lunedì 29 aprile 2013

Hermann Bellinghausen: Si scatena la violenzaantizapatista

 

 
San Cristóbal de las Casas, Chiapas. Soffiano venti allarmanti di violenza politica antizapatista nella regione tzeltal di Chilón, dove il governo ufficiale, come quello dello stato, appartiene al Partito Verde Ecologista (PVEM), nel caso questo significhi qualcosa. Nell'ejido di San Marcos Avilés, individui identificati come appartenenti ai diversi partiti politici (che da queste parti finiscono sempre di puzzare di PRI), hanno scatenato le ostilità, in atto comunque da oltre due anni, contro le famiglie zapatiste della comunità. Il tutto con minacce reiterate di morte e violenza, furti, avvelenamento dell'acqua e degli animali domestici, minacce con armi da fuoco, distruzione di appezzamenti ed il rischio di essere sgomberati violentemente, come già successo nel 2010.
E così, senza motivo apparente, il noto dirigente degli aderenti della Sesta nell'ejido di San Sebastián Bachajón, a Chilón, Juan Vázquez Guzmán, viene assassinato con cinque precisi colpi di pistola sulla porta di casa da sconosciuti fuggiti a bordo di un veicolo di colore rosso e poi persi per le strade dell'impunità chiapaneca. Questo, la notte di mercoledì 24, alle ore 23:00.
Nell'ejido di Jotolá, vicino a San Sebastián Bachajón, le famiglie aderenti alla Sesta sono minacciate di essere presto spogliate delle loro terre dal gruppo filogovernativo, con precedenti penali, della stessa comunità.
Il segnale di allarme che girava da varie settimane, è risuonato forte sabato 20 aprile quando la Giunta di Buon Governo dell'EZLN, nel caracol di Oventik, ha emesso un comunicato che dettagliava una ventina di aggressioni, alcune gravi, a San Marcos Avilés, in questo anno e nei due precedenti. Quello stesso giorno è arrivata a San Marcos una missione civile della Red por la Paz en Chiapas, composta da 10 centri per i diritti umani ed organismi indipendenti, per realizzare un'osservazione diretta di carattere umanitario.
Quella notte, i gruppi filogovernativi del PRI, PVEM e PRD minacciavano di espellere gli osservatori e sequestrare i loro veicoli, "perché scorrerà il sangue". Ciò nonostante, domenica 21 aprile la Carovana Civile di Osservazione ha compiuto la sua missione e giovedì 25 ha diffuso un rapporto che conferma, con vivide testimonianze delle donne zapatiste dell'ejido, quanto denunciato dalla JBG.
Appena alcune ore prima avevano assassinato Juan Vázquez, fermo difensore del territorio del suo popolo contro il giogo governativo a favore dello sfruttamento turistico delle cascate di Agua Azul, nel municipio di Tumbalá, attigue a San Sebastián Bachajón.
Le nuove denunce di San Marcos Avilés hanno un denominatore comune con tutte le precedenti: si tratta degli stessi autori materiali. Dietro ad ogni aggressione ci sono i loro nomi. Che si sappia, nessuno è stato indagato. Piuttosto il contrario, lavorano fianco a fianco con la giunta comunale di Chilón e da vari anni con il sostegno diretto del governo statale, con una persistenza ormai ultrasessennale.
La JBG di Oventic "accusa direttamente" Lorenzo Ruiz Gómez ed Ernesto López Núñez, ed i figli del primo, Sócrates e Ismael Ruiz Núñez. TAnche i priisti Cruz Hernández, Santiago Cruz Díaz, Vicente Ruiz López, Manuel Vázquez Gómez e José Hernández Méndez, oltre ai "verdi" Rubén Martínez Vásquez, Manuel Díaz Ruiz, Victor Núñez Martínez, Victor Díaz Sánchez ed altre 30 persone. Questi aggressori "non lasciano vivere in pace" le basi zapatiste che sono già state sfollate nel 2010.
La JBG ricorda che ha denunciato "gli atti vergognosi di queste persone legate ai partiti" che provocano problemi tra indigeni della stessa comunità, organizzati dai governatori Juan Sabines Guerrero e Manuel Velasco Coello". E sottolinea: "La risposta alle nostre denunce sono state volgarità, scherno e nuove minacce".
Il comunicato descrive più di 20 aggressioni contro le famiglie zapatiste dal luglio 2011 fino al passato 18 aprile, quando ad uno zapatista è stata sottratta una proprietà dal sindaco di Chilón che il 17 aprile "ha mandato una ruspa per abbattere un casale di 32,25 metri quadri di proprietà di Javier Ruiz Cruz, che ha lavorato protetta da 120 persone dei differenti partiti". "Il nostro compagno non ha potuto fare niente per difendere la sua proprietà". Il 29 gennaio scorso, Ruiz Cruz aveva informato la JBG che il terreno, sulle rive di una laguna, "era circondato dagli aggressori", che "vociferavano della costruzione di un accampamento militare".
 
