtán. A parole si può dire tutto, di modo che sembri che non dipende da loro. E nel codice di polizia, sette agenti imboscati non si coprono con indulto presidenziale.
La trama è scritta. A fronte degli appelli alla giustizia internazionale, lenta come tutte, il governo di Enrique Peña Nieto, il suo docile congresso ed i suoi partiti satelliti di scagnozzi e sgherri, e compagnia cantante, chiudono i lucchetti per proteggersi ed attenuare l'impatto di regolamenti e decisioni internazionali in materia di diritti umani e procedimenti penali. Di giustizia. Per indios.
Fino a prova contraria, dietro l'incarceramento di Patishtán potrebbe esserci un crimine di Stato.
 
Video della conferenza stampa in carcere di Alberto Patishtán: http://www.youtube.com/watch?v=vYzvYeO8qeg&feature=player_embedded

venerdì 13 settembre 2013

[desinformemonos] Niegan la libertad a Patishtán

 




DESINFORMÉMONOS

Messico, DF. "Né Alberto Patishtán né noi avvocati chiederemo l'indulto" al potere esecutivo, spiega Leonel Rivero, avvocato difensore del professore tzotzil, minuti dopo che si conoscesse la sentenza del Primo Tribunale Collegiale con sede in Chiapas che ha respinto il riconoscimento della sua innocenza. Da 13 anni in prigione per una condanna a 60, questa era l'ultima risorsa giudiziaria in Messico per ottenere la scarcerazione di Patishtán. (proseguire....)


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http://www.desinformemonos.org

skype: desinformemonos
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"...desinformémonos hermanos
hasta que el cuerpo aguante
y cuando ya no aguante
entonces decidámonos
carajo decidámonos
y revolucionémonos."
Mario Benedetti

mercoledì 11 settembre 2013

Proteste a New York per la liberazione di AlbertoPatishtan

 

La Jornada – Mercoledì 11 settembre 2013
Aderenti della Sexta chiedono la liberazione dell'attivista Alberto Patishtán
Hermann Bellinghausen
 
Migranti del Movimento per la Giustizia del Barrio di New York, aderenti alla Sesya Dichiarazione della Selva Lacandona, hanno protestato presso il consolato messicano della città statunitense per chiedere la liberazione di Alberto Patishtán Gómez. Durante la protesta alcuni rappresentanti del consolato sono usciti ed abbiamo chiesto di nuovo la libertà immediata ed incondizionata di questo grande attivista sociale, ha segnalato l'organizzazione.
Patishtán, prigioniero politico indigeno di El Bosque, Chiapas, è da 13 anni ingiustamente in prigione per motivi di rappresaglia politica, hanno denunciato gli organizzatori della protesta.
Benché siamo geograficamente lontani dal nostro amato Messico, la frontiera non ci fermerà nella nostra lotta per la giustizia e la libertà di nostro fratello. La lotta per la sua libertà è nei nostri cuori in maniera profonda e spirituale.
Siamo indignati. Tutto il mondo osserva con preoccupazione questo caso. La nostra unione senza frontiere continuerà fino a che Alberto sarà libero.
Ricordano che questa settimana il primo tribunale collegiale del Chiapas prenderà la decisione finale sul caso. I magistrati devono riflettere sull'innocenza di Alberto nella cornice del debito storico che lo Stato, e specialmente il suo organo giuridico, ha verso i popoli indigeni. È questa la storia che devono ricordare, poiché questa ha generato la situazione attuale di ingiustizia, razzismo, oppressione sistemica, violenza ed impunità assoluta.
Gli emigranti hanno insistito presso la missione diplomatica per la liberazione immediata ed incondizionata di Patishtán Gómez, perché la detenzione è assolutamente ingiusta, poiché il profe non ha commesso alcun crimine; Alberto è solo colpevole di lottare per giustizia, dignità e democrazia.
Proteste simili si sono svolte anche a Barcellona, Parigi, Madrid, Buenos Aires, Bogotá ed altre città messicane (Veracruz, San Cristóbal de las Casas, Distrito Federal e Cuernavaca). Fino a ieri, oltre 16.000 persone hanno firmato l'appello di Amnesty International per la liberazione del professore tzotzil. http://www.jornada.unam.mx/2013/09/11/politica/020n2pol


