martedì 28 dicembre 2010

Fw: [Ezln-it] Denuncia da Mitziton

 

Il popolo organizzato di Mitzitón denuncia attacco paramilitare

 

26 dicembre 2010

 

Alla Commissione Sesta

Alle Giunte di Buon Governo

Al Congresso Nazionale Indigeno

Alla Sesta Internazionale

A tutti gli aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona

Ai Centri dei Diritti Umani Non Governativi

Ai media liberi e indipendenti

 

Prima di tutto, un saluto da uomini, donne, bambine, bambini ed anziani del popolo organizzato di Mitzitón aderente all'Altra Campagna. In questi giorni che sono di festa in molti luoghi, il nostro cuore è forte ma nello stesso tempo non viviamo tranquilli a causa dei paramilitari. Questa volta, come abbiamo fatto altre volte, scriviamo per denunciare gli attacchi che stiamo subendo dai paramilitari dell'Ejército de Dios "Alas de Águila".

 

Lo scorso 23 dicembre, alle 18:30 circa, quattro nostri compagni sono stati aggrediti mentre si recavano alla casa ejidale. A pochi metri dal luogo sono stati raggiunti da un gruppo di circa 20 paramilitari, siccome era buio non è stato possibile riconoscerli tutti, ma alcuni sono stati visti bene, ed erano Miguel Díaz Gómez, Luis Rey Pérez Heredia, Carmen Gómez Gómez, Feliciano Jiménez Heredia, Roberto Jiménez Heredia, Victor Heredia Jiménez, Tomás Díaz Gómez e Julio Hernández Gómez.

 

Questi paramilitari hanno cominciato a picchiare i nostri compagni e tre di loro, dibattendosi e lottando, sono riusciti a scappare, e sono Manuel de la Cruz Vicente, Julio de la Cruz Vicente, Lucio de la Cruz Vicente, I compagni erano feriti e con la testa rotta perché sono stati picchiati con pugni e bastoni e pietre. Il compagno Domingo de la Cruz Vicente non è riuscito a scappare e l'hanno portato a casa di Francisco Gómez Díaz e Gregorio Gómez Jimémez, dove i paramilitari hanno costruito una prigione per rinchiuderci tutti. È una stanza di metro e mezzo dove l'hanno cosparso di benzina, gli hanno orinato addosso, l'hanno denudato e picchiato ancora per un'ora. Questo compagno, ferito gravemente, è stato trattato come non si tratta nemmeno una bestia, e così conciato l'hanno messo su un furgone e scaricato vicino alla casa ejidale.

 

Verso le 20:30 si sono messi a sparare vicino al nostro cartellone di Aderenti all'Altra Campagna, si sono sentiti molti spari, forse di due interi caricatori. Verso le 23:00 i quattro compagni aggrediti erano ormai a casa loro quando sono arrivati un'altra volta i paramilitari che volevano farli uscire per ucciderli. Sono arrivate due auto a fari spenti. Ci sono due entrate per la sua casa e Quando i compagni hanno visto le auto con i fari spenti sono usciti da una porta sul retro e si sono nascosti per ascoltare cosa dicevano i paramilitari. Dal loro nascondiglio hanno visto i paramilitari Roberto e Feliciano sparare a 300 metri dalla casa.

 

Poi, all'alba, circa alle ore 2, hanno di nuovo sparato alla casa di Gregorio. Da quella notte, e quasi tutte le notti, sparano vicino alle case dei nostri compagni, tra i quali il compagno Pedro Díaz Gómez.

 

Dov'è la giustizia, la punizione per chi viola i diritti di cui tanto si vanta il malgoverno dello Stato e Federale? Abbiamo molte denunce pubbliche sufficienti affinché si indaghi, abbiamo portato prove e presentato denunce alle autorità di aggressioni, disboscamento clandestino ed ogni tipo di reato che i paramilitari commettono contro noi, ma non fa niente, né rispetta la sua parola, perché la sua parola non vale niente, per questo vengono qui i suoi rappresentanti e firmano accordi e poi si comportano come non fosse successo niente.