Dal 2011 minacce e vessazioni non sono mai cessate, "guidate" abitualmente dall'agente di polizia municipale e militante del PVEM, Lorenzo Ruíz Gómez. La JBG racconta di diverse aggressioni contro le famiglie autonome. Già nel marzo del 2012, il priista Ernesto López Núñez ostentava "che quelli del partito hanno un nuovo piano" per sgomberare gli zapatisti, e che ci sarebbe stata una "seconda tappa per togliere loro i diritti sulle terre".
Il 3 marzo di quest'anno, "aggressori ed autorità del PVEM si sono riunite col principale capoccia", il menzionato Ruiz Gómez, che avrebbe detto "che non resta altro che assassinare i figli dei nostri compagni" e poi ha chiesto ai suoi complici di "uccidere Juan Velasco Aguilar e gli altri zapatisti"; i suoi accoliti, secondo la JBG, si sono dichiarati "pronti" a farlo e di avere "armi sufficienti".
La Red por la Paz informa
La Red por la Paz en Chiapas giorni dopo ha dichiarato: "La fonte dell'aggressione principale è l'esproprio delle terre coltivate dalle basi zapatiste da parte di membri dei partiti PRI, PVEM e PRD". La relazione privilegia le testimonianze delle donne dell'EZLN di San Marcos Avilés, che si dichiarano costantemente minacciate dai partidistas: "Dicono che se usciamo da sole ci violentano. Due anni fa è morta di crepacuore mia figlia di 10 anni, perché continuavano a dirle che l'avrebbero violentata", ha dichiarato una donna. Bambini e bambine "chiedono costantemente perché non possono uscire a giocare, e sentono la preoccupazione dei genitori". Le conseguenze psicologiche "sono forti", sostiene la relazione. Secondo un'altra testimonianza, "non dormiamo più per il rischio di subire violenza". La discriminazione e l'esclusione contro gli zapatisti "è marcata", e le provocazioni "costanti".
Sono state documentate molte minacce di morte. "Per esempio, il 27 marzo le autorità ejidali e municipali si sono riunite in un luogo privato per condividere informazioni su un uomo zapatista e decidere se ammazzarlo. Hanno concordato una volta ucciso, avrebbero fatto lo stesso con le altre basi dell'EZLN".
Successivamente, la missione civile ha incontrato le autorità ufficiali, ma il consigliere comunale verde Leonardo Rafael Guirao Aguilar ha pensato bene di non presentarsi. Gli osservatori hanno parlato col delegato di Governo Nabor Orozco Ferrer, col sindaco Francisco Guzmán Aguilar ed altri funzionari municipali.
Di fronte alla documentazione delle violazioni dei diritti umani, il sindaco "ha ammesso lo sfollamento e l'esproprio di terre delle basi dell'EZLN dal 2010, commentando che 'è vero che gli zapatisti hanno comperato le terre, ma le abbiamo sequestrate perché non pagano le tasse, la luce né l'acqua', ma ha negato l'esistenza di una situazione di violenza". Il delegato di Governo ha ammesso "che esistono interessi politici dietro questi eventi da parte di alcune persone che starebbero provocando la conflittualità".
La missione ha rilevato "precarietà alimentare" tra le famiglie dell'EZLN, ed il "rischio imminente" di uno sgombero forzato per azione dei coloni che si dicono affiliati al PRI, PVEM e PRD. Con la sua relazione, la Red por la Paz ha esposto con chiarezza al governo "la gravità ed urgenza della situazione" chiedendo "azioni immediate per evitare danni irreparabili alla vita e integrità personale degli indigeni appartenenti all'EZLN".
Da agosto 2010
L'inizio della sventura della comunità zapatista di San Marcos Avilés è iniziata con la realizzazione della scuola Emiliano Zapata, parte del Sistema Autonomo Educativo Zapatista, nell'agosto del 2010. I filogovernativi hanno scatenato un'ostilità latente, e dopo poche settimane le famiglie zapatiste hanno dovuto rifugiarsi sulle montagne per 33 giorni. Quando sono tornate, hanno trovato le loro case e campi saccheggiati e distrutti.
Le minacce di espulsione e di morte hanno raggiunto livelli allarmanti a giugno del 2011, data in cui il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba) denunciava la responsabilità dello Stato per omissione in queste aggressioni, poiché le autorità non hanno agito per garantire l'integrità e la sicurezza delle basi zapatiste e l'accesso alla terra. Ciò, nonostante le denunce della giunta di buon governo (JBG) di Oventik ed i vari interventi inviati dallo stesso Frayba al governo del Chiapas.
L'organismo, presieduto dal vescovo Raúl Vera, chiede da allora la sospensione delle minacce di morte, della persecuzione e degli espropri contro le basi di appoggio dell'EZLN da parte di membri dei partiti politici dell'ejido, così come di proteggere e garantire la sua vita e la sicurezza, rispettando il loro processo autonomistico che da anni stanno costruendo, nella cornice del diritto alla libera determinazione dei popoli, sancito dall'Organizzazione Internazionale del Lavoro, dall'ONU e dallo Stato messicano.
Le 170 persone sfollate da San Marcos Avilés il 9 settembre 2010, sono ritornate il 12 ottobre di quell'anno. In quell'occasione, la JBG di Oventik ritenne responsabile il governo statale per qualsiasi nuova aggressione contro i suoi compagni che erano e sono perseguitati per praticare l'autonomia in maniera pacifica.
A settembre del 2010, la giunta denunciò che 30 persone dell'ejido, membri dei partiti citati, guidate da Lorenzo Ruiz Gómez e Vicente Ruiz López, aveva fatto irruzione violentemente, con bastoni, machete ed armi, nelle case degli zapatisti tentando di violentare due donne che però riuscirono a fuggire. Per non rispondere all'aggressione, le basi zapatiste si rifugiarono in montagna. Dopo 33 giorni di allontanamento forzato, senza cibo e protezione, tornarono nelle proprie case.
Il Frayba documentò allora che le abitazioni degli sfollati erano state saccheggiate di tutti i loro beni, incluso i raccolti di mais e fagioli. Le coltivazioni, piantagioni di caffè ed alberi da frutta furono distrutti, e gli animali rubati.
Da allora, il centro ha informato in varie occasioni le autorità sulla situazione in San Marcos Avilés, al fine di sollecitare il compimento del loro obbligo di garantire l'integrità e la sicurezza degli abitanti, e cercare una soluzione al conflitto. A dispetto di ciò, non c'è stata alcuna risposta dal governo.
Anche se la popolazione sfollata decise di tornare, il Frayba ha continuato a documentare minacce persistenti e quotidiane nella comunità, e sostiene che c'è un rischio di sgombero forzato. Il 6 aprile 2012 è stato installato nell'ejido un accampamento civile per la pace i cui osservatori civili sono stati minacciati, un fatto senza precedenti che descrive bene l'escalation delle aggressioni contro le basi zapatiste.
Più avanti, ad agosto dell'anno scorso, nuovamente le basi di appoggio zapatiste denunciarono la pianificazione di un nuovo sgombero contro di loro. I partidistas tenevano assemblee straordinarie per discutere di questi temi, e resero perfino pubblico il piano di sgombero violento. La comunità aggredita riferì che questi partidistas stavano cercando di reclutare persone nelle comunità di Pantelhó, Corralito e La Providencia per aiutarli nel realizzare lo sgombero.
Gli indigeni in resistenza e perseguitati, circa 200 persone, comprarono il terreno 13 anni fa e possiedono gli atti di proprietà. Tuttavia, come in tutto il territorio zapatista, questo non ferma i governi che continuano ad assegnare la terra ad altri in cambio dello sgombero forzato di quello che più temono quelli che stanno sopra: il buon esempio.