Desinformemonos: Video dell'intervista ad Alberto Patishtán

 





Francesca Svampa

Messico. In un video dalla prigione di San Cristóbal de las Casas, Chiapas, nella quale vive quelli che potrebbero essere i suoi ultimi due giorni dietro le sbarre, il prigioniero tzotzil Alberto Patishtán dichiara che la sua lotta è perché "non posso accettare che mi accusino di un mucchio di reati, quando la mia coscienza è pulita. Non posso accettare di restare prigioniero neppure per due giorni se non sono colpevole di nulla". (Video)
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hasta que el cuerpo aguante
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entonces decidámonos
carajo decidámonos
y revolucionémonos."
Mario Benedetti

 


martedì 3 settembre 2013

Appello Polizia Comunitaria (CRAC-PC) Ayutla de losLibres, Guerrero

 


RICHIESTA DI APPOGGIO DELLA POLIZIA COMUNITARIA (CRAC-PC), EL PARAÍSO, AYUTLA DE LOS LIBRES, GUERRERO
 
Car@ compagn@,

Un saluto fraterno e solidale. Vi mandiamo questa urgente petizione di appoggio per la situazione critica in cui stiamo vivendo nel territorio comunitario nello stato di Guerrero. Come sicuramente avete saputo dai media, la repressione contro la nostra istituzione comunitaria con l'intervento del governo, della marina, dell'esercito e delle forze di polizia aumenta ogni giorno di più. Oltre alle incursioni massicce di elementi della marina e dell'esercito nel nostro territorio negli ultimi giorni e settimane, molti dei nostri poliziotti comunitari sono stati arrestati con uso della violenza, compresa la Coordinatrice Regionale di El Paraíso, Nestora Salgado García, arrestata senza alcun mandato da elementi dell'esercito, ed attualmente reclusa nel Centro Federale di Reinserimento Sociale Nordovest, con l'accusa di sequestro aggravato - ignorando il fatto che stava semplicemente svolgendo il suo lavoro come polizia comunitaria nel nostro territorio - lavoro riconosciuto e tutelato dalla Legge 107 dello stato di Guerrero, dall'articolo 39 della Costituzione Messicana e dal Trattato 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro.
Abbiamo bisogno di tutto l'appoggio delle nostre sorelle e fratelli in territorio messicano e all'estero affinché i nostri diritti come popoli indigeni siano rispettati e per impedire altra violenza da parte dello stato. Abbiamo avviato questo progetto più di 15 anni fa per proteggere la dignità dei nostri popoli ed assicurare un futuro ai nostri figli; oggi chiediamo la vostra solidarietà affinché il nostro progetto di vita possa proseguire con gli stessi valori e principi.
Per il momento, chiediamo di firmare, come singoli o organizzazioni, la lettera qui sotto. Come singoli od organizzazioni si possono anche mandare lettere alle autorità menzionate sotto per denunciare gli atti del governo e la detenzione dei nostri compagni. Seguirà presto un nuovo appello per altre azioni di solidarietà e speriamo di contare sulla vostra partecipazione per esercitare pressioni sulle autorità.
 
Le firme vanno inviate al seguente indirizzo: comunitaria13@gmail.com
 
Nel caso di proprie lettere di denuncia, preghiamo inviarne copia a: comunitaria13@gmail.com
I giornalisti ci possono contattare attraverso lo stesso indirizzo email e volentieri daremo il contatto di membri della nostra organizzazione per concordare interviste e informazioni.  
 
 
LETTERA DI DENUNCIA
29 AGOSTO 2013


OGGETTO: Denuncia della violazione dei diritti di membri della Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias, Policía Comunitaria (CRAC-PC) nello stato di Guerrero, Messico.

