giovedì 31 gennaio 2008

Dal Messicosolidarietà con Genova/Cosenza/Firenze

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> Genova non si dimentica: stop alla criminalizzazione dei movimenti sociali
> in Italia
>
> SIT-IN di protesta di fronte l'ambasciata italiana a Citta' del Messico
> alle ore 12 (Paseo de las Palmas 1994). Per rilanciare la solidarieta' dal
> basso contro le persecuzioni politiche di chi si oppone al modello
> neoliberalista: Genova, Firenze, Cosenza, Torino... tutti processi che
> mirano a criminalizzare l'organizzazione delle lotte sociali. In Italia,
> come in Messico e in tutto il mondo.
>
> Segue l'appello per l'annullamento immediato e incondizionato della
> sentenza che condanna i/le compagn* per i fatti di Genova, redatto in
> Messico da alcune organizzazioni solidali e dal collettivo Nodo Solidale.
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> Il 20 e 21 luglio 2001 a Genova, in Italia, si è dato appuntamento il G8,
> un vertice dove hanno partecipato i presidenti degli 8 stati più potenti
> del mondo, riuniti per decidere la sorte di tutto il pianeta e pianificare
> nuove guerre coloniali e sfruttamento.
>
> In questi giorni più di 300.000 persone, compagni/e dei centri sociali,
> degli squat, dei movimenti sociali, della società civile, dei collettivi
> femministi, attivisti di associazioni cattoliche, sindacati autonomi e
> studenti riempirono le strade della città per esprimere il proprio
> dissenso contro la globalizzazione neoliberista imposta dall'alto.
>
> Mentre i leader del G8 si trovavano assediati in una zona di sicurezza, le
> forze di polizia e militari italiane attaccarono brutalmente tutti i
> manifestanti con manganell, gas lacrimogeni, colpi d'arma da fuoco,
> rendendo evidente che questo livello repressivo era premeditato. Le strade
> di Genova si trasformarono in uno scenario di guerra, con migliaia di
> manifestanti costretti a difendersi erigendo barricate contro la feroce
> offensiva della polizia.
>
> Durante gli scontro il compagno Carlo Giuliani, di 23 anni, viene
> assassinato da un carabiniere con un colpo di pistola sparato in faccia,
> mentre centiania di partecipanti ai cortei vengono picchiati, ricoverati e
> torturati. Nelle caserme e nei commissariati i manifestanti subirono
> minaccie di morte e stupro, a molti gli strapparono piercing e orecchini
> con le pinze, furono costretti a restarsene in piedi ore cantando inni
> fascisti.
>
> Nella notte del 21 luglio, gli edifici che ospitavano alcuni attivisti e
> la
> radio di movimento, il mediapoint, furono barbaramente sgomberati: dei 93
> arrestati di questa operazione, più di 60 furono ricoverati per i colpi
> ricevuti.
>
> La vendetta dello Stato continuò nelle aule dei tribunali. 25 manifestanti
> furono scelti come capro espiatorio e accusati di "devastazione e
> saccheggio", ignorando che la gente dovette difendersi della violenza
> brutale della polizia. Hanno voluto, nel corso di questi lunghi anni di
> processo, riscrivere la storia, la cronaca, le ragioni degli scontri e dei
> cortei di Genova. Nei tribunali hanno cancellato la verità dell'assassinio
> di Carlo Giuliani, sentenziando che fu per un proiettile colpito da un
> sasso di un manifestante che "sfortunatamente" uccise Carlo.
>
> Infine il tribunale avallò la tesi del Potere: il 14 dicembre 2007 24
> manifestanti sono stati condannati con pene fino a 11 anni di carcere,
> mentre gli assassini e torturatori in divisa di Genova ancora godono
> dell'impunità e i loro superiori sono stati promossi di grado.
>
> I firmatari di questo appello esigono l'annullamento immediato della
> sentenza emessa dai giudici di Genova, perché la storia delle lotte
> sociali e antineoliberiste non si scriva nei tribunali, e fanno
> responsabile lo Stato Italiano delle violenze avvenute a Genova e delle
> pesanti condanne che i tribunali continuano ad assegnare ai lottatori
> sociali d'Italia, attraverso l'accusa fascista di "associazione
> sovversiva".
>
> La storia siamo noi, Genova non si dimentica!
> Libertà per i/le prigionieri/e politici/he di Genova, d'Italia, del Mondo!
>
> Collettivo Autonomo Magonista (Df, Messico)
> Nodo Solidale (Italia)
> ALMA - Alleanza Libertaria Magonista (Df, Messico)
> Colectivo Radio Proletaria 107.5fm (Tuxtla, Messico)
> OPEZ, MLN, COAECH (Tuxtla, Messico)
> Coordinadora Autonoma Tecnologias Apropriadas y Salud (Chiapas, Messico)
> Comité por la Defensa de los Derechos Indigenas Xanica (Oaxaca, Messico)
> Amig@s de Mumia (Df, Messico)
> Colectivo un granito de Café (Df, Messico)
> Fronte dei lavoratori del IMSS (DF, Messico)
> Asociación de Iniciativas Populares Ditsö (Costa Rica)
> VOCAL - Voci Oaxaqueñas Costruendo Autonomia e Libertad (Oaxaca, Messico)
> RAI - Recursos d'Animació Interculturals (Catalunya, Espanya)
> Ké Huelga Radio 102.9 fm (DF, Messico)
> Cooperativa Libertas Anti Corp (DF, Messico)
> Regeneración Radio (DF, Messico)
> OIDHO - Organizaciones Indias por los Derechos Humanos en Oaxaca (Oaxaca,
> Messico)
>
> http://www.autistici.org/nodosolidale
>
>

martedì 29 gennaio 2008

Liberati/e sette detenuti/e politici/he per i fatti diAtenco

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> Liberati/e sette detenuti/e politici/he per i fatti di Atenco.
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> All'una di notte, del giorno 26, sono usciti/e, dal carcere di Molino de
> las Flores, sette compagni/e. La loro liberazione e' stata annunciata gia'
> dalla mattina del 25. A questa buona notizia si e' aggiunta quella del
> ricorso che finalmente e' stato vinto dalle compagne Norma Jiménez Osorio
> e Maria Luisa López Morán.
>
> Lo stesso giorno, di fronte all' Audiencia Nacional española a Madrid, e'
> stata esposta una querela per le torture psicologiche, fisiche e sessuali
> che una cittadina spagnola ha ricevuto durante la brutale repressione che
> si e' scatenata a San Salvator Atenco nel maggio 2006.
>
> I/Le compagni/e usciti/e dal carcere dopo piu' di un anno e otto mesi si
> sono incontrati/e con piu' di 300 persone che dalle prime ore del mattino
> del 25 si riunivano nel Planton.
> I familiari e gli amici di Mariana Selvas Gómez, Guillermo Selvas, Vicente
> García Murguía, Martín Garrido Romero, Cecilio Ramírez Espinosa, Jorge
> Armando Ramírez Aguilar e David Medina Néri non erano soli.
> Ad aspettare la loro liberazione c'erano i rappresentanti del Plantón del
> Molino de las Flores, i membri del Frente de Pueblos en Defensa de la
> Tierra(FPDT), gli aderenti della Otra Campana, gli avvocati, i media
> indipendenti e i rappresentanti delle diverse organizzazioni dei movimenti
> sociali nazionali ed internazionali.
>
> Attualmente i/le compagni/e che rimangono in stato di arresto per i fatti
> di Atenco sono 19, mentre 167 sono ancora i/le compagni/e che seguono con
> le udienze. Dei 19 detenuti tre, rinchiusi nel carcere di massima
> sicurezza
> di Almoloya de Juarez, sono stati condannati a 67 anni di prigione.
>
> Nel carcere di Molino de las Flores rimangono rinchiusi/e 16 compagni/e,
> pero', secondo il team di avvocati che li segue, molto probabilmente 3 di
> loro (Cesar del Valle, Edith Gutiérrez Rosales y Rufino Jiménez)
> usciranno il prossimo mese.
>
> La scarcerazione dei/lle compagni/e avviene in un momento molto difficile
> per il FPDT. Oltre alla riattivazione del progetto aereoportuale
> annunciato
> dal presidente Felipe Calderon in terre federali molto vicine a San
> Salvador Atenco, si aggiunge lo stato di repressione che dilaga in tutto
> il
> territorio. Qualche settimana fa, infatti, la casa di uno dei membri del
> FPDT, Adán Espinosa, e' stata circondata per piu' di 2 giorni da agenti
> della polizia statale. Secondo i membri del FPDT, il dilagante stato di
> repressione e' finalizzato a diffondere il terrore tra la gente cercando
> cosi' di ostacolare la riorganizzazione della lotta contro i nuovi piani
> governamentali per la costruzione dell'aereoporto.
>
> Trinidad del Valle afferma che questa buona notizia (la liberazione
> dei/lle
> 7 prigionieri/e) arriva in un momento importante per il movimento: "la
> loro
> liberazione anima il morale del nostro popolo".
>
> La conferenza stampa si e' svolta nel Planton subito dopo la
> scarcerazione.
> Dalle loro parole si capisce che hanno forza e animo per continuare a
> lottare.
> Sedute dietro uno striscione con scritto " Per una organizzazione
> anticapitalista di sinistra, ne PRI, ne PAN, ne PRD. La Otra Campana
> contro
> il potere" , dopo aver cantato l'inno zapatista hanno ringraziato tutti,
> nazionali e internazionali; da quelli che sono riusciti a venire al
> Planton
> a quelli che li hanno sostenuti economicamente, ringraziano per la
> pressione esercitata sulle istituzioni per esigere la liberazione dei
> prigionieri politici. Cecilio Ramírez ringrazia e dice: " Ci sono volte
> che non scendono lacrime dagli occhi, ma e' il cuore che piange. Voi siete
> la nostra famiglia, siamo liberi/e grazie a voi, [...], tutto dipende da
> noi, da questa unione".
> Anche se, riferendosi alle condizioni di tortura, repressione e corruzione
> che si vivono nel carcere, e alla supposta "rieducazione" che si vuole
> dare, come afferma il dottor Guillermo Selvas " gia' mi sento pienamente
> riabilitato, adesso so' aprire una macchina in 10 minuti"; lui come
> Mariana
> Selvas parlano del prevedibile rafforzamento della repressione. Mariana
> dice "adesso dobbiamo stare noi da questo lato, la repressione avanza
> conpiu' forza, dobbiamo essere uniti e dobbiamo attaccare, perche' siamo
> stufi di resistere soltanto. Non ci fermeremo fino a quando non otteniamo
> la
> liberta' di tutti".
>
> Durante la conferenza i/le compagni/e non hanno mai smesso di gridare
> parole in solidarieta' ai detenuti politici.
> L' attesa e la lotta per la liberta', per piu' di due anni, continua
> domani
> dentro e fuori le mura, pero' questa notte si festeggia con caffe' e
> fuochi
> d'artificio. Lacrime, forza e allegria sono la miscela che ha il sapore di
> una vittoria collettiva.
>
> (Preso da Regeneración Radio)
>
> Tradotto da Nodo Solidale
> www.autistici.org/nodosolidale
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lunedì 28 gennaio 2008

