sabato 29 ottobre 2011

Solidarietà con i detenuti in sciopero

 

La Jornada – Venerdì 28 Ottobre 2011
HERMANN BELLINGHAUSEN
Si susseguono le espressioni di solidarietà e supporto con lo sciopero della fame e digiuno dei detenuti indigeni in tre prigioni del Chiapas per chiedere la loro scarcerazione, ed in particolare con il professor Alberto Patishtán Gómez, il cui trasferimento alla Prigione N. 8, a Guasave, Sinaloa, ha suscitato lo sdegno del Movimento per la Pace con Giustizia e Dignità (MPJD) e delle organizzazioni civili che promuovono l'assegnazione del premio jTatic Samuel jCanan Lum 2012, che anche loro hanno manifestato solidarietà con i detenuti in sciopero della fame e digiuno nelle prigioni N. 5 a San Cristóbal de Las Casas, N. 14 a Cintalapa e N. 15 a Copainalá, così come dei loro familiari che si trovano in presidio permanente nella Piazza della Cattedrale di San Cristóbal.
Pedro López Jiménez, portavoces della protesta indigena, ha dichiarato a La Jornada che, dopo 29 giorni di sciopero, "la nostra salute si sta deteriorando, abbiamo ormai molti disturbi, ma siamo decisi e proseguiremo per chiedere la nostra liberazione; siamo ingiustamente in carcere, il governo lo sa ma continua a restare sordo". Ha confermato che non ancora non è stato possibile entrare in contatto con Patishtán.
In un messaggio a Patishtán Gómez, il MPJD, guidato dal poeta Javier Sicilia, dice al detenuto indigeno: "Il suo arresto, la sua condanna ed il suo trasferimento a nord del paese, come fosse un criminale pericoloso, è un'ulteriore chiara prova della mancanza di giustizia che viviamo e che richiede le nostre migliori energie per costruire il paese e la giustizia di cui abbiamo bisogno".
Il MPJD riferisce: Il 14 ottobre abbiamo informato pubblicamente della sua situazione il presidente Felipe Calderón, il quale aveva detto che si sarebbe informato, e ci siamo indignati del suo improvviso trasferimento a Guasave, Sinaloa, lontano dai tutti i suoi parenti e amici".
Dice allo "stimato professore", riconosciuto difensore dei diritti dei detenuti: "Lei ha avuto la solidarietà e la sensibilità permanente dei suoi compagni in prigione, ai quali sono stati violati i diritti umani, e si è dedicato a chiedere giustizia".
Le organizzazioni del jCanan Lum ricordano che il 26 gennaio 2010 l'allora vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas visitò la Prigione N. 5, per consegnare a Patishtán Gómez il jTatic Samuel jCanan Lum, "come riconoscimento per il suo profondo impegno umano con cui, dalla prigione, porta avanti la causa di chi è ingiustamente imprigionato e, con la sua fede, promuove la difesa dei diritti umani, riuscendo ad ottenere la liberazione di 40 di queste persone, sebbene egli stesso continui a restare in prigione a scontare un'ingiusta condanna".
Le organizzazioni riaffermano il loro supporto a Patishtán "nella sua lotta per la libertà e la giustizia" e si appellano alle autorità "affinché assicurino il ritorno di Patishtán nel centro di detenzione più vicino alla sua famiglia nel più breve tempo possibile, come indicano gli organismi internazionali dei diritti umani".
Intanto, L'Altra Campagna ha realizzato una manifestazione davanti alla sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) a Città del Messico, a sostegno dei detenuti, denunciando inoltre che l'ONU segue una "Agenda Chiapas" in base alla quale "sostiene e finanzia" il governo del Chiapas "come difensore dei diritti umani".
Infine, secondo l'ultimo bollettino medico sullo stato di salute degli scioperanti, "la debolezza e nausea aumentano, ed anche la loro voce ormai è debole". Hanno perso in media otto chili, molti soffrono di diarrea e dolori addominali, condizione che aumenta la  disidratazione. http://www.jornada.unam.mx/2011/10/28/politica/020n1pol

giovedì 27 ottobre 2011

Denuncia dei prigionieri politici in sciopero della famein Chiapas

 
 

Denuncia dei detenuti in sciopero della fame

All'opinione pubblica
Ai mezzi di comunicazione statali, nazionali ed internazionali
Ai media alternativi
Agli aderenti all'Altra Campagna
Alla Sesta Internazionale
Alle organizzazioni indipendenti
Ai difensori dei diritti umani ONG
 
 
Prigiornieri politici della Voz del Amate
Voces Inocentes
Solidarios de la Voz del Amate
Aderenti dell'Altra Campagna dell'EZLN detenuti nel Carcere N. 5 di San Cristóbal de Las Casas Chiapas.
 