 

Il malgoverno dice che è problema religioso, ancora una volta vogliamo che sia ben chiaro che noi rispettiamo il credo di ognuno e non permetteremo che si continuino a commettere delitti nella nostra comunità e si continui ad utilizzare L'Ejército de Dios "Alas de Águila" per attaccarci e fermare la nostra lotta e la nostra organizzazione ed il cammino verso l'autonomia ed i diritti che abbiamo come popolo indigeno.

 

Questa domenica 26 dicembre ci siamo riuniti in assemblea generale dove si è deciso di esigere il rispetto dell'accordo firmato con i funzionari del malgoverno in data 5 luglio di questo anno, perché fino ad ora non c'è stato il ricollocamento dei paramilitari; in quel documenti il governo chiese un mese di tempo per negoziare con quelli dell'Ejército de Dios ma fino ad ora non hanno fatto niente.

 

Il popolo ha deciso ed è ormai stanco di tante torture e minacce. Vediamo i paramilitari  sentirsi sempre di più forti e per questo continuano a picchiare e sparare cercando di provocarci. Se succederà qualcosa nel nostro villaggio, i responsabili diretti saranno Juan Sabines Guerrero e Felipe Calderón Hinojosa, perché danno impunità a delinquenti paramilitari e non mantengono quanto promesso e ratificato al popolo di Mitzitón.

 

Distintamente.

Pueblo Organizado de Mitzitón, Adherente a La Otra Campaña.

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)



giovedì 23 dicembre 2010

Assassinata un'altra attivista in Chihuahua

>
> Assassinata un'altra attivista in Chihuahua
> http://www.autistici.org/nodosolidale/news_det.php?l=it&id=2067
>
> video dell'omicidio:
> http://www.youtube.com/watch?v=Fwktps1tNLY
>
> *Un'altra attivista assassinata in Chihuahua*
>
> Oggi ci siamo svegliati con la notizia dell'assassinio di Marisela
> Escobedo Ortiz, la quale stava facendo una protesta di fronte al palazzo
> del governo di Chihuahua, a Ciudad Juarez, per esigere la detenzione del
> assassino di sua figlia Rubì Marisol. Marisela è stata uccisa da un
> uomo che si è avvicinato a lei per parlare quando la manifestazione
> stava per terminare, e che, poi, è scapato via senza che qualcuno lo
> fermasse.
>
> Il caso di Rubi è l'emblema del tipo di giustizia che in questo paese
> possono ricevere le donne. Rubì è stata assassinata dal suo fidanzato,
> che confesso l'omicidio e incluso portò la polizia nel posto dove
> abbandonò il corpo. Nonostante questo, l'assassino è stato dichiarato
> innocente e lasciato in libertà. Davanti alla pressione esercitata da
> Marisela, infine è stato dichiarato colpevole e gli si è emanato un
> ordine di cattura, però nel frattempo Sergio Rafael Barranza Bocanegra
> si era già dato alla fuga.
>
> Marisela incominciò così una lunga lotta per ottenere giustizia per
> Rubì, in questa crociata, realizzò personalmente delle investigazioni e
> riuscì a localizzare l'omicida a Zacatecas. In questa lunga giornata ha
> denunciato aver ricevuto minacce da parte della famiglia di questo
> individuo, però, naturalmente, nessuno gli ha fatto caso.
>
> In Messico le donne vittime di violenza possono aspettarsi qualsiasi
> cosa meno che la giustizia. Le autorità incontreranno sempre dei
> pretesti per non castigare gli assassini e si faranno mille di argomenti
> per colpevolizzare le vittime: usava minigonna, era prominente, era
> infedele, e un lungo eccetera che perpetua la idea che le donne sono
> esseri umani di seconda classe, che la nostra vita e la nostra morte
> vale poco o niente e che alla fine di tutto, siamo le responsabili della
> violenza che subiamo.
>
> Non permettiamo che gli omicidi di Marisela e Rubì rimangano impuniti.
> Ogni assassinato, ogni colpo, ogni insulto contro una donna ci ferisce a
> tutte.
>
> Basta al femminicidio!
>
> Giustizia per le donne assassinate!
>
> Basta alla persecuzione contro attiviste!
>
> (tradotto da Nodo Solidale)
>
>

mercoledì 22 dicembre 2010

Sogno americano o macelleria messicana....