Il FrayBa chiede i risultati delle indagini sul massacrodi Viejo Velasco

 
 

La Jornada – Domenica 27 gennaio 2008
 
 

Esigono i risultati delle indagini sul massacro di Viejo Velasco, Chiapas

 
- Il Ministero di Giustizia ancora non consegna le analisi delle ossa ritrovate mesi fa
 
Hermann Bellinghausen (Inviato)
 
San Cristóbal de las Casas, Chis. 26 gennaio. Il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC) ha chiesto alle autorità giudiziarie dello stato di proseguire nelle indagini sul massacro perpetrato nella comunità Viejo Velasco Suárez, nei Montes Azules, il 13 novembre 2006. 
 
In quell'occasione ci fu un attacco armato da parte di abitanti di Nueva Palestina (parte della comunità lacandona) e di circa 300 persone con uniformi della Pubblica Sicurezza. Nell'aggressione morirono quattro persone e sparirono altri quattro uomini: Pedro Núñez Pérez, Mariano Pérez Guzmán, Miguel Moreno Montejo e Juan (o Antonio) Peñate.
 
Oltre ad un anno dall'aggressione, il CDHFBC denuncia che le autorità statali non hanno stabilito nessuna responsabilità rispetto alle morti, sparizioni e lo sfollamento degli abitanti. Il ritrovamento di due scheletri nelle vicinanze di Viejo Velasco lo scorso 6 luglio "rappresenta la prova tangibile dell'aggressione", ma il Ministero di Giustizia del Chiapas non ha fatto conoscere i risultati delle prove del DNA eseguite su quei resti. 
 
Il 26 settembre 2007, specialisti in genetica dell'attuale Ministero di Giustizia hanno prelevato campioni di sangue dei familiari dei desaparecidos. "La finalità era eseguire i test del DNA necessari per determinare se i due scheletri ritrovati corrispondono ai desaparecidos. Dopo quattro mesi, l'attuale procura, distretto Selva, con sede a Palenque, non ha consegnato i risultati di tali analisi. Ignoriamo perfino se questi test siano stati eseguiti", aggiunge il centro.
 
Il Coordinamento dei Servizi Peritali del Dipartimento di Genetica Forense, con sede a Tuxtla Gutiérrez, incaricato di eseguire i test, il 24 ottobre ha comunicato che "a causa della cattiva qualità dei reperti (ossa), non si è potuto eseguire il confronto richiesto perché i test richiedono un tempo maggiore di trattamento di purificazione".
 
La stessa risposta
 
Da novembre i familiari insistono nel conoscere il risultato delle prove. Tuttavia, hanno ricevuto le stesse risposte sia dal Coordinamento dei Servizi Peritali sia dal Pubblico Ministero (di Palenque) che sostengono di non avere risultati in quanto "le perizie avevano subito un cambio di sede", o c'era stata la "nomina di un nuovo coordinatore e perito", o perfino un "cambiamento di Pubblico Ministero". 
 
Il CDHFBC ritiene che tale situazione "è la dimostrazione di disinteresse e negligenza da parte delle autorità investigatrici". Il tempo passa senza che le famiglie abbiano certezze sull'identità degli scheletri ritrovati e senza nessun progresso nelle indagini. Il centro ha sollecitato l'intervento della Commissione Interamericana dei Diritti Umani.
 
Chiede inoltre che il Ministero di Giustizia "informi con certezza sullo stato attuale e reale della realizzazione delle analisi; che le stesse permettano l'identificazione probatoria dei resti umani ritrovati e che svolga il suo obbligo di portare a termine un'indagine seria ed efficace che indichi l'ubicazione dei desaparecidos".
 
Il CDHFBC ricorda che, davanti all'inefficacia dell'allora Procura Generale dello stato, i familiari dei desaparecidos ed una commissione civile di osservazione hanno fatto un viaggio dalla comunità Paraíso verso Viejo Velasco, nel quale sono stati ritrovati i resti umani e gli abiti di almeno due persone. I familiari hanno dichiarato che gli abiti ed i resti appartenevano a Pedro Núñez Pérez e Miguel Moreno Montejo; se così fosse confermato, mancherebbe solo il ritrovamento di Mariano Pérez Guzmán e Juan (o Antonio) Peñate.
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" - BergamoI
 

sabato 26 gennaio 2008

La sospensione del dialogo EZLN-governo


Jaime Martínez Veloz - LaJornada



Parte I

Il primo gennaio 1994 l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) incitò all’insurrezione attraverso una dichiarazione di guerra all’Esercito Messicano e l’occupazione militare di vari municipi, innalzando le bandiere dei diritti collettivi dei popoli indigeni e la costruzione di un nuovo modello di nazione.

La minaccia di una destabilizzazione generalizzata mobilitò ampi settori sociali, cosa che costrinse i contendenti a sospendere lo scontro militare ed a mettersi a dialogare, per la prima volta nella cattedrale di San Cristóbal de las Casas, in un processo che è risultato difficile e perfino contraddittorio.

Il presidente della Repubblica era Ernesto Zedillo Ponce de León e ci furono avvicinamenti iniziali tra funzionari del Potere Esecutivo federale e la dirigenza dell’EZLN, che furono bruscamente annullati il 9 febbraio 1995, quando furono emessi mandati di cattura contro la dirigenza dei ribelli.

Questa decisione del Potere Esecutivo scatenò una grave crisi che fu superata solo grazie all’intervento del Potere Legislativo federale che il 10 aprile 1995 approvò unanimemente la Legge per il Dialogo, il Negoziato e la Pace Degna in Chiapas, che voleva favorire la comprensione tra le parti, riaffermare la sovranità tra poteri e risolvere giuridicamente la questione dei mandati di cattura.

