domenica 30 dicembre 2012

Messico - L'EZLN annuncia i suoi prossimi passi

Gli zapatisti riprenderanno i contatti con le organizzazioni aderenti all'altra campagna e lanceranno prossime iniziative


L'EZLN torna a parlare, dopo la grande inizitiva del 21 dicembre. Sulla pagina di Enlace Zapatista è apparso un comunicato della dirigenza dell'organizzazione. Gli zapatisti anticipano che nei prossimi giorni renderanno pubbliche una serie di iniziative, civile e pacifiche; e che riprenderanno i contatti con le organizzazioni del Messico e del mondo Aderenti alla Otra Campagna che ancora credono nella possibilità di un'altra forma di fare politica, in basso e a sinistra.

Inoltre sono apparse due lettere dell'EZLN rivolte ai poteri politici messicani. In una di esse si fa riferimento ad una serie di personaggi dell'attuale governo, ricordando la loro implicazione in casi di violenze e corruzione negli anni passati. Nell'altra si rivolgono a Luis Alvarez, funzionario del governo che negli anni passati ha svolto un incarico all'interno di una commissione per la pace in Chiapas, che nei fatti si è rilevato uno strumento per mettere in atto la controinsurrezione contro le popolazioni di civili del Chiapas.

Pubblichiamo di seguito la traduzione del comunicato:

(per leggere il comunicato originale e le due lettere, vai alla pagina di Enlace Zapatista)

Comunicato del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Messico

30 dicembre 2012

Al popolo del Messico:

Ai popoli e governi del mondo:

Fratelli e sorelle:

Compagni e compagne:


Lo scorso 21 di dicembre del 2012, all'alba, decine di migliaia di indigeni zapatisti ci siamo mobilitati e abbiamo occupato, pacificamente e in silenzio, 5 città nello stato sudorientale del Chiapas.

Nelle città di Palenque, Altamirano, Las Margaristas, Ocosingo e San Cristóbal de las Casas, vi abbiamo guardato e ci siamo guardati in silenzio.

Non è il nostro un messaggio di rassegnazione.

Non è di guerra, di morte, di distruzione.

Il nostro messaggio è di lotta e di resistenza.

Dopo il colpo di stato mediatico che ha fatto tornare al potere dell'esecutivo federale l'ignoranza mal simulata e ingannevole [il riferimento è al ritorno al potere del PRI, n.d.t.], ci siamo fatti sentire per farvi sapere che se essi non se ne sono mai andati, nemmeno noi.

Sei anni fa, un segmento della classe politica e intellettuale cercò un responsabile per la sua sconfitta [il riferimento è al partito di centro sinistra, PRD, e ad una fetta di intellettuali e giornalisti di sinistra che accusarono l'EZLN come colpevole della sconfitta elettorale del PRD, n.d.t.]. In quel momento noi stavamo, nelle città e comunità, lottando per la giustizia in una Atenco che non era allora di moda.

Allora ci calunniarono prima, e vollero zittirci dopo. Incapaci e disonesti per riconoscere che era ed è in loro stessi la causa della loro rovina, tentarono di farci sparire con la menzogna e il silenzio complice.

Sei anni dopo, due cose restano chiare:

Loro non hanno bisogno di noi per fracassare.
Noi non abbiamo bisogno di loro per sopravvivere.

Noi, che non ce ne siamo mai andati anche se è quello che hanno cercato di farvi credere i mezzi di comunicazione di ogni parte, risorgiamo come indigeni zapatisti che siamo e che saremo.

In questi anni ci siamo rafforzati ed abbiamo migliorato significativamente le nostre condizioni di vita. Il nostro livello di vita è superiore a quello delle comunità indigene vicine al governo di turno, che ricevono elemosine e le sprecano in alcool e prodotti inutili.

Le nostre case migliorano senza danneggiare la natura imponendogli soluzioni che le sono aliene. Nei nostri villaggi, la terra che prima era per ingrassare i capi di bestiame dei latifondisti e dei proprietari terrieri, adesso è per il mais, i fagioli e le verdure che illuminano le nostre tavole.

Il nostro lavoro riceve la soddisfazione doppia di dotarci del necessario per vivere onoratamente, e di contribuire alla crescita collettiva delle nostre comunità.

I nostri bambini e bambine vanno in una scuola che gli insegna la loro propria storia, quella della
loro patria e del mondo, così come le scienze e le tecniche necessarie per crescere senza smettere di essere indigeni.

Le donne indigene zapatiste non sono vendute come merci. Gli indigeni priisti vanno nei nostri ospedali, cliniche e laboratori perchè in quelli del governo non ci sono medicine, nè apparecchi, né dottori, né personale qualificato.

La nostra cultura fiorisce, non isolata ma invece arricchita dal contatto con le culture di altri popoli del Messico e del mondo.

Governiamo e ci governiamo noi stessi, cercando sempre l'accordo prima dello scontro.

Tutto quetso è stato raggiunto non solo senza il governo, la classe politica e i mezzi che li accompagnano, ma anche resistendo ai loro attacchi di ogni tipo.

Abbiamo dimostrato, ancora una volta, che siamo ciò che siamo. Con il nostro silenzio ci siamo fatti presenti.