sabato 27 aprile 2013

Gloria Munoz Ramirez: aggressioni in Chiapas

 

Los de Abajo

Gloria Munoz Ramirez

Questa settimana, il Chiapas è stato nuovamente scenario di violenza contro indigeni e contadini che difendono la terra e praticano l'autonomia, passati in sordina sui media elettronici, affannati a diffondere immagini di violenza intollerabile - come la definiscono - del corpo insegnante di Guerrero che protesta per l'imposizione della riforma educativa, e degli studenti che occupano il rettorato della UNAM.
Entrambe le aggressioni sono state direttamente contro zapatisti e pro-zapatisti. I primi sono basi di appoggio dell'EZLN della comunità di San Marcos Avilés, municipio di Chilón, appartenenti al caracol di Oventik. I secondi sono protagonista della lotta per la difesa delle loro terre a San Sebastián Bachajón, di dove era originario il dirigente degli aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, Juan Vázquez Gómez, assassinato con cinque colpi d'arma da fuoco.
Attivo nella difesa della sua comunità dal 2007, lo scorso 17 aprile Juan Vázquez aveva denunciato, insieme ad altri ejidatarios aderenti all'iniziativa zapatista, nuove minacce al suo territorio per un progetto turistico nella regione.
Il clima di violenza in Chiapas, stato in cui si è recato la settimana scorsa il presidente Enrique Peña Nieto per lanciare la sua Crociata Nazionale contro la Fame, si acuisce con minacce e persecuzione diretta contro chi difende il suo territorio. Le aggressioni non sono mai cessate, vero, ma i fatti violenti di questa settimana sono un allarme che non può essere ignorato, perché era da molto tempo che non accadeva un omicidio politico nell'entità.
Neanche le aggressioni a San Marcos Avilés sono nuove, ma proprio ora tornano le ostilità contro le famiglie di questo villaggio che dall'agosto del 2010 - quando aprirono la scuola autonoma Emiliano Zapata - sono minacciate da elementi che loro chiamano 'quelli dei partiti'. Il tentativo di sottrarre le loro terre è il nodo del conflitto.
In un recente comunicato, la Giunta di Buon Governo con sede ad Oventik, ha dettagliato le violazioni quotidiane che subiscono negli ultimi tre anni ed ha denunciato che i tre livelli dei governi ufficiali non hanno fatto niente per fermare le ingiustizie e la violazione dei diritti umani che vengono commesse contro i nostri compagni basi di appoggio dell'ejido San Marcos Avilés. La risposta sono state volgarità, scherno ed altre minacce contro i nostri compagni.
In Chiapas c'è la minaccia latente di sgombero forzato contro gli zapatisti e di un nuovo omicidio politico.


