domenica 30 gennaio 2011

] Polizia di San Cristobal minaccia i giornalisti


La Jornada – Sabato 29 gennaio 2011

Poliziotti di San Cristóbal de Las Casas minacciano i giornalisti, che presentano un esposto

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, 28 gennaio. Poliziotti municipali hanno aggredito e fermato alcuni giornalisti, tra questi i fotografi Víctor Camacho e Moysés Zúñiga, inviato e collaboratore, rispettivamente, di La Jornada. E' accaduto all'alba di giovedì, mentre transitavano su un'auto privata nelle vicinanze della piazza centrale di questa città, dopo aver concluso il servizio sulle funzioni funebri del vescovo emerito Samuel Ruiz García.

Agenti agli ordini del comandante Adonai Robledo hanno sbarrato la strada mettendo davanti all'auto un Pick up Dodge, targa DA-62-622, numero PC-35, e dietro un'auto di pattuglia Nissan, modello Tiida, targa DPD 55-35, numero PC-26. Erano le 2 del mattino, a mezzo isolato dalla cattedrale, in Calle Guadalupe Victoria.

Sono stati aggrediti anche i giornalisti Carlos Herrera e Manuel de la Cruz, corrispondenti delle agenzie Efe, Ap e Afp, così come quelli dei giornali Cuarto Poder, Expreso, Mirada Sur e La Foja Coleta, tra altri media.

I giornalisti riferiscono che, senza identificarsi quali agenti, gli aggressori hanno cominciato ad interrogarli rispetto alla loro provenienza, destinazione e scopo. A queste domande i giornalisti non hanno risposto ma hanno chiesto che prima fossero informati di cosa li si accusasse. 

Gli agenti accusavano i quattro giornalisti, ben conosciuti in Chiapas, di "prendersi gioco delle autorità", minacciandoli di portarli nella base della polizia municipale, ma hanno desistito quando i fotografi hanno cominciato a scattare foto per documentare l'aggressione.

Successivamente, oltre una decina di professionisti di media statali e nazionali hanno inviato una lettera pubblica al governatore dello stato ed al sindaco di San Cristóbal, Victoria Cecilia Flores Pérez, dove esprimono: "Essendo il Messico uno dei paesi dove il lavoro dei giornalisti è considerato fra i più rischiosi per la quantità di omicidi, detenzioni e sequestri contro la categoria, non è infondato il sospetto di premeditazione nell'aggressione contro chi, in possesso dei suoi strumenti di lavoro, è stato fermato nella zona dove stava lavorando da almeno 48 ore durante un evento al quale erano presenti decine di agenti di vigilanza e sicurezza dei tre livelli di governo".

Aggiungono che anche se i poliziotti di San Cristóbal non conoscevano i fermati, la situazione è "sempre preoccupante, poiché sono molti i cittadini che per lavoro, questioni familiari, per passatempo e turismo si muovono all'alba e sono esposti a subire quanto accaduto ai nostri compagni.

"Siamo a conoscenza della deplorevole situazione presente in diverse entità e regioni messicane dove l'insicurezza ha ristretto di fatto o perfino ufficialmente, la libertà di transito, di espressione e lavoro, ma fino a questo momento non ritenevamo che il primo isolato di questa città rientrasse in dette circostanze", prosegue la lettera al governatore Juan Sabines Guerrero. 

"Per quanto sopra, Le chiediamo di prendere posizione al riguardo e di informarci dei risultati o, in mancanza di questi, di informarci se per caso vi siano misure eccezionali, orari di coprifuoco o territori in Chiapas dove dobbiamo svolgere l'esercizio della nostra professione a nostro proprio rischio e pericolo". http://www.jornada.unam.mx/2011/01/29/index.php?section=politica&article=005n2pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)

 


giovedì 27 gennaio 2011

COMUNICATO DELL'EZLN - IL SALUTO DELL'EZLN A DON SAMUELRUIZ

 

COMUNICATO DEL COMITATO CLANDESTINO RIVOLUZIONARIO INDIGENO-COMANDO GENERALE DELL'ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

 

Al Popolo Del Messico:

 

Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale esprime il suo cordoglio per la morte del Vescovo Emerito Don Samuel Ruiz García. 

 

Nell'EZLN militano persone di diversi credi religiosi e non credenti, ma la statura umana di questo uomo (e di chi, come lui, cammina dalla parte degli oppressi, degli sfruttati, dei disprezzati) ci induce ad esprimere la nostra parola.

 

Anche se non sono state poche né superficiali le differenze, i disaccordi e le distanze, oggi vogliamo rimarcare l'impegno ed il percorso che non sono solo di un individuo, bensì di tutta una corrente all'interno della Chiesa Cattolica. 

 

Don Samuel Ruiz García non si è distinto solo per un cattolicesimo praticato tra e con i diseredati, con la sua squadra ha formato anche una generazione di cristiani impegnati in questa pratica della religione cattolica. Non solo si è preoccupato per la grave situazione di miseria ed emarginazione dei popoli originari del Chiapas, ma ha anche lavorato, insieme all'eroica squadra pastorale, per migliorare quelle condizioni di vita e morte.

 

Quello che i governi di proposito hanno dimenticato per coltivare la morte, si è fatto memoria di vita nella diocesi da San Cristóbal de Las Casas. 

 

Don Samuel Ruiz García e la sua squadra non solo si sono impegnati per raggiungere la pace con giustizia e dignità per gli indigeni del Chiapas, ma hanno inoltre rischiato e rischiano la loro vita, libertà e beni in questo cammino ostacolato dalla superbia del potere politico. 

 

Già da molto prima della nostra sollevazione del 1994, la Diocesi di San Cristóbal ha subito la persecuzione, gli attacchi e le calunnie dell'Esercito Federale e dei governi statali di turno.

 

Almeno da Juan Sabines Gutiérrez (ricordato per il massacro di Wolonchan nel 1980) e passando per il Generale Absalón Castellanos Domínguez, Patrocinio González Garrido, Elmar Setzer M., Eduardo Robledo Rincón, Julio César Ruiz Ferro (uno degli autori del massacro di Acteal nel 1997) e Roberto Albores Guillén (già noto come "el croquetas"), i governatori del Chiapas hanno perseguitato chi nella diocesi di San Cristóbal si opponeva ai loro massacri ed alla gestione dello Stato come fosse una tenuta porfirista.