La mancanza di giustizia nello stato ha provocato molti danni alla vita dell'essere umano, con gli omicidi, gli espropri, le sparizioni e gli arresti ingiusti, tra gli altri, come la nostra attuale situazione di detenuti senza aver commesso reati.
È per questo motivo che abbiamo intrapreso l'azione di sciopero della fame, presidio e digiuno, e in dodici siamo da 26 giorni in sciopero, ormai con complicazioni alla salute, mal di testa, vista annebbiata, nausea, dolori alle ossa e debolezza in generale, ma in questo lasso di tempo non è stata data soluzione alle nostre richieste di liberazione.
Pertanto denunciamo pubblicamente la mancata attenzione alle nostre richieste da parte delle autorità incompetenti, e della richiesta della nostra liberazione immediata e incondizionata a Juan Sabines Guerrero, governatore dello stato. Insieme ai compagni che si trovano in altre prigioni, di El Amate e di Motozintla, chiediamo il ritorno immediato al Carcere N. 5 del compagno Alberto Patishtán Gómez o la sua immediata liberazione.
Infine, invitiamo le organizzazioni indipendenti nazionali ed internazionali ad unirsi a noi nella richiesta di giustizia vera e libertà per tutti i prigionieri politici del paese.
 
Fraternamente
La Voz del Amate
Voces Inocentes
Solidarios de la Voz del Amate
 
Carcere N. 5 di San Cristóbal de Las Casas Chiapas
24 ottobre 2011
 
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Área de Sistematización e Incidencia / Denuncia Pública
Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas A.C.
Calle Brasil #14, Barrio Mexicanos,
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas, México
Código Postal: 29240
Tel +52 (967) 6787395, 6787396, 6783548
Fax +52 (967) 6783551
denunciapublica@frayba.org.mx
www.frayba.org.mx
Facebook: Chiapas Denuncia Pública
Twitter: chiapasdenuncia
 

Gloria Munoz Ramirez: Ingiustizia in Chiapas

 

Los de Abajo
 
Gloria Muñoz Ramírez
 
Emilia Díaz è la moglie di Rosario Díaz, detenuto nell'Istituto Penitenziario N. 5 di San Cristóbal de las Casas, Chiapas, dove sta scontando una condanna a 45 anni di prigione accusato di sequestro e omicidio. Rosario, come gli altri 10 prigionieri politici da 24 giorni in sciopero della fame per chiedere la loro liberazione, sta scontando una sentenza frutto di un processo ingiusto e razzista, piagato da irregolarità di cui trabocca l'apparato di giustizia del governo di Juan Sabines e dei suoi predecessori, sia Pablo Salazar Mendiguchía sia Roberto Albores Guillén, in uno stato storicamente emblematico per l'ingiustizia verso gli indigeni.
Torture, testimoni falsi, detenzioni arbitrarie, mancanza di traduttori nei processi ed un'infinità di irregolarità sono presenti nei processi di centinaia di indigeni imprigionati in Chiapas. Di molti si presume l'innocenza, perché è dimostrabile l'arbitrio dei processi giuridici. Il reato di essere indigeno e, la cosa peggiore, di organizzarsi dentro le prigioni per chiedere la propria libertà, ha fatto sì che uno dei leader dello sciopero della fame, Alberto Patishtán Gómez, fosse trasferito improvvisamente in una prigione federale a duemila chilometri di distanza, a Guasave, Sinaloa, azione che è stata criticata da molti settori della società civile e da organismi dei diritti umani, come Amnesty International, che in un comunicato ha denunciato che si è trattato di "una rappresaglia per il suo ruolo attivo nello sciopero della fame e nelle rivendicazioni per il rispetto dei diritti umani dei detenuti".
Venerdì scorso convocata dalla Rete contro la Repressione e la Solidarietà, si è svolta un'azione di protesta di fronte alla rappresentanza del "malgoverno del Chiapas" a Città del Messico, per chiedere la liberazione immediata degli 11 detenuti dell'Altra Campagna che appartengono alle organizzazioni La Voz del Amate, Voces Inocentes e Solidarios de la Voz del Amate. Contemporaneamente, sta circolando un'Azione Urgente del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, che chiede ai governi federale e statale informazioni su dove si trovi Alberto Patishtán Gómez, così come le ragioni del suo trasferimento; il suo ritorno immediato nella prigione di San Cristóbal de las Casas; che si accolgano le richieste di giustizia che esigono i detenuti in sciopero della fame e si rispettino i diritti delle persone private della libertà; e che si rispetti il diritto di manifestazione, riunione e libertà di espressione dei familiari dei detenuti in sciopero della fame che si sta svolgendo nella Piazza della Cattedrale di San Cristóbal de las Casas, Chiapas. http://www.jornada.unam.mx/2011/10/22/opinion/015o1pol