 
 

Nella notte tra il 16 e 17 dicembre, un operativo dell'Istituto di Migrazione, Polizia Federale e Esercito arresta e ferisce 92 dei 300 migranti che si trovavano su un treno merci che dal Chiapas si dirigeva nello stato di Oaxaca.A pochi metri da dove si realizza l'operativo che lascia molti migranti feriti e derubati dei loro averi un gruppo porbabilmente appartenente a los zetas,uno dei più sanguionari gruppi criminali presenti in messico, sequestra circa 30 migranti

Mexico_Sogno americano o macelleria messicana?

 

Il viaggio della speranza di migliaia di migranti che ogni giorno percorrono a bordo dei treni merci il territorio messicano per raggiungere il confine con gli USA si trasforma il più delle volte in un viaggio del terrore.

Ogni anno dei circa 500.000 migranti che si mettono in viaggio verso gli Usa, più della metà nel cammino viene assaltato,rapinato,violato e sequestrato.E in alcuni casi, sempre più frequenti sparisce per sempre..

L'Istituto Nazionale di Migrazione del Messico,e la Polizia Federale  realizza operativi lungo i binari del treno che sono delle vere e proprie imboscate per i migranti.Li aspettano nei luoghi piu oscuri e al passaggio del treno si scaraventano sui migranti, tirandoli giù dal treno ancora in marcia,utilizzando gas lacrimogeni,bastoni,armi. Nel momento in cui li hanno nelle proprie mani li derubano,li picchiano e non di rado violentano le donne.Dopo essere stati umiliati e derubati molti vengono rimpatriati, altri vengono lasciati lungo il  cammino nelle mani delle organizzazioni criminali delle "marras e los zetas"che controllano molti punti della via del treno ,e le stazioni intermedie nello stato del Chiapas,Oaxaca,Veracruz. In questi luoghi sono costanti gli assalti ai treni da parte di uomini fortemente armati che sequestrano decine di migranti alla volta,per portarli in "case di sicurezza"dove vengono torturati,violentati fino a quando i familiari non versano dai 2.000 ai 10.000 dollari perchè possano essere rilasciati vivi, se non hanno la possibilità di pagare il loro riscatto vengono torturati e uccisi, cosi che siano  d'esempio per chi non vuole chiamare la famiglia per chiedere il riscatto per la sua vita. Come è accaduto,tra gli altri casi  che avvengono quotidianamente,ai 72 migranti centroamericani rinvenuti in un rancho abbandonato di Tamaulipas.

Sempre più spesso non si ritrovano i corpi in quanto vengono bruciati in vasche con disel per non lasciarne traccia alcuna.

Secondo uno studio fatto dalla Commissione dei diritti umani in soli 6 mesi sono più di 10.000 i casi di sequestri di immigrati.

Si tratta di un economia molto redditizia, si stima infatti che siano circa 25 milioni dollari, che entrano nelle casse del crimine organizato in collusione con le  forze corrotte dell' Istituto di Migrazione,Polizia Federale e Esercito.

Nella notte del 17 dicembre si è visto un ennesimo caso:

I FATTI

16 dicembre_h 20.00:

Parte un treno merci da Arriaga (Chiapas) a bordo circa 285 migranti provenienti da Guatemala,Honduras e Salvador.Come riportato dalla Console Salvadorena in Arriaga, Vilma Elena Mendoza Quiroz

17 dicembre_h 1.00 am:

Nel tratto di Chahuites-Anonas nello stato di Oaxaca,nei pressi dell'Istmo di Ixtepec ,Forze della Polizia Federale e dell'Istituto di Migrazione realizzano un Operativo che porta all' arresto,al pestaggio,alla rapina e alla deportazione di 92 migranti, 52 guatemaltechi,5 honduregni e 1 salvaduregno.Molti migranti si feriscono cadendo dal treno mentre cercavano di sfuggire all' arresto da parte di INM.

