lunedì 30 giugno 2008

Gustavo Esteva: ZAPATISTI - URGENTE -

 
 

La Jornada – Lunedì 30 giugno 2008

 

Gustavo Esteva
gustavoesteva@mail.com

 

Zapatisti

Dobbiamo riconoscere con interezza la gravità della situazione. Non servono

esagerazioni, ma neppure dissimulazioni che sottraggano importanza al male per farci

scrollare discretamente le spalle e tornare senza preoccupazione alle attività quotidiane.

È ora di agire. Solo con una mobilitazione concertata ed efficace possiamo evitare il

disastro che ci minaccia.

A novembre del 2007, Paz con Democracia, un gruppo di pensatori indipendenti  

che non può essere accusato di esaltazione dogmatica o di partito e che si distingue per

la serenità e solidità dei suoi giudizi, avvertì che "il Messico si trova in situazione di  

emergenza". Presentò numerosi fatti ed argomenti su cui fondava il suo avvertimento.

 

Il tono del suo nuovo appello, il mese scorso, rivela che la sua lettura dei segnali che  

scorgeva nella nostra realtà ha aggravato la sua preoccupazione. Per l'emergenza,

denunciavano, "è necessaria ed improrogabile l'organizzazione di comunità autonome in

tutto il paese; comunità i cui membri si autodefiniscano e si autogovernino

democraticamente per la produzione-interscambio-difesa della loro alimentazione, i loro

generi di prima necessità, la loro educazione e coscientizzazione, con bambini, donne,

anziani ed uomini per la difesa della vita, del patrimonio pubblico, dei popoli e della

nazione, per la preservazione dell'ambiente ed il rafforzamento degli spazi laici e degli 

spazi di dialogo, che uniscono in mezzo a differenze ideologiche e di valori  

condivisi". C'è un chiaro senso di urgenza nel loro appello.

Non hanno lanciato il loro messaggio nel vuoto. Contiamo su forze sociali attive ed

allerti che hanno dimostrato vitalità e capacità di agire in molte diverse occasioni. Ma  

queste forze mostrano segni di assopimento. Occupate nella lotta per  la

sopravvivenza di fronte a condizioni che fanno parte dell'emergenza nazionale, o  

distratte da dispute interne o polemiche irrilevanti, non stanno manifestando una  

coscienza chiara della situazione né la disposizione d'animo che si deve.

 

Ancora una volta, come antenna sensibile di quello che succede in Messico e nel

mondo, gli zapatisti diventano il punto di flessione. Questa volta non si tratta di una

nuova iniziativa di mobilitazione, come quelle che dal primo gennaio 1994 stanno  

risvegliando il paese. Si tratta di un situazione limite: le aggressioni alle comunità  

zapatiste che non sono cessate dal 1994, stanno arrivando al punto in cui sembra  

non esserci più altra opzione che la resistenza armata.

 

Paz con Democracia, insieme ad un numero significativo di organizzazioni sociali e  

politiche, ha appena presentato una denuncia puntuale di quello che sta succedendo in

Chiapas ed ha formulato un appello urgente. Non possiamo lasciare che accada. Non è

un altro appello nel deserto: è un'esigenza imperativa di agire.  

 

Dovrebbe essere chiaro, per tutti, che gli zapatisti non potranno essere cacciati dalle loro

terre, dai loro territori, e che in nessuna circostanza si arrenderanno mai.
Ma non è così. Autorità locali e federali possono aver dato l'illusione che il relativo

isolamento degli zapatisti avrebbe creato l'opportunità di disfarsi di loro. Come disse

Talleyrand in una situazione analoga, è un crimine ed anche un errore. Un errore di

calcolo simile, quando Ulises Ruiz pensò che l'isolamento dei maestri gli avrebbe

consentito di reprimerli senza conseguenze, provocò l'insurrezione popolare  

oaxaqueña. Riprodurre questo errore criminale nel caso degli zapatisti avrebbe  

conseguenze devastanti. Dobbiamo dimostrare chiaramente, senza riserve né sfumature,  

che gli zapatisti non sono soli. Hanno cominciato a farlo numerosi gruppi in una  

ventina di paesi. Dobbiamo farlo in maniera più evidente in Messico.

Nello stesso tempo, è necessario concertarci per l'azione. Si moltiplicano le prove del fatto che la legge o i diritti umani non sono riferimenti importanti per chi occupa  

attualmente gli uffici di governo, e che non dimostra neppure competenza politica o  

sensatezza nella sua ossessione di consegnare il paese a chi spinge per la consegna della

merce.