mercoledì 26 ottobre 2011

Fw: [Ezln-it] Negate le visite ai detenuti in sciopero della fame inChiapas


La Jornada – Giovedì 20 ottobre 2011
HERMANN BELLINGHAUSEN
Pedro López Jiménez, 31 anni, tzeltal di Colonia Sibactel, municipio di Tenejapa, Chiapas, è da 21 giorni in sciopero totale della fame insieme ad altri sei detenuti indigeni nel carcere di San Cristóbal de las Casas. Chiede la sua liberazione perché sostiene di essere innocente dalle accuse per le quali è stato condannato a 14 anni di prigione, e che è stato torturato ed obbligato a dichiararsi colpevole di sequestro e violenza, reati che non ha commesso.
L'hanno arrestato gli agenti della polizia giudiziaria dello stato il 10 maggio 2007 a San Cristóbal de Las Casas. Come riferisce lo stesso López Jiménez, gli agenti non gli mostrarono nessun mandato di cattura. Nemmeno gli dissero il motivo dell'arresto. Condotto in una "casa" gli praticarono la tortura dell'asfissia con una busta di plastica, con l'acqua, gli bendarono gli occhi con uno straccio intriso di sostanza urticante e gli applicarono scariche elettriche. I suoi aguzzini lo bastonarono fino a fargli perdere i sensi.
López Jiménez ha riferito che alle torture partecipò "un numero imprecisato di poliziotti, perché erano in tanti". Nello stesso luogo dove fu torturato firmò la sua dichiarazione su un foglio in bianco. Il giorno seguente la polizia lo consegnò al Pubblico Ministero (MP) dove, con l'intervento di qualcuno appartenente al Pubblico Ministero stesso, si ratificò la dichiarazione che consegnarono i poliziotti. Non ebbe né l'assistenza di un avvocato né di un interprete in tzeltal. Lo trasferirono in un'altra casa e da lì al Centro Statale di Reinserimento Sociale (CERSS) numero 5, a San Cristóbal.
Gli formalizzarono l'arresto 9 giorni dopo con una condanna a 14 anni, riconfermata anche in appello. Come succede anche per gli altri casi dei detenuti attualmente in sciopero della fame e digiuno, l'avvocato d'ufficio incaricato del loro caso non li tiene informati dell'andamento dei processi.
Secondo i collettivi dell'Altra Campagna che seguono il suo caso e l'hanno visitato in prigione, "lo stato di sovraffollamento in cui vivono i reclusi è preoccupante". "Nelle celle di tre per tre metri e mezzo dormono minimo 10 persone". López Jiménez è membro dell'organizzazione Solidarios de La Voz del Amate, ed ha effettuato digiuni "come forma di denuncia e pressione". Ha denunciato pubblicamente anche il sovraffollamento in cui vivono i carcerati e la pessima qualità del cibo che ricevono, spesso scaduto.
Al momento del suo arresto era vice presidente dell'istruzione nella sua comunità. Ha cinque figli. Sua moglie, una donna contadina, ha dovuto cominciare a lavorare come salariata. La famiglia si è unita alle azioni in difesa dei detenuti e partecipa al presidio nella piazza di San Cristóbal, in corso da 12 giorni.
Con López Jiménez partecipano allo sciopero della fame, dal 29 settembre, Rosario Díaz Méndez, "prigioniero politico" della Voz del Amate; José Díaz López, Alfredo López Jiménez e Alejandro Díaz Sántiz, dell'organizzazione Solidarios de La voz del Amate, e Juan Díaz López, di Voces Inocentes.
Altri cinque detenuti partecipano con digiuni di 12 ore al giorno: Alberto Patishtán Gómez, della Voz del Amate, Andrés Núñez Hernández e Rosa López Díaz. Juan Collazo Jiménez (a Motozintla) ed Enrique Gómez Hernández (an Cintalapa) si sono uniti al digiuno il 3 ottobre.
Questo lunedì, un gruppo di indigeni cattolici di Huixtán ha chiesto di visitare i detenuti in sciopero nel Carcere N. 5, ma il direttore, José Miguel Alarcón García, ha vietato loro la visita dicendo di ritornare "tra 15 giorni". Secondo Indymedia Chiapas, "non è la prima visita agli scioperanti che il direttore della prigione proibisce".