Adesso con la nostra parola annunciamo che:

Primo.-riaffermeremo e consolidaremo la nostra presenza nel Congresso Nazionale Indigeno, spazio di incontro con i popoli originari del nostro paese.

Secondo.-riprenderemo il contatto con i nostri compagni e compagne Aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona in messico e nel Mondo.

Terzo.-tenteremo di costruire i ponti necessari verso i movimenti sociali che sono sorti e sorgeranno, non per dirigere o imporci, ma invece per apprendere da essi, dalla loro storia, dai loro percorsi e direzioni.

Per questo abbiamo ottenuto l'appoggio di individui e gruppi in differenti parti del Messico costituiti in gruppi di appoggio alle commissioni Sexta e Internazional dell'EZLN, in modo che si convertano in catene di comunicazione tra le Basi d'Appoggio Zapatiste e gli individui, gruppi e collettivi Aderenti alla Sesta Dichiarazione, in Messico e nel mondo, che ancora mantengono la loro convinzione e impegno per la costruzione di una alternativa non istituzionale di sinistra.

Quarto.-continuerà la nostra distanza critica verso la classe politica messicana che, nel suo insieme, non ha fatto altro che arricchirsi alle spalle delle necessità e delle speranze della gente umile e semplice.

Quinto.-rispetto ai mal governi federali, statali e municipali, esecutivi, legislativi e giudiziari, e i mezzi di comunicaizone che li accompagnano diciamo questo:

I mal governi di tutto il panorama politico, senza nessuna eccezione, hanno fatto tutto il possibile per distruggerci, per comprarci, per farci arrendere. PRI, PAN, PRD, PVEM, PT, CC e il futuro partito RN [partito nato dal movimento MORENA, del candidato del PRD alle passate elezioni, Lopez Obrador, n.d.t.], ci hanno attaccato da un punto di vista militare, politico, sociale ed ideologico.

I grandi mezzi di comunciazione hanno cercato di farci sparire, con la calunnia servile e opportunista prima, con il silenzio subdolo e complice poi. Coloro cui servirono e dei cui soldi si allattarono adesso non ci sono più. E coloro che adesso li rilevano non dureranno più che i loro predecessori.

Come è stato evidente il 21 di dicembre del 2012, tutti sono fracassati.

Resta allora al governo federale, esecutivo, legislativo e giudiziario, decidere se continuare nella politica controinsurgente che ha solamente realizzato una fragile simulazione debolmente sostenuta nella strumentalizzazione mediatica, o riconosce e compie i suoi impegni riconoscendo a livello costituzionale i diritti e la cultura indigeni, nel modo in cui lo stabiliscono i cosiddetti "Accordi di San Andres", firmati dal governo federale nel 1996, capeggiato allora dallo stesso partito che adesso è nell'esecutivo.

Resta al governo statale decidere se continua la strategia disonesta e rovinosa del suo predecessore, che oltre ad essere corrotto e bugiardo, spese soldi del popolo del Chiapas per l'arricchimento proprio e dei suoi complici, e si dedicò al comprare le voci e le penne nei mezzi di comunicazione, mentre manteneva il popolo del Chiapas nella miseria, nello stesso tempo che usava poliziotti e paramilitari per cercare di frenare l'avanzamento organizzativo dei villaggi zapatisti; o, in cambio, con verità e giustizia, accetta e rispetta la nostra esistenza e si renda conto che sta fiorendo una nuova forma di vita sociale in territorio zapatista, Chiapas, Messico. Un fiorire che attrae l'attenzione di persone oneste di tutto il pianeta.


Resta ai governi municipali decidere se continuare a spendere denaro pubblico per sostenere le organizzazioni antizapatiste o presuntamente "zapatiste" che aggrediscono le nostre comunità; o invece usare i soldi per migliorare le condizioni di vita dei loro governati.

Resta al popolo del Messico che si organizza nelle forme di lotta elettorale e resiste, decidere se continua a vedere in noi dei nemici o rivali sui quali scaricare la loro frustrazione per le frodi e le aggressioni che, in fin dei conti, tutti subiamo, e se nella loro lotta per il potere continuano ad allearsi con i nostri persecutori; o, invece, riconoscono in noi un'altra forma di fare politica.

Sesto.-nei prossimi giorni l'EZLN, attraverso le sue commissioni Sexta e Internazional, darà a conoscere una serie di iniziative, di carattere civile e pacifico, per continuare a camminare insieme agli altri popoli originari del Messico e di tutto il continente, e insieme a chi, in Messico e nel mondo intero, resistono e lottano in basso e a sinistra.

Fratelli e sorelle:

Compagni e compagne:


Prima abbiamo avuto la buona avventura di un'attenzione onesta e nobile di differenti mezzi di comunicazione. Li ringraziammo allora. Però, questo è stato completamente cancellato con il loro comportamento successivo.

Coloro che scommisero che esistevamo solo mediaticamente e che, con l'assedio di menzogne e silenzio, saremmo scomparsi, si sbagliarono.

Quando non c'erano telecamere, microfoni, penne, orecchi e sguardi, esistevamo.

Quando ci calunniarono, esistevamo.
Quando ci zittirono, esistevamo.
Ed eccoci qui, esistendo.