 

A poco a poco, in lungo e in largo per il paese, emergono le comunità autonome alle

quali faceva riferimento Paz con Democracia. Le si incontra ad ogni passo, in quartieri e

villaggi, nel Messico profondo. Ma non basta. È necessario accelerare il passo e

moltiplicare le iniziative pubbliche. C'è bisogno di dighe di contenimento efficaci

davanti all'ondata irresponsabile di decisioni ed iniziative che hanno creato la situazione

di emergenza e che oggi ci spingono sull'orlo del precipizio.

 

La guerra che sta avvenendo non si concentra solamente sugli zapatisti. Ma una varietà di fattori e circostanze li collocano nuovamente al centro dello scontro ed associano il loro destino con quello del paese. Sarebbe suicida non tenerne conto.

 

(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)


domenica 29 giugno 2008

Fw: [Ezln-it] lettra degli avvocati presentata alle ambasciate

> La Jornada - 27 giugno 2008
> Le incursioni militari violano la Legge per il Dialogo, la Conciliazione
> ed
> una Pace Degna in Chiapas
> Avvocati richiedono ai governi europei di raccomandare a Calderón che
> rispetti le comunità zapatiste - Gli abitanti dei villaggi indigeni
> vivono "in uno stato di tensione e di pressione psicologica molto forte"
> Hermann Bellinghausen
>
> Un gruppo di avvocati, appartenenti al gruppo Tierra y Libertad, ha
> consegnato alle ambasciate di Francia, Italia, Danimarca e Germania una
> lettera nella quale si sollecitano i rispettivi governi, membri
> dell'Unione
> Europea, a raccomandare al governo messicano di Felipe Calderón il
> "rispetto
> della legge" e che la smetta di aggredire e perseguitare con l'Esercito
> federale le comunità zapatiste del Chiapas.
>
> Il documento, elaborato e sottoscritto da Humberto Oseguera, Santos
> García,
> Samuel Porras e Bárbara Zamora, tra gli altri, spiega ai rappresentanti
> diplomatici che l'11 marzo del 1995 si pubblicò sulla Gazzetta Ufficiale
> della Federazione la Legge per il Dialogo, la Conciliazione ed una Pace
> Degna
> in Chiapas, approvata dal Congresso dell'Unione, e che questa ha per
> oggetto
> di "assicurare la pace giusta, degna e duratura in Chiapas, nel pieno
> rispetto dello stato di diritto; di rispondere alle cause che originarono
> il
> conflitto e di promuovere soluzioni consensuali alle diverse
> rivendicazioni
> di carattere politico, sociale, culturale ed economico attraverso le vie
> istituzionali; di propiziare che i membri dell'Esercito Zapatista di
> Liberazione Nazionale partecipino all'esercizio della politica dentro gli
> alvei pacifici, nel rispetto assoluto della loro dignità e delle loro
> garanzie di cittadini messicani".
>
> Malgrado la legge continui ad essere vigente, gli specialisti sostengono
> che
> il governo messicano non adempie al suo mandato: "anzi, al contrario, la
> sta
> violando sistematicamente, con atti militari di persecuzione ed
> intimidazione
> nelle comunità indigene considerate basi di appoggio dell'EZLN".
>
> Questi atti "implicano la violazione della Costituzione federale e degli
> strumenti internazionali di diritti umani". In modo specifica, la lettera
> si
> riferisce a quanto successo lo scorso 4 giugno quando, senza mandato
> giudiziario, "un numeroso gruppo di militari e poliziotti entrarono in
> modo
> arbitrario, minaccioso ed aggressivo nella comunità di La Garrucha". Con
> "il
> pretesto di cercare coltivazioni di marijuana", causarono "terrore" nella
> popolazione e dissero che "sarebbero tornati" in 15 giorni. Ciò implica
> "uno
> stato di tensione e di pressione psicologica molto forte per bambini,
> donne
> ed adulti della comunità che si dedicano al lavoro lecito".
>
> Il gruppo Tierra y Libertad segnala: "La Costituzione stabilisce
> espressamente che l'investigazione e la persecuzione dei reati sia
> riservata
> all'autorità civile, tanto per il foro comune come per quello federale,
> per
> cui la presenza dei militari viola gli articoli 21, 102 e 129 della
> Costituzione federale, come pure gli articoli 3 e 12 della Dichiarazione
> Universale dei Diritti Umani che garantiscono ad ogni individuo il diritto
> alla vita, alla libertà ed alla sicurezza, dato che non deve essere
> oggetto
> di ingerenze arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia e nel
> suo
> domicilio".
>
> Considerando "che il rispetto universale ed effettivo dei diritti e delle
> libertà fondamentali è di interesse generale", gli avvocati richiedono ai
> governi europei di sollecitare quello messicano ad adempiere e rispettare
> i
> diritti umani "di tutti i membri di queste comunità indigene". Restano in
> attesa della risposta di questi governi.
>
> (tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)
>
>