 

Dal 1994, durante il suo lavoro nella Commissione Nazionale di Intermediazione (CONAI) in compagnia delle donne e degli uomini che formavano quell'istanza di pace, Don Samuel ricevette pressioni, vessazioni e minacce, compreso attentati contro la sua vita da parte del gruppo paramilitare mal chiamato "Paz y Justicia".

 

E come presidente della CONAI Don Samuel, nel febbraio del 1995, subì anche una minaccia di arresto. 

 

Ernesto Zedillo Ponce de León, come parte di una strategia di distrazione (tale e quale come ora) per occultare la grave crisi economica nella quale lui e Carlos Salinas de Gortari avevano sprofondato il paese, riattivò la guerra contro le comunità indigene zapatiste.

 

Mentre lanciava una grande offensiva militare contro l'EZLN (peraltro fallita), Zedillo attaccava la Commissione Nazionale di Intermediazione. 

 

Ossessionato dall'idea di distruggere Don Samuel, l'allora presidente del Messico, ed ora impiegato delle multinazionali, approfittò dell'alleanza che, sotto la tutela di Carlos Salinas de Gortari e Diego Fernández de Cevallos, si era stretta tra il PRI ed il PAN. 

 

In quelle date, in una riunione con la cupola ecclesiale cattolica, l'allora Procuratore Generale della Repubblica, il panista e fanatico dello spiritismo e della stregoneria più volgare, Antonio Lozano Gracia, brandì di fronte a Don Samuel Ruiz García un documento con il mandato di cattura nei suoi confronti.

 

E si racconta che il procuratore laureato in Scienze Occulte fu affrontato dagli altri vescovi, tra loro Norberto Rivera, chi si alzarono in difesa del titolare della Diocesi di San Cristóbal. 

 

L'alleanza PRI-PAN (alla quale si uniranno poi in Chiapas il PRD ed il PT) contro la Chiesa Cattolica progressista non si è fermata lì. Dai governi federale e statale si sono favoriti attacchi, calunnie ed attentati contro i membri della Diocesi. 

 

L'Esercito Federale non è rimasto indietro. Mentre finanziava, addestrava ed equipaggiava i gruppi paramilitari, si diffondeva la tesi che la Diocesi seminava la violenza. 

 

La tesi di allora (e che oggi è ripetuta da idioti della sinistra da scrivania) era che la Diocesi aveva formato le basi ed i quadri della direzione dell'EZLN.

 

Un segno dell'ampia dimostrazione di questi argomenti ridicoli si ebbe quando un generale mostrò un libro come prova del legame tra la Diocesi ed i "trasgressori della legge". 

 

Il titolo del libro incriminante è "Il Vangelo secondo San Marco". 

 

Oggigiorno quegli attacchi non sono cessati. 

 

Il Centro dei Diritti Umani "Fray Bartolomé de Las Casas" riceve continuamente minacce e persecuzioni.

 

Oltre ad essere stato fondato da Don Samuel Ruiz García e di essere di ispirazione cristiana, il "Frayba" ha come "aggravante" il credere nell'Integrità ed Indivisibilità dei Diritti Umani, nel rispetto della diversità culturale e nel diritto alla Libera Determinazione, nella giustizia integrale come requisito per la pace, e nello sviluppo di una cultura del dialogo, tolleranza e riconciliazione, nel rispetto della pluralità culturale e religiosa. 

 

Niente di più fastidioso di questi principi.

 

E questa molestia arriva fino al Vaticano, dove si opera per dividere in due la diocesi di San Cristóbal de Las Casas, in modo da diluire l'opzione per, tra e con i poveri, nel conformismo che lava le coscienze col denaro. Approfittando del decesso di Don Samuel, si riattiva questo progetto di controllo e divisione. 

 

Perché là in alto sanno che l'opzione per i poveri non muore con Don Samuel. Vive ed agisce in tutto quel settore dalla Chiesa Cattolica che ha deciso di essere coerente con quello che predica.

 

Nel frattempo, la squadra pastorale, e specialmente i diaconi, ministri e catechisti (indigeni cattolici delle comunità) subiscono le calunnie, gli insulti e gli attacchi dei neo-amanti della guerra. Il Potere rimpiange i suoi giorni di dominio e vede nel lavoro della Diocesi un ostacolo al ripristino del suo regime di forca e coltello. 

 

La grottesca sfilata di personaggi della vita politica locale e nazionale davanti al feretro di Don Samuel non è per onorarlo, ma per verificare, con sollievo, che è morto; ed i mezzi di comunicazione locali esprimono falso cordoglio ma in realtà festeggiano.

 

Al di sopra di tutti gli attacchi e cospirazioni ecclesiali, Don Samuel Ruiz García e le/i cristian@ come lui, hanno avuto, hanno ed avranno un posto speciale nel cuore scuro delle comunità indigene zapatiste. 

 

Ora che è di moda condannare tutta la Chiesa Cattolica per i crimini, gli eccessi, le commistioni ed omissioni di alcuni dei suoi prelati… 

 

Ora che il settore che si autodefinisce "progressista" si sollazza a si fa scherno della Chiesa Cattolica tutta…

 

Ora che si incoraggia a vedere in ogni sacerdote un pederasta potenziale o attivo… 

 

Ora sarebbe bene tornare a guardare in basso e trovare lì chi, come prima Don Samuel, ha sfidato e sfida il Potere. 

 

Perché qust@ cristiani credono fermamente che la giustizia deve regnare anche in questo mondo. 

 

E così lo vivono, e muoiono, in pensieri, parole ed opere.

 

Perché sebbene sia vero che nella Chiesa Cattolica ci sono i Marciales e gli Onésimos, c'erano e ci sono anche i Roncos, Ernestos, Samueles, Arturos, Raúles, Sergios, Bartolomés, Joeles, Heribertos, Raymundos, Salvadores, Santiagos, Diegos, Estelas, Victorias, e migliaia di religios@ e secolari che, stando dalla parte della giustizia e della libertà, stanno dalla parte della vita. 

 

Nell'EZLN, cattolici e non cattolici, credenti e non credenti, oggi non solo onoriamo la memoria di Don Samuel Ruiz García. 