Il nostro cammino, come è stato dimostrato, non dipende dall'impatto mediatico, ma invece dalla comprensione del mondo e delle sue parti, dalla seggezza indigena che governa i nostri passi, dalla decisione indistruttibile della dignità in basso e a sinistra.

A partire da adesso, la nostra parola comincerà ad essere selettiva verso il suo destinatario e, salvo in poche occasioni, solo potrà essere compresa da coloro che hanno camminato e camminano con noi, senza arrendersi alle mode mediatiche e congiunturali.

Qui, con non pochi errori e molte difficoltà, è già realtà un'altra forma di fare politica.

Pochi, molto pochi, avranno il privilegio di conoscerla ed apprendere da essa direttamente.

19 anni fa vi sorprendemmo prendendo le vostre città con fuoco e sangue. Adesso lo abbiamo fatto di nuovo, senza armi, senza morte, senza distruzione.

Ci differenziamo così da chi, durante i loro governi, hanno ripartito e ripartono la morte tra i loro governanti.

Siamo gli stessi di 500 anni fa, di 44 anni fa, di 30 anni fa, di 20 anni fa, di appena pochi giorni fa.

Siamo gli zapatisti, i più piccoli, quelli che vivono, lottano e muoiono nell'ultimo angolo della patria, quelli che non esitano, quelli che non si vendono, quelli che non si arrendono.

Fratelli e sorelle:

Compagni e compagne:

siamo gli zapatisti, riceviate il nostro abbraccio.

Democrazia!

Libertà!

Giustizia!


Dalle montagne del sud est messicano.

Per il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Subcomandante Insurgente Marcos.
Messico. Dicembre del 2012 – gennaio del 2013.

giovedì 27 dicembre 2012

Le profezie dei Maya zapatisti


Le profezie dei Maya zapatisti

di CITLALI ROVIROSA-MADRAZO*
 
Quando le popolazioni indigene Maya del sud-est del Messico lanciarono una rivoluzione nel 1994, non avevano certo in mente la "fine del mondo". Se c'era, nell'immaginazione zapatista, una data che evocava un giorno del giudizio, questo poteva essere il primo gennaio 1994, data di inaugurazione dell'Accordo nordamericano di libero commercio (Nafta).
Per gli zapatisti, l'imposizione della globalizzazione economica è stata a dir poco una "condanna a morte", perché hanno capito che questo avrebbe comportato implicazioni letali per la terra e le antiche tradizioni dei Maya. In quel freddo giorno d'inverno, armati di bastoni, pietre e pochissime armi da fuoco, i ribelli Maya dell'Ejercito Zapatista de Liberación Nacional (EZLN) hanno inaugurato una nuova era. Ma nuovo non significa migliore: l'insurrezione non ha ottenuto che la Costituzione messicana riconoscesse pienamente i popoli indigeni come soggetti con personalità giuridica.
In effetti, le ripercussioni a lungo termine sia della globalizzazione economica che della rivolta Maya, vennero chiaramente previste dagli zapatisti, che hanno previsto non la fine del mondo, ma il collasso dell'economia capitalista occidentale. Inoltre, le previsioni zapatiste avevano un certo significato di "profezia" – con tutte le connotazioni che la parola ha: nel senso di "insegnamento" e di "predire" o "anticipare". Quando l'EZLN ha indicato, nella Prima Dichiarazione della Selva Lacandona, che l'era dei partiti politici era finita, questo non significava solo profetizzare modi alternativi di fare politica – invocando la democrazia diretta (basata, tra l'altro, sulle antiche tradizioni maya, e differente dalla democrazia rappresentativa), ma significava, in realtà, anticipare il collasso di una serie di istituzioni politiche della modernità occidentale.
Nel 1999 e nel 2007 il portavoce dei ribelli Maya, il Subcomandante Marcos, ha anticipato il collasso dei sistemi finanziari e bancari. In effetti, l'EZLN aveva previsto niente di meno che la scomparsa di Lehman Brothers: "Le imprese e gli stati crolleranno nel giro di pochi minuti, non a causa delle tempeste di rivoluzioni proletarie, ma per l'urto di uragani finanziari". Non erano queste parole palesemente profetiche?
Se non altro, la profezia Maya zapatista poteva essere l'annuncio della fine di un mito: una consapevolezza echeggiata dal movimento Occupy anni dopo. E se i miti si stavano sbriciolando, il Nafta ha segnato l'inizio di una nuova serie di crisi, e gli zapatisti sono stati i primi a capire veramente questo, insieme con la frantumazione delle promesse della modernità.
Per il governo messicano, il Nafta aveva rappresentato il legittimo accesso al futuro, il diritto ad entrare nel club d'élite del mondo emergente delle potenze multinazionali, ma, per gli zapatisti, il Nafta ha significato l'inizio di un'ennesima lunga guerra contro la voracità coloniale e neocoloniale. Per alcuni, i Maya rappresentano una fonte di delusione apocalittica e "una cosa del passato" utile al solo consumo turistico. Ma, affermando che Maya oggi sono estinti, come fanno in molti, non solo mostrano una grottesca ignoranza e un atteggiamento conformista, ma compiono una manovra retorica per convalidare il loro sfruttamento, convenientemente trasformandoli in manodopera a basso costo per servire l'industria turistica miliardaria.
Oggi le sfide abbondano: dalle compagnie minerarie insaziabili più a nord dei Maya, dove gli Huicholes Wixárika lottano contro le compagnie minerarie canadesi, al posizionamento dei paesi emergenti, Cina e Russia, nella disputa egemonica per l'industria turistica, nella penisola dello Yucatan e nella "Riviera Maya". Ciò che sembra imminente è la battaglia per miniere e turismo, e per l'accesso esclusivo al monopolio e all'eredità della cultura materiale (siti archeologici) e della cultura immateriale (astronomica, botanica e linguistica), con il tentativo di imporre la brevettabilità del patrimonio maya, compreso la sua preziosa, complessa e unica scrittura geroglifica – insieme alla genetica, a brevetti sulla ricca biodiversità della regione, un fenomeno ormai comunemente noto come "biopirateria".
Più a sud, notevoli sforzi sono stati fatti negli ultimi anni per migliorare la situazione dei Maya del Chiapas – con la più recente introduzione di piani di gestione per affrontare la povertà, nel quadro degli obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite. Ma ci sono serie preoccupazioni circa la loro efficienza e la legittimità, anche perché il governo non è riuscito a rispettare le disposizioni nazionali e internazionali riguardanti l'obbligo di consultare gli indigeni Maya sul destino delle risorse naturali nella loro terra.
Mentre l'investimento federale per le popolazioni indigene è più che raddoppiato negli ultimi anni, il suo impatto, in termini di riduzione della povertà, è stato trascurabile nelle comunità indigene. Un recente rapporto del Consejo Nacional de Evaluación de la Política de Desarrollo Social (Coneval) ha dimostrato che, mentre la povertà estrema e moderata nel 2010 riguardava il 46,2% della popolazione totale, il suo impatto sulla popolazione indigena era del 79,3%.
Se l'antica civiltà Maya è perita a causa di una catastrofe climatica (come un numero crescente di scienziati tendenzialmente è d'accordo sia avvenuto), la conservazione dei Maya di oggi sta nel proteggere le loro risorse naturali da catastrofi climatiche artificiali, provocata dallo sfruttamento e dalla privatizzazione della loro terra di proprietà comune. Nessuna "fine del mondo" in vista, allora, solo quella dei Maya di oggi, che continuano a far parte di una grande civiltà che si rifiuta di morire.
 