Amnesty International chiede la revisione dei casi dei detenuti a San Cristóbal


La Jornada - Sabato 22 ottobre 2011
Ángeles Cruz Martínez
Amnesty International chiede alle autorità messicane di rivedere i casi dei detenuti in sciopero della fame nella prigione di San Cristóbal de las Casas, perché esistono le prove dell'irregolarità dei processi e delle sentenze. In particolare, esprime la sua preoccupazione per il trasferimento del professor Alberto Patishtán in una prigione federale di Sinaloa.
Denuncia che la misura sembrerebbe una rappresaglia per la sua partecipazione al digiuno iniziato il 29 settembre insieme ad altri condannati per protestare contro la persecuzione delle autorità penitenziarie. Denunciano anche che hanno negato loro la visita di familiare e amici.
Inoltre, dallo scorso 8 ottobre, i familiari dei detenuti in sciopero della fame sono in presidio permanente nella Piazza della Cattedrale.
Amnesty International segnala che i processi giudiziari contro gli indigeni in sciopero della fame devono essere rifatti secondo gli standard internazionali sul giusto processo, o devono essere messi in libertà.
Amnesty International rivolge anche un appello ai governi federale e statale affinché rispettino il diritto dei detenuti di realizzare lo sciopero della fame ed a procurare adeguata assistenza medica, così come a non ricorrere all'alimentazione forzata.
L'organizzazione segnala che tentare di alimentare gli scioperanti contro la loro volontà è ingiustificato, perché sono nel pieno delle loro capacità mentali, specialmente se questo avviene senza adeguata supervisione di uno specialista, e prima che esista una fondata ragione medica o avvenga in modo crudele.
Un'altra preoccupazione espressa da Amnesty International riguarda le minacce e le intimidazioni delle autorità per porre fine alla protesta. In particolare, si riferisce alla situazione di Rosa López Díaz, anch'ella in sciopero della fame nella prigione, che è stata minacciata di essere separata in maniera permanente da suo figlio.
Intanto, il Consiglio Statale dei Diritti Umani (CEDH) ha chiesto alla Segreteria di Pubblica Sicurezza federale di "realizzare le azioni necessarie" affinché Patishtán sia riportato nella prigione di San Cristóbal de las Casas, poiché il suo trasferimento nell'Istituto Penitenziario N. 8, con sede a Guasave, Sinaloa, "costituisce una violazione dei suoi diritti umani".
In un comunicato, il CEDH afferma che il trasferimento dell'indigeno "evidenzia la violazione dell'articolo 69 della legge federale di esecuzione delle sanzioni penali, secondo cui per i trasferimenti degli internati deve essere rispettato l'imperativo costituzionale di protezione dell'organizzazione e dello sviluppo della famiglia".
Aggiunge che questo principio è stato violato, perché Patishtán è di etnia tzotzil ed allontanandolo gli viene negata l'integrazione personale, familiare e comunitaria. http://www.jornada.unam.mx/2011/10/22/politica/015n2pol

Prosegue da 20 giorni lo sciopero della fame nelleprigioni del Chiapas

 
 