Infatti, e con il sostegno di tutte le istituzioni e dei partiti politici, questa legge diventò la piattaforma per strutturare il processo di dialogo e pacificazione tra il governo federale e l’EZLN dall’aprile 1995 al settembre 1996.

L’agenda di questo processo, approvata congiuntamente, includeva i seguenti temi: diritti e cultura indigeni, democrazia e giustizia, benessere e sviluppo, riconciliazione in Chiapas e diritti della donna, lasciando alla fine la cancellazione della dichiarazione di guerra e l’accordo di pace definitivo. Per lo sviluppo di ogni tema, si concordò una metodologia di lavoro che permetteva la realizzazione di avvicinamenti e di consultazioni tra le delegazioni di ognuna delle parti e delle loro rispettive istanze di comando.

Il 16 febbraio 1996, a San Andrés Larráinzar si firmò il primo accordo parziale su Diritti e Cultura Indigeni, dopo un intenso e proficuo processo di dialogo e negoziato.

In questa tappa, il rapporto tra l’EZLN e la Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) fu di vicinanza, cordialità e fiducia, cosa che favorì la creazione di una strategia denominata Via parallela, la quale consisteva nel preparare il processo di dialogo, un meccanismo di interlocuzione tra l’EZLN ed il governo federale, dove mediante documenti riservati, cioè, testi di impegno politico tra le parti, il presidente della Repubblica ed il subcomandante Marcos, incaricato dalla comandancia zapatista, cercavano attraverso la Cocopa di accelerare il processo di pace.

Il secondo tema in agenda era Democrazia e giustizia, ma il suo sviluppo fu molto contrastato rispetto al precedente: la parte governativa si rifiutò in maniera costante di manifestare la propria posizione ai tavoli installati, atteggiamento che differiva totalmente dalle intenzioni dichiarate dal presidente della Repubblica alla Cocopa.

Davanti al fallimento di questo tavolo ed al ritardo nel realizzare i primi accordi, nell’agosto del 1996 l’EZLN dichiarò sospeso il dialogo fino a che non si fosse applicato quanto pattuito in materia di Diritti e Cultura Indigeni.

Per superare questa crisi e contando sull’appoggio delle rispettive direzioni di partito e con l’accordo delle parti, i membri della Cocopa, nel 1996, elaborarono l’Iniziativa di riforma costituzionale in materia di diritti e cultura indigena.

Parte II

Quando la Commissione di Concordia e Pacificazione (Cocopa) presentò alle parti in conflitto l’iniziativa di legge in materia di diritti e cultura indigeni, l’EZLN rispose che benché la proposta non includesse tutti i contenuti ai quali aspirava, l’avrebbe accettata ed il subcomandante Marcos disse perfino alla commissione legislativa che una volta approvata dal Parlamento dell’Unione, nel marzo del 1997, sarebbe stato possibile firmare un protocollo di pace anticipato, permettendo così di affrontare i successivi temi in agenda senza tensioni di carattere militare.

La risposta del governo federale all’iniziativa della Cocopa fu inversa alla posizione zapatista; il presidente Ernesto Zedillo ignorò i termini già approvati dai suoi rappresentanti e respinse assolutamente l’iniziativa adducendo "imprecisioni tecnico-legali" e successivamente si espresse contrario alle questioni di fondo.

Questo rifiuto di rispettare quanto pattuito provocò l’allontanamento delle parti e dentro il governo federale si rafforzò la strategia contrainsurgente di incoraggiare settori indigeni a scontrarsi con violenza contro gli zapatisti, con disastrosi risultati per le comunità ed il processo di pace; la tragedia di Acteal è il risultato di questa strategia. La Cocopa fu ridotta alla sua minima espressione e praticamente rimase senza ruolo a partire dal rifiuto del governo di rispettare gli accordi concordati.

Assumendo la Presidenza della Repubblica, Vicente Fox Quesada ripropose al Congresso dell’Unione l’iniziativa di legge elaborata dalla Cocopa in materia di Diritti e Cultura Indigeni, defenestrata dal suo predecessore.

La presentazione della stessa avvenne in un contesto caratterizzato da un’ampia mobilitazione sociale intorno al movimento zapatista. Non esente da difficoltà, la marcia nazionale zapatista approdò al Distretto Federale tra grandi aspettative. La presenza della comandancia zapatista tra i seggi del Parlamento dell’Unione fu un fatto inedito, reso possibile grazie al consenso di tutti quelli che pensavamo che il sistema politico messicano non include pienamente tutti i messicani. Tuttavia, la decisione presidenziale di ripresentare l’iniziativa in materia indigena non ebbe il supporto indispensabile affinché i suoi effetti si trasformassero in incentivi per la pace; il testo che approvò il Parlamento escluse parti sostanziali in materia e già concordate nei conclavi di San Andrés Larráinzar, cosa che fu interpretata dall’EZLN come un tradimento di tutta la classe politica.

Successivamente l’EZLN realizzò una ritirata tattica, si crearono le giunte di buon governo che realizzano attività di concertazione degli sforzi, appianamento pacifico delle divergenze comunitarie ed articolazione dei lavori collettivi nelle zone zapatiste. Queste forme innovative di organizzazione hanno costituito un prezioso apporto zapatista alla governabilità chiapaneca ed alla comprensione con altri nuclei indigeni che condividono la loro vita e questioni nella stessa zona di influenza zapatista.

Durante la campagna elettorale federale del 2006 l’EZLN realizzò un viaggio per il territorio nazionale che denominò l’altra campagna, col quale rese palese la sua distanza dalla sinistra elettorale e mantenne il contatto con gruppi di simpatizzanti zapatisti in uno sforzo per creare un movimento nazionale.

Le cause che hanno provocato l’insurrezione guidata dall’EZLN 14 anni non sono sostanzialmente cambiate, nonostante quanto fatto in tutto questo tempo, compresi i molti sforzi sinceri di ottenere cambiamenti duraturi a beneficio di tutti i chiapanechi.

Sembra siano prevalsi criteri che ora non si osano nominare, ma che dall’inizio hanno scommesso sul principio che la fatica e l’usura avrebbe finito per smembrare i ribelli, condizione per la restaurazione del vecchio ordine, inaccettabile perché ingiusto.

Questi criteri fallirono e per questo ora nessuno riconosce la loro paternità; c’era molto in gioco nel passato recente, gli equilibri delle armi sono fragili ed instabili e se in Chiapas non si ruppero fu grazie alla lealtà di molti, in particolare al comportamento responsabile dell’EZLN. Oggi, dopo 14 anni dall’insurrezione armata, lo zapatismo è vivo, organizzato e con capacità di iniziativa politica.

Attualmente sembra lontana la possibilità che le parti possano incontrarsi di nuovo ma credo che il contributo fornito dall’EZLN allo sviluppo dello Stato ed a porre al centro del dibattito nazionale i temi dell’agenda di una riforma democratica dello Stato, deve essere considerato nella sua giusta dimensione dalle istituzioni nazionali che storicamente sono in debito con i popoli indigeni del Messico.

La sospensione del dialogo in Chiapas ha origine nel comportamento irresponsabile di un governo che di fronte alla nazione strinse alcuni accordi e mesi dopo, con un atteggiamento cinico, li respinse. Il presidente del Messico che ha duplicato il debito del Messico, che ha creato il Fobaproa, che ha consegnato satelliti, ferrovie, aeroporti e quanto ha potuto alle multinazionali, ha avuto la sfacciataggine di affermare che gli accordi di San Andrés attentavano alla sovranità nazionale. Acteal, paramilitari, inadempimento e mandati di cattura contro la dirigenza zapatista sono il segno distintivo del governo di Ernesto Zedillo.

Riporre il procedimento legislativo per approvare l’iniziativa di legge in materia indigena nei termini concordati a San Andrés Larráinzar sarebbe un buon inizio per riaprire il dibattito. Ciò nonostante, questo, che sembra tanto semplice, è molto lontano dalle preoccupazioni della classe politica messicana. I fatti lo dimostrano. Speriamo che quando gli tornerà la memoria non sia troppo tardi.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

martedì 22 gennaio 2008

DI RITORNO DAL CHIAPAS.

DI RITORNO DAL CHIAPAS.

Venti giorni fa si è concluso L'Incontro delle Donne Zapatiste con le Donne del Mondo. Un breve bilancio a freddo. Nel Caracol de La Garruccha sono arrivate migliaia di donne, uomini, bambine, bambini, anziani, anziane: zapatisti e zapatiste, messicane e messicani, internazionali. Le migliaia erano 3, forse 4 o 5, difficile il quantificare, comunque il Caracol era strapieno di persone e di colori.