ASSASSINATO LEADER PRO-ZAPATISTA A BACHAJON


La Jornada – Venerdì 26 aprile
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 25 aprile. Il dirigente degli ejidatarios aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona a San Sebastián Bachajón, Juan Vázquez Gómez, è stato assassinato la notte di mercoledì da individui non identificati che l'hanno ucciso con cinque colpi di pistola. I fatti sono avvenuti intorno alle 23 fuori da casa sua, hanno comunicato gli ejidatarios.
Questa mattina, il Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (Frayba) ha condannato l'omicidio del segretario generale degli aderenti alla Sesta a San Sebastián Bachajón, municipio di Chilón. Vázquez Gómez si è distinto per la sua partecipazione attiva in difesa della terra e del territorio contro l'esproprio governativo delle cascate di Agua Azul e l'imposizione del botteghino di ingresso al sito.
Alcuni vicini, aggiunge il Frayba, riferiscono che Juan è stato aggredito proprio mentre stava entrando in casa; gli aggressori "sono fuggiti a bordo di un camioncino rosso in direzione di Sitalá, sulla strada che collega Ocosingo, Cancuc e Chilón".
Dal 2007 Vázquez Gómez partecipava attivamente alla difesa del territorio ejidale, per il quale è aperto il ricorso n. 118/2013 attualmente in revisione presso il Tribunale di Tuxtla Gutiérrez.
Bisogna ricordare che il 17 aprile gli ejidatarios aderenti alla Sesta hanno denunciato che il loro territorio è minacciato dalla politica ufficiale di esproprio che prosegue con l'attuale governo dello stato. Il governo precedente si era distinto per la persecuzione degli ejidatarios che si oppongono all'esproprio per, fini turistici, di una parte delle loro terre, con la partecipazione diretta del segretario di Governo, Noé Castañón León, come da ripetute segnalazioni degli ejidatarios tzeltal.
A sua volta, la Rete contro la Repressione in Chiapas ritiene evidente che si tratta di un omicidio politico, per i molti interessi imprenditoriali, politici ed economici nella zona. E dalla prigione di San Cristóbal de las Casas, i detenuti della Voz del Amate e Solidarios de la Voz del Amate condannano i fatti e chiedono alle autorità di indagare e punire i responsabili.
In una situazione di crescente tensione nella zona di Chilón, nelle scorse settimane sono state denunciate nuove minacce contro gli aderenti della Sesta dell'ejido di Jotolá. http://www.jornada.unam.mx/2013/04/26/politica/028n1pol

mercoledì 24 aprile 2013

JBG denuncia aggressioni a San Marcos Aviles

 

La Jornada – Mercoledì 24 aprile 2013
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis., 23 aprile. La giunta di buon governo (JBG) degli Altos, con sede nel caracol zapatista di Oventic, ha denunciato le numerose aggressioni subite nell'ejido San Marcos Avilés (Chilón) dalle basi di appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN), in particolare in questo anno. Gli aggressori sono identificati come appartenenti a PRI e PVEM. 
Il comunicato è stato diffuso proprio quando questa domenica la missione civile della Rete per la Pace del Chiapas è stata minacciata durante la sua visita nella comunità tzeltal per documentare le costanti violazioni dei diritti delle basi zapatiste. Il Frayba, una delle 10 organizzazioni partecipanti, ha denunciato che "i partiti hanno minacciato la 'Carovana Civile di Osservazione' di sequestrare i veicoli", avvertendo che se non li avessero consegnati con le buone, sarebbe corso il sangue. Le minacce non si sono concretizzate ma danno l'idea del clima che si respira a San Marcos Avilés. La carovana si è conclusa senza incidenti ed ha annunciato una relazione per i prossimi giorni.
Intanto, la JBG ricorda che ha sempre denunciato tutti gli atti vergognosi di queste persone dei partiti politici che provocano problemi tra gli indigeni della stessa comunità; sono organizzati dai governatori Juan Sabines Guerrero e, ora, da Manuel Velasco Coello. I tre livelli di governo non hanno fatto niente per fermare le ingiustizie che si commettono contro i nostri compagni. E sottolinea: La risposta alle nostre denunce sono state volgarità, scherno ed altre minacce. 
Il comunicato dettaglia più di 20 aggressioni contro le famiglie zapatiste dal luglio del 2011 fino alla settimana scorsa, quando il 17 aprile scorso, ad uno zapatista è stata sottratta una proprietà dal sindaco di Chilón, che ha mandato un trattore per demolire una casa di 32 per 25 metri quadri di proprietà di Javier Ruiz Cruz, protetto da 120 persone dei diversi partiti. Il nostro compagno non ha potuto fare niente per difendere la sua proprietà.
Il giorno seguente il trattore ha continuato a lavorare circondato dallo stesso numero di persone dei partiti e da sette camion a rimorchio per caricare la ghiaia. Prima, lo scorso 29 gennaio, Ruiz Cruz aveva informato la JBG che il terreno, sulle rive di una laguna, era stato circondato dagli aggressori che vociferavano della costruzione di un accampamento militare. 
Dal 2011 non sono cessate le minacce e le vessazioni guidate abitualmente dalla polizia municipale e dal militante del PVEM Lorenzo Ruiz Gómez. La JBG racconta di diverse aggressioni contro le famiglie autonome: sottrazione di terre, furto di coltivazioni ed animali, saccheggio di piantagioni di caffè, minacce di morte, false accuse, sospensione del servizio elettrico ed aggressioni armate e con pietre, insieme ad azioni arbitrarie di funzionari municipali di Chilón apertamente collusi con gli aggressori del PRI e del PVEM di San Marcos Avilés.
Già nel marzo del 2012 il priista Ernesto López Núñez ostentava che quelli del suo partito avevano un nuovo piano per cacciare gli zapatisti e che in un secondo tempo gli avrebbero tolto anche i loro diritti sulle terre. 
Il 3 marzo scorso gli aggressori e le autorità del PVEM si sono riuniti col principale capoccia (il menzionato Ruiz Gómez) che avrebbe detto che non c'è altra soluzione che assassinare i figli dei nostri compagni, e poi avrebbe chiesto ai suoi complici di uccidere Juan Velasco Aguilar e gli altri zapatisti; i suoi compari, secondo la JBG, si sono dichiarati pronti a farlo e con sufficienti armi a disposizione.
La JBG di Oventic accusa direttamente i citati Ruiz Gómez e López Núñez, insieme ai figli del primo, Sócrates e Ismael Ruiz Núñez. Aggiunge i priisti José Cruz Hernández, Santiago Cruz Díaz, Vicente Ruiz López, Manuel Vázquez Gómez e José Hernández Méndez, oltre ai verdi Rubén Martínez Vásquez, Manuel Díaz Ruiz, Victor Núñez Martínez, Victor Díaz Sánchez ed altre 30 persone. Questi aggressori non lasciano vivere in pace le basi zapatiste che erano già state cacciate per un breve periodo nel 2010. http://www.jornada.unam.mx/2013/04/24/politica/022n2pol