 

Salutiamo anche, e soprattutto, l'impegno conseguente de@ cristian@ e credenti che in Chiapas, in Messico e nel Mondo, non si rifugiano nel silenzio complice di fronte all'ingiustizia, né restano immobili di fronte alla guerra. 

 

Don Samuel se ne va, ma rimangono molte altre, molti altri che, in e per la fede cattolica cristiana, lottano per un mondo terreno più giusto, più libero, più democratico, cioè, per un mondo migliore. 

 

Salute a loro, perché anche dalle loro pene nascerà il domani. 

 

LIBERTÀ!

GIUSTIZIA!

DEMOCRAZIA!

 

Dalle montagne del Sudest Messicano. Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell'EZLN

 

Tenente Colonnello Insurgente Moisés         Subcomandante Insurgente Marcos

Messico, 26 gennaio 2011

 

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)

http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2011/01/26/26-enero-el-ccri-cg-del-ezln-manifiesta-pesar-por-don-samuel-ruiz-garcia/

mercoledì 26 gennaio 2011

L'addio a don Samuel dei popoli indios

 

La Jornada – Mercoledì 26 gennaio 2011

Don Samuel Ruiz riceve l'omaggio più gradito: quello degli indios

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 25 gennaio. È interminabile il fiume di persone che sfilano davanti al feretro del Tatic Samuel Ruiz García. In migliaia, di ogni età e condizione sociale, vogliono vederlo per l'ultima volta. È molto probabile che tutti l'abbiano conosciuto, o almeno visto di persona, e forse toccato.

Dall'alba, quando sono arrivati suoi resti nella cattedrale, buona parte della popolazione di questa città è venuta a vederlo. Si sono visti ex funzionari di diversi governi. Gente arrivata di altri stati. E molti indigeni. Prima dai municipi vicini come Zinacantán e San Juan Chamula. Poi San Andrés, Huixtán, Altamirano, Amatenango del Valle, Comitán. E poi Salto de Agua, Sabanilla, Palenque. Un fiume di gente scossa. Alcuni accarezzano il vetro che copre la bara, lo baciano o dicono qualcosa a voce bassa, nient'altro per il Tatic.

Hanno officiato le celebrazioni religiose i parroci chiave nella costruzione della chiesa indigena, che è il lascito sociale, e non solo religioso, di Ruiz García. Si sono convertiti vivendo nelle parrocchie di Simojovel (Joel Padrón), Tila (Heriberto Cruz Vera), Miguel Chanteau (Chenalhó), Gonzalo Ituarte (Ocosingo). Una generazione di preti politici: chi non incarcerato, espulso dalla Migrazione, minacciato dagli allevatori o calunniato sui media locali.

Sono stati testimoni dello straordinario processo sociale dei popoli maya chiapanechi degli ultimi 30 anni. In termini simbolici, oggi lo sono un'altra volta. Nell'atrio e nella cattedrale sono presenti membri di organizzazioni come Xi'Nich, Aric e Las Abejas, le cui lotte hanno preceduto, anticipato o accompagnato la sollevazione dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).

Una figura particolarmente significativa è Raúl Vera, vescovo di Saltillo, per alcuni anni coadiutore di Ruiz García. Come lo stesso Tatic, ha avuto la sua fulminazione sulla strada di Damasco. Quando ha conosciuto i popoli del Chiapas è sceso da cavallo, come il Saulo del passaggio biblico letto ieri sera all'arrivo del feretro nella cattedrale. Vera è il suo successore al posto del vescovo cattolico più scomodo per il potere del paese intero.

 

Viene da lontano l'omaggio degli indigeni chiapanechi al Tatic (padre, in tzeltal) che oggi convergono a migliaia nella cattedrale dedicata al santo cattolico dei viaggiatori, San Cristóbal. Viene da decenni addietro, e da tutte le regioni indie del Chiapas. Fin dall'alba sono arrivati gruppi di fedeli da Simojovel, Chenalhó, Chilón, Ocosingo, Tila, Las Margaritas, Motozintla. Dagli angoli più nascosti, a volte "l'angolo più dimenticato della patria", come dissero gli zapatisti nel 1994.

Oggi si sono celebrate diverse messe; le più solenni a mezzogiorno e al tramonto. Organizzazioni politiche e sociali, gruppi parrocchiali, comunità tzeltales, tzotziles, choles, mam, tojolabales, "colorano" ancora una volta il passaggio di Ruiz García, che come un radioamatore si identificava come El Caminante. Nei decenni della sua presenza episcopale ha visitato la maggior parte di queste comunità. Ancora non esistevano le strade e i sentieri che hanno portato la guerra in queste terre, ma il Tatic arrivava sempre. A piedi o a dorso di mulo. Oggi sono quei popoli che arrivano qua, e domani lo seppelliranno proprio qui, nella cattedrale che occupa il centro di questa città storicamente a loro ostile.

Nel 1982 avvenne un terribile massacro di indigeni a Wolonchán (Chilón). A quell'epoca "non c'era chi contava i morti", come disse una volta Andrés Aubry. Più di 50 vittime dimenticate. Più che ad Acteal, avvenuto nel 1997, quando la notizia fece il giro del mondo, fece tremare il governo della Repubblica ed è ancora una ferita aperta. Il Chiapas era già un altro, e don Samuel ha avuto gran merito in questo. Gli indios già contavano qualcosa. Non a caso qui risiede una delle culle della coscienza moderna dei diritti umani.

Precursore in material su scala nazionale, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, o Frayba, è stato creato alla fine del 1988 dallo stesso Ruiz García, che lo ha presieduto fino a lunedì scorso. Il Frayba oggi dice: "Nella sua instancabile lotta per la difesa dei diritti umani è stato ispiratore e guida di molte organizzazioni civili e di processi sociali nella costruzione della giustizia, mediatore nei dialoghi tra l'EZLN ed il governo messicano, un grande teologo della liberazione e promotore della teologia india. E' stato candidato al Nobel della Pace ed ha ricevuto molti riconoscimenti per il suo lavoro a difesa dei diritti umani".

Il Frayba ribadisce il suo impegno "di camminare a fianco ed al servizio del popolo povero, escluso ed organizzato che vuole superare la situazione socioeconomica e politica in cui vive, prendendo da lui direzione e forza per contribuire al suo progetto di costruzione di una società dove le persone e comunità esercitino e godano appieno di tutti i loro diritti".