Le Assemblee che si sono susseguite nei tre giorni e in cui le donne zapatiste si sono raccontate sono state partecipatissime. La formula è stata  la stessa dei due incontri precedenti: hanno parlato le donne dei 5 Caracoles trattando le varie tematiche, alla fine di ogni sessione, della durata di 45 minuti, un breve spazio, 15 minuti, per domande  e risposte. Tre giorni in cui le zapatiste (comandantas, autorità, promotrici della salute e dell'educazione...) hanno raccontato, davanti ad un auditorium affollato, la loro dignità e la loro lotta in quanto donne. Hanno raccontato le loro conquiste (la partecipazione alla vita politica, sociale, economica della comunità, l'accesso all'istruzione, la libera scelta dell'uomo da sposare…), il che non sono un punto di arrivo ma di partenza. Passi avanti ed errori. Strappando applausi e occhi lucidi ci hanno regalato un quadro in movimento di quello che è stato il loro percorso, dagli anni in clandestinità, al Primo Gennaio del 1994, ad oggi.

Il pomeriggio del 31 dicembre, le zapatiste hanno "lasciato il palco" alle Donne del Messico e del Mondo: rabbioso e commovente l'intervento delle donne di Atenco. Presenti anche le donne del No Dal Molin che hanno raccontato la loro Lotta.

Il primo gennaio l'Atto Ufficiale per il 14 anniversario del levantamiento: la Comandanta Rosalinda e il Comandante Omar hanno letto due comunicati, il primo in cui si ricordavano tutti i Compagni e tutte le Compagne morte da quel Primo gennaio di 14 anni fa. La cerimonia di chiusura è stata sobria, volendo quasi rispecchiare e rispettare la situazione attuale: nel suo ultimo intervento pubblico, circa un mese fa, il Sup ci ha ricordato come la guerra abbia un odore e che adesso quel fetore inizia nuovamente a farsi sentire nelle terre zapatiste. Terminata la cerimonia musica e balli fino al mattino: la lotta, come sostengono zapatisti e zapatiste, ha bisogno anche dei momenti di festa.

Il pomeriggio del primo gennaio abbiamo lasciato il Caracol, ognuno con il suo bagaglio arricchito dalle parole regalateci dalle donne zapatiste. Ognuno preoccupato per quello che sta accadendo in questi mesi: oramai le denunce, da parte delle Giunte del Buon Governo, di provocazioni, minacce, furti e aggressioni da parte di gruppi paramilitari armati e finanziati dal Mal Governo non si contano più. L'odore della guerra è sempre più riconoscibile.
 .

 
Nei giorni precedenti e successivi all'Incontro della Garrucha abbiamo visitato i Caracoles di Oventic e Roberto Barrios. La Giunta di Buon Governo del primo ci ha spiegato sinteticamente qual'è la situazione attuale nella zona de Los Altos: come in tutti e 5 i Caracoles i paramilitari sono presenti con minacce, provocazioni, aggressioni. Uno dei fatti più "eclatanti" le minacce di morte di alcuni mesi fa alle Autorità del Municipio Autonomo di San Andres. Gli zapatisti e le zapatiste hanno risposto e risponderanno, fino a quando gli sarà possibile con la parola e non con il fuoco come il Mal Governo vorrebbe. E' forte la consapevolezza che il responsabile di tutto questo è il Governo Messicano che cerca di dividere gli indigeni, armandone  alcuni e pagandoli per condurre una guerra sporca contro gli zapatisti. Forte è anche la volontà di cercare il dialogo perché, alla fine, i paramilitari non sono altro che indigeni come loro che però hanno ceduto alle sirene del Mal Governo. Gli zapatisti assicurano che useranno la parola, però come ricordò il Comandante David al precedente Incontro, che nessuno dimentichi che gli zapatisti e le zapatiste sono sempre armati e lo saranno fino a quando il Messico non cambierà: è l'unica garanzia che hanno.
Quello di cui sono colpevoli gli zapatisti nella zona de Los altos, prosegue un membro della Giunta, è di aver costruito un mercato a San Andres. Un mercato aperto a tutti, zapatisti e non, un bel mercato, piacevole per il venditore e per l'acquirente, un mercato che l'amministrazione municipale prista non è mai riuscita a costruire. E questo è sotto gli occhi di tutti, zapatisti e non. E questo inizia a far pensare anche chi zapatista non è. E questo manda in bestia l'amministrazione municipale. L'altro crimine degli zapatisti della zona de Los Altos è quello di voler migliorare il parco municipale: trasformarlo da una pattumiera a cielo aperto (lo stato attuale) ad un luogo accogliente e pulito dove uomini e donne possano passeggiare e sedersi e bambini e bambine giocare. La pericolosità degli zapatisti, dimostrata da questi due reati, richiede la presenza di gruppi paramilitari.
L'altro reato che viene imputato agli zapatisti è quello di difendere le terre legittimamente recuperate nel 1994. Quelle terre che furono dei loro antenati e che nel corso dei  secoli gli sono state sottratte da medi e grandi latifondisti con il benestare di Governi e Governatori. L'intervento dei  paramilitari si fa sempre più urgente per ristabilire l'illegale legalità.


Il reato piu grande degli zapatisti, forse, è quello di continuare a esistere e resistere.

Visitiamo la biblioteca e la clinica. Lasciamo Oventic.


 
A Roberto Barrios fa caldo. Siamo passati dai 2500 metri e dalle montagne de Los Altos alla selva e alle scimmie urlatrici. Dietro l'Accampamento Civile il fiume ci invita a tuffarci. 
Parliamo con la Giunta. Domande e risposte. Alcune precise, altre vaghe. Chiediamo della comunità, dei paramilitari, della strada nuova, del complesso turistico. A San Cristobal , alcuni compagni ci avevano detto che nella comunità di Roberto Barrios erano rimaste solo 7 famiglie zapatiste. Chiaramente non chiediamo "quante famiglie sono rimaste". Ci limitiamo ad un più neutro "che aria si respira". Rispondono che adesso i rapporti con i pristi sono relativamente tranquilli, che però, come nelle altre aree, anche nella zona Norte i paramilitari sono attivi, e alcune comunità che vivono e lavorano su terre recuperate sono minacciate di sgombero. Un membro della Giunta poi sorridendo aggiunge che pristi e paramilitari si limitano a minacce e provocazioni: degli zapatisti hanno paura...
Ci accompagnano alle cascate: sono bellissime, un paradiso. Qui dovrebbe sorgere il complesso turistico. Alcuni ci dicono che vogliono costruire un campo da golf e strutture ricettive di lusso. Un giovane ci guarda e dice che "no passaran!". Altri compas ci dicono che si "limiteranno" a porre a pagamento l'ingresso alle cascate.
Dove non ci sono dubbi è sulla miglioria (da parte del Governo) della strada: ad allargarla e sistemarla sono già arrivati oltre il Caracol, manca solo l'asfaltatura. Della strada nuova e del ponte ne beneficeranno chiaramente anche gli zapatisti oltre che i turisti diretti alle cascate e all'eventuale struttura ricettiva. Altrettanto chiaramente, ci dicono, ne potrà beneficiare l'esercito. Ma questo non sembra preoccuparli: tra qualche anno chi sta in basso e a sinistra vincerà e ci sarà allora un Altro Messico. E loro avranno una buona strada senza aver speso niente per costruirla...
Sono le 10 del mattino, saliamo sulla retila dei compas che ci porterà a Palenque. Partiamo. Lungo il tragitto tutti quanti ci voltiamo indietro e rimaniamo in silenzio: il panorama è mozzafiato. E fa pensare.
 
Lasciamo il Chiapas. Lasciamo il Messico. L'odore della guerra ci rimane addosso. Così come ci rimangono impressi i volti delle donne. Volti coperti per poter essere visti. La dignità nei loro occhi. A La Garrucha sono state loro le protagoniste. Si dice che una rivoluzione o una ribellione muore quando viene meno l'emotività: la dignità ribelle zapatista ha ancora lunga vita. 
Il momento è uno dei più difficili e noi tutti, comodamente seduti in un qualsiasi bar di San Cristobal, ci speculiamo sopra: l'Altra Campagna è ferma, Marcos ha gestito male questa e quella cosa, molti giovani escono dall'organizzazione per andare in cittá. E diamo giudizi e ricette.