* Articolo pubblicato sul sito del quotidiano britannico The Guardian (http://www.guardian.co.uk/) venerdì 21 dicembre 2012.
* L'autrice, Citlali Rovirosa-Madrazo, sociologa messicana, è docente alla School of Government and International Affairs alla Durham University, in Gran Bretagna. In Italia è stato pubblicato da Laterza, nel 2011, "Vite che non possiamo permetterci. Conversazioni con Citlali Rovirosa-Madrazo" di Zygmunt Bauman.
 

] EZLN: fine e principio


EZLN: fine e principio

Luis Linares Zapata/ I Parte

 

Proprio quando si trastullava nell'illusione di assurgere a personaggio di prestigio mondiale, Carlos Salinas ricevette il colpo che distrusse la sua immagine gonfiata. Là, lontano, apparve l'EZLN, in quella rustica San Cristóbal de las Casas, così folcloristica, e nel truculento mercato di Ococingo, nelle sconosciute Margaritas ed in altre località remote.

Di sorpresa, un'accozzaglia di indios si era sollevata in armi all'alba dal primo giorno del '94. Gli eventi che seguirono durante quell'anno finirono per abbattere le sue pretese di signorotto globale. E, insieme a lui, cadde il miraggio da trasformare il paese per inserirlo, di soppiatto, nel primo mondo. Quello che in effetti divenne fu un fallimento che oggi ancora si paga. 

Da allora Salinas iniziò il suo esilio perseguitato dalla furia dei suoi conterranei e terrorizzato di finire in prigione per i suoi soprusi. Ancora oggi subisce le conseguenze di quella terribile catena di eventi senza che si plachino i suoi sogni di potere.

Sono trascorsi 19 lunghi e pesanti anni affinché un contingente di indigeni del Chiapas, ora in perfetto ordine, in pace e cresciuti di numero, facesse atto di presenza sulla scena nazionale. L'eloquente messaggio, anche se ignorato o sottovalutato, avrà gravi conseguenze sulla vita organizzata, politica e culturale del paese. 

Ora, come allora, le basi dell'esercito zapatista, con la sua sola presenza e silenzio, mettono in crisi non solo due amministrazioni di priisti che hanno molto in comune, ma tutta la struttura che li racchiude. Entrambe si innestano all'interno dello stesso modello, condividono perfino collaboratori e pretese di grandezza. Hanno di fronte a sé quell'enorme vuoto che forma la disuguaglianza, la povertà e l'emarginazione, una pesante zavorra per lo sviluppo con giustizia.

Tre sessenni sono trascorsi dalla sua irruzione violenta e le promesse del suo riscatto, le successive crisi di coscienza (tra alcuni funzionari), gli oblii che sanno di criminale negligenza, tradimenti di firmatari, malversazioni di fondi, scoordinamento degli enti, intemperanza del conservatorismo, feroce razzismo di molti ed altre varie cause, hanno portato a rivivere le vecchie e dolorose immagini tristemente note. Lì ci sono quelle migliaia di persone: i dimenticati, i deprivati, quelli che sono rimasti al margine delle fatue storielle dei predetti e, sfortunatamente, fugaci successi messicani.