Da parte sua, Il Fronte Nazionale di Lotta per il Socialismo in Chiapas ha dichiarato: "Non dimentichiamo le dimostrazioni di solidarietà incondizionata che ci ha offerto nelle diverse tappe di lotta e conflitti, che abbiamo affrontato come popoli indigeni e come organizzazione, contro lo Stato che non cessa di annientare ogni tentativo di organizzazione del popolo".

Ricorda la "sua collaborazione ed appoggio incondizionato alle lotte nei diversi angoli del paese, per la liberazione dei prigionieri politici e di coscienza, contro lo sfruttamento minerario, per la presentazione in vita dei desaparecidos ed il rispetto dei diritti umani, a favore degli oppressi e sfruttati".

Nataniel Hernández Núñez, rappresentante del Centro dei Diritti Umani Digna Ochoa, con sede nella città costiera di Tonalá, ha dichiarato: "il Tatik Samuel ci ha lasciato in eredità la lotta e la difesa dei diritti umani, e per la giustizia. Per questo i membri di questo centro seguiranno i passi del Caminante e sorvegliante dei popoli per proseguire nel processo di pace, giustizia e rispetto dei diritti umani dei popoli in Chiapas".

È stata notevole la partecipazione dei tre livelli di governo alle esequie di don Samuel. Luis H. Álvarez è arrivato come inviato personale del presidente Felipe Calderón. Ieri sera, il governatore Juan Sabines Guerrero ha accompagnato i resti fino all'altare della cattedrale, dopo essersi occupato del trasferimento da Città del Messico. La presidentessa municipale, Cecilia Flores, ha messo a disposizione le forze di polizia ed ha inviato una corona di fiori. Inoltre, si sono visti ex membri della Cocopa "storica" e della disciolta Conai, tutti amici del Tatic.

La stampa chiapaneca si è profusa in riconoscimenti per Ruiz García. Lo stesso ha fatto il vertice del PRI locale: Sami David, la senatrice María Elena Orantes e la ex segretaria di Governo Arely Madrid Tovilla, responsabile della politica contrainsurgente di Roberto Albores Guillén. Nemmeno per loro è un segreto che senza il Tatic sarebbe impossibile comprendere la storia moderna del Chiapas, e che la sua eredità sopravvivrà a tutti loro. http://www.jornada.unam.mx/2011/01/26/index.php?section=politica&article=003n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)


martedì 25 gennaio 2011

addio Monsignor Samuel Ruiz,

Il coordinamento toscano di sostegno alla lotta zapatista  esprime il proprio cordoglio per la scomparsa del Monsignor Samuel Ruiz García un uomo giusto, sempre al fianco degli ultimi e in particolare dal 1994 punto di riferimento im portante degli insorti zapatisti.
Sempre osteggiato dal vaticano per le sue scelte umane e politiche..
La sua chiesa era sempre aperta, nella ricerca ostinata di una strada per l'autonomia vera dei popoli indigeni, per questo nel 94 aprì la propria diocesi agli accordi di pace tra ezln e governo messicano.
Un grande teologo della liberazione.
coordinamento toscano di sostegno alla lotta zapatista 
 
 


REUTERS

giovedì 20 gennaio 2011

Gianni Proiettis: Uno sparo nel buio

 
 

POPOCATÉPETL

La lava del Messico

a cura di Gianni Proiettis

16 gennaio 2011

 

Uno sparo nel buio

E' stato come il colpo di fucile che scatena la valanga. O la scintilla che incendia la steppa. La campagna "No más sangre!" (o "Basta de violencia!"), lanciata dal vignettista Rius e dal giornalista Carlos Payan ha attecchito all'istante, amplificandosi, in una società civile arrivata a un punto di saturazione di fronte ai morti, decapitati, torturati, desaparecidos di ogni giorno. E al sostegno immediato di artisti e intellettuali critici, in appena una settimana si è aggiunta, in cerchi concentrici, l'adesione di strati sociali sempre più vasti.

   Eduardo del Río, detto Rius, è un veterano dei "moneros" (vignettisti, caricaturisti, fumettari) impegnati, un mestiere che in Messico è riservato ai rivoluzionari. Due o tre generazioni si sono politicizzate sui fumetti di Rius. Il salone della satira di Lucca l'ha premiato in anni non sospetti, nel 1976.

   "Con la campagna 'Basta de sangre!' cerchiamo di combattere questa società di sottomessi che non vuole aprire bocca perché ha paura", dice Rius. Diramata in Twitter e Facebook, la campagna ha aperto le dighe della critica popolare al governo, ora nell'incomoda posizione di un re nudo.

   Saltando i protocolli, José Hernández, un altro "monero" di prima linea, interpella bruscamente il presidente Felipe Calderón: "Perché tu sei il responsabile di una strategia fallita e irresponsabile. Perché la tua falsa guerra è anticostituzionale e la stiamo pagando tutti noi. Perché la persecuzione poliziesca e militare non può per sé sola vincere il narco. Perché questa falsa guerra è riuscita solo a far aumentare il prezzo della droga e a far perdere valore alla vita."

   Il quotidiano "La Jornada" (www.jornada.unam.mx) ha raccolto le dichiarazioni dei primi aderenti alla campagna. Ne riporto alcune.

 

Lourdes Arizpe, antropologa:

"E' ovvio che sono i violenti quelli che promuovono la violenza e che vanno fermati. Però la domanda importante non è chi sono i violenti, bensì perché tanti messicani sono diventati così violenti negli ultimi dieci anni. La combinazione tossica sono le politiche che generano disuguaglianza e la disoccupazione, combinate con l'incapacità totale di fermare l'esportazione di droghe, l'importazione di armi e il lavaggio del denaro, a loro volta intrecciate con l'imposizione di ideologie religiose passivizzanti su ideologie politiche che potrebbero aver aperto i canali di espressione, dibattito e negoziato con gli esclusi dal loro stesso paese."       