Poi però vai nei Caracoles e nelle comunità, e i compagni  e le compagne ti dicono che sì, che il momento è difficile ma che prima o poi vinceranno. Ne sono sicuri. Noi gli crediamo e ci crediamo. Guardiamo con i loro occhi e le difficoltà ci appaiono superabili. Mettiamo da parte i giudizi e strappiamo le ricette.
 
Stasera è sereno, il cielo un tappeto di stelle. I nostri sguardi cadono su una stella piccola piccola che brilla intensamente e che irrequieta si muove, quasi non voglia stare nel punto che le è stato imposto. Guardiamo meglio: la piccola stella ribelle ha un passamontagna nero...


Toscana, Italia.

20 gennaio 2007


lunedì 21 gennaio 2008

URGENTE! MINACCE AL GIORNALISTA HERMANN BELLINGHAUSEN

 
 

Hermann Bellinghausen, giornalista de La Jornada che copre puntualmente e correttamente gli avvenimenti in Chiapas, da tempo è oggetto di pedinamenti, sorveglianza clandestina, intimidazioni non tanto occulte.
Attraverso il quotidiano stanno arrivando ad Hermann lettere di solidarietà dal Messico e invito le persone, i gruppi solidali, ad esprimere ad Hermann solidarietà ed appoggio per il suo prezioso e coraggioso lavoro ed a denunciare la situazione di persecuzione e attentato alla libertà di espressione in Messico. 
 
Come Comitato Chiapas "Maribel" di Bergamo abbiamo inviato un messaggio di appoggio a La Jornada eD invitiamo le persone ed i gruppi solidali a farsi sentire URGENTEMENTE e mandare messaggi (in spagnolo) all'indirizzo del Correo Ilustrado:
 
Grazie e saluti.
Annamaria

domenica 20 gennaio 2008

Come 14 anni fa,gli zapatisti non sono soli - Gloria Ramirez

 

– Sabato 18 gennaio 2008

 

Los de Abajo

 
Gloria Muñoz Ramírez
losylasdeabajo@yahoo.com.mx
 
Un teatro della strada Kefalinia, ad Atene, è stato lo scenario di una creativa e combattiva mobilitazione di appoggio alle comunità zapatiste in resistenza. L'esordio dell'opera Frida Frida, al quale avrebbe dovuto partecipare l'ambasciatore messicano nel paese ellenico, è stato interrotto da un gruppo di attivisti greci che ha steso un grande striscione ed una bandiera dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) mentre leggeva una denuncia che spiegava l'attuale aggressione del governo contro i popoli in ribellione. Il pubblico ha risposto con gli applausi e l'attrice che interpretava la pittrice messicana Frida, si è unità alla protesta reggendo lo striscione. Poi, la compagnia teatrale si è unita alla manifestazione in strada gridando slogan di appoggio agli zapatisti in greco ed in spagnolo. L'ambasciatore messicano, Luis Manuel Cosío Durán, avvisato per telefono, ha scelto di non essere presente. 
 
L'offensiva del governo federale, avviata in mesi scorsi, si incentra nello spogliare le comunità delle terre recuperate dall'EZLN all'inizio della guerra del 1994. Questa strategia è stata denunciata anche in un incontro di solidarietà svolto nel Politecnico di Atene, davanti a circa 150 persone, dove si è parlato della costruzione dell'autonomia zapatista e delle iniziative nazionali ed internamenti dell'EZLN. Si è trattato, confermano dalla capitale della Grecia, "di diffondere ancora una volta la speranza e chiedere a quelli che credono nel sogno di un mondo migliore di dare il loro sostegno là, dove si lotta e si alimenta, nel nostro Chiapas".
 
L'aeroporto di Barajas, a Madrid, è stato lo scenario di un'altra manifestazione di denuncia. Qui, davanti al banco di Aeroméxico è stato teso uno striscione e distribuito un comunicato tra i passeggeri dal titolo "Conosci il Messico dei popoli", in cui si avverte della "persecuzione e della violenza alle quali si stanno sottoponendo le comunità zapatiste", e si invitano i turisti "a conoscere le facce della repressione ed i volti della resistenza" in Messico. 
 
A Valencia, decine di persone convocate dalla Commissione Chiapas della CGT, hanno realizzato una veglia notturna di fronte al consolato messicano "per denunciare l'escalation di violenza che dalle scorse settimane si vive in Chiapas", nell'ambito della giornata di lotta denominata "Fermiamo la guerra in Chiapas".
 
Anche in Italia si è manifestata la solidarietà, dove all'inizio di gennaio è stata diffusa una lettera di diversi rappresentanti delle istituzioni locali, indirizzata al ministro delle relazioni estere, Massimo D'Alema, nella quale sollecitano il governo italiano a parlare con le autorità messicane, "allo scopo di far cessare le aggressioni contro le comunità zapatiste e che siano perseguiti i responsabili". Firmano la lettera i sindaci dei municipi IX e XI di Roma, consiglieri di Matera, Lucignano, rappresentanti delle province di Napoli e Potenza e dei comuni di Campobasso, Acerra, Portici, Ercolano, Giugliano, tra altri.
 
Gli zapatisti, come 14 anni fa, non sono soli.
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

sabato 19 gennaio 2008

da La Jornada Il calendario chiapaneco di Carlos Fazio


lunedì 14 gennaio 2008,

Nel dicembre scorso, in "Sentire il rosso. Il calendario e la geografia della guerra", il subcomandante Marcos dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale avvertiva che tra un assordante silenzio in Chiapas si avvicinava una nuova fase del conflitto armato. La militarizzazione del paese sotto il regime di Felipe Calderón raggiunge in Chiapas la sua massima espressione, poiché lì si concentrano in maniera combinata le diverse espressioni delle forze coercitive dello Stato messicano: Esercito, Marina e le diverse polizie a cui si somma ora la ripresa di antiche strutture paramilitari e la presenza in loco di elementi dei "corpi di pace" statunitensi.

Nel contesto di uno schema di guerra contrainsurgente che sarà rafforzato quando il Congresso degli Stati Uniti approverà gli "aiuti" militari per la messa in pratica della cosiddetta Iniciativa Mérida, tale concentrazione di potere offensivo potrebbe fare di questo stato del sudest messicano il nuovo laboratorio per sperimentare il progetto di "sicurezza democratica" del calderonismo. Imitazione del Plan Colombia, il progetto del Pentagono per il Messico ha in Álvaro Uribe e nel suo governo il modello da seguire. Ricordiamo che in campagna elettorale, Calderón, come Uribe, si presentò come il candidato dalla "mano dura" e che dal primo secondo della sua fraudolenta imposizione a Los Pinos, il primo dicembre 2006, si è circondato di militari facendo un discorso bellicista.

Occultata dal bombardamento mediatico che ha accompagnato la liberazione di Clara Rojas e Consuelo González - l’altra guerra dietro la guerra: quella della propaganda - la "formula Uribe", adottata da Calderón sotto pressione di Washington, racchiude alcuni irrefutabili vantaggi che si presentano come obiettivi da raggiungere per il messicano.

Per cominciare, mediante la violenza ed il terrore ed un uso manicheo della propaganda che anteponeva ai "violenti sovversivi" la loro controparte "salvatrice", le istituzioni armate, durante il suo primo mandato Uribe ha ottenuto una unanimità pericolosa, incentrata nel marketing dell’immagine e della guerra psicologica, che ha rafforzato il culto del capo dell’Esecutivo e del potere presidenziale ed ha provocato l’indebilimento progressivo dei poteri Legislativo e Giudiziario, mentre per una corsia parallela si potenziava la forza militare.

Appoggiato sullo stato di shock interno, una misura costituzionale di carattere eccezionale che ha tagliato le garanzie civili e politiche, Uribe ha costruito un regime di sicurezza permanente basato su uno statuto antiterrorista che gli ha dato gli strumenti giuridici ed operativi per la guerra contrainsurgente, salvaguardando l’impunità delle forze armate.

Come sta accadendo in Messico dalla fase finale del foxismo con le repressioni violente ad Atenco e Oaxaca, la logica che permea la politica di "sicurezza democratica" di Uribe - benedetta nel 2002 dal cardinale primate della Colombia, Pedro Rubiano, allora presidente della Conferenza Episcopale cattolica - poggia nella vecchia dottrina della sicurezza nazionale di stampo statunitense che identifica il "nemico interno" ed abbraccia al cento percento la "guerra al terrorismo" dell’amministrazione Bush.