La Jornada – Mercoledì 19 ottobre 2011
HERMANN BELLINGHAUSEN
Alberto Patishtán Gómez, portavoce della Voz del Amate e tutti i detenuti in sciopero della fame e digiuno nelle tre prigioni del Chiapas, via telefono oggi dal carcere di San Cristóbal de Las Casas, sottolinea che la protesta delle organizzazioni L'Altra Campagna, Voces Inocentes, Solidarios con la Voz del Amate e la comunità di Mitzitón "sono da 20 giorni in sciopero della fame senza alcuna risposta da parte del governo".
Segnala che i detenuti, in particolare quelli che non assumono cibo dal 29 settembre scorso, accusano orami già forti nausee e debolezza, e che le autorità della prigione hanno ristretto le visite e l'ingresso di personale medico.
Rispetto al suo caso in particolare, il professor Patishtán ricorda "l'impegno (di concedere la sua libertà) preso dal governatore Juan Sabines Guerrero più di un anno fa nell'ospedale in cui era ricoverato; che non rimanga solo a parole, ma si concretizzi nei fatti".
Dopo la liberazione - nel fine settimana - di Manuel Heredia e Juan Jiménez, della comunità di Mitzitón, nella sezione maschile del Carcere N. 5 restano sei indigeni in sciopero della fame, ed altri due a digiuno per 12 ore al giorno. A loro si uniscono Rosa Díaz López - nella sezione femminile -, Juan Collazo, nel Carcere N. 6 di Motozintla, ed Enrique Gómez Hernández, nel Carcere N. 14 di El Amate.
Rispetto alla liberazione di due membri dell'ejido di Mitzitón, le autorità della comunità hanno chiarito - per telefono - che non hanno inviato nessun ringraziamento al governatore né hanno negoziato col governo. I contadini tzotziles liberati sono rimasti in carcere ingiustamente per quasi 10 anni.
Il portavoce di Mitzitón ha ricordato che si è trattato di una lunga lotta; nel gennaio scorso la comunità aveva realizzato un presidio di fronte alla prigione per chiedere la liberazione dei suoi compagni. "C'è stata anche l'azione dei compagni nazionali ed internazionali" (con riferimento alla solidarietà ricevuta). Resta in prigione Artemio Díaz Heredia.
Domenica scorsa, a 17 giorni di protesta, un gruppo dell'Altra Campagna, compreso personale medico, ha visitato la prigione di San Cristóbal. Sui carcerati in sciopero della fame riferiscono che Rosario Díaz Méndez, Pedro López Jiménez, José Díaz López, Alfredo López Jiménez, Alejandro Díaz Santis e Juan Díaz López sono "esposti alle intemperie ed al freddo ed alla pioggia, fuori dalle celle, in presidio sotto una tettoria di lamiera e teli di plastica". Accusano mal di testa, petto e stomaco, nausea, riduzione di peso, diarrea, stanchezza, segni di disidratazione, crampi alle gambe e pressione sanguigna bassa. Secondo il rapporto, i segni ed i sintomi osservati indicano "conseguenze fisiche dovute al digiuno; i detenuti sono in una fase in cui il digiuno inizia ormai a produrre effetti sulla salute fisica".
Nella sezione femminile è a digiuno per 12 ore al giorno Rosa López Díaz che accusa dolori al petto e dolore permanente per ernia ombelicale da vari mesi. "Nell'ultima settimana Tomás Trejo Liévano, che si è presentato come psicologo del Carcere, è stato da le per convincerla a 'parlare', nonostante il rifiuto di Rosa", alla quale sono state esercitate pressioni affinché abbandoni la protesta.
Impossibilitati allo sciopero della fame per motivi di salute, sono a digiuno anche Andrés Núñez Hernández e Patishtán Gómez; nel Carcere N. 14, Enrique Gómez Hernández, nel Carcere N. 6, a Motozintla, Juan Collazo Jiménez, che è "stabile, ma molto preoccupato per la madre che si trova al presidio dei familiari dei detenuti nella piazza di San Cristóbal" dall'8 ottobre.

lunedì 24 ottobre 2011

Aggredita comunità di Che Guevara, Chiapas

 