 

Victor Flores Olea, politologo:

"E' atroce il momento di sangue che sta attraversando il nostro paese e il gran dubbio nel cuore di molti messicani è se l'aver tirato fuori l'esercito dalle caserme non abbia altri fini, come mantenere al potere il governante Partido de Acción Nacional e, naturalmente, sostenere il potere dei ricchi in Messico mantenendo la situazione di miseria. E, in ultima analisi, come già fece la Colombia in tempi recenti, aprire una breccia all'esercito degli Stati Uniti, anche come strumento di controllo della nazione. E' chiaro il fallimento del tentativo puramente militare e poliziesco di sconfiggere il crimine organizzato."

 

Elena Poniatowska Amor, scrittrice:

"La cultura e l'educazione sono le prime opzioni contro la violenza. Ed anche l'avere le stesse possibilità, perché la disoccupazione è quella che più fomenta la violenza. Aprire i giornali nel nostro paese è un pugno in faccia quotidiano, leggendo tutte le notizie della violenza che ci circonda. La nostra è una società in cui esiste un abisso fra le classi sociali e il fatto che si generi un'unione con questa campagna può servire da autoprotezione. Siamo indifesi. Quando i miei figli erano piccoli, li mandavo da soli al negozio qui all'angolo e ritornavano sempre con il resto giusto. Ora usciamo terrorizzati con i nostri bambini per le strade. Per questo dobbiamo dire basta."

 

Luis de Tavira, drammaturgo:

"E' evidente la strategia errata del governo di fronte al crimine organizzato e all'insicurezza. Ciò che si è fatto è stato combattere le armi con le armi e questo genera unicamente una maggiore violenza. Non è questa la strada, lo si è visto. Quella che stiamo vivendo è una guerra fra civiltà e barbarie. In questo contesto, è fondamentale la azione della cultura, non l'azione degli eserciti. E il compito della cultura non è altro che la costruzione della coscienza. La violenza che patisce il nostro paese è radicata nei problemi dell'educazione e nella distruzione della cultura. Siamo arrivati al nichilismo, che non è altro che l'assenza di valori. La campagna avviata da La Jornada, che chiama la cittadinanza non solo a pensare ma a manifestarsi, è fondamentale."

 

Luis Mario Moncada, regista:

"La campagna 'Basta de sangre!' è espressione dell'insofferenza di una società che non è stata consultata su situazioni molto complesse, che sembrano rispondere a delle strategie politiche più che a una vera politica di stato in materia di sicurezza. I risultati che possiamo verificare fino ad oggi fra numero di morti, città in stato d'assedio, clima di insicurezza mostra una strategia che non ha funzionato e andrebbe rivista. Purtroppo adesso, più che pianificare, c'è bisogno di correggere ed è qui che assume importanza l'espressione di insofferenza cittadina."


giovedì 13 gennaio 2011

Susana Chavez: Prima vittima di femminicidio a Ciudad Juárez del 2011


 

Ni una más

L'autrice di questa frase è stata assassinata. Si chiamava Susana Chávez e, oltre ad essere attivista contro i femminicidi a Ciudad Juárez, era poeta. Aveva 36 anni. Hanno gettato il suo corpo seminudo per strada. La testa era avvolta in un sacchetto di plastica nero. Le mancava la mano sinistra.

A Susana piaceva scrivere. Iniziò verso gli 11 anni. Era sul punto di finire un poemario. Dedicò la sua vita a denunciare le ingiustizie contro le donne. Offriva letture delle sue poesie durante le manifestazioni per le donne scomparse e assassinate.

Verónica Leitón realizzò una performance basata sulla sua poesia. Susana pubblicava su riviste e quotidiani e partecipò come modella sulla copertina promozionale del film "16 en la lista", il cui soggetto aveva per tema i femminicidi.

Susana scrisse sul suo blog "primera tormenta" il suo ultimo pensiero: "Ho provato dolore prima che si acuisse tutta la violenza che stiamo vivendo tutti noi abitanti di questa mia città natale, Ciudad Juárez. Ma adesso provo una sensazione di vuoto, abbandono e impotenza, suppongo come molti altri. Immaginare un miglioramento per quanto mi riguarda è difficile, ma nutro ancora delle speranze perché sono una donna di fede. Viva Città Juárez!"

Il 5 gennaio ha detto a sua madre che sarebbe andata in centro con degli amici. Non ha nemmeno preso la borsa. Quel giorno è stata assassinata, ma le autorità hanno consegnato il suo corpo cinque giorni dopo. Perché?, si domandano in molti. La versione che la questura di Chihuahua vuole spacciare per vera è che si è trattato di un crimine comune che non aveva nulla a che vedere con il suo attivismo.

Hanno affermato che è stata uccisa da tre giovani diciassettenni con cui è uscita a bere una birra. L'ipotesi che sostengono è che Susana avrebbe deciso di andare a casa di uno di loro e che lì avrebbero litigato e i giovani allora avrebbero deciso di ucciderla. Non c'è nulla di chiaro. Il sospetto getta ombra sulla versione ufficiale.

I presunti assassini sarebbero Sergio Rubén Cárdenas de la O detto "El Balatas", Aarón Roberto Acevedo Martínez detto "El Pelón" e Carlos Gibrán Ramírez Muñóz detto "El Pollo". Dicono che Susanna abbia affermato di essere una poliziotta e che li avrebbe denunciati in quanto membri di una banda. Allora l'avrebbero messa dentro la doccia e lì asfissiata. Successivamente le avrebbero amputato una mano con una sega per farlo sembrare un atto criminale tipico della delinquenza organizzata. La questura ha scartato l'ipotesi che ci fossero delle prove di violenza sessuale, ma in teoria quello sarebbe stato uno dei motivi dell'aggressione.

Susana era così ingenua da andare a bere da sola con tre ragazzi ignoti in una casa altrettanto ignota? Era così prepotente da mentire loro affermando di essere una poliziotta e di volerli denunciare come teppisti?

Lo dubito. La sua storia personale non coincide con questi atteggiamenti. Inoltre l'autorità di Chihuahua non è stata capace di risolvere neanche un caso dei 13 attivisti sociali assassinati in un anno, di cui tre donne; ha quindi poca credibilità. Una questura che non è nemmeno stata capace di risolvere i casi di femminicidio, manca di appoggio sociale. L'anno scorso sono state assassinate 446 donne. È per questo che c'è una certa diffidenza, l'ombra del dubbio.