Fw: [Ezln-it] Tentativo di incursione nella riserva di Huitepec

 

La Jornada – Mercoledì 18 giugno 2008

 

Un gruppo filogovernativo ha tentato di "piantare alberi" nella riserva ecologica zapatista

Centinaia di basi di appoggio hanno teso una barriera umana sul monte Huitepec

Hermann Bellinghausen (Inviato)

 

Huitepec Ocotal, Chis., 17 giugno. Contro tutti gli agguati, la riserva ecologica zapatista sulle alture del monte Huitepec continua ad essere attivamente protetta dalle basi di appoggio. Da marzo del 2007 portano avanti una mobilitazione continua e a rotazione, a cura della giunta di buon governo della zona Altos, Corazón céntrico de los zapatistas delante del mundo. 

 

Come questa aveva previsto già venerdì 13, un gruppo filogovernativo del vicino villaggio di Alcanfores domenica scorsa ha cercato di entrare all'area protetta con l'intenzione di "piantare alberi". Centinaia di basi di appoggio dei municipi autonomi degli Altos questo fine settimana si sono mobilitati ed hanno teso una barriera umana ai confini della riserva con Alcanfores, ai piedi del monte Huitepec in direzione della valle di Jovel.

 

Ricorrendo alle abituali tattiche di arruolamento sotto minaccia, l'agente rurale di San Cristóbal, Javier Alejandro Cabrera Cano, ha messo semi di ocote e cipresso nelle mani di alcune decine di abitanti di Alcanfores che, nel loro tentativo di entrare nell'area protetta, si sono scontrati verbalmente con gli zapatisti.

 

Questa mattina, la guardia della riserva Huitepec Ocotal è tornata alla normalità. Alcune decine di indigeni vanno e vengono intorno all'accampamento. I portavoce autonomi, molto schiettamente, riferiscono che "il problema è stato messo sotto controllo" con la presenza massiccia di "compagni" incappucciati. Il "tentativo di rimboschimento", come l'hanno definito i media locali, ha incontrato la decisa resistenza dei guardiani tzotziles.

 

L'incidente costruito è la più recente "provocazione", come la chiamano gli zapatisti, del governo municipale di San Cristóbal. Il sindaco Mariano Díaz Ochoa, "vero coleto" (discendete dai conquistadores spagnoli – n.d.t.) e priista, guida la seconda generazione della famiglia che ha dominato la febbre edilizia nel municipio. L'attuale giunta sta cercando di avanzare sulle paludi, boschi e prati della valle e delle montagne limitrofe.

 

Residenze esclusive

 

Tra i diversi problemi ambientali del governo coleto, recentemente si è gridato allo scandalo per la distruzione delle paludi di Jovel, uniche al mondo, per costruirci sopra residenze "esclusive" che avrebbero coperto i ricchi manti idrici della città, circondati inoltre da sorgenti di montagna. Alcune delle più ricche nascono dal monte Huitepec.

 

La preoccupazione "ecologista" della giunta comunale è un tantino sorprendente, perché è noto che Díaz Ochoa (che è già stato sindaco, e prima ancora assessore alle Opere), rappresenta una minaccia per il fragile equilibrio ambientale. In anni recenti le sue imprese costruttrici hanno cancellato dalla mappa, letteralmente, intere montagne per estrarre la ghiaia.