La Jornada – Sabato 15 Ottobre 2011
Hermann Bellinghausen
La giunta di buon governo (JBG) Hacia la esperanza, di La Realidad Trinidad, Chiapas, ha denunciato minacce di morte con armi da fuoco, furto di prodotti, saccheggi e tentativi di omicidio contro le basi di appoggio zapatiste del villaggio Che Guevara, o Rancho La Paz, nel municipio autonomo di confine Tierra y Libertad, da parte di persone di insediamenti vicini protette da funzionari governativi.
Nei giorni 6, 7 e 8, Eladio Pérez e Filadelfo Salas, loro familiari ed altre sei persone sono  arrivate a rubare due ettari di piante di caffè ed altrettanti sono stati tagliati da Olegario ed Ángel Roblero. "Le piantagioni di caffè sono coltivate dai nostri compagni, ma queste persone stanno tagliando le piante nel terreno recuperato di Che Guevara, che si trova nel municipio ufficiale di Motozintla", comunica la JBG.
La mattina del giorno 10, queste persone sono arrivate nuovamente sul terreno di 30 ettari con l'intenzione di tagliare altro caffè, ma le donne di Che Guevara l'hanno impedite. Tra gli intrusi, Bersaín e Misael Escobar si sono scagliati contro le donne a colpi di machete.
"La nostra compagna Martha Zunun Mazariegos è stata aggredita a colpi di machete ed è stata colpita al collo e presa a calci e poi, caduta a terra, minacciata con una pistola da Misael Escobar. Julia Aguilar ha ricevuto un colpo di con machete in testa, uno al braccio ed un calcio nell'addome. La compagna Guadalupe, di 75 anni, è stata aggredita con spintoni e minacce di morte". Misael ha esploso tre colpi in aria. Sono poi spraggiunti altri sei zapatiste per difendere le donne e sono state minacciate di essere "eliminate una per volta".
All'alba di martedì 11, Ángel Hernández Hernández, base di appoggio dell'EZLN di Che Guevara, mentre aspettava un'auto alla deviazione del Rancho La Paz, è stato avvicinato dai fratelli Escobar che "gli hanno legato collo e mani e picchiato, portandolo quindi in un'autofficina di proprietà di Misael al crocevia di San Dimas, dove hanno continuato a picchiarlo, e quando ha perso conoscenza hanno deciso di gettarlo nel fiume Río Grande di La Paz, a circa 100 metri, ma una donna che era con loro è intervenuta chiedendo che non lo facessero". Poi, gli aggressori "hanno detto ad un altro dei nostri compagni, Manuel Barrios, che l'avrebbero ammazzato".
Il gruppo degli aggressori è guidato da Silvano Bartolomé e Guillermo Pompilio Gálvez Pinto che la JBG accusa, insieme ai tre livelli di governo - municipale, statale e federale - di organizzare e manipolare la gente per provocare le basi zapatiste. "Questi atti criminali ci riempiono di rabbia e indignazione, ancora di più quando le istanze governative alle quali compete di fare giustizia li ignorano lasciandoli nell'impunità".
La JBG denuncia Rodolfo Suárez Aceituno, presidente municipale di Motozintla, il governatore Juan Sabines Guerrero ed il presidente Felipe Calderón Hinojosa, quali "autori intellettuali" di questi "atti criminali". Chiede alle autorità di fare giustizia. "Siamo stanchi di quello che fa il malgoverno; imprigiona gli innocenti mentre i criminali godono di piena libertà".
La giunta zapatista avverte: "Pensano di farci paura affinché i nostri compagni abbandonino le terre che abbiamo riscattato con il sangue dei nostri compagni caduti nel 1994. Non ci arrenderemo, le difenderemo a qualunque costo e se il governo non fa niente al riguardo e l'unica opzione che ci lascia è difenderla con la nostra stessa vita, lo faremo volentieri".
Se le autorità ufficiali non interverranno, "saranno complici di questi delinquenti", aggiunge la JBG. "Come zapatisti, non ci vendiamo per le porcherie che distribuisce Juan Sabines, e molto meno per gli avanzi di quello che lui non riesce a mangiare".
A due settimane dallo sciopero della fame di sette detenuti indigeni di diverse organizzazioni dell'Altra Campagna, ed altri sei a digiuno per 12 ore al giorno, il presidio dei familiari in corso da una settimana nella piazza centrale di San Cristóbal de las Casas denuncia nuove minacce di sgombero da parte del governo statale. Questo, perché lunedì prossimo inizia nello stesso luogo il Forum Mondiale del Turismo di Avventura, e non sembrano molto favorevoli all'immagine del governo chiapaneco le evidenze che si torturano e si imprigionano ingiustificatamente gli indigeni.
Come riferisce Indymedia Chiapas, questo giovedì i parenti in presidio hanno ribadito  che gli indigeni nelle prigioni di San Cristóbal, Cintalapa e Motozintla sono stati torturati sistematicamente. "L'asfissia è una delle forme di tortura più comuni in Chiapas, non solo durante i governi precedenti, ma anche nell'attuale amministrazione la cosa è sistematica". http://www.jornada.unam.mx/2011/10/15/politica/015n1pol
 

domenica 23 ottobre 2011

21 Ottobre: azione internazionale per i prigionieri inChiapas


21 Ottobre: azione internazionale per i prigionieri in Chiapas
In caso di adesione e per raccontare la vostra azione (anche uno
striscione, un volantino, un graffito...) ai prigionieri politici in
lotta, mandate il vostro report o qualche foto a:
nodosolidale@autistici.org
noestamostodxs@riseup.net
---
San Cristobal de Las Casas, Chiapas.
11 ottobre 2011
A la Sesta Internazionale
Alle organizzazioni, collettivi ed individui aderenti all'Altra Campagna

Compagni e compagne,
un saluto ribelle dal sud-est messicano.