La questura si difende ed argomenta che Susana non partecipava più a manifestazioni contro i femminicidi da sei anni, che non era più in contatto con l'ambiente delle organizzazioni non governative che denunciano violazioni dei diritti umani, che negli ultimi anni lavorava al El Paso (Texas) come badante di anziani, e via discorrendo…

La cosa certa è che non meritava di morire così. Né lei né nessun'altra. E che Amnesty International ha richiesto un'investigazione approfondita. E che la Commissione Nazionale dei Diritti Umani ha aperto un'inchiesta. E che le ONG e i collettivi di donne non hanno intenzione di starsene zitti, né di nascondere la propria indignazione. E che molte persone pensano che il silenzio ci rende complici. C'è molto dolore accumulato, molte morti, molti assassinii che si assomigliano… l'unica cosa che ci resta da fare è continuare ad alzare la voce.

L'assassinio di Susana Chávez si iscrive invariabilmente nell'ambito dei femminicidi, un crimine che si aggiunge a quello di migliaia di donne assassinate per ragioni violente. È la radiografia della mascolinità più primitiva, quella che lacera, offende, ferisce, aggredisce, insulta e dilania la società. Abbiamo bisogno di costruire tra tutti una mascolinità senza violenza, attacchi e impunità.

Una chitarra le dà il commiato al cimitero. Sua madre mette un foglio nella bara. È la poesia che Susana Chávez scrisse in onore a una morta di Ciudad Juárez: "Sangue mio, sangue di alba, sangue di luna tagliata a metà, sangue del silenzio".

 

Articolo di Sanjuana Martínez

Traduzione di Clara Ferri


lunedì 10 gennaio 2011

L'Altra Campagna indaga ed arresta i rapinatori

 

La Jornada – Domenica 9 gennaio 2010

L'Altra Campagna indaga ed arresta i rapinatori

 

Hermann Bellinghausen. San Cristóbal de las Casas, Chis. 8 gennaio. Le autorità ejidali di San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón, aderenti all'Altra Campagna, hanno informato dell'arresto in fragrante di un rapinatore a Xanil, sulla Strada che conduce ad Agua Azul, nel municipio di Tumbalá.

Lo scorso 3 gennaio le autorità ejidali erano state informate che al chilometro 87 sulla strada Ocosingo-Palenque, quattro individui "stavano assaltando i passeggeri di un'auto e qualche minuto dopo autorità dell'Altra Campagna si sono assunte il compito di indagare sul luogo dei fatti".

Sul posto è stato bloccato uno dei rapinatori, Miguel Demeza Silvano, di 16 anni, originario del villaggio Maquin Chab. I fatti sono avvenuti alle 21:30 del giorno stesso. Il giorno 4, prosegue la comunicazione degli ejidatarios tzeltales, si è proceduto a metterlo a disposizione delle autorità della procura della zona Selva Palenque.

Comunicano inoltre che, come autorità dell'organizzazione, stanno lavorando intensamente per identificare i colpevoli degli assalti che si sono verificati di frequente su quel tratto di strada, e metterli a disposizione delle autorità (ufficiali) affinché applichino la legge come dev'essere.

Ricordano lo scorso 12 dicembre ci fu un altro assalto nella zona e giorni i colpevoli furono arrestati. Uno di loro risultò essere membro del commissariato ufficiale che, tuttavia, riceve il costante supporto del governo municipale di Chilón. Così, funzionari filogovernativi stanno intervenendo per liberare i veri delinquenti, poiché dicono che uno di loro è un'autorità e membro dirigente del suo commissariato.

Gli ejidatari dell'Altra Campagna dicono di sperare che l'arresto dei criminali non sia un affare lucroso per i diversi enti di governo. Questi, aggiungono "stanno sporcando l'immagine dell'Altra Campagna" con accuse false. Che sia ben chiaro che i membri della nostra organizzazione non sono quelli che rubano. Quelli che delinquono sono i membri del Partito Verde Ecologista del Messico (filogovernativo ed alleato del Partito Rivoluzionario Istituzionale) e membri del commissariato ufficiale.

Infine, rivolgendosi ai turisti nazionali e stranieri che numero in questo periodo visitano l'area, dicono: Stiamo lavorando per dare sicurezza a tutti quelli che visitano le cascate di Agua Azul. http://www.jornada.unam.mx/2011/01/09/index.php?section=politica&article=015n2pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)



martedì 4 gennaio 2011

Golpe del Vaticano contro la diocesi di San Cristobal

 
 

Messico: Golpe del Vaticano contro la diocesi di San Cristóbal

 

La notizia non è piaciuta al gregge della diocesi di San Cristóbal de las Casas: il suo vescovo, Felipe Arizmendi, porta avanti un progetto per "smantellarla"; quasi la metà del suo territorio servirebbe per creare l'episcopato di Ocosingo. Analisti e sacerdoti concordano sul fatto che si tratta di un nuovo attacco del Vaticano contro la linea pastorale instaurata qui da Samuel Ruiz, difensore della causa indigena e uomo chiave nei giorni successivi alla sollevazione del 1994 che a gennaio compie 17 anni.

 

SAN CRISTÓBAL DE LAS CASAS, CHIS, 27 dicembre (Proceso).- Il vescovo di San Cristóbal de las Casas, Felipe Arizmendi, ha presentato un progetto per dividere territorialmente la sua diocesi, considerata l'unica in Messico che applica l'opzione preferenziale per i poveri, sorta dal Concilio Vaticano II.

 

Il progetto sostiene che questa diocesi ha un territorio molto grande che "limita la vicinanza del vescovo, dei sacerdoti e religiosi alle comunità", per questo è necessario dividerla per crearne una nuova il cui centro sarebbe ad Ocosingo.

 

Ma alcuni sacerdoti e gruppi di laici si oppongono al progetto di Arizmendi perché credono che la sua intenzione sia smantellare la linea pastorale instaurata qui dal vescovo Samuel Ruiz García. 

 

Joel Padrón, parroco di San Andrés Larráinzar, commenta: "Questa diocesi è un 

contributo alla Chiesa universale perché qui si mettono in pratica gli insegnamenti del Concilio Vaticano II di avere una comunione reale con il popolo. Mi sorprende che ora vogliano togliere parte del suo territorio e dividerla in due. Questo smembrerà il movimento fondato da Don Samuel Ruiz. Con questa divisione la diocesi di San Cristíbal scompare!".