Così sono apparsi gli zapatisti dando dimostrazione palpabile di umile forza, memoria viva e costanza delle loro richieste. La truffa di Salinas di entrare nel primo mondo, a partire da quell'alba lontana, è crollata senza speranza. Sono crollate le false illusioni di far parte di una generazione di vincitori di classe mondiale. Pazze aspirazioni che cinicamente hanno sparso i complici di quel priismo decadente e corrotto, e che con zelo patriottico hanno diffuso i suoi molti diffusori a contratto.

Nello stesso modo appaiono, in nutrite file, nell'attuale momento dell'insediamento. E l'hanno fatto pochi giorni dopo che Peña Nieto dichiarasse, con entusiasmo, che una nuova era cominciava per il Chiapas e per il Messico. La smentita non può essere più drammatica. Nello stesso modo in cui la sua ribellione mutò il trionfalismo di Salinas, la sua marcia silenziosa oggi apre, di nuovo, la visione dei tanti Messico che procedono simultanei, paralleli, senza toccarsi, selvaggiamente differenti. Gli scenari di speranze prefabbricate, ma senza basi reali, sono sgretolati dall'ostinata realtà.

L'immediata dichiarazione di essere diversi da arte del segretario di Governo (Osorio Chong) per calmare le inquietudini, poco cambierà l'inerzia di una continuità già in piena marcia. Le figure mascherate con i passamontagna sono passate quasi inosservate nello spazio pubblico. La copertura è stata, come ci si aspettava, di portata limitata. I cocciuti indigeni sono tornati nell'oscuro angolo del paese da dove, senza dubbio, tenteranno di nuovo di partecipare alla marcia e orientamento del paese. Il modello economico e di governo semplicemente non li prende in considerazione. Per le cupole e la plutocrazia autoritaria sono un fastidioso gruppo di esseri prescindibili.

Il timido riferimento che si fa nel Patto per il Messico a tale insieme umano rimarrà, come tante altre cose che dovrebbero essere priorità, nell'archivio dei sospesi storici. Il malaticcio governatore del Chiapas appena insediato, passerà ad occupare, come hanno fatto altrettanti simulatori che l'hanno preceduto, il triste posto riservato alla marmaglia locale.

La Federazione tornerà a destinare considerevoli risorse con l'intenzione di placare ire e volontà di cambiamento. Ma la già enorme macchina di mediazione creata in Chiapas assorbirà questo ed altro ancora, come ha fatto negli ultimi 19 malriusciti anni di imminenti salvazioni. Questa volta, purtroppo, non sarà diverso. Gli insegnamenti dei Sabinas, Albores o Mendiguchía si sono impregnati nelle cleptoburocrazie locali come destino manifesto, tanto radicate quanto indelebili. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/26/opinion/015a1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)


mercoledì 26 dicembre 2012

3° Seminario Internazionale - CIDECI Unitierra, Chiapas 30-31 dicembre, 1-2 gennaio 2013

 

TERZO SEMINARIO INTERNAZIONALE DI
RIFLESSIONE E ANALISI:
"…pianeta terra:
movimenti
antisistema…"

Date:
30-31 dicembre 2012
1-2 gennaio 2013

Evento aperto e gratuito
Iscrizioni presso Cideci-Unitierra
a partire dal 29 dicembre 2012

Luogo:
CIDECI-UNITIERRA CHIAPAS
Camino Viejo a San Juan Chamula s/n.
Colonia Nueva Maravilla.
San Cristóbal de las Casas, Chiapas, México.
email: unitierra_chiapas@prodigy.net.mx

PAGINA WEB CON INFORMAZIONI
E TRASMISSIONE DAL VIVO:
http://www.seminarioscideci.org

 

«Per quelli che stanno sopra, il calendario è fatto di passato. Per mantenerlo così, il Potere lo riempie di statue, ricorrenze, musei, omaggi, sfilate. Tutto con l'obiettivo di esorcizzare quel passato, cioè, di mantenerlo nello spazio in cui fu e non sarà. 

Per quelli che stano sotto, il calendario è qualcosa a venire. Non è un mucchio di fogli strappati dll'astio e la disperazione. È qualcosa per cui bisogna prepararsi. 

Nel calendario di sopra si celebra, in quello di sotto si costruisce. Nel calendario di sopra si festeggia, in quello di sotto si lotta. Nel calendario di sopra si manipola la storia, in quello di sotto si fa. Nel calendario di sopra i premi comprano coscienze e parole, in quello di sotto si tace. Nel calendario di sopra la grigia mediocrità è regina e signora, in quello di sotto si dipingono tutti i colori. Nel calendario di sopra c'è solo disprezzo per quelli di sotto e credono di poterlo fare impunemente. 

Nel calendario di sotto c'è rabbia contro quelli di sopra. 

Così sarà fino a che un altro calendario si scriva dove deve scriversi, cioè, sotto ».