ALL'ATTENZIONE DI:

ANGEL HELADIO AGUIRRE RIVERO
GOBERNADOR CONSTITUCIONAL DEL ESTADO DE GUERRERO
Palacio de Gobierno Edificio Centro 2do. Piso
Col. Ciudad de los Servicios
C.P. 39074 Chilpancingo Gro.
Tel (747).47.1.98.02 y 47.1.98.01
gobernador@guerrero.gob.mx
 
JESUS MURILLO KARAM
Procurador General de la República
Paseo de la Reforma 211-213, Piso 16
Col. Cuauhtémoc, Del. Cuauhtémoc, C.P. 06500 México D. F.
Tel: (52.55) 53460000 ext. 0108
Fax: (52.55) 5346.0928
ofproc@pgr.gob.mx
 
IÑAKI BLANCO CABRERA
Procurador General de Justicia del Estado de Guerrero
Procuraduría General de Justicia del Estado de Guerrero
Boulevard René Juárez Cisneros S/N, esquina calle Juan Jiménez Sánchez
Col. El Potrerito, C.P. 39098, Chilpancingo, Guerrero.
Tel. 01 747 494 29 99
pgj@guerrero.gob.mx
 
Dr. Raúl Plascencia Villanueva
Presidente de la Comisión Nacional de Derechos Humanos
Edificio "Héctor Fix Zamudio", Blvd. Adolfo López Mateos 1922, 6° piso,
Col. Tlacopac San Angel, Del. Álvaro Obregón, C.P. 01040
Tels. y fax (55) 56 81 81 25 y 54 90 74 00
 
Dr. Emilio Alvarez Icaza
Secretario Ejecutivo de la Comisión Interamericana de Derechos Humanos
1889 F Street, N.W. Washington, D.C., 20006 U.S.A.
Tel: 202-458-6002 Fax: 202-458-3992
cidhoea@oas.org
 
Con la presente esprimiamo la nostra preoccupazione per la situazione attuale nello stato di Guerrero dove membri della Coordinadora Regional de Autoridades Comunitarias, Policía Comunitaria (CRAC-PC) subiscono gravi violazioni dei loro diritti come cittadini messicani e membri di un'autorità indigena.
Il CRAC-PC da 15 anni svolge un compito strutturato e comunitario a difesa dei diritti umani degli abitanti di oltre 10 città della regione della Costa Chica e della Montaña dello stato di Guerrero, contando sulla partecipazione di più di 1.200 elementi ed oltre 12.000 abitanti della regione. L'organizzazione ha dimostrato l'efficacia del suo lavoro con una riduzione generale dei reati del 95% nella sua zona di azione. È di particolare importanza il lavoro che ha svolto nella riduzione del narcotraffico nella zona e con la cattura di elementi della criminalità organizzata, problema riconosciuto molto critico in ambito nazionale e internazionale. 
L'attività del CRAC-PC è tutelato dall'articolo 39 della Costituzione Politica degli Stati Uniti Messicani, oltre che dalla legge 701 dello Stato di Guerrero e dal Trattato 169 dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).
Come difensori e promotori dei diritti umani ed in particolare dei diritti indigeni, ci inquietano seriamente le recenti azioni di repressione contro membri della CRAC-PC da parte di elementi della polizia e dell'esercito, che includono incursioni nella zona di operazioni, minacce, maltrattamenti fisici compresa tortura e detenzioni arbitrarie. Una di queste detenzioni riguarda la Coordinatrice della Polizia Comunitaria di Olinalá, Nestora Salgado García, avvenuta senza mandato di cattura da parte di elementi dell'Esercito - una chiara violazione dei suoi diritti costituzionali e delle sue garanzie individuali previste dalla legge statale 701. Inoltre, è a nostra conoscenza che Salgado García è stata tenuta per diversi giorni senza poter contattare il suo avvocato o i familiari e che è stata arrestata senza considerare che il suo lavoro di catturare i criminali come polizia comunitaria è tutelato dalla legge 701 e pertanto non può costituire un atto di sequestro.
Ci uniamo alle richieste della CRAC-PC che includono: La liberazione immediata e incondizionata dei membri dell'organizzazione in prigione, il rispetto dell'autorità dell'istituzione, la cessazione della persecuzione militare e poliziesco del sistema comunitario, l'uscita dell'esercito e della marina dal territorio comunitario, e l'insediamento di un tavolo di dialogo tra il governo federale, la società civile organizzata e l'istituzione comunitaria.