 

(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

mercoledì 11 giugno 2008

Messico: La Nuova Colombia - Gianni Proiettis


Il Manifesto – Domenica 8 giugno 2008
 
MESSICO LA NUOVA COLOMBIA
DROGA E NARCOS (PIÚ PETROLIO) GUERRA TOTALE
Decine di morti al giorno, corpi decapitati, giudici e politici corrotti, un clima di violenza generalizzata e sempre più incontrollabile.
L'inutile crociata del presidente Calderón, che intanto cerca anche di far passare la privatizzazione di Pemex.
Gianni Proiettis, Città del Messico
 
Con una quindicina di morti ammazzati al giorno, con sparatorie notturne e stragi di poliziotti, città occupate dall'esercito e cadaveri decapitati con messaggi addosso, la «guerra al narco-traffico», cavallo di battaglia di Felipe Calderón in un anno e mezzo di contestata presidenza, ha prodotto solo un aumento geometrico della violenza nelle strade, gravi violazioni dei diritti umani e una crescita senza precedenti del senso di insicurezza nella popolazione.
 
Intere città - come Tijuana, tequila sexo marijuana, secondo Manu Chao; Ciudad Juárez, tristemente famosa per le centinaia di donne impunemente assassinate; Culiacán, capitale dello stato di Sinaloa, culla dei narcos - sono diventate nelle ultime settimane veri e propri campi di battaglia, con i cittadini che fanno acquisti da panico ed evitano di uscire se non è proprio indispensabile. Nel mezzo di un conflitto armato che oppone i maggiori cartelli della droga in disputa per il territorio e tutti loro contro le forze repressive dello stato, un avventurato passante rischia di fare la fine di un ciego en el tiroteo, un cieco che si ritrova nel mezzo di una sparatoria.
 
Non c'è bisogno di ricorrere al sensazionalismo, la realtà si incarica di battere tutti i Guinness: sette poliziotti uccisi e quattro feriti in un solo scontro a fuoco, cinque decapitati in una settimana, tre alti funzionari che chiedono asilo negli Stati uniti, una banda di sicari tirata fuori dal carcere da un gruppo armato. Termini come encajuelado (cadavere ritrovato nel bagagliaio di un'auto), encobijado (corpo avvolto in una coperta), narcomensaje (messaggio scritto con un avvertimento dei narcos) sono ormai parte del linguaggio quotidiano.
 
In questo contesto, sono ormai in molti a parlare di «colombianizzazione», intesa come un processo di crescente militarizzazione sostenuto e diretto da Washington. Di fatto, un «contratto» di assistenza militare al governo messicano nella lotta ai narcos sta per essere sfornato dal Congresso USA. Con il pudico nome di «Iniciativa Mérida» - ma ribattezzato dall'opposizione «Plan México», sul calco del Plan Colombia - il piano prevede l'erogazione di 350 milioni di dollari l'anno (originalmente dovevano essere 500), ma pone una serie di condizioni così strette che lo stesso governo Calderón, in un residuo sussulto di dignità, si è messo a criticarle come una riedizione della abolita «certificazione», che i gringos rilasciavano annualmente ai paesi latino-americani. Un'umiliante pagellina con cui il governo statunitense premiava o castigava (in dollari) i vari governi del continente per il loro collaborazionismo nella guerra alla droga (ma non solo).
 
«Stiamo vincendo questa guerra, anche se non sembra», ha dichiarato il procuratore generale Eduardo Medina Mora con un umorismo involontario che ha fatto la delizia dei principali vignettisti. Qualche giorno fa Felipe Calderón, che autorevoli opinionisti continuano a chiamare «presidente de facto», ha puntato il dito contro i media in generale, accusandoli di essere complici della criminalità organizzata. Il giorno dopo, il duopolio televisivo - Televisa e TvAzteca - mostrava obbediente i successi sportivi dei messicani all'estero, omettendo le narco-ejecuciones. Ma è difficile nascondere venti morti in un fine settimana, specie se due erano figli di capi eliminati in un parcheggio a colpi di bazooka.
 
«Basterebbe promuovere la legalizzazione o la depenalizzazione delle droghe per fermare queste ondate di omicidi in tutto il paese - dice la scrittrice Elena Poniatowska -. Le droghe sono un business colossale, rappresentano la maggiore entrata dell'economia messicana, prima ancora del petrolio. L'esperienza della legalizzazione dell'alcol negli Stati Uniti insegna come si pone fine agli imperi criminali. Non è con la militarizzazione e la guerra che si otterrà qualcosa. Il governo deve rivedere la sua strategia, tenere conto dell'aumento delle esecuzioni, fermare questa violenza dilagante che sta trasformando il paese in un campo di battaglia».
Da quando denunciò con grande coraggio la strage di centinaia di studenti nell'ottobre 1968 a Tlatelolco, Elenita è rimasta una delle voci più autorevoli del Messico libero e pensante. Oggi fa parte del Comité en defensa del petróleo, fomato dai maggiori intellettuali e scienziati messicani contro il tentativo di privatizzare Pemex, la compagnia petrolifera di stato, portato avanti da Calderón.
 