La similitudine col calderonismo è ineludibile ricordando che nei suoi primi anni di governo Uribe ottenne dal Senato colombiano una riforma costituzionale che permise alle forze militari di fare arresti e intercettare comunicazioni e corrispondenza senza mandato. A sua volta, come copia-carbone della Legge Patriottica statunitense, lo statuto antiterrorista imposto da Uribe era volto alla costruzione di una sovrastruttura statale di chiaro taglio autoritario che ha portato alla militarizzazione larvata della società.

Inoltre, sotto la copertura del Plan Colombia e con fondi milionari della Difesa e del Congresso di Washington, il Pentagono e la comunità dell’intellighentia hanno portato avanti un processo di reingegneria militare nelle forze armate locali che ha incluso la formazione, con la consulenza statunitense e di imprese di "contrattisti" privati (mercenari), di nuovi battaglioni contrainsurgentes di élite in zone sotto controllo della guerriglia o di importanza geoeconomica per lo sviluppo di mega-progetti del capitale multinazionale (sfruttamento industria petrolifera, idroelettrica, agroindustria, canale interoceanico); la ristrutturazione della presenza castrense in aree di pianificazione, logistica, addestramento, indottrinamento, strategia, intelligenza, reclutamento e tecniche di interrogatorio; la fornitura di attrezzature militari, armamento, elicotteri, apparati ed infrastrutture di aviazione per appoggiare voli di aerei spia e di combattimento, fornitura di radar aria-aria e di moderne apparecchiature di comunicazioni e sistemi di immagine infrarossa per operazioni notturne, così come la collocazione di una rete di radar a terra - il cui controllo è condiviso dagli Stati Uniti in tempo reale - disseminati su tutto il territorio colombiano. Inoltre, affine a questa logica bellicista e con la consulenza dell’Agenzia Centrale di Intelligenza (CIA), Uribe ha tentato la riconversione o "normalizzazione" di un vecchio strumento del terrorismo di Stato: i gruppi paramilitari creati dall’esercito e raggruppati poi nelle Unità di Autodifesa della Colombia (AUC).

È nello spettro della tanto reclamizzata "sicurezza democratica" di Uribe che si deve guardare al processo chiapaneco, compresi il marcato incremento dell’attività delle 56 basi militari permanenti dello Stato messicano e la nuova fase di paramilitarizzazione del conflitto, nel contesto di una lotta fino ad ora occultata per il territorio sotto il controllo delle autonomie zapatiste che necessita di essere "liberato" o recuperato per sottometterlo alla logica del mercato.

Sotto l’ombra di Washington, Calderón e l’Iniciativa Mérida sono per il Messico quello che Uribe ed il Plan Colombia rappresentano per il paese sud-americano.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

lunedì 14 gennaio 2008

MINACCIA DI OCCUPAZIONE NELLA SELVA LACANDONA

 
 

DENUNCIA DI MINACCIA DI OCCUPAZIONE NELLA SELVA LACANDONA
 
Al Popolo del Messico 
Ai Popoli del Mondo 
Alle Organizzazioni Sociali e Civili 
Alle organizzazioni e reti in difesa dei Diritti Umani e dell'Ambiente 
Ai Mezzi di Comunicazione
 
Ejido Amador Hernández, Montes Azules, Cañadas de la Selva Lacandona
10 gennaio 2008
 
Riuniti nell'Ejido Amador Hernández, Montes Azules, Cañadas della Selva Lacandona,, più di 640 persone tra autorità e membri di ejidos e rancherías, rappresentanti regionali e delegati di diverse organizzazioni qui riuniti per analizzare, discutere ed esprimere la nostra parola sui seguenti fatti che accadono in tutto il nostro territorio, DENUNCIAMO Il governo federale del Felipe Calderón che con l'appoggio del governo dello Stato vuole spogliarci del nostro territorio col pretesto che noi distruggiamo l'ambiente. Per fare ciò utilizzano molte strategie, quali: gli sgomberi da parte della polizia, i ricollocamenti forzati, gli indennizi imbroglio, i massacri come quello di Viejo Velasco, la paramilitarizzazione e più recentemente il decreto di esproprio di terre ejidali che ci toglie 14.096 ettari di montagna oltre a 20 di ejido ed in alcuni casi si prende tutta la terra come accaduto nell'ejido La Soledad e al suo Ampliamento.
I villaggi, le comunità, le rancherías e le organizzazioni sociali, che stanno recuperando le nostre radici, memoria e spirito di lotta per difendere, gestire e conservare il nostro territorio in maniera comunitaria dove ci sono anche le risorse naturali della nostra nazione che è il Messico, dichiariamo la nostra totale condanna all'esproprio di Calderón realizzato l'8 maggio scorso ed alla criminalizzazione che sta facendo della nostra lotta e riorganizzazione accusandoci di essere coinvolti nel narcotraffico che lo stesso governo ha fomentato fin dalla nostra ribellione nel 1994.
Ci sono giunte voci che l'esercito federale vuole occupare un'altra volta, come nel 1998, le terre dell'Ejido di Amador Hernández, per controllare da qui, con centinaia di soldati,  tutta la regione e la nostra comunità che è l'ingresso orientale ai Montes Azules. Il pretesto sul quale si appoggiano è che il 27 dicembre scorso sulla pista del nostro villaggio è atterrato per emergenza un aereo da turismo che poco dopo è ripartito senza che i suoi passeggeri o carico sbarcassero, e l'esercito ha detto che l'aereo avrebbe lasciato un carico di droga.
 
Lo diciamo chiaro. Noi siamo poveri e senza servizi di comunicazione e ci vediamo obbligati ad utilizzare i servizi degli aerei da turismo privati per trasportare fuori dal territorio i nostri raccolti, i nostri malati gravi e portare da Ocosingo e Comitán beni di prima necessità che non produciamo, quindi chiediamo che il governo rispetti l'uso di questo servizio. Ma diciamo anche chiaramente che siamo estranei a qualsiasi attività illecita che l'agenzia degli aerotaxi od i suoi piloti possono realizzare.
 
Respingiamo le gravi e false accuse lanciate dal governo e questa nuova minaccia militare-governativa contro i nostri villaggi e comunità organizzate. La menzogna che qui lavoriamo col narcotraffico è solo il nuovo pretesto per spogliarci del nostro territorio ricco di biodiversità e acqua per consegnarlo alle imprese straniere come la Monsanto, o la Ford o la Sanofi-Aventis che ha contratti col governo del Chiapas.
 
Vogliamo anche denunciare che alcuni compagni di organizzazioni che avevano partecipato all'incontro e che prima della sua conclusione sono dovuti partire per motivi di lavoro con un aereo da turismo da Amador Hernández alla base da San Quintín, per poi proseguire da lì su strada per Ocosingo, ci hanno riferito che atterrati a San Quintín un gruppo di militari, che normalmente non sono presenti sulla pista civile, li ha ricevuto con macchine fotografiche e telecamere, hanno perquisito i loro e sono stati interrogati sui motivi della loro visita ad Amador, piani, mappe, accordi presi nell'incontro e partecipanti.
 
FIRMANO la presente denuncia i delegati all'incontro di Amador: La Región Peña (già Estrella), Región Patihuitz, Región Avellanal, Región Agua Azul, Región Sureste, Región Perla, Ejido Patihuitz, Ejido Velasco Suárez, Ejido Macedonia, Ejido la Soledad, Ejido Betania, Ejido Pataté, Ejido Zapata, Ejido Salvador Allende, Ejido Candelaria, Ejido Amador Hernández, Ejido Plan de Guadalupe, Ejido Pichucalco, Ejido Chapultepec, Ejido Zapotal, Ejido Calvario, Ejido San José, Ejido El Guanal, Rancherías de la zona, Coalición de Organizaciones Autónomas de Ocosingo, Unión de Uniones, Aric Independiente, Consejo de Organizaciones de Médicos y Parteras Indígenas Tradicionales de la Salud Comunitaria en Chiapas. (COMPITSCCH), Maderas del Pueblo del Sureste (MPS), Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas (FRAYBA), Comisión para la Reconciliación de las Comunidades (CORECO) e Misión de Ocosingo-Altamirano.
 