 

Padrón - arrestato nel 1994 per aver difeso gli indigeni - sospetta che il piano non sia di Arizmendi, come questi assicura: "Non so da dove venga né chi lo abbia fatto. La cosa certa è che è un progetto ben elaborato, con grafici e cifre statistiche. Ma è stato realizato senza sondare prima il popolo. Fino ad ora non si è svolta nessuna consultazione".

 

Il sacerdote Heriberto Cruz Vera, responsabile del santuario di Tila, dice: "Il progetto viene dall'alto. Non risponde ad una necessità della base. Non tiene conto dell'opinione del popolo. Ho l'impressione che dietro ci sia un'intenzionalità politica più che pastorale".

- Viene dal Vaticano? 

 

- Il nostro vescovo dice di no, che è un sua proposta e dei suoi vicari. Gli crediamo. Ma questa divisione territoriale della diocesi è qualcosa di già deciso. Indebolirà tutto il processo della nostra Chiesa autoctona e liberatrice. Sarà molto doloroso. www.kaosenlared.net/noticia/mexico-golpe-vaticano-contra-diocesis-san-cristobal



Nuova provocazione contro l'EZLN

 

La Jornada – Lunedì 3 gennaio 2011

L'EZLN e L'Altra Campagna si dissociano dal sequestro di Fernández de Cevallos

L'autore della notizia ha avuto i suoi 15 minuti di fama, affermano gli indigeni zapatisti

Hermann Bellinghausen. San Cristóbal de las Casas, Chis. 2 gennaio. Enlace Zapatista, pagina web ufficiale dell'Esercito Zapatista di Liberazione (EZLN) e dell'Altra Campagna, ha smentito le notizie giornalistiche che vincolano queste organizzazioni al sequestro dell'ex senatore del PAN Diego Fernández de Cevallos.

Il documento, firmato da Javier Elorriaga e Sergio Rodríguez Lascano, editori di Enlace Zapatista, si riferisce al lancio dell'agenzia Efe, ripreso alla lettera da alcuni media, e ribadisce che L'Altra Campagna è un movimento politico, civile e pacifico. "Così è stato dalla sua fondazione e così si è mosso ed agito in questi anni. Non ricorre pertanto a sequestri per ottenere risorse né per fare propaganda politica".

Il comunicato prosegue: "è a tutti noto che l'EZLN, e la sua storia e pratica da 27 anni dalla sua nascita fino ad oggi lo dimostrano, non compie sequestri, questo va contro i suoi principi". Quindi, "l'EZLN non ha sviluppato né la struttura organizzativa né l'infrastruttura materiale per questo tipo di azioni". Si ricorda che da 17 anni, quando gli zapatisti "hanno dichiarato il cessate il fuoco offensivo per dare un'opportunità alla costruzione della pace giusta e degna, rispettano la parola data, non così lo Stato messicano che li ha aggrediti militarmente, politicamente ed economica, dal primo gennaio del '94 fino ai nostri giorni".

Il 1° di gennaio "è circolata una notizia su alcuni giornali nazionali e stranieri, a partire dall'agenzia di stampa spagnola Efe, secondo la quale un componente delle forze ribelli dell'EZLN", con un comunicato attribuiva il sequestro di Diego Fernández de Cevallos all'EZLN". Nella "confusa nota" si accusano anche diversi collettivi dell'Altra Campagna "di essere complici di detto sequestro, ........ "

In realtà, alcuni editorialisti, legati alle forze di sicurezza federali ed al governo del Chiapas hanno suggerito dietro addietro questa ipotesi che inaspettatamente ha preso forza nell'Anno Nuovo, senza ulteriore fondamento.

Elorriaga e Rodríguez Lascano riferiscono che il "comunicato" apocrifo è arrivato completo anche all'indirizzo di Enlace Zapatista, "tale e quale è arrivato ai media che ne hanno parlato dando la notizia". E sottolineano: "Basterebbe con che lo pubblicassero integralmente perché qualsiasi lettore capisse che è impossibile che abbia origine dall'EZLN. È incoerente in tutto il suo contenuto ed è chiaro che chi lo ha scritto cerca solo protagonismo e vuole generare confusione e servire gli interessi dal potere".

Esprimono la preoccupazione che "le comunità indigene zapatiste soffriranno una nuova scalata di aggressioni come risultato di questo tipo di trovate opportuniste e poliziesche". Questo è "il vero pericolo", concludono ed invitano a vigilare "di fronte a questa nuova provocazione contro i compagni zapatisti". E ribadiscono che "né l'EZLN né L'Altra Campagna compiono sequestri".

"Se qualcuno nutre simpatie o ritiene politicamente corretto praticare il sequestro, non ha posto nell'Altra Cmpagna. Il 'guerriero Balam', come si definisce chi ha inviato il comunicato ha avuto i suoi 15 minuti di fama, alcuni media hanno ripreso dei frammenti del suo scritto e sbattuti in prima pagina. Godeteveli. Nel frattempo, le comunità indigene zapatiste subiranno una nuova escalation di aggressioni come risultato di questo tipo di trovate opportuniste e poliziesche.

"Questo è il vero pericolo, restiamo vigili di fronte a questa nuova provocazione contro i compagni zapatisti", conclude il comunicato. http://www.jornada.unam.mx/2011/01/03/index.php?section=politica&article=011n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)



Nuova escalation repressiva contro l'EZLN

 
 

La Jornada – Lunedì 3 gennaio 2011

Nuova escalation repressiva contro il movimento, afferma la Cocopa

ENRIQUE MÉNDEZ

La Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa), del Congresso dell'Unione, "respinge decisamente qualunque tentativo di voler vincolare l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) col sequestro di Diego Fernández di Cevallos" ed ha chiesto al governo di Felipe Calderón un'indagine esaustiva sull'origine delle voci che, sostiene, vogliono scatenare una nuova campagna di diffamazione contro questo movimento.

Il presidente della commissione - formata da deputati e senatori - il petista José Narro Céspedes, ha contestato le notizie diffuse riguardo agli zapatisti che sarebbero coinvolti nel sequestro dell'ex candidato presidenziale del PAN. "Tutto indica che si tratta di documenti che vogliono essere l'inizio di una scalata repressiva contro l'EZLN", ha dichiarato.