17 dicembre_ 2.00 am:

Molti dei migranti che sono fuggiti all'operativo svolto da INM e Polizia Federale vengono assaltati e sequestrati da gruppi  nascosti tra i cespugli probabilmente zetas e marras,erano persone fortemente armate appostate a pochi metri da dove si realizza l'operativo,raccontano i migranti sfuggiti,

si sentivamo  di urla e colpi di arma da fuoco,molte  uomini,donne e bambini risultano introvabili.Si contano più di 30 persone disperse,probabilmente sequestrate.

Collettivo alliance_multietniqu-e

http://www.globalproject.info/it/community/MexicoSogno-americano-o-macelleria-messicana/6879



venerdì 17 dicembre 2010

Gianni Proiettis arrestato in Chiapas. Ora rilasciato.

 

La Jornada – Venerdì 17 Dicembre 2010

 

Gianni Proiettis denuncia che il suo fermo è un "attentato contro la libertà di stampa"

Fermato in Chiapas per "confusione" un giornalista di origine italiana, già rilasciato

La Polizia statale aveva accusato il docente universitario anche di possesso di marijuana

 

Elio Henríquez. San Cristóbal de Las Casas, Chis., 16 dicembre. Gianni Proiettis, collaboratore del quotidiano italiano Il Manifesto e professore universitario dell'Università Autonoma del Chiapas (Unach), la mattina di oggi è stato fermato da poliziotti statali con l'accusa di possesso di marijuana, ma nove ore dopo è stato liberato dicendo che si è trattato di "confusione".

Il giornalista di origine italiana ha dichiarato che il suo fermo rappresenta un "attentato contro la libertà", perché è sicuro di essere stato fermato per aver scritto alcuni articoli critici contro le autorità federali. 

Intervistato per telefono dopo essere stato liberato, poco prima delle ore 22, Proiettis ha raccontato che intorno alle 11.30 era uscito di casa nel quartiere di Cuxtitali "per comprare delle sigarette e mi hanno afferrato tre civili con le pistole; mi hanno caricato su un'auto senza dirmi che erano poliziotti statali; l'ho saputo dopo".

Ha aggiunto che i poliziotti non l'hanno nemmeno informato di cosa fosse accusato e l'hanno portato nella sezione antidroga con sede a Tuxtla Gutiérrez, dove è rimasto isolate per diverse ore. 

Ha raccontato che un'ora prima di essere liberato gli hanno detto che era accusato "di avere uno spinello (sic) di marijuana, cosa non vera. Mi hanno fatto questa accusa falsa. E' stato solo in Procura che ho saputo di cosa mi accusavano di avere una piccola bustina, che se anche fosse stata mia era assurdo, ma non era neppure mia".

Dal 1993 Proiettis insegna antropologia alla Facoltà di Scienze Sociali della Unach, con sede in questa città, e dal 1994 quando insorse pubblicamente l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, collabora con Il Manifesto. 

"Vedo la mia detenzione come un attentato alla libertà di stampa. Sicuramente quello che ho scritto non è piaciuto a qualche politico. Credo che sia questa la ragione di fondo del mio fermo, non vedo altra ragione", ha aggiunto.

Ricorda che nei suoi recenti articoli ha trattato il tema del narcotraffico in Messico, cosa che irrita "particolarmente il governo federale", e recentemente ha coperto il forum sui cambiamenti climatici di Cancun, Quintana Roo. 

Sostiene che i poliziotti non lo hanno picchiato né maltrattato, "ma al momento di entrare nel veicolo mi hanno minacciato con una pistola e mi hanno infilato un cappuccio in testa, ma nient'altro di particolare".

E' stato liberato intorno alle 21.30, dopo che Mónica Mendoza Domínguez, segretaria particolare del vice-procuratore generale di Giustizia dello stato, Jorge Culebro Damas, gli ha detto che si era trattato di una "confusione" e gli ha offerto le proprie scuse. 

A Città del Messico, l'Istituto Nazionale di Migrazione ha confermato che "non ha citato né ha fermato" Gianni Proiettis. 

Ha detto di non avere informazioni e che, eventualmente, questa responsabilità sarebbe delle procure statale e Generale della Repubblica, perché fino alla notte di questo giovedì la Migrazione non aveva partecipato a nessun operativo. 