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

domenica 13 gennaio 2008

La resistenza degli zapatisti - Los de Abajo

 

La Jornada – Sabato 12 gennaio 2007

Los de Abajo

Gloria Muñoz Ramírez

Benché la vita nel villaggio zapatista 24 de Diciembre trascorra in mezzo a ripetute minacce di sgombero e costanti aggressioni guidate dall'organizzazione Unión de Ejidos de la Selva (UES), ciò che si respira in questa comunità della Selva Lacandona è la forza e determinazione di uomini e donne disposti a resistere e non lasciarsi strappare i 525 ettari recuperati dall'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) nel gennaio del 1994.
La resistenza delle basi di appoggio zapatiste in questo villaggio assume forma e contenuto. La sua storia è la seguente: Durante i primi giorni del 1994, l'EZLN recuperò queste terre occupate fino ad allora dall'ex governatore, latifondista e generale Absalón Castellanos Domínguez. Il 17 aprile 1994, l'EZLN consegnò gli oltre 500 ettari a 45 famiglie zapatiste che le coltivarono fino al 9 febbraio 1995, data in cui fuggirono dall'offensiva militare nota come "il tradimento di Zedillo". Vissero sette giorni in montagna mentre i carri armati e gli elicotteri entravano nella loro comunità. Era l'inizio di un esilio che sarebbe durato 12 anni fino a quando, il 24 dicembre 2006, in coordinamento con la Giunta di Buon Governo, 31 famiglie ritornarono in queste terre che, ovviamente, non erano più le stesse. Dall'offensiva del 1995 l'esercito federale ha installato qui un accampamento militare che esiste tuttora e che occupa 24 ettari dentro i quali sgorga"l'acqua che non mai via" (una sorgente alla quale non possono accedere le basi di appoggio zapatiste).
Da quando sono tornati sono iniziate le minacce di sgombero da parte di contadini della UES che ora rivendicano la proprietà della terra. A luglio del 2007, 58 persone di questa organizzazione hanno invaso una parte del terreno e sono cominciate le aggressioni dirette: incendio di milpas, minacce di morte, spari in aria, blocco di strade, taglio di alberi, distruzione di piantagioni di canna e di caffè, furto di forconi ed un'infinità di provocazioni quotidiane coperte dai due accampamenti di polizia e la base militare che circondano il villaggio.
Come resistono gli zapatisti? La decisione è non rispondere alle provocazioni e non abbandonare le terre, per cui contano sull'appoggio della Giunta di Buon Governo della selva di confine. Da sei mesi, per esempio, un picchetto composto da zapatisti di tutta la zona fa guardie di 24 ore al giorno nei dintorni della comunità. "I compagni di altri villaggi vengono per impedire che cadiamo in provocazioni e proteggono anche le nostre case mentre noi lavoriamo, affinché non ce le brucino". In questi momenti ci sono 30 persone che coprono un turno di 5 giorni, ma il numero aumenta in base alle circostanze. A novembre, per esempio, sono venuti 140 zapatisti per impedire che la Unión Ejidos de la Selva distruggessero le milpas dei loro compagni. 
 
Nei dintorni di 24 de Diciembre si vedono le cucine, dormitori e latrine collettive del presidio. La comunità si incarica di preparare il caffè tutte le mattine. Rimarranno qui tutto il tempo che sarà necessario.
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

venerdì 4 gennaio 2008

Dichiarazione Contro il Trattato di Libero Commercio e laMigra

Martedì, 1 gennaio 2008, (Ventura, CA)

Dichiarazione Contro il Trattato di Libero Commercio e la Migra

Alle Comunità in Resistenza contro lo Sfruttamento e l'Oppressione
Alle Comunità in Lotta per la Dignità e l'Auto-Determinazione dei Popoli
Indigeni
A Tutte le Comunità del Mondo

Siamo il Fronte Contro le Retate della Contea di Ventura.
Siamo una rete di organizzazioni, collettivi e individui che si è formato
nel 2007 quando Unión del Barrio, una delle organizzazioni per la
Liberazione Messicana con più storia al nord della frontiera tra USA e
Messico, lanciò un appello per l'unità e la resistenza organizzata contro
l'aumento delle leggi razziste e il terrore provocato dalla Migra [termine
con cui viene indicata la polizia addetta ai controlli di frontiera o sui
migranti, come la Border Patrol] contro i migranti.

Oggi, Primo Gennaio 2008, il Trattato di Libero Commercio (TLC) entra nella
sua fase finale di realizzazione. Il TLC, sin dal suo inizio, fu progettato
per aiutare le Società Agricole e Industriali Statunitensi a prendere il
controllo dei mercati del Messico e a distruggere le piccole aziende
agricole e le industrie nazionali. Ciò ha provocato lo spostamento di
milioni di Raza [termine con cui si definiscono i migranti di lingua
spagnola, e in particolare i messicani, negli USA] senza lavoro verso le
città o verso quello che oggi sono gli Stati Uniti e il Canada.

Secondo quanto dicono gli analisti dell'Americas Policy Program
[http://americas.irc-online.org/], "ogni ora, il Messico importa prodotti
alimentari e agricoli dal valore di un milione e mezzo di dollari, quasi
tutti provenienti dagli Stati Uniti" mentre "nella stessa ora, 30
persone -uomini, donne e bambini- lasciano le proprie case nella campagna
messicana per intraprendere il viaggio più pericoloso delle loro vite - come
migranti verso gli Stati Uniti." (America's Policy Program
Congressional Briefing, "Standing Up to NAFTA").

Per i ricchi che stanno in alto queste sono buone notizie, ma per noi,
lavoratori poveri, questo indica più povertà, più repressione e più morte.
Per questo resistiamo. Lottiamo per il nostro lavoro, la nostra terra, la
nostra comunità e la nostra dignità.

Ogni anno più di 400 persone muoiono attraversando la frontiera tra USA e
Messico, una frontiera che ogni giorno è sempre più militarizzata. Ogni
giorno, centimetro dopo centimetro, questo Muro della Morte si allunga, e
ogni giorno vengono aggiunti più agenti ai ranghi della Migra, ingaggiati
per terrorizzare e inseguire i lavoratori come fossero animali da caccia.
Ogni giorno, un politico razzista o i suoi lacché, invocano nuove misure per
applicare le loro leggi oppressive contro i migranti, contro i lavoratori
che attraversano il Muro della Morte.

La Migra ha scatenato un'ondata di repressione contro i migranti, contro i
lavoratori, uomini, donne e bambini attraverso leggi e programmi come
Operation Gatekeeper, un progetto letale per i migranti costretti ad
attraversare la frontiera nel deserto. Un altro programma cruento per
reprimerci è Operation Endgame, il quale, entro il 2012, mira a deportare
dagli Stati Uniti 12 milioni di lavoratori senza documenti.

Il ciclo di paura e morte continua ed ora gli stessi contadini costretti ad
abbandonare le nostre terre in Chiapas, Guerrero, Oaxaca e in altri stati
sono qui nei barrios degli Stati Uniti, svegliandosi alle quattro di mattina
ogni giorno per andare a raccogliere gli stessi prodotti di campo che
vengono inviati in giro per il mondo, rendendo più ricchi quelli che stanno
sopra, mentre noi sul fondo diventiamo più poveri.

Così come i nostri fratelli e sorelle, gli Zapatisti, scesero dalla Selva
Lacandona del Chiapas nella vigilia del 1994 quando venne attuata la prima
fase del TLC, noi oggi, quattordici anni dopo, in questa vigilia del 2008,
in uno dei barrios Messicani più vecchi della California, il Barrio de La
Colonia, dichiariamo Ya Basta! Lanciamo un appello a tutti quelli che si
schierano con l'umanità ad unirsi a noi e a lottare per la giustizia e la
dignità.

Nei prossimi quattro mesi ci organizzeremo per la preparazione della nostra
Marcia Per la Dignità che avverrà nel Giorno Internazionale dei Lavoratori,
il primo Maggio 2008, nel parco La Colonia, qui nella città di Oxnard. Vi
aspettiamo qui, marciate con noi. Se non potete venire, organizzate una
Marcia Per La Dignità nella vostra comunità, o dovunque siate.

Ma non possiamo pensare di marciare solo quel giorno, né possiamo credere
che i politici risolveranno i nostri problemi, dobbiamo organizzarci. Come
hanno detto i nostri fratelli e sorelle Zapatisti nella Prima Dichiarazione
della Selva Lacandona, dobbiamo organizzarci e lottare per lavoro, terra,
casa, cibo, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia
e pace.

Siamo nella stessa lotta dei nostri fratelli e sorelle Chiapanechi, perché
siamo, come abbiamo detto chiaro e forte nelle Mega Marce del 2006 contro la
legge razzista HR-4437, Un Popolo Senza Frontiere!

Stop al TLC! Stop al Terrore della Migra!

El Pueblo Unido! Jamas Seras Vencido!