martedì 23 aprile 2013

Guatemala: invalidato il processo per genocidio control'ex dittatore Montt

 

traduzione di e. intra e s. gliedman

 

Il recente processo per genocidio e crimini contro l'umanità ai danni dell'ex dittatore Efraín Ríos Montt, uno degli eventi più attesi e seguiti nella storia del Guatemala, è stato invalidato dalla Corte Costituzionale. Ore di strazianti testimonianze da parte di decine dei sopravvissuti e delle vittime di massacri e sparizioni forzate dovranno essere ripresentate.   

Efraín Ríos Montt, alla guida del Paese tra il 1982 e il 1983 e il capo dei servizi segreti José Mauricio Rodríguez Sánchez sono accusati del massacro di 1700 indigeni Maya Ixiles durante la guerra civile. Da decenni le vittime del conflitto cercano di ottenere giustizia: solo per arrivare al processo c'erano volute dodici anni. Ora si teme che gli imputati, entrambi in età inoltrata, muoiano prima della prossima causa. Il giornalista investigativo Allan Nairn commenta così sul suo blog: «Molti Maya sopravvissuti al massacro hanno rischiato la vita per testimoniare. Ma ora i verbali a cui avevano così coraggiosamente contribuito sono stati cancellati dall'alto».   

Il 18 aprile il giudice Carol Patricia Flores ha dichiarato nullo il procedimento a causa di "apparenti violazioni procedurali". Quest'ultima ha spiegato che la decisione arriva dai massimi tribunali del Paese per le molte critiche seguite alla sua illeggittima esclusione dal procedimento e che definivano la vicenda una presa in giro per la giustizia.

 

Nel gennaio 2012, Rios Montt era stato formalmente accusato da Flores, la quale aveva poi abbandonato il caso fino a cinque settimane fa, per via di un suo coinvolgimento in un altro processo sempre contro Rios Montt. Nella seconda settimana di aprile gli avvocati di Montt si erano così concentrati su Flores, richiedendo l'annullamento in base a tali errori procedurali.  

 Il 17 aprile la difesa ha presentato un'istanza di sospensione, e il giorno successivo Flores ha riportato il processo alla fase preparatoria: il procedimento è nuovamente soggetto a ricorsi e tutte le testimonianze dovranno essere ripresentate. Secondo il giudice Julio Prado, invece l'ordine della Corte Costituzionale avrebbe dovuto ammettere le prove presentate, limitandosi a riportare il caso al tribunale di origine per garantirne il proseguimento.  

 Due giorni prima alcuni ex funzionari firmatari dei trattati di pace con cui si era chiusa la guerra civile, avevano pubblicamente dichiarato che il processo rappresentava  "una minaccia per la pace e l'unità del Guatemala", trovando l'immediato appoggio del Presidente Perez Molina, anch'egli intervenuto durante il processo in qualità di testimone. Molina è un ex generale dell'esercito, fondatore della scuola militare di Kaibil, istituzione le cui pratiche sono molto simili alla tortura.   