Eh già, perché dopo le droghe, che danno da vivere a più di un milione di persone e permettono di accumulare fortune che comprano eserciti, politici, giudici e istituzioni intere, il petrolio, con un prezzo inarrestabile, è il boccone più ambito. Lì a farsi la guerra sono due partiti realmente antitetici: da una parte, le multinazionali del petrolio, che già da tempo hanno unto i meccanismi di un potere esecutivo e legislativo facilmente corrompibili.
Dall'altra, però, un movimento popolare che elude le strumentalizzazioni politiche, anche se è stato convocato dal «presidente legittimo» Andrés Manuel López Obrador, e rivendica la «expropiación petrolera» decretata dal presidente Lázaro Cárdenas fin dal lontano 1938. Da allora, il petrolio è diventato un orgoglioso patrimonio di tutti i messicani e un elemento insostituibile dell'identità nazionale, una cosa che i tecnocrati neoliberisti al governo faticano a capire e tacciano di nazionalismo anacronistico.
 
Intanto, al movimento in difesa del petrolio, che conta già centinaia di migliaia di «brigadistas» impegnati nella propaganda porta a porta, si è affiancato da subito un fronte istituzionale: i 156 deputati del Fap - il Frente Amplio Progresista, formato dal PRD, il PT e Convergencia - hanno occupato per due settimane in aprile la tribuna del Congresso, paralizzando l'attività legislativa. E questo malgrado l'irreparabile spaccatura del PRD di López Obrador, il maggiore partito d'opposizione.
 
Il PAN, espressione dell'estrema destra cattolica e neoliberista al governo, e il PRI, l'ex partito-stato, il dinosauro in attesa di rivincita ma con alcune contraddizioni interne in tema petrolifero, stavano per far passare la «riforma energetica» di Calderón - leggi svendita di Pemex al capitale multinazionale. Il «sequestro delle istituzioni», come il PRI e il PAN chiamarono il blocco delle due Camere, servì in realtà ad imporre un dibattito nazionale, condotto da politici, intellettuali e scienziati nel Senato. Oltre a ritardare di 70 giorni qualunque votazione sul tema del petrolio, il dibattito sta rafforzando l'opposizione alle proposte di legge governative e mostra la povertà di argomenti dei privatizzatori, che a volte ricorrono a dati palesemente falsi o all'insulto puro e semplice.
 
La festa che i piani neoliberisti credevano vicina - lo stesso commissario europeo del commercio Peter Mandelson ha espresso «l'approvazione europea alla riforma energetica del presidente Calderón», forse con la speranza di una fetta della torta - subirà quanto meno un certo ritardo. Il sindaco della capitale, Marcelo Ebrard, ha annunciato un referendum per fine luglio a Città del Messico sul tema del petrolio. Anche se l'attuale legislazione non riconosce validità giuridica al risultato di una consultazione popolare, la volontà della maggioranza non potrà essere ignorata. Mentre la metà dei 31 governatori messicani ha già anticipato la sua adesione al referendum il governo sbraita sulla sua «incostituzionalità».


lunedì 9 giugno 2008

Fw: [Ezln-it] Cresce l'ostilita' dell'Esercito nei villaggi autonomi

 

La Jornada – Domenica 8 giugno 2008
 
La JBG conferma l'inesistenza di coltivazioni illegali a La Garrucha
La Giunta ha inviato una propria commissione d'inchiesta che non ha trovato droga
Cresce l'ostilità dell'Esercito nei villaggi autonomi
Hermann Bellinghausen - Inviato
 
La Garrucha, Chis. 7 giugno. Passata la commozione nel municipio autonomo Francisco Gómez per la fallita incursione dell'Esercito federale nel caracol di La Garrucha, San Alejandro ed Hermenegildo Galeana il 4 giugno scorso, la giunta di buon governo (JBG) El camino del futuro ha inviato una propria commissione d'inchiesta per studiare le tracce lasciate dai soldati e raccogliere le testimonianze degli abitanti.
 
"Queste comunità sono da molto tempo nell'organizzazione zapatista, e lì non esiste né si è mai vista marijuana. Questa JBG può testimoniare