Don Durito de la Lacandona

 

«Oggi è chiaro, mi sembra, che la sinistra non è l'altro della destra, situate entrambe in una relazione opposta ma simmetrica rispetto al potere: la sinistra è innanzitutto l'altro del potere, l'altro ambito e l'altro senso della vita sociale, quello che resta sepolto e dimenticato nel potere costituito, il ritorno dell'oppresso, la voce della vita in comune soffocata dalla vita comunitaria, la voce dei diseredati prima di quella dei poveri (e quella dei poveri solo perché sono in maggioranza, ma non esclusivamente, i diseredati)) – la sinistra è la Voce dei Morti».

Tomás Segovia

«Bisogna lottare… Bisogna resistere… Bisogna raccontare la storia… La lotta non finisce»

Comandante Moisés, scomparso il 26 settembre 2011

 

«Il compagno prima di fare un lavoro diceva che non gli importava il tempo che avrebbe perso (…) Diceva che era convinto della lotta, che non voleva abbandonarla a costo di soffrire perché era deciso a lottare».

La moglie riguardo Roberto Santis Aguilar, morto nel corso della manifestazione del 7 maggio 2011

 

«Il movimento zapatista non solo apre la strada o la speranza del presente o del futuro, non solo dei messicani e delle messicane, ma dei popoli del mondo. Il grido di Ya Basta! ha dato un segno di speranza non solo ai messicani ma a uomini e donne, giovani, bambini o anziani di altri paesi del mondo. 

Sappiamo lottare e lottiamo dal basso (…) poiché non abbiamo bisogno di leggi nazionali e internazionali dei malgoverni che rafforzano solo il modello neoliberale capitalista e che non sanno riconoscere e rispettare l'autonomia che i nostri popoli esercitano come un diritto storico che ci compete da sempre: il nostro diritto alla libera determinazione e all'autonomia, così come le nostre terre e territorio non si vendono né sono soggetti a negoziazione. È necessario rafforzare le lotte dei nostri popoli con le nostre vite, come la vita stessa della nostra madre terra. 

Gli indigeni da soli non vanno più in là se non insieme a tutti i fratelli degli altri popoli del mondo. La ricostruzione, la ricostituzione di un nuovo mondo è nelle mani di ognuno dei nostri uomini e donne degni di tutti i popoli».

Don Juan Chávez Alonso


Fw: [Ezln-it] Gustavo Esteva: La nuova era

 

La nuova era

di GUSTAVO ESTEVA *
E l'orchestra continuò a suonare.  Il naufragio del Titanic era inevitabile. Ignorarlo era insensato. Ma la banda continuò a suonare.
La sequenza del primo giorno è una illustrazione palese di questo particolare tipo di cecità. Ha mostrato il divario che si è aperto tra le classi politiche e le persone, e ha anche rivelato il suo pericoloso distacco dalla realtà, il modo irresponsabile e miope nel quale occuparsi di interessi mafiosi a breve termine mafioso implica ignorare la gravità della crisi economica, sociale e politica in cui ci troviamo.
Il discorso sul paese (il Messico, ndt) che si fa attualmente mostra i peggiori sintomi dell'autoritarismo populista che viene edificato ad ogni costo. Esso è concepito come un trionfo irresponsabile dell'ottimismo sulla realtà, con l'evidente intenzione di generalizzare questa cecità. La banda continuerà a suonare fino a quando gli strumenti e musicisti si inabisseranno con la nave.
E ' particolarmente difficile non sentire il fragore del crollo, che si osserva in tutto il mondo ed è molto bruscamente precipitato in Messico. Coloro che hanno scalato i dispositivi del potere politico, tuttavia, persisteranno in questa sordità interessata… il più a lungo possibile, per il tempo in cui potranno farlo.
Ma noialtri non possiamo continuare a chiudere le orecchie. Abbiamo bisogno di reagire.
Odio dire "ce l'aveva detto", ma ce lo aveva detto, il subcomandante Marcos, qualche anno fa. In varie occasioni gli zapatisti ci hanno avvertito di quello che sarebbe successo se non avessimo reagito. Non abbiamo reagito. E' successo. Hanno descritto in diverse circostanze in disastro in cui ci troviamo oggi. Hanno anticipato, prima di chiunque altro, la serie di crisi che si sono succedute e la distruzione che avrebbero provocato nelle classi politiche, nel paese stesso, nel tessuto sociale… Hanno aperto con forza e lucidità possibilità di cambiamento, senza dogmatismi o imposizioni. Non ne abbiamo approfittato.
Il nuovo appello dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (Ezln) deve essere ascoltato da coloro che tentano, dal basso, di resistere all'orrore dominante e di creare un'altra possibilità. Spero lo possano ascoltare coloro che ancora nutrono la fantasia che un colpo di urna elettorale potrebbe essere sufficiente a porre rimedio a tutto, coloro che solo possono pensare e organizzarsi nel quadro dei partiti politici e delle istituzioni e continuano a credere che anticapitalismo sia una brutta parola.
E' utile mostrare ancora una volta che il re è nudo. Potranno azzardarsi a vederlo e a dirlo ad alta voce anche coloro che credono che sia possibile continuare a negarlo.
Ma, mentre è ormai inevitabile ascoltare lo strepito del crollo del mondo che muore, anche perché il rumore investe tutto e lo si soffre quotidianamente nella propria carne, non accade lo stesso con il frastuono del mondo che risorge. Per ascoltarlo c'è bisogno di altre orecchie.
Non siamo alle prese con una variante di quello che conosciamo. Vi è un altro giro di valzer, una curva su un percorso familiare. È una novità radicale. Le sue profonde radici nel passato non si dedicano a riprodurlo o a realizzare, ancora peggio, il tentativo impossibile di tornare indietro. E' qualcosa di diverso.
Come è risltato evidente venerdì scorso (quando 40 mila zapatisti hanno riempito le piazze di cinque città del Chiapas, nel giorno della fine di un'era del calendario maya, ndt) , il nuovo mondo si costruisce con la speranza, la gioia e la festa, a partire dalla disciplina che si impara in un proprio ordine, autonomo. Solo così, dalla disciplina organica, quella che si tesse dal basso per propria volontà, è possibile proporsi l'eliminazione del potere e delle autorità coercitive, la condizione in cui viene utilizzata la posizione gerarchica oer imporre una azione.
In tempi bui come questi è una benedizione sapere che contiamo su di loro. Come hanno detto da tempo Chomsky, Wallerstein, Gonzalez Casanova e molti altri, l'iniziativa politica degli zapatisti  è la più radicale del mondo e probabilmente la più importante. Lo è stata ieri, in quella notte del primo gennaio 1994 che ha scatenato un'ondata di movimenti anti-sistemici in tutto il mondo e ci ha svegliati. Continua ad esserlo oggi, quando ancora sono fonte di ispirazione per fare che occorre.
E' arrivata la fine di un'era. Le prove si accumulano tutti i giorni. Niente può impedire la sua conclusione. Ma prenderà una forma apocalittica, aggravando l'immensa distruzione naturale, sociale e culturale che ha caratterizzato la sua agonia, a meno che non siamo in grado di resistere a un simile orrore. E in tali circostanze, l'unica maniera valida ed efficace di resistere consiste nel creare un'alternativa. Dobbiamo farlo. Ciascuno nel suo luogo e a modo suo. Abbiamo bisogno di dissolvere i rapporti economici e politici che ci intrappolano nel vecchio mondo, coscienti che la crescente dignità di ogni uomo e di ogni donna e di ogni rapporto umano sfida necessariamente tutti i sistemi esistenti. Di questo si tratta oggi.
* Da La Jornada di Città del Messico, lunedì 24 dicembre 2012. Tradotto da DKm0. Gigi Sullo