Distintamente,
FIRME
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Link di approfondimento:

Repressione dei Media Liberi nel Distrito Federal


Comunicato stampa del Laboratorio de Medios Libres
 
Ai mezzi di comunicazione comunitari, liberi e indipendenti 
Ai collettivi in resistenza del Messico e del mondo 
Alla società civile nazionale e internazionale
 
Il pomeriggio di oggi, mentre esercitavano il loro diritto di manifestare ed informare liberamente, alcuni dei nostri compagni, insieme ad altri manifestanti, sono stati arrestati dalla Polizia Federale. 
Dopo la manifestazione svoltasi nella strada Fray Servando Teresa de Mier, un corpo di granaderos della polizia del Governo del Distrito Federal ha caricato e inseguito un gruppo di manifestanti fino alla stazione della metro San Antonio Abad. Una volta lì, li hanno inseguiti fino ai vagoni della metro e tre di loro sono stati fatti scendere con modi violenti dalla carrozza. Silvia Colmenero, della Facoltà di Lettere Classiche della UNAM, è stata picchiata in volto. I poliziotti hanno catturato i manifestanti e giornalisti senza che questi avessero commesso alcun reato, in chiara violazione dei loro diritti e garanzie individuali.
 
I nomi dei compagni fermati sono:
1.     Estela Morales de Regeneración Radio
2.     Silvia Leticia Colmenero de la Facultad de Letras Clásicas de la UNAM
3.     Pavel Alejando Primo Noriega de Cronopios
4.     Cristián Cortés de la Facultad de Letras Alemanas de la UNAM
5.     Daniel Pérez de la Facultad de Letras Hispánicas de la UNAM
6.     Gonzalo Amozurrutia de la Maestría del Cela de la UNAM
7.     Alejandro Amado Fraustro de la Facultad de Ciencias Políticas de la UNAM
8.     Gustavo Ruiz de Subversiones
9.     Ana Berenice de la Luz Cortéz del Claustro de Sor Juana
10.  Marco García Alatorre
11.  José Luís Galicia Arce
12.  Héctor Avila
13.  Alejandro Rojas
14.  Juan Daniel Velásquez Peguero
15.  Alejandro Montaño Sánchez
 
Come media liberi condanniamo energicamente la repressione contro i nostri compagni e la loro detenzione arbitraria. Esigiamo la loro immediata liberazione.
 
AZIONE URGENTE:

lunedì 2 settembre 2013

Gustavo Esteva: Il fiore dell’autonomia non cresce ovunque

 

Per il direttore dell'Università della Terra a Oaxaca, il grande insegnamento degli zapatisti è che per resistere è indispensabile costruire alternative.
Gustavo Esteva, intellettuale
Messico. Forse non c'è un'altra formazione che per quasi vent'anni è stata bersagliata quotidianamente e permanentemente – da militari, paramilitari e in tutti i modi immaginabili – come gli zapatisti. Quello che impariamo con loro e con altri popoli del paese è che la resistenza non è semplicemente tenere duro. Bisogna resistere, bisogna opporsi ad un programma, ad un'azione, ad una diga o miniera, ma l'unico modo in cui la resistenza potrà aver successo sarà se allo stesso tempo sapremo costruire realmente una diversa possibilità di vita, che è quello che hanno fatto i compagni zapatisti. Hanno un modo diverso di vivere e di governare che nessuno può più distruggere. Possono ucciderli tutti e sarà l'unico modo, ma non possono distruggere quel modo di vivere.
Questo è quanto abbiamo imparato: la resistenza ha successo, può durare, può reggere e può continuare nel tempo se costruisce un'alternativa. Non possiamo tenere duro e basta; perdiamo se restiamo solo a questo livello. E questa costruzione dell'autonomia è ciò che la definisce.
S'è visto in diverse comunità e i compa lo ripetono che il fiore dell'autonomia non cresce ovunque. Bisogna individuare il terreno, dove può germogliare, e bisogna concimarlo con quello che ci dicono i compagni, che vuol dire che dobbiamo organizzarci. Ma l'organizzazione implica innanzitutto saper vedere qual è il terreno in cui la costruzione dell'autonomia può aver luogo.
(traduzione a cura di caferebeldefc.org)

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