 

Con informazioni di Fabiola Martínez

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)



Desinformemonos N. 10 - Rivista Internazionale di Strada

 
Vi informiamo che è consultabile e scaricabile in formato .PDF il Numero 10 della rivista di strada Desinformémonos che vi invitiamo a scaricare, stampare e diffondere

Copertina.jpg

 

In questo numero:

Un contributo dello storico Adolfo Gilly e l'intervista con il brasiliano Abdias do Nascimento. Un reportage su Haiti, prima e dopo il colera; le storie di un'immigrata in Italia, di un lavoratore libertario durante gli scioperi in Francia e di una lavoratrice nicaraguense; le esperienze di autonomia a Valencia (Spagna) e in Guerrero (Messico) e l'intervista al gruppo musicale messicano Los de Abajo.

 

Alla pagina web di Desinformémonos - http://www.desinformemonos.org - troverete le interviste integrali, fotoreportage e video.

Desinformémonos è tradotta in:

Spagnolo

Inglese

Tedesco

Italiano

Portoghese

Francese


http://www.desinformemonos.org

"...desinformémonos hermanos
hasta que el cuerpo aguante
y cuando ya no aguante
entonces decidámonos
carajo decidámonos
y revolucionémonos."

M.B.


mercoledì 15 dicembre 2010

Gianni Proiettis: I fumi di Cancun

 
 

POPOCATÉPETL

La lava del Messico

a cura di Gianni Proiettis

http://blog.ilmanifesto.it/popocate/2010/12/15/i-fumi-di-cancun/

 

 

I fumi di Cancún

 

La conferenza di Cancún sul cambio climatico (Cop 16) ha prodotto un testo finale che soddisfa appena le deboli aspettative e rimanda tutto al prossimo appuntamento annuale (Sudafrica, 2011). Ma i critici più radicali definiscono il documento, che ha provocato il voto contrario della Bolivia, "una letterina ipocrita a Babbo Natale".

Il presidente boliviano Evo Morales ha annunciato che il suo governo presenterà un ricorso alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia per invalidare il documento approvato dalla Cop 16.

Sulla conferenza al vertice di Cancún traduco l'opinione di Luis Hernández Navarro pubblicata sul quotidiano messicano 'La Jornada' (www.jornada.unam.mx) del 14 dicembre.

 

L'ACCORDO DI CANCÚN: LICENZA DI UCCIDERE

di Luis Hernández Navarro

 

L'accordo di Cancún è stato presentato all'opinione pubblica come un progresso nella lotta per raffreddare il pianeta. E' vero? No, non lo è. E' stato un fallimento. Per combattere il cambio climatico c'è solo una misura efficace: ridurre le emissioni dei gas da effetto serra. L'accordo approvato nella Convenzione delle Nazioni Unite sul Cambio Climatico (Cop 16) non è avanzato di un solo millimetro in questa direzione.

L'accordo di Cancún è buono per gli Stati Uniti e i paesi sviluppati, ma è molto cattivo per il clima. Non impedisce che la temperatura globale aumenti più di quattro gradi centigradi. E, come ha segnalato con tutta chiarezza la delegazione boliviana, "recenti rapporti scientifici mostrano che 300mila persone stanno già morendo ogni anno per i disastri relazionati al cambio climatico. Questo studio minaccia l'aumento di morti annuali a un milione."

Gli impegni di ridurre le emissioni previsti nel documento arrivano appena al 60 per cento di quello che indica l'Ipcc (Intergovernment Panel on Climatic Change) come requisito per la riduzione della temperatura.

L'accordo concede una licenza di uccidere. Più che un progresso è un regresso. Le nazioni sviluppate non hanno offerto niente di nuovo in quanto a riduzione di emissioni né sui finanziamenti. Al contrario, sono riusciti ad aprire la possibilità di fare marcia indietro rispetto agli impegni esistenti e ad aprire tutte le vie di fuga possibili all'evasione delle proprie responsabilità. Il testo comunica testualmente che i paesi accordano che le emissioni nazionali "devono toccare il tetto quanto prima", ma non specifica qual è questo tetto, quando è "quanto prima" né a che va incontro chi non lo rispetti.