Il giorno 29 settembre 2011 i/le prigionieri politici del collettivo
La Voz del Amate, Solidarios de La Voz del Amate, il prigioniero del
collettivo di ex-carcerati Voces Inocentes e i prigionieri aderenti
all'Altra Campagna del villaggio di Mitziton, hanno iniziato uno
sciopero della fame indefinito e un digiuno di 12 ore giornaliere, due
forme di lotta volte a ottenere la propria liberta', sottratta da
verdetti infami e falsi, e a difendere i diritti umani dei detenuti in
Chiapas.

Il giorno 8 ottobre 2011, i/le familiari dei/lle prigionieri in lotta
hanno cominciato un presidio permanente nell'atrio della cattedrale di
San Cristobal de Las Casas, Chiapas, per rafforzare la lotta dei loro
cari, rinchiusi ingiustamente nei vari penitenziari dello stato.

I/le familiari dei/lle prigionieri politici in lotta, il Gruppo di
Lavoro "No Estamos Todxs" e la Rete contro la Repressione e per la
Solidarieta' Chiapas convocano per VENERDI' 21 OTTOBRE le
organizzazioni, i collettivi, e le individualita' solidali e aderenti
all'Altra Campagna - negli orari e nelle forme che ognuno riterra´
opportune - a una serie di azioni decentralizzate internazionali di
solidarieta' ai/lle nostri/e prigionieri/e.

Esigiamo la liberta' immediata ed incondizionata di tutte e tutti i
compagni che si sono dichiarati in sciopero della fame e digiuno lo
scorso 29 settembre e i due compagni che si sono aggiunti con gli
stessi reclami, lo scorso 3 ottobre.

Saluti fraterni.

Familiari delle prigionieri e dei prigionieri politici
Red Contra la Represion y por la Solidaridad, Chiapas
Grupo de Trabajo "No Estamos Todxs"

Pres@s Politic@s Libertad!
Se toccano uno di noi, toccano tutti noi!
Abbattiamo i muri delle galere!
Viva l'Altra Campagna!

per maggiori informazioni (in castigliano):
http://noestamostodxs.noblogs.org

venerdì 21 ottobre 2011

Messico – Stato sotto processo

E' iniziata oggi l'attività del tribunale permanente dei popoli in Messico

In una sala gremita da alcune centinaia di persone, nell'Università Autonoma di Città del Messico, è stato presentato oggi l'inizio delle attività del Tribunale Permanente dei Popoli (TPP) in Messico. Per i prossimi tre anni raccoglierà in tutto il paese testimonianze a riguardo delle violazioni dei diritti fondamentali degli individui e dei popoli.

Il TPP è stato costituito a fine anni '70, dopo l'esperienza del tribunale Russel che indagò i crimini nordamericani commessi in Vietnam e delle dittature latinoamericane, ed in questi anni ha indagato numerosi casi di violazioni da parte di stati e multinazionali. Si dichiara un organo indipendente a livello intellettuale e politico, composto da numerose personalità di riconosciuta autorità morale provenienti da molti paesi, ed il suo scopo è di denunciare all'opinione pubblica mondiale gli autori di gravi violazioni dei diritti fondamentali. Il suo modo di funzionare è come quello di un normale tribunale; interviene dopo che è stata richiesta la sua presenza, raccoglie informazioni e prove, e infine emana un verdetto. E' giunto oggi in Messico, dopo che nel 2010 decine di organizzazioni sociali del paese ne hanno chiesto l'intervento.

I membri del TPP considerano l'attuale situazione del paese "allarmante", caratterizzata da "violenza, violazione dei diritti umani, specialmente dei popoli indigeni", "il dissolvimento di ogni tipo di istituzioni politiche e giuridiche". Il TPP "ha individuato nell'insieme dei trattati di libero commercio firmati negli ultimi 20 anni dal governo del Messico la causa fondamentale del deterioramento strutturale della qualità della vita economica, sociale, ambientale, politica, culturale e istituzionale" del paese. In mano ai gruppi criminali viene stimato il 40% del PIL e sempre più istituzioni politiche.