domenica 23 dicembre 2012

Marcia del silenzio e della dignità

 

Gloria Muñoz Ramírez
L'EZLN è tornato a parlare in silenzio. I fatti: gli zapatisti hanno realizzato la dimostrazione di forza più grande dei quasi 19 anni da quando si sono fatti conoscere. Si sono radunati in cinque capoluoghi municipali: San Cristóbal de Las Casas, Las Margaritas, Ocosingo, Palenque ed Altamirano, quattro di esse prese il 1º gennaio 1994. In tutte le piazze hanno sfilato in commovente silenzio. Non una parola è uscita dalle loro labbra. Di fronte alle presidenze municipali hanno collocat un palco sul quale hanno sfilato tutti col pugno alzato. Nello stesso pomeriggio sono tornati nei caracoles ai quali appartengono. E poi hanno reso nota la loro parola: È il suono del vostro mondo che crolla. È il nostro che risorge.
I simboli sono molti, perché hano scelto l'ultimo giorno del ciclo maya, quello che doveva essere la fine del mondo per molti e per altri l'inizio di una nuova era, il cambiamento di pelle, il rinnovamento. Durante questi 19 anni il percorso della lotta zapatista è stato pieno di simbolismi e profezie, e questa occasione non fa eccezione. 
Dall'annuncio che il Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) avrebbe fatto conoscere la sua parola, l'aspettativa per il contenuto del suo messaggio è andato crescendo. Questo venerdì, tuttavia, quello che si è sentito sono stati i loro passi, il loro camminare silenzioso in cinque piazze, il loro passo degno e ribelle per le strade, il loro pugno alzato, la loro moltitudinaria ed emblematica presenza col volto coperto che, benché non sia un'immagine nuova, continua ad essere impressionante. 
Forza, disciplina, ordine straordinario, dignità, interezza, coesione. Non è poco. Sono 19 anni nei quali un'infinità di volte sono stati dati per morti, per divisi ed isolati. Ed ancora una volta escono a dire "siamo qui". La volta precedente è stato il 7 maggio 2011, in accompagnamento al Movimento per la Pace. In quell'occasione furono in più di 20 mila a manifestare. Oggi sono stati, come minimo, 40 mila. La più grande mobilitazione di tutta la loro storia. 
Hanno detto la loro parola, o l'inizio della stessa. L'iniziativa politica più recente è stato il Festival della Degna Rabbia, al quale invitarono lotte e movimenti del Messico e del mondo, nel dicembre del 2008. 
Questo venerdì non si sono presentati i membri del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno, come fecero nel maggio del 2011. Fu l'ultima volta che si videro Tacho, Zebedeo, Esther, Hortencia, David ed il resto del comando generale, ad eccezione del subcomandante Marcos, che fino ad ora si è tenuto lontano dalla scena pubblica. http://www.jornada.unam.mx/2012/12/22/opinion/017o1pol
 

sabato 22 dicembre 2012

21/12/2012 ZAPATISTI A SAN CRISTOBAL

silenzio: ZAPATA VIVE!!