L'accordo di Cancún crea le condizioni per svuotare di contenuto il Protocollo di Kyoto, che fu approvato nel 1997 in Giappone ed entrò in vigore nel febbraio del 2005, fissando i limiti per l'emissione di gas da effetto serra, vincolanti, per 37 paesi industrializzati. Gli Stati Uniti hanno firmato l'accordo ma non l'hanno ratificato. I 183 paesi che l'hanno ratificato sono stati responsabili del 55 per cento delle emissioni di CO2 dal 1990.

Il documento approvato è pieno di lacune, confusioni deliberate e imprecisioni. Stabilisce, per esempio, che si devono completare i lavori per prorogare Kyoto "il più presto possibile affinché non ci sia un gap fra il primo e il secondo periodo di osservanza", ma non dice come, quando, dove e in che termini. Si tratta di un'espressione di buona volontà. Per esempio, il Giappone, che si era negato ad accettare un secondo periodo di osservanza, può affermare di sentirsi vincente.

Il testo di Cancún apre la possibilità che gli obiettivi di diminuzione dei gas da effetto serra non siano vincolanti (come sono ora) e la loro osservanza sia solo volontaria, vale a dire come una scampanata a messa, a cui va chi vuole. I paesi – dice il testo – si impegnano a "discutere le possibilità legali per arrivare a un risultato accordato" nel 2011 al vertice di Durban.

L'accordo di Cancún è stato approvato senza consenso e con una manovra diplomatica di gravi conseguenze per il futuro. Nell'assemblea plenaria, la Bolivia ha espresso il suo disaccordo in maniera ponderata. La ministro degli esteri messicana, Patricia Espinosa, ha violentato il sistema della presa di decisioni delle Nazioni Unite. Questo tipo di risoluzioni devono essere approvate per consenso, vale a dire senza voti contro. E' sempre stato così. E questa norma non è stata rispettata. La rappresentante messicana ha rotto la regola del consenso. La violazione costituisce un grave precedente.

Penosamente, la Bolivia non è stata appoggiata dai paesi dell'Alba (Alianza Bolivariana para los Pueblos de Nuestra América, fondata nel 2004, vi aderiscono Bolivia, Venezuela, Ecuador, Cuba, Nicaragua, Dominica, Antigua e San Vicente, ndt). L'hanno lasciata morire sola, hanno permesso che il governo messicano la isolasse. Claudia Salerno, la rappresentante del Venezuela, ha giocato a presentarsi come la "negoziatrice responsabile", dichiarando alla fine: "Io posso tornare a casa dicendo: qualcosa ho ottenuto". Naturalmente non ha chiarito che cosa. Alcuni rappresentanti diplomatici di queste nazioni hanno detto, ufficiosamente, che le posizioni di Evo Morales erano molto radicali, che non portavano da nessuna parte e che era necessario arrivare a una dichiarazione finale di compromesso.

La posizione della Bolivia a favore della giustizia climatica nel vertice è stata totalmente congruente con le proposte accordate dai 35mila partecipanti alla Conferenza Mondiale dei Popoli che si è tenuta a Cochabamba nell'aprile 2010. Nell'anno trascorso da Copenhagen, queste proposte sono state integrate nel testo di negoziato delle parti. Tuttavia, il testo di Cancún ha escluso sistematicamente queste voci. Il resto delle nazioni che integrano l'Alba non hanno onorato questi impegni, malgrado la partecipazione di vari presidenti latinoamericani a Cochabamba.

Un indizio degli interessi presenti nell'accordo di Cancún è dato dalle dichiarazioni di Todd Stern, il rappresentante degli Stati Uniti. Siamo arrivati a un pacchetto equilibrato di decisioni, ha detto. E ha aggiunto: "Quello che abbiamo ora è un testo che, sebbene non sia perfetto, è una buona base per andare avanti."

A Cancún non si è fatto un piccolo passo avanti, come pretendono delle ong come Oxfam. Al contrario, si è dato via libera a una maggiore privatizzazione e mercantilizzazione del clima. Ha detto bene Via Campesina: "Il bilancio è negativo per l'umanità, perché si sono aperte le porte al gran capitale e alle multinazionali per continuare a fare i loro affari seguitando a giocare con la vita."