In un comunicato emesso ieri, il deputato petista ha affermato che nei fatti "L'EZLN ha dimostrato la sua volontà di trovare una soluzione al conflitto, per la via politica, ed ha fatto la sua parte".

Narro Céspedes ha ricordato che dopo la riforma in materia di diritti e cultura indigena, dove si è lasciata fuori la sostanza degli Accordi di San Andrés Larráinzar, l'EZLN "decise di promuovere un innovativo processo di organizzazione e lavoro comunitario" con le giunte di buon governo… che sono un esempio di quello che può fare il popolo organizzato ed i cui risultati sono migliori di quelli che conosciamo nella politica tradizionale".

Il titolare della Cocopa affermò che persiste la tentazione di isolare lo zapatismo e di distruggerlo attraverso il suo esaurimento, l'usura del suo discorso e la fine del suo impatto.

Ha ricordato che quasi un anno fa, come ora, "senza nessuna fonte di informazione seria", gli zapatisti erano stati accusati di ricevere finanziamenti da ETA. (…)

http://www.jornada.unam.mx/2011/01/03/index.php?section=politica&article=011n2pol

(Traduzione "Maribel"-  Bergamo)



sabato 1 gennaio 2011

EZLN: 17 anni di resistenza e autonomia

 

La Jornada – Venerdì 31 dicembre 2010

Le domande non sono state soddisfatte, denunciano le comunità in resistenza dal 1994

Dopo 17 anni dalla comparsa sulla scena dell'EZLN, il governo continua a sostenere una guerra occulta

Nonostante la strategia contrainsurgente, gli indigeni hanno sviluppato un'autonomia pacifica

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 30 dicembre. L'insurrezione armata dell'Esercito di Liberazione Nazionale (EZLN) compie 17 anni senza che, a giudizio delle comunità indigene in resistenza dal gennaio del 1994, le sue richieste siano state soddisfatte da quattro successivi governi federali e sei amministrazioni statali. Nonostante questo, ed una prolungata strategia contrainsurgente, le comunità e regioni ribelli portano avanti una significativa esperienza di autonomia pacifica, chiaramente nazionale, che è risultata efficace anche a difesa della sovranità territoriale messicana in tempi in cui questa non brilla.

Arrivarono nei quartieri periferici di questa città la notte del 31 dicembre 1993. Chi li vide apparire moltiplicandosi nell'ombra ne contò dapprima centinaia. Verso mezzanotte erano già migliaia, armati e in divisa. Si concentrarono nell'anello periferico, vicino al viale Juan Sabines Gutiérrez, dopo aver occupato la piazza di San Ramón ed il Puente Blanco, accesso alla città provenendo dagli Altos.

Dall'altro estremo, all'uscita per Comitán, il quartiere di San Diego ed Avenida Insurgentes, altre truppe indigene avanzavano verso il centro. Nel corso dell'alba, i nuovi insorti presero il palazzo municipale, la piazza centrale e, di fatto, la città. La stessa cosa succedeva a Ocosingo, Las Margaritas, Altamirano e Huixtán.

A quell'ora era ormai sovvertito in maniera irreversibile tutto il territorio indigeno del Chiapas, ancora ignoto alla maggioranza dei messicani, compreso il governo del presidente Carlos Salinas de Gortari e dei governatori Patrocinio González Blanco Garrido ed Elmar Setzer. I popoli maya dl Chiapas iniziarono una guerra di liberazione tuttora in corso. Il grido di "Ya Basta!" che la mattina seguente attraversò il mondo è una pietra miliare nella storia moderna del Messico.

Da allora, il movimento indigeno zapatista è un attore chiave nella lotta politica del paese. Sebbene i ribelli decretarono una tregua, dopo 12 giorni di combattimento nel gennaio del 1994, la guerra non è finita. Non sono state soddisfatte le domande che diedero origine alla sollevazione, riconosciute come legittime dai governi di Salinas de Gortari, Ernesto Zedillo e Vicente Fox. Inoltre, i governi successivi hanno sviluppato un'incessante guerra irregolare, "di bassa intensità", contro le comunità organizzate con l'EZLN, suoi simpatizzanti, ed oggi anche gli aderenti all'Altra Campagna.


In un contesto nazionale di diffusa militarizzazione e combattimenti irregolari, frequentemente oscuri, ci si dimentica che le montagne del Chiapas continuano ad essere la regione più militarizzata del paese, e quella che sembra una "pace relativa" è in realtà una guerra occulta. Con le armi come appoggio (numerose truppe federali occupano decine di comunità sul suolo indigeno), il governo sta portando avanti una sofisticata guerra economica, sociale (a volte mascherata come "religiosa") e psicologica.


Durante questo periodo le comunità ribelli non solo hanno resistito e sono sopravvissute, ma si sono percettibilmente trasformate. Nel dicembre del 1994 stabilirono circa 40 municipi autonomi, dando inizio alla ribellione autonomista più lunga ed efficace dell'era moderna nel mondo. Tre lustri dopo, lo zapatismo ha cinque giunte di buon governo che, in mezzo ad una guerra contrainsurgente contro di loro, rappresentano un fattore ineludibile di governabilità e legalità, letteralmente a dispetto delle politiche governative.

Gli zapatisti non solo hanno applicato una riforma agraria ugualitaria che ha elevato i livelli di vita, dignità e libertà di migliaia di contadini indigeni, ma attraverso autentiche "scuole" di governo (inteso come servizio), le giunte dei cinque Caracoles, dove operano dal 2003, hanno costruito sistemi alternativi di educazione, salute, giustizia, produzione e commercializzazione di prodotti agricoli. Inoltre, sono tre lustri di relazioni solidali e politiche con lotte ed organizzazioni del resto del paese, America ed Europa.

Nel 2010, attivi ed in lotta sulle montagne del sudest, gli zapatisti hanno mantenuto un pertinace silenzio, occasionalmente rotto per denunciare aggressioni paramilitari, poliziesche e militari quando queste raggiungono livelli intollerabili, cosa che non toglie che succedano costantemente. http://www.jornada.unam.mx/2010/12/31/index.php?section=politica&article=011n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)



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