Allan Nairn era uno dei testimoni proposti dall'accusa, in quanto aveva intervistato Molina nella regione degli Ixile nel 1983. ecentemente il giornalista investigativo aveva scritto un resoconto personale sul caso, chiedendo però che questo "rimanesse privato fino a quando non fosse stato raggiunto un verdetto sul processo". Nairn ha invece deciso di pubblicare ora sul suo blog il post " I retroscena su come l'attuale Presidente del Guatemala e le minacce di violenza hanno distrutto il caso giudiziario -- dove si legge fra l'altro: «Sarebbe sbagliato pensare che questo caso avrà ripercussioni sul immagine di coloro che governano il Guatemala. Gli è stato imposto dal basso. L'ultima cosa che vogliono è la giustizia. Hanno però acconsentito a ingoiarne una parte solo perchè costretti dalle forze politiche, pensando di potersela cavare sacrificando Rios Montt e salvare così la pelle. Sono stato chiamato a testimoniare, mi hanno inserito nella lista come 'testimone qualificato,' e avrei dovuto deporre lunedì 15 aprile. Ma mi hanno lasciato fuori all'ultimo minuto 'per evitare un confronto con l'esecutivo'».   

Immediatamente sui social network sono apparse le reazioni alla decisione del tribunale. L'International Center for Transitional Justice rilancia la notizia sotto l'hashtag GenocideGT@theICTJ: «Il giudice Flores ordina l'annullamento del processo al genocidio e di tutte le relative azioni legali».   

La professoressa di storia latino-americana, Kirsten Weld ( @kirstenweld) scrive: «Tutti noi ci siamo sentiti emozionati e ispirati dalle testimonianze; abbiamo però dimenticato quanto potesse essere diabolicamente furbo l'esercito».   

Il @NISGUA_Guate riporta la reazione di Marilena Bustamante, sorella di Emil Bustamante, uno dei tanti scomparsi durante la guerra: «Mentre la corte legge la decisione, M. Bustamante inizia a gridare "INGIUSTIZIA!" Altri presenti urlano, "perchè non le sparate"».   

Cultural Survival ( @CSORG) cita la regista di documentari Pamela Yates: «Sono senza parole davanti a questa decisione; questioni procedurali che fermano il processo adesso è scioccante. E forse illegale».   

Xeni Jardin ( @xeni), che ha segutio il caso per il noto sito Usa Boing Boing, le fa da eco: «"Questa decisione significa farsi beffe e prendere in giro le vittime." L'accusa del processo per genocidio chiede al giudice di riconsiderare l'annullamento».   

E poi aggiunge: «Una veglia a lume di candela sta avendo luogo ora fuori dalla Corte Suprema. In testa i rappresentanti del popolo Ixil».  

Sebbene a questo punto il futuro del processo sia incerto, i cittadini stanno utilizzando i social media per far sentire la propria voce e organizzare proteste sia online che offline, tramite un altro hashtag,  sihubogenocidio (Sì, è stato un genocidio).   

Thijs Bouwknegt  ( @thijsbouwknegt): «I gruppi a difesa dei diritti umani chiedono il completamento del processo per il genocidio in Guatemala Genocide». http://feedly.com/k/11euME2   

Omar ( @adverse101): «Una commissione di tre giudici nel processo per genocidio contro Rios-Montt si è rifiutata di riconoscere l'annullamento del processo da parte di un tribunale esterno».   

Ursula Roldan ( @ursularol): «Come potrà mai riprendersi il Guatemala, se non riesce a prendere coscienza del suo passato?».   

Adri Aguilar ( @adrinoname_): «Perchè è vero e non venga dimenticato SiHuboGenocidio».  

 KuntiToXiKa ( @KuntiShaw): «La giustizia si è persa nel sorriso di Ríos Montt e nella mano pesante di Otto Sihubogenocidio, mi sento impotente perchè il mio Paese mi fa star male!».   

UDEFEGUA ( @UDEFEGUA): Dalle 11 del mattino terremo una manifestazione pacifica davanti alla Corte Suprema, venite con noi SiHuboGenocidio pic.twitter.com/FRDnmtqlNx».  

I prossimi giorni saranno cruciali per il futuro della giustizia in Guatemala e non solo. Per saperne di più, qui ci sono stralci del dibattito in aula e qui la cronologia degli eventi che documentano la lunga lotta dei sopravvissuti.  

[ Post originale: Guatemala's Genocide Trial Declared Invalid 

Frayba: Urgente Minacce alla Carovana a San Marcos Avilés


Da: Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas
San Cristóbal de Las Casas, Chiapas
22 aprile 2013
 
 
Nota Urgente

Carovana a San Marcos Avilés raggiunta da minacce da parte dei elementi dei partiti politici che dicono: "scorrerà il sangue".
Secondo informazioni ricevute, elementi dei partiti politici di San Marcos Avilés hanno minacciato la "Carovana Civile di Osservazione dei Diritti Umani a San Marcos Avilés della Rete per la Pace in Chiapas" di sequestrare i veicoli sui quali viaggiano minacciando che: "se non li consegnano con le buone si useranno le maniere forti e scorrerà il sangue". 
 
Come Centro dei Diritti Umani esigiamo il pronto e immediato intervento del governo del Chiapas per proteggere e garantire l'integrità personale dei difensori e promotori dei diritti umani della carovana civile. 
 