Come avevamo scritto alcuni mesi fa, il Messico è un paese in guerra. Non è una metafora, ma la drammatica e complessa realtà che emerge dai dati che ci parlano di più di 55 mila morti ammazzati negli ultimi cinque anni e 18 mila sparizioni forzate. Cinque anni fa il governo ha dichiarato guerra al narcotraffico, ma questo ha solo portato ad una militarizzazione del paese ed escalation della violenza; le organizzazioni sociali e i centri per i diritti umani denunciano che in realtà chi sta morendo sono soprattutto poveri, innocenti ed attivisti. Il vescovo Raul Vera, presidente del Frayba, ha ricordato che "molti sicari sono giovani che sono stati contrattati dall'economia criminale perché le istituzioni non garantiscono il lavoro". Ha accusato direttamente la classe politica messicana affermando che "il potere politico è al servizio dei grandi interessi economici internazionali", e che "i delinquenti sono da tutte le parti, nei cartelli, ma anche nelle strutture dello stato e delle imprese".

Le attività del TPP si svolgeranno lungo sette temi generali.

La violenza, l'impunità e la mancanza di accesso alla giustizia, in riferimento ai migliaia di morti e desaparecidos vittime della violenza; ed ai massacri, gli omicidi e la repressione contro attivisti sociali.

La migrazione, il paese è territorio di passaggio per chi viene dal centro America, e solo nell'ultimo ano sono stati documentati più di 10 mila sequestri di migranti, oltre ad omicidi e stupri.

Femminicidio e la violenza di genere, centinaia di donne uccise in certe città come Ciudad Juarez; Amnesty Internacional dal 94 al 2006 ha documentato 60 stupri da parte dell'esercito nei confronti di donne indigene o contadine, alcuni di questi casi hanno prodotto delle sentenze della Corte Interamericana contro lo Stato Messicano, ma come ha detto un membro del TPP: "Messico ha ratificato tante ordinanze internazionali, ma non le rispetta, per questo siamo qui".

Violenza contro i lavoratori. Emblematico il caso di Luz y Fuerza del Centro, la ditta parastatale di energia elettrica, il 10 ottobre 2009 alcune migliaia di poliziotti presero le istallazioni dell'azienda cacciando i lavoratori, e dopo poche ore il governo emise un decreto di estinzione della ditta, cioè senza nessun avviso furono licenziati 44550 lavoratori.

Violenza contro il mais, la sovranità alimentare e l'autonomia. Questa commissione si dedicherà soprattutto ad ascoltare le testimonianze dei produttori agricoli che sono stati esclusi dal mercato con i trattati di libero commercio, e che negli ultimi anni affrontano l'invasione di mono coltivazioni e di prodotti OGM.

Devastazione ambientale e diritti dei popoli. Il 30% del territorio nazionale è in concessione a imprese private per sfruttamento minerario, mettendo a rischio la sovranità nazionale e il diritto dei popoli che abitano quei territori.

Disinformazione, censura e violenza contro i comunicatori. Le radio comunitarie e i mezzi di informazione indipendenti subiscono criminalizzazione e repressione. Molti giornalisti sono stati uccisi in questi anni, e nelle statistiche il Messico si è convertito nel paese più pericoloso per chi fa questo lavoro.

L'attività del TPP sarà affiancata da decine di organizzazioni sociali di tutto il paese, e da una commissione di garanti composta da personaggi autorevoli come il poeta Javier Sicilia e l'antropologo Gilberto Lopez y Rivas. Inoltre è stata letta una lettera di sostegno all'iniziativa firmata da centinaia di persone di tutto il mondo tra cui Vandana Shiva, Edorado Galeano, Raul Zibechi e Immanuel Wallerstein.

Per tre anni il TPP raccoglierà testimonianze in tutto il paese riguardo ai sette temi precedentemente esposti, per poi emettere una sentenza definitiva nel 2014. I suoi membri si auspicano che questa iniziativa possa essere un utile strumento per i movimenti sociali per rompere il silenzio, per far visualizzare i crimini e le ingiustizie che si vivono nel paese.


vedi www.tppmexico.org

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