Frente Contra las Redadas del Condado de Ventura

Primo Gennaio 2008

Territorio del Popolo Indigeno Chumash


http://la.indymedia.org/news/2008/01/212207.php
http://detodos-paratodos.blogspot.com/2008/01/ventura-ca-declaracion-contra-el.html

(traduzione a cura di radio silvanetti)

mercoledì 2 gennaio 2008

L'EZLN celebra i 14 anni dell'insurrezione - La Jornada on line 1 gen 2008


L'EZLN celebra i 14 anni dell'insurrezione

La Jornada On Line – 1° gennaio 2008
 
La guerriglia zapatista si dice pronta a respingere gli attacchi del governo. 
Tuxtla Gutiérrez. "Siamo organizzati e preparati per qualsiasi cosa ci mandi il governo", ha dichiarato la comandante Rosalinda durante la commemorazione del 14° anniversario dell'insurrezione armata zapatista del 1° gennaio 1997. 
 
Nella cornice del Terzo Incontro dei Popoli Zapatisti, dedicato alla comandante Ramona, è stato reso omaggio a 54 membri dell'organizzazione guerrigliera caduti in lotta.
 
Nel suo discorso nel caracol di La Garrucha, la comandante Rosalinda ha fatto un'analisi del movimento del quale ha sottolineato "le esperienze di come governare e come comandare obbedendo. Questo - ha aggiunto - è quello che non piace al malgoverno che ci vuole distruggere con le sue strategie assassine".
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

martedì 1 gennaio 2008

Insegniamo ai nostri figli a non derubare il popolo' -La Jornada 31dic07


La Jornada – Lunedì 31 dicembre 2007
"Noi insegniamo ai nostri figli a non derubare il popolo", dichiarano a La Garrucha

Donne in lotta per "un mondo dove tutte abbiamo un pane in mano"

Durante l'incontro internazionale dichiarano: "siamo molte madri che continuereno a parlare in diverse parti del mondo. La lotta zapatista è la nostra speranza di vita"
Hermann Bellinghausen (Inviato)
La Garrucha, Chis., 30 dicembre. "Un mondo dove siamo tutte con un pane in mano", riassume questa mattina Esmeralda, una delle quattro madri che parlano per il caracol Madre de los caracoles del mar de nuestros sueños. E si dichiara "per un mondo dove ci siano le nuove donne ed i nuovi uomini". Si chiama utopia? 
"Noi insegniamo ai nostri figli a non derubare il popolo del Messico e a non fare inganni per avere denaro. Insegniamo ai nostri giovani a svolgere incarichi nei villaggi senza ricevere stipendio." La voce di Esmeralda risuona con decisione nell'auditorium di La Garrucha. Centinaia di donne, tra zapatiste con passamontagna e donne in visita dal Chiapas, dal resto della Repubblica e dai cinque continenti, ascoltano le madri tojolabales e tzeltales.
"Siamo circondati da soldati e paramilitari nelle nostre comunità. Il malgoverno fa pattugliamenti nelle nostre montagne", prosegue Esmeralda. "Siamo molte madri che continueremo a parlare in molte parti del mondo. La lotta zapatista è la nostra speranza di vita". 
Ora sono commissarie, consigliere, rappresentanti, membri delle giunte di buon governo (JBG). "Facciamo il lavoro con coscienza. Non cerchiamo posti per beneficio personale. I nostri figli lavorano con noi affinché imparino". La pedagogia casalinga delle ribelli si dipana con semplicità quasi eroica davanti a donne indigene di Guatemala, Ecuador e Oaxaca, e molte altre giunte nella selva Lacandona da Senegal, Nuova Zelanda, Australia, Repubblica Dominicana, Giappone o Cuba. Contadine di Francia, Canada, Corea. Femministe ed attiviste di tutta America e buona parte d'Europa.
"Sono molti le morti che ci deve il malgoverno", sentenzia Esmeralda che cede il passo a Marisol che dichiara: "Come mamme insegniamo la democrazia. A non dover chiedere permesso al governo. Fin da piccoli insegniamo ai nostri figli i diritti di uomo e donne. Li educhiamo affinché si faccia la rivoluzione e non siamo mai dimenticate". 
Un'altra, Elizabeth, descrive altri insegnamenti ai suoi bambini, come "rispettare gli adulti ed i loro pari. Insegniamo loro di questa lotta perché non finisca, e del nostro esercito. Le truppe di insurgentas ed insurgentes sono le nostre stesse comunità, i nostri figli e fratelli". 
La quarta madre, Griselda, si rivolge alle prigioniere politiche e all'altra campagna e dichiara superato lo sfruttamento che subivano i popoli indigeni "prima della nuova storia". Ciò nonostante, dichiara che "c'è sempre più povertà qui in Chiapas; è diventata più grave nei mesi recenti". "Le sorelle delle campagne vengono ingannate dal governo e dai partiti politici. Offrono loro denaro, le circuiscono, le ingannano, danno loro il denaro dei programmi ed i loro mariti se lo prendono per bere, come fanno col Procampo.
Intanto l'utopia, o come si chiami, delle donne in carica ed al comando segue il suo corso in questo caracol sovversivo. Interrogata sul "ritorno alla normalità" previsto per martedì, secondo i cartelli, doña Laura, che vende brodo di pollo, tamales di mais scuro con fagioli neri o mole, ride: "Ritorniamo alla normalità, ma adesso la normalità sarà diversa". 
Nelle cucine comuni, uomini della comunità, miliziani e perfino autorità dei diversi municipi autonomi maneggiano pentole di fagioli e brodo, impastano il mais, vanno e vengono dalle lavanderie con piatti e pentole. Alcuni, entrati nel personaggio, indossano passamontagna e fiammanti grembiuli con scritte come "pomodoro" o "EZLN" scritto con vernice rossa.
Tra i grandi striscioni appesi nell'auditorium ed attorno al nuovo palco di popolo (in versione zapatista) che alludono alla comandante Ramona, alle figlie del mais, alle contadine della terra e quelli di dimensione cosmica, uno grande riporta integralmente la Legge Rivoluzionaria delle Donne, mentre un gruppo di donne della città ha preparato un altro striscione con la stessa legge ricamata a mano. 
Le oltre 40 delegate degli Altos, in maggioranza tzotziles, espongono anche il loro processo per accedere all'educazione e diventare promotrici. E la salute. E la possibilità di accedere, come donne, al diritto alla terra. Lo spazio di questo incontro delle zapatiste con le donne del mondo non sembra essere vissuto con un'ideale da amazzone, ma con la messa in pratica, diciamo, di un significativo contrappeso al testosterone. E nell'aria si sente. Per esempio, non sono poche le coppie di lesbiche in visita che si comportano con naturalezza senza che le indigene mostrino stupore.
C'è da supporre che qualche impronta farà fare un passo avanti alle indigene zapatiste che nei mesi scorsi hanno seguito un processo di organizzazione che va oltre il Terzo Incontro Internazionale con i Popoli del Mondo. Chissà come faranno domani questi ragazzi col grembiule a posare mestoli, comal e scope. 
Leidi, in rappresentanza delle commissarie della regione del caracol di La Realidad e "facendo uso della parola di tutte loro", racconta del suo lavoro come autorità contadina: "siamo noi a decidere le date e l'ora per bruciare le milpas ed a fare attenzione affinché il fuoco non raggiunga le montagne o le altre coltivazioni. Vediamo la distruzione degli alberi che sono la ricchezza della montagna. Si esige che per ogni albero abbattuto se ne pianti un altro. Questo insegniamo ai nostri figli".
Ed aggiunge altre funzioni delle commissarie: "organizziamo la pulizia delle strade principali ogni due mesi facendo accordi prima con l'altra comunità raggiunta dalla strada. Lavoriamo collettivamente le terre recuperate ed il ricavato della vendita lo usiamo anche per pagare i trasporti delle commissioni che devono andare a fare accordi con i consigli municipali". 
A conclusione di ognuna delle quattro sessioni giornaliere, circa 200 zapatiste con passamontagna, choles, tzeltales, tzotziles, tojolabales, zoques e mames, si mettono in fila e marciano attraverso il caracol verso i loro refettori, mentre il gruppo musicale le saluta con un prolungato appaluso.
Questo mezzogiorno, circa 40 zapatiste hanno interrotto la marcia per inscenare una "rappresentazione" in cui "la povertà" (una di loro sotto uno striscione immenso) "gridava" per i dolori del parto mentre da sotto uscivano donne con cartelli con le scritte "Esercito Zapatista", "municipi autonomi", "accampamenti di Pace", "JBG", "altra campagna", "collettivi". È la prima volta che lo zapatismo rappresenta sé stesso come un parto.
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

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