Infine sollecitiamo la società civile nazionale e internazionale di vigilare sulla situazione
 

lunedì 22 aprile 2013

Patishtan: Una patata bollente per il governo


Los de Abajo

La patata bollente

Gloria Muñoz Ramírez


Nonostante le pressioni esercitate su di lui e contro il suo popolo, questo 19 aprile si è svolta la giornata nazionale ed internazionale da dieci anni più grande per chiedere la liberazione di Alberto Patishtán, il prigioniero politico più emblematico del Messico. La visita del presidente Enrique Peña Nieto a Zinacantán, dove ha lanciato la sua campagna contro la fame, non è riuscita a fermare la grande manifestazione nella capitale del Chiapas, benché il governatore Manuel Velasco ci abbia provato per rendere più amichevole il soggiorno dell'Esecutivo federale.

Le mobilitazioni in tutto il mondo sono state organizzate in concomitanza al 42° compleanno del professor Patishtán, 12 dei quali trascorsi in prigione. Nel DF l'appuntamento è stato di fronte al Consiglio della Magistratura Federale, dove sono arrivati membri della Rete contro la Repressione e Solidarietà, del Movimento per la Pace con Giustizia e Dignità ed il Fronte dei Popoli in Difesa della Terra di Atenco, tra altre organizzazioni.

Il caso Patishtán si è trasformato in una patata bollente per i governi federale e statale. La sua liberazione è nelle mani dei giudici del Primo Tribunale Collegiale di Tuxtla Gutiérrez ai qualoi si chiede imparzialità, trasparenza, obiettività e impegno sociale.

In questo momento, spiega Sandino Rivero, avvocato di Patishtán, si chiede ai giudici di risolvere l'incidente di riconoscimento di innocenza con la dovuta indipendenza ed imparzialità. Loro stessi si sono impegnati a vigilare che la risoluzione del primo tribunale collegiale sia conforme al rispetto dei diritti umani del professore, garantendo il diritto di accesso alla giustizia e libertà.

Sulla richiesta della sua liberazione questo venerdì è caduta l'ombra delle minacce contro Patishtán e contro la sua comunità, El Bosque, dove sono arrivati personaggi del governo statale per tentare di dissuadere la manifestazione. Non ci sono riusciti, e con una strategia più simile al controllo dei danni che ad una posizione per la giustizia, il governatore e parte del suo gabinetto hanno deciso di fare visita personalmente al professore ed gli altri detenuti appartenenti a La Voz del Amate, tutti simpatizzanti della causa zapatista.

L'erronea e malriuscita intenzione del governo di fermare le mobilitazioni, segnala Víctor Hugo López, direttore del Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas, è parte di una costante in Chiapas, nella quale funzionari di livello medio minacciano i componenti dei movimenti sociali.

Il Frayba ha informato che è stata superata la meta prevista di 4 mila 686 lettere di appoggio al professore, una per ogni giorno di prigione. Patishtán ha ricevuto 5 mila 986 lettere per la sua libertà.

losylasdeabajo@yahoo.com.mx

http://www.jornada.unam.mx/2013/04/20/opinion/012o1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)


venerdì 19 aprile 2013

Manuel Velasco si impegna per la liberta' di Patishtan

 

La Jornada – Venerdì 19 aprile 2013
Hermann Bellinghausen. Inviato. San Cristóbal de las Casas, Chis. 18 aprile. Il governatore Manuel Velasco alle 16:30 di oggi ha visitato, nel carcere numero 5 di San Cristóbal de las Casas, il professor Alberto Patishtán Gómez ed i detenuti della Voz del Amate e Solidarios e si è impegnato ad agire per la libertà di Patishtán ed una nuova revisione dei casi degli altri detenuti con i quali ha parlato personalmente. 
Questo è stato comunicato dallo stesso Patishtán via telefonica a La Jornada. 
Accompagnavano il governatore il procuratore generale di giustizia locale, Raciel López Salazar, ed il segretario statale di Pubblica Sicurezza, Jorge Luis Llavén. Ad essi incaricò Velasco Coello ha incaricato loro di occuparsi dei casi dei detenuti che ritengono di essere in prigione ingiustamente.
Davanti a Patishtán, il governatore ha manifestato l'interesse personale per il suo caso dicendosi convinto della sua innocenza e si è impegnato ad esporre al presidente Enrique Peña Nieto la sua situazione durante la visita che il presidente farà questo venerdì in Chiapas. 
Tanto Patishtán, come gli organizzatori nel municipio di El Bosque di una peregrinazione di Pueblo Creyente della diocesi di San Cristóbal de las Casas, convocata per la mattina di questo venerdì nella capitale dello stato, avevano ricevuto pressioni per sospendere detta mobilitazione da parte di funzionari statali. 
Si presume poiché coincidente con la visita del presidente Peña Nieto in Chiapas, accompagnato dall'ex presidente brasiliano Luiz Inazio Lula da Silva, per rilanciare da Navenchauc, in Zinacantán, non lontano da Tuxtla Gutiérrez, la Crociata Nazionale contro la Fame.
Martedì scorso, il sottosegretario di Governo della regione nord, Moisés Zenteno, aveva intimato al Movimento di El Bosque per la Libertà di Alberto Patishtán di sospendere la manifestazione a Tuxtla Gutiérrez, dando perfino un ultimatum agli indigeni. Ma questi hanno replicato che non era in suo potere fermare la manifestazione.
Successivamente, quella notte, inviati del sottosegretario avevano incontrato Patishtán in carcere per chiedergli sospendere la mobilitazione di Pueblo Creyente e di diverse organizzazioni sociali davanti al Tribunale. Il Profe, come è conosciuto, è da quasi 13 anni in carcere senza altro motivo che la vendetta per una vecchia disputa politica nel suo villaggio.
Sostenendo che il governatore Velasco Coello ha ribadito pubblicamente che, secondo lui, Patishtán dovrebbe essere messo in libertà, gli inviati della segreteria di Governo del Chiapas hanno tentato, infruttuosamente, di compromettere la manifestazione di venerdì. Questa culminerà, come annunciato dagli organizzatori, davanti alla sede del tribunale di Tuxtla Gutiérrez che si pronuncierà nei prossimi giorni sulla richiesta di revisione del caso e riconsiderare la condanna di 60 anni che pesa sul docente tzotzil. 
Sembra che il magistero democratico, attualmente riunito per definire le misure rispetto alla riforma del sistema scolastico, si unirà alla peregrinazione per la libertà di Patishtán. http://www.jornada.unam.mx/2013/04/19/politica/023n1pol