Crollo e rinascita nel mondo maya zapatista

Un contributo di Luis Hernandez sulla mobilitazione zapatista

articolo di Luis Hernandez Navarro, tratto da La Jornada

Non può riapparire ciò che non se ne è mai andato. Quello che questo 21 dicembre hanno fatto i ribelli maya zapatisti occupando pacificamente e in silenzio cinque città del Chiapas non è stato un riapparire, ma un riaffermare la loro validità.

L'EZLN è stato qui da più di 28 anni fa. Non se ne è mai andato. Per 10 anni crebbe sotto l'erba; più di 18 anni fa si fece conoscere pubblicamente. Da allora ha parlato e mantenuto il silenzio in maniera intermittente, ma mai ha smesso di agire. Tante volte si è decretata la sua sparizione o la sua irrilevanza, pero sempre è risorto con forza e col suo messaggio.

Questo inizio del nuovo ciclo maya non è stato un'eccezione. Più di 40 mila basi d'appoggio zapatiste hanno marciato sotto la pioggia in cinque città del Chiapas: 20 mila a San Cristobal, 8 mila a Palenque, 8 mila a Las Margaritas, 6 mila ad Ocosingo, ed almeno altri 5 mila ad Altamirano. Si tratta della mobilitazione più numerosa dall'apparizione dei ribelli del sud est messicano.

La magnitudine della protesta è un segnale che la loro forza interna, invece di diminuire col passare degli anni, è cresciuta. Ci mostra che la strategia di controinsurrezione contro di loro, portata avanti dai differenti governi, ha fallito. Ci mostra che il loro progetto è un espressione genuina del mondo maya, ma anche di moltissimi contadini poveri del Chiapas.

L'EZLN non ha mai abbandonato la scena nazionale. Guidato dal proprio calendario politico, fedele alla sua coerenza etica e con la forza dello stato contro, ha rafforzato le proprie forme di governo autonome, ha mantenuto viva la sua autorità politica tra i popoli indigeni del paese e attive le reti di solidarietà internazionale. Il fatto che non sia apparso pubblicamente non significa che non sia presente in molte delle lotte significative nel paese.

Nelle cinque Giunte di Buon Governo che esistono in Chiapas e nei Municipi Autonomi le autorità delle basi di appoggio si governano loro stesse, esercitano la giustizia e risolvono i conflitti agrari. Nei loro territori, i ribelli hanno fatto funzionare i loro sistemi di salute e di educazione ai margini dei governi statali e federale, organizzando la produzione e la commercializzazione e mantenendo in piedi la loro struttura militare. Hanno superato con successo la sfida del cambio generazionale dei loro dirigenti. E, non da poco, hanno evitato efficacemente le minacce del narcotraffico, l'insicurezza e la migrazone. Il libro Luchas muy otras. Zapatismo y autonomía en las comunidades indígenas de Chiapas è una straordinaria finestra per conoscere alcune di queste esperienze.

Gli zapatisti hanno marciato in ordine questo 21 di dicembre, con disciplina e coesione, ed in silenzio; un silenzio che si è ascoltato forte. Nello stesso modo per cui si sono dovuti coprire il volto per essere visti, adesso hanno interrotto la parola per essere ascoltati. Si tratta di un silenzio che esprime una feconda capacità generativa di orizzonti "altri" di trasformazione sociale, una grande potenza. Un silenzio che comunica volontà di resistenza di fronte al potere: chi sta in silenzio è ingovernabile, diceva Ivan Illich.

Un ciclo di lotta politica si è chiuso in Messico questo primo di dicembre (il 1 dicembre si è insediato il neoeletto presidente Pena Nieto, e nella capitale migliaia di persone manifestarono il loro dissenso ricevendo una forte repressione, n.d.t.), nello stesso tempo che un altro si è aperto. L'EZLN ha molto da dire nella nascente mappa delle lotte sociali che comincia a definirsi nel paese. La sua mobilitazione può impattare su di esse in maniera rilevante.

[…]

Nell'ultimo anno e mezzo sono emersi dei movimenti sociali che mettono in discussione il potere al di fuori dei partiti politici. Non si sentono rappresentati da nessuno di essi. Il Movimento per la Pace con Giustizia e Dignità, #YoSoy132, le lotte comunitarie contro l'insicurezza e la devastazone eco-logica, le proteste studentesche in difesa dell'educazione pubblica, tra le altre, hanno camminato per sentieri diversi da quelli della politica istituzionale. Le simpatie che queste forze hanno verso lo zapatismo sono reali.

Però, aldilà della congiuntura, i cortei del 13 Baktún maya sono un nuovo ¡Ya basta! Simile a quello che pronunciarono nel gennaio 1994, e di una versione rinnovata del ¡Mai più un Messico senza di noi! Formulato nell'ottobre 1996, che apre altri orizzonti. Non chiedono niente, non denunciano niente. Mostrano la potenza del silenzio. Annunciano che un mondo crolla e un altro rinasce.

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