 


domenica 12 dicembre 2010

Accompagnamento internazionale al Frayba

 

Avviso di accompagnamento internazionale al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas da parte del Servizio Internazionale per la Pace

2 dicembre 2010

Ai membri della coalizione internazionale di SIPAZ 

Agli organismi dei diritti umani nazionali ed internazionali 

Ai mezzi di comunicazione nazionali ed internazionali 

All'opinione pubblica


Avviso di accompagnamento internazionale al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas da parte del Servizio Internazionale per la Pace


Con la presente, il Servizio Internazionale per la Pace (SIPAZ), ONG internazionale con quasi 15 anni di esperienza di lavoro in favore della pace in Chiapas, informa dell'accompagnamento fisico che offre eccezionalmente al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas (CDHFBC) per le recenti minacce di morte che ha ricevuto ed in maniera più generale, per il contesto di rischio in cui sta operando.

Fatti

Il 24 novembre 2010, a San Cristóbal e Las Casas, Margarita Martínez Martínez è stata molestata e minacciata di morte da due sconosciuti, aggressione che SIPAZ ha denunciato nella sua Azione Urgente del 26 novembre di 2010 esprimendo la sua forte preoccupazione per la vita, la sicurezza e l'integrità di Margarita Martínez e della sua famiglia. Lo stesso giorno, gli aggressori di Margarita Martínez l'hanno usata come intermediaria affinché trasmettesse minacce di morte, verbali e scritte, all'equipe del CDHFBC. (…).

Contesto

Come SIPAZ, riteniamo che il contesto socio-politico attuale in Chiapas rappresenti un alto livello di rischio per i difensori dei diritti umani causa la criminalizzazione crescente di questo lavoro dal 2009, così come per l'impunità che prevale nell'investigazione di casi di persecuzione o aggressioni contro di loro.

Precedenti

Per quanto sopra, vogliamo ricordare che le minacce di morte ricevute dal CDHBFC il 24 novembre non sono un fatto isolato ma solo l'ultimo incidente di una serie di vessazioni contro questo Centro di fronte alle quali la reazione dello Stato è risultata insufficiente. Dalla metà del 2009, l'equipe del CDHFBC è stata vittima di campagne mediatiche di discredito, atti di diffamazione, pedinamenti, minacce e perfino un'aggressione fisica ad uno dei suoi membri.

Accompagnamento di SIPAZ

Come Servizio Internazionale per la Pace, la nostra missione consiste nell'accompagnare e proteggere il lavoro di attori locali pro pace ed i diritti umani per promuovere la costruzione di una pace positiva in Chiapas. Stimiamo il lavoro del CDHFBC in difesa dei diritti umani e dei diritti dei popoli e ribadiamo la nostra forte preoccupazione per la vita, la sicurezza e l'integrità fisica e psicologica dei suoi membri.

Pertanto, come SIPAZ, oltre all'azione urgente emessa il giorno 26 novembre 2010, alla diffusione dell'informazione sul caso ed agli appuntamenti relativi a livello nazionale ed internazionale, abbiamo deciso di accompagnare il CDHFBC con visite giornaliere ai suoi uffici per l tempo che riterremo utile in funzione delle necessità e delle risposte, tanto della Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) che dello Stato messicano.

Bisogna ricordare che: La Dichiarazione dei Difensori dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, dice che: "Lo Stato garantirà la protezione da parte delle autorità competenti di ogni persona, individualmente o collettivamente, di fronte ad ogni violenza, minaccia, rappresaglia, discriminazione, negazione di diritti, pressione o qualunque altra azione arbitraria risultante dell'esercizio legittimo dei diritti".

Ai membri della coalizione internazionale di SIPAZ, agli organismi dei diritti umani nazionali ed internazionali, ai mezzi di comunicazione nazionali ed internazionali, all'opinione pubblica, chiediamo di vigilare su quello che potrebbe succedere all'equipe del CDHFBC e che sollecitino misure per proteggere il lavoro, la vita, la sicurezza, l'integrità, e le famiglie di tutt@ i suoi componenti.


Distintamente,

Servizio Internazionale per la Pace (SIPAZ)

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