martedì 16 aprile 2013

Libro fotografico "Caminando Colombia. Del corazón a la cabeza"


Caminando Colombia. Del corazón a la cabeza
Libro fotografico con immagini di Oscar Paciencia e testi di Periferia Prensa Alternativa.
Edizioni Revista Pueblos, Periferia Prensa Alternativa
Salut!
oscar paciencia
 
 

Caminando Colombia

del corazón a la cabeza

fotografías Oscar Paciencia

textos Periferia Prensa Alternativa

ediciones Revista Pueblos – Periferia

 

Le città con le loro miserie e le loro espressioni di resistenza popolare; Sur de Bolívar con lo sfruttamento minerario, assieme alle comunità indigene e contadine, Arauca, nel mezzo di un intenso conflitto sociale e armato che, tuttavia, non ha del tutto smembrato la speranza della sua gente, il Valle del Cauca, con le sue trecce e le risate, le periferie con la loro espressione di gioia, di lotta e perseveranza. E la Colombia tutta, mostrando apertamente come è stata dissanguata dalle ingiustizie sociali, dalle politiche estrattive dei suoi governi, dalle multinazionali e un conflitto armato che ha travolto la popolazione in quasi ogni angolo del territorio. Un territorio che si riproduce, tuttavia, in ogni sorriso, ballo, canzone, nelle sementi, nei fiumi e nelle montagne, protetto e amato dai suoi abitanti, in una lotta instancabile e dignitosa, in un cammino costante verso il sogno di un futuro differente.

Percorrendo tutto questo, anche, dal cuore alla testa. Facendo salire la grande emozione che la gente di questo paese provoca fino alla testa, alla volontà razionale e trasformativa. Un percorso irreversibile, condiviso, mai concluso.


lunedì 8 aprile 2013

Desinformémonos Lunedì 8 aprile


Desinformémonos 87


Reportage Messico


Su Atenco incombe di nuovo la minaccia dell'aeroporto

Gloria Muñoz Ramírez
Foto: Clayton Conn

 

La Polizia Comunitaria si unisce in difesa dell'educazione, senza armi

Desinformémonos

 

Lo sgombero degli insegnanti in Guerrero, una prova della repressione futura

Francisco Guerrero

 

Fuoco su Radio Totopo, una voce libera come il vento

Palabra Radio

 

Episodi della guerra zapatista nell'Ajusco

Gerardo Camacho de la Rosa

 

Grida dentro e fuori dal carcere per reclamare la libertà di Patishtán

Alma Sánchez
Audio: Moysés Zúñiga Santiago

 

Reportage Internazionali


Processo per genocidio in Guatemala, ed attuali attentati contro le comunità

Susana Norman
Foto: Roderico Díaz

 

Ottantamila grida contro il Treno ad Alta Velocità in Italia

Luca Giacomelli
Traduzione: Alejandro González Ledesma

 

Tutta la Palestina in rivolta per la morte di un detenuto

HispanTV e Juventud Rebelde

 

Petrolio a costo dei matsés di Brasile e Perú

Brisa Araujo

 

Una marcia per vivere in euskera

Adazahira Chávez
Foto: Euskalakari AEK

 


Los Nadies


Pulire le viscere della Metro

Testimonianza raccolta da Estefanía A.P. a Città del Messico

 

Imagina en Resistencia


"Non fai musica pensando di cambiare il mondo, ma per creare idee"

Alberto Pradilla/ Gara

 

Fotoreportage


Arte per giorni funesti

Immagini: Lucía Vidales
Testo: Lucía Vidales, adattamento Roque Dalton e Frantz Fanon, Desinformémonos
Musica: Gung Ho, de Patti Smith
Produzione: Desinformémonos

 

Video


Atenco, resistenza e nuove minacce

Clayton Conn


 

Audio


Oaxaca, "non vogliamo essere la Palestina del Messico"

Veredas Autónomas


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"...desinformémonos hermanos
hasta que el cuerpo aguante
y cuando ya no aguante
entonces decidámonos
carajo decidámonos
y revolucionémonos."
Mario Benedetti

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