lunedì 29 novembre 2010

intervista a Marisela Ortiz- Nuestras Hijas de Regreso a Casa

Minacciata di morte attivista dei diritti umani in Chiapas

 

La Jornada – Domenica 28 novembre 2010

Minacciata di morte attivista dei diritti umani in Chiapas

La scorta scompare durante i fatti

"Negligenza" delle istituzioni, accusa il CDHFBC

Hermann Bellinhausen

L'attivista per i diritti umani Margarita Martínez Martínez è stata nuovamente minacciata di morte lo scorso mercoledì 24 a San Cristóbal de las Casas, Chiapas. Le minacce si intendono al Centro dei Diritti Umani Fray Bartolomé de las Casas (CDHFBC).

Mentre Martínez Martínez, membro di Enlace y Comunicación, con sede a Comitán, usciva da un incontro con funzionari dell'ufficio in Messico dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, è stata minacciata da due sconosciuti a bordo un veicolo Ranger, bianco, senza targa. Secondo la sua testimonianza, uno degli uomini le si è avvicinato di modo intimidatoria dicendo: "Cammina e non fare stronzate e ascoltami bene". Poi le ha indicato di dirigersi verso la chiesa di San Cristobalito, dove l'aspettavano gli stessi individui che poi "l'hanno mandata" al cimitero comunale.

"Vai a trovare i tuoi morti perché molto presto starai con loro", le ha detto lo stesso uomo consegnandole un foglio con scritto: "Porta questo al Frayba e di a Diego (Cadenas, il direttore) che sappiamo che lavora con gruppi sovversivi e che conosciamo bene quelli del Frayba e li elimineremo uno per uno perché sono solo degli stronzi che vogliono destabilizzare lo stato e giustificano le loro spese con la scusa che sono a beneficio dei più bisognosi".

L'individuo le ha consegnato un messaggio fatto con ritagli di giornale: "Diego la vita della tua famiglia è nelle tue mani. Sarà colpa tua".

Javier Hernández Valencia, rappresentante in Messico dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha condannato in maniera energica l'aggressione: "È allarmante che sia successo nonostante ci fosse la scorta della polizia, dopo che Margarita si era incontrata con noi, a due giorni dall'aver visto i delegati di Acción de Cristianos para la Abolición de la Tortura (ACAT), e quasi nel preciso momento in cui l'ufficio, insieme alla CNDH ed alla CIDH rendevamo pubblica la nostra preoccupazione per la situazione critica che affrontano i difensori dei diritti umani in Messico".

Bisogna ricordare che a causa delle precedenti aggressioni, Margarita Martínez e la sua famiglia godono di misure di protezione richieste dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani (CIDH) per questo hanno una scorta della polizia. Al momento dei fatti la guardia del corpo è inspiegabilmente "sparita". Gli agenti assegnati a Margarita ed alla sua famiglia non hanno rispettato le misure di protezione", dice il CDHFBC. La notte prima, "stranamente si è interrotta l'energia elettrica a casa di Margarita, e le telecamere di sicurezza non hanno funzionato".

Il Centro Fray Bartolomé, rappresentante legale di Margarita e della sua famiglia, lamenta la "negligenza" governativa, poiché "lo stato del Chiapas non rispetta le misure di protezione imposte dalla CIDH".

La famiglia Ordaz Martínez subì la perquisizione della propria casa da parte della polizia a Comitán, l'8 novembre 2009, ed oltre ad aver denunciato gli agenti ministeriali e municipali, accusarono José Luis Gómez Santaella, l'allora responsabile del distretto Confine-Sierra. 

La Procura Generale di Giustizia dello Stato del Chiapas il 20 novembre scorso ha emesso azione penale (istruttoria AP0004/FEPONGDDH-M1/2009) contro funzionari pubblici per diversi reati penali in relazione con l'aggressione.  

Il 25 febbraio scorso Margarita era stata sequestrata, picchiata e minacciata di morte "se non avesse ritirato la denuncia". Per questo dal 3 marzo 2010 le sono state concesse misure cautelari. http://www.jornada.unam.mx/2010/11/28/index.php?section=politica&article=025n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)



lunedì 22 novembre 2010

Gloria Muñoz Ramírez: Accade a novembre

 

Los de Abajo – 20 novembre 2010

Accade a novembre

Gloria Muñoz Ramírez

 

Novembre. Il 16, Saramago, premio Nobel per la Letteratura 1998, avrebbe compiuto 88 anni e Lisbona si è riempita delle sue parole. La biblioteca del Palazzo delle Galveias, la stessa nella quale il giovane José scoprì la letteratura ed i suoi misteri, gli rende tributo mettendo il suo nome ad una sala, mentre Fernando Gómez Aguilera presenta l'ultimo libro dello scrittore lusitano: un compendio delle sue dichiarazioni di principio rilasciate in diverse interviste. Nessuno dimentica che nella sua visita in Chiapas nel 1998, poco dopo il massacro di Acteal, dichiarò che in quello stato meridionale "solo per chi non vuole vedere né capire le cose, si nasconde il fatto che l'Esercito ed i paramilitari sono un'unica cosa", frase che oggi si potrebbe ripetere senza ambiguità alcuna.

 

Novembre. Un 17 di 27 ani fa l'EZLN nacque sulle montagne dal sudest messicano. I suoi popoli arrivano a questa data assediati dall'Esercito e dai paramilitari che, come direbbe José, sono la stessa cosa. L'autonomia, tuttavia, non si ferma. Queste comunità sono forse l'unica esperienza autonomista che prosegue ancora oggi avendo contro tutto e tutti. Mentre in altre regioni la difesa del territorio è la priorità ed il lavoro organizzativo ritarda a causa all'assedio, qui il processo è irreversibile e continua ad essere la pietra miliare di una lotta sempre in costruzione.

 

Novembre. L'8, Il Marocco distrugge l'accampamento El Aaiún, nel Sahara occupato, e reprime la popolazione. Ci sono decine di morti, torturati e scomparsi. Attualmente la tensione continua, sotto il controllo delle forze di sicurezza marocchine. Un anno prima, sempre in novembre, Saramago scrive all'attivista saharaui Aminatu Haidar: "Se il potere del Marocco finisce per piegare i saharauis, questo paese, ammirevole per altre cose, avrà ottenuto la più triste vittoria, una vittoria senza onore, ottenuta sulla vita ed i sogni di tanta gente che voleva vivere in pace nella sua terra e con i suoi vicini per fare del continente, tutti insieme, un luogo più abitabile". Alla morte del Nobel, Haidar scrisse: "La perdita di Saramago non è un fatto che riguarda solo una cerchia ristretta di persone, ma è un evento universale che, in qualche modo, ha colpito il pianeta".

 

Novembre. Il 20, 100 anni dall'inizio della Rivoluzione Messicana. Qualcuno di quelli che stanno in alto ha qualcosa da festeggiare? Lontano dal potere, e insieme ai popoli indigeni del paese, questo fine settimana la tribù yaqui di Vicam, Sonora, celebra il primo Forum in Difesa dell'Acqua, sotto il principio che "la terra, il vento, l'acqua e il fuoco, elementi della nostra origine, non si vendono e si difendono con la vita".

losylasdeabajo@yahoo.com.mx

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)



giovedì 18 novembre 2010

empoli csa intifada una triste notizia

Empoli ore 23.55
Qualche ora fa ci ha lasciato il nostro compagno di tante battaglie Enzo x tutti Enzino.
Con lui abbiamo sognato e condiviso venti anni di centro sociale intifada, un compagno con un grande cuore.
Nelle prossime ore sapremo  luogo e ora  dove poter tutti quanti dare l'ultimo saluto a Enzo.
le compagne e i compagni del csa intifada.
 
 

lunedì 15 novembre 2010

Zapatisti: paese in pericolo a causa del sistemacapitalista

 

La Jornada – Domenica 14 novembre 2010

Zapatisti: Il paese è in grave pericolo a causa del sistema capitalista

Hermann Bellinghausen. Inviato. San Salvador Atenco, Méx., 13 novembre. Durante l'Incontro Nazionale di Organizzazioni e Lotte dell'Altra Campagna, "i ribelli che sono qui e lottano per la dignità e contro il sistema capitalista ed il malgoverno dei partiti politici si riuniscono per dare voce alla loro presenza, la loro rabbia, la loro lotta ed i loro sogni", dichiarano nel loro pronunciamento le organizzazioni convocanti, il Movimento per la Giustizia del Barrio dell'Altra New York ed il Fronte dei Popoli in Difesa della Terra (FPDT).

Inoltre hanno affermato che "qui non ci sono tutti quelli che fanno parte dell'Altra Campagna. Sappiamo che le proposte e le risoluzioni di questo incontro non rappresentano la voce di tutti. Pensiamo che quello che uscirà da qui sarà un ulteriore contributo alla costruzione, dal basso e a sinistra, dell'Altra Campagna".

Sostengono che oggi, il paese ed il mondo "sono in grave pericolo a causa del sistema capitalista e dei suoi servi del malgoverno che in Messico è composto dai partiti politici PRI, PAN e PRD". I padroni del potere e del denaro hanno deciso di devastare il poco che ci rimane a qualsiasi costo e non permettono a nessuno di intromettersi nei loro piani di distruzione e morte che loro chiamano progresso e modernità; hanno scatenato una guerra contro i nostri popoli per spogliarci del nostro territorio e delle risorse naturali".

Molta gente, aggiungono, "è stata cacciata dalle proprie comunità o ha dovuto emigrare in un altro paese per la repressione o l'estrema povertà nelle nostre comunità". Quelli che sono andati negli Stati Uniti "si scontrano con razzismo, sfruttamento, emarginazione quotidiana ed un'altra forma di sgombero nei loro quartieri e comunità". L'Altra Campagna, dicono, "è l'unica speranza che abbiamo noi popolo".

Si è poi svolta un'attività di testimonianza in cui i presenti hanno raccontato la loro esperienza di lotta, e successivamente un forum aperto sulle politiche di emarginazione contro donne, popoli indigeni, lesbiche, omosessuali e transessuali.

Durante l'inaugurazione di venerdì, Trinidad Ramírez, del FPDT, aveva detto agli aderenti dell'Altra Campagna accorsi in questa comunità ed agli stessi abitanti di Atenco: "Non perdoniamo quello che ha fatto il governo al nostro popolo, ed organizzarci è un modo per dire che non perdoniamo".

Ciò nonostante, ha segnalato, "ai nostri bambini non possiamo inculcare l'odio, ma certamente che sappiano chi è che reprime". Questo è il senso della ribellione atenquense. "Dobbiamo trovare il modo di andare avanti, con le nostre differenze, unirci come popolo messicano. Siano dell'Altra Campagna, del FPDT; dobbiamo unirci tutti e cercare alternative per risolvere i nostri problemi".

Alla presenza di gruppi indigeni dello stato del Messico, Oaxaca e del Distretto Federale, l'incontro ha incentrato i suoi lavori sulla discussione riguardo la costruzione delle autonomie, così come sulla repressione ed il paramilitarismo dello Stato messicano. Si è discusso del piano nazionale di lotta degli aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, dell'EZLN e della lotta per la liberazione dei prigionieri politici.

Ha sottolineato la presenza delle donne triquis del municipio autonomo di San Juan Copala che hanno subito una serie di aggressioni mortali e l'attacco contro la loro esperienza autonomista. "Il nostro municipio deve esistere, non importa dove", hanno detto. A loro volta, i comuneros otomíes di Santa Cruz Ayotuxco (Huixquilucan, stato del Messico) hanno raccontato la loro resistenza contro l'ostilità del governo di Enrique Peña Nieto per spogliarli delle loro terre ed imporre l'autostrada Naucalpan-Toluca, nonostante la sospensione riconosciuta ai comuneros da un giudice federale. 

I dibattiti che si concluderanno domenica, si incentrano sull'educazione autonoma, la difesa dell'acqua e la sovranità alimentare, ed i movimenti di difesa degli operai e dei lavoratori. http://www.jornada.unam.mx/2010/11/14/index.php?section=politica&article=010n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)

sabato 6 novembre 2010

Detenzione illegale di un contadino tzeltal di Chilon

 

La Jornada – Venerdì 5 novembre 2010

Ejidatarios denunciano tortura e detenzione illegale di un contadino tzeltal di Chilón

Hermann Bellinghausen

Ejidatarios di San Sebastián Bachajón (Chilón, Chiapas) hanno denunciato la cattura illegale, la tortura e l'attuale "fermo" nella struttura di Pitquitos, a Chiapa de Corzo, di Miguel Demeza Jiménez, aderente all'Altra Campagna, "privato della sua libertà senza alcun mandato di cattura e con accuse fabbricate per poterlo processare, in violazione dei diritti umani".

Demeza Jiménez, contadino tzeltal "che a stento parla in spagnolo", secondo gli ejidatarios, è originario di Lamalt'zac, annesso dell'ejido San Sebastián Bachajón. E' stato fermato lo scorso 7 ottobre, mentre, "dopo il suo lavoro di muratore andava verso Ocosingo per comperare dei materiali di lavoro; con violenza è stato prelevato da un gruppo di federali, sembra AFI, che lo hanno torturato obbligandolo a confessare di appartenere all'organizzazione EZLN o di conoscerne il capo". Dopo questi maltrattamenti, "violandolo i diritti fisici e mentali, è stato trasferito negli uffici dell'Agenzia Statale di Investigazioni, nella città di Tuxtla Gutiérrez".

Gli indigeni, aderenti alla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, accusano il governo statale di Juan Sabines Guerrero della "detenzione arbitraria" del loro compagno. "E' lampante che l'ingiustizia non è solo una parola, ma fatti concreti per questo malgoverno corrotto, mentre i veri delinquenti sono loro. Per questa ragione riteniamo responsabile il governo statale della salute e integrità del nostro compagno fermato. Noi, come organizzazioni, confermiamo che non è un delinquente come il governo lo sta obbligando a dire; è assolutamente innocente di ogni reato che gli stanno fabbricando. Esigiamo la sua liberazione immediata e incondizionata".

La vessazione di gruppi filogovernativi è ricorrente contro le diverse comunità dell'Altra Campagna nel municipio di Chilón. Ora, gli ejidarios di San Sebastián denunciano anche funzionari e circa 60 contadini priisti armati con carabine e machete che "hanno fatto irruzione nel rancho Virgen de Dolores, dove da otto mesi vivono 36 compagni appartenenti all'Altra Campagna".

Gli aggressori guidati da Manuel Vázquez Ruiz, della comunità Chapa Puyil, e dal delegato di governo a Chilón, Ledín Méndez, "sono arrivati incappucciati, con abiti scuri per non essere riconosciuti". Questo gruppo "ha interrotto la tranquillità dei nostri compagni", denunciano gli ejidatarios per dissociarsi  "da qualsiasi aggressione", ed esprimono timore per "l'integrità di bambini e donne". 

Il delegato di governo, aggiungono, "è sempre intervenuto per intimorire e con l'intento di distruggere l'organizzazione dell'Altra Campagna e sta organizzando un gruppo di priisti che intimorisce i compagni sparando proiettili calibro 22". http://www.jornada.unam.mx/2010/11/05/index.php?section=politica&article=022n1pol

(Traduzione "Maribel" - Bergamo)

martedì 2 novembre 2010

Gianni Proiettis: 'Cuando la vida no vale nada'

 

POPOCATÉPETL La lava del Messico

 a cura di Gianni Proiettis

1 novembre 2010


Cuando la vida no vale nada

 

      Quest'anno in Messico i morti non hanno aspettato il 2 novembre per farsi vivi: un'impressionante serie di stragi, quasi sempre di giovanissimi, perpetrate in varie città sta allarmando tutti, dalla cittadinanza martoriata da tanta violenza e insicurezza all'opinione pubblica internazionale, agli stati confinanti e perfino all'Onu.

 

         Tutti, tranne il governo di Felipe Calderón, il quale insiste nell'allucinazione di star vincendo una guerra civile che ha fatto 30mila morti in meno di quattro anni, ha provocato la più grave crisi di sicurezza e ordine pubblico dai tempi della Rivoluzione, ha ferito la psiche della nazione screditandone l'immagine all'estero, senza neanche scalfire il potere assoluto del narcotraffico, anzi aumentandone l'aggressività.

 

Li chiamano "juvenicidios" 

 

         Venerdì 22 ottobre, Ciudad Juárez, ore 23:30. In una casa di Horizontes del Sur, un quartiere popolare, c'è una festa di compleanno. Da due camionette scende un gruppo di uomini che imbracciano armi da guerra. Dalla strada chiedono se nella casa c'è El Ratón. Poi aprono il fuoco da distanza ravvicinata sugli invitati adolescenti: 14 morti, 15 feriti. L'unica vittima trentenne è la padrona di casa, madre del festeggiato. Tutti gli altri avevano meno di venti anni. Le testimonianze dei vicini dicono che la polizia, chiamata immediatamente, ha tardato più di mezz'ora ad arrivare sul posto.

 

         In un quartiere vicino di Ciudad Juárez, nel gennaio scorso, in una mattanza quasi identica un commando armato aveva sterminato 15 giovani che festeggiavano il compleanno di un amico. Allora le prime dichiarazioni ufficiali cercarono di far passare la strage per una vendetta dei narcos contro una banda rivale ma l'indignazione dei familiari delle vittime sventò la manovra.

 

         Domenica 24, Tijuana, ore 21:00. Centro di recupero per tossicodipendenti El Camino. Quattro uomini armati irrompono nel cortile dell'istituto, allineano gli interni contro un muro, li fanno inginocchiare e li mitragliano: 13 morti. Il direttore della clinica, Melquíades Hernández, è inquisito per irregolarità nella gestione. Spesso questi centri di disintossicazione vengono utilizzati come "uffici di collocamento" dai cartelli della droga e i pazienti reclutati come spacciatori. Non è la prima strage perpetrata in un ricovero di questo tipo, sempre per "punire traditori". C'è chi mette in relazione quest'ultima mattanza con il sequestro di 134 tonnellate di marijuana – pubblicizzata come la confisca più grande della storia – poi andate in fumo davanti alle telecamere.

 

         Mercoledì 27, Tepic (Nayarit), ore 09:57. L'Autolavado Gamboa in avenida Rey Nayar impiega una decina di tossicomani in recupero. Il lavoro fa parte della terapia di reinserimento. Il lava-auto sta a un centinaio di metri dalla sede della polizia federale. Un commando a bordo di tre Suv spara indiscriminatamente con mitra kalashnikov su tutti i presenti. Dei 15 morti, 12 sono impiegati del posto (dieci di loro provenienti dal centro di riabilitazione Alcance Victoria), due sono clienti e uno venditore ambulante. Nayarit, uno stato di un milione di abitanti sulla costa pacifica tradizionalmente tranquillo, non si salva dalla crescente violenza e la sua capitale, Tepic, ha cominciato a conoscere le sparatorie per strada: 280 esecuzioni dall'inizio dell'anno. Poche ore prima della strage dell'Autolavado Gamboa, sulla stessa avenida, un uomo era stato giustiziato di fronte al suo bambino di tre anni.

 

         Mercoledì 27, Città del Messico, ore 24:00. Nel quartiere di Tepito, "el barrio bravo", si compra di tutto, dal fumo al crack. All'incrocio fra l'avenida del Trabajo e la calle Granada un gruppetto di gente, quasi tutti spacciatori o clienti, sono occupati in transazioni di narcomenudeo, compravendita al dettaglio. Le raffiche che partono da due macchine senza targa, che si avvicinano a fari spenti, lasciano sette morti sulla strada. Neanche uno di quelli che hanno tentato la fuga è riuscito a salvarsi.

 

         Giovedì 28, ancora Ciudad Juárez, ore 01:00. Tre autobus di una  maquiladora, i capannoni di assemblaggio che dall'altra parte del fiume si chiamano sweatshops, riportano a casa le operaie che hanno finito il turno. All'entrata del sobborgo Caseta, un commando  apre il fuoco contro i pullmann: cinque operaie muoiono sul colpo, altre 14, ferite, vengono ricoverate in ospedale sotto la vigilanza dell'esercito. Gli autobus per riaccompagnare a casa le lavoratrici dopo il lavoro sono una concessione recente fatta da alcune fabbriche dopo le centinaia di 'feminicidios' avvenuti in città.

 

         Venerdì 29, sempre Ciudad Juárez, ore 19:00. Al termine di una manifestazione organizzata dal Frente Plural Ciudadano per chiedere la fine della violenza in una città ormai invivibile, un gruppo di universitari è aggredito da tre volanti della polizia federale, che sparano sugli studenti ferendone uno gravemente alle spalle. I suoi compagni impediscono ai poliziotti di trascinarlo via e riescono a portarlo d'urgenza in ospedale. La manifestazione si chiamava 'Kaminata contra la muerte' e si stava dirigendo al Foro internazionale contro la violenza e la militarizzazione, indetto a Ciudad Juárez questo fine settimana.  

 

Verso lo stato d'emergenza?

 

         L'analisi recente di una commissione del Senato afferma che circa un quinto dei 2.500 municipi del Messico è sotto il dominio dei narcos e che in circa la metà l'influenza dei cartelli della droga è pesante. Come può affermare il ministro degli interni Blake Mora che esiste governabilità nel paese quando gli stessi dati istituzionali lo smentiscono? O dichiarare che l'ultima ondata di stragi conferma che la linea del governo è quella giusta? Perché le autorità si irritano fortemente quando si parla – ormai sempre più spesso – di "narco-stato" o di "stato fallito"? Perché si cerca invariabilmente di far passare le vittime innocenti – molte cadute sotto il "fuoco amico" dell'esercito – per delinquenti uccisi in un regolamento di conti? Come è possibile che le dichiarazioni ufficiali finiscono sempre per sbriciolarsi di fronte all'evidenza?

 

         Sono alcuni degli interrogativi del momento, insieme al dubbio, ormai avanzato da vari osservatori, che questa pioggia di cadaveri possa avere una regia, un disegno complesso forse elaborato altrove e sperimentato qui. Una trama in cui si intrecciano sparatorie fra bande rivali e fra queste e la polizia o l'esercito, 'desaparaciones' collettive, come il caso dei venti turisti di Michoacán scomparsi nel nulla ad Acapulco (ma sembra che ci sia lo zampino della polizia locale), granate esplose contro caserme e commissariati ma anche in luoghi pubblici, omicidi mirati su commissione, spesso contro attivisti politici, difensori dei diritti umani e giornalisti.

 

         Se dovesse rivelarsi intenzionale e concertata, sarebbe una strategia del terrore messa in atto per giustificare una maggiore militarizzazione del paese e un'ulteriore sospensione delle garanzie fondamentali. Ma che potrebbe anche provocare reazioni impreviste nel corpo della società messicana, allo stremo di sopportazione e resistenza.

 

         Intanto Hillary Clinton ha usato in più di un'occasione la parola "terrorismo" nel riferirsi ai pesanti e sempre più frequenti episodi di stragi e attentati a sud del Rio Grande. Una parola che, come un campanello d'allarme o una sirena, suole preannunciare e giustificare un intervento militare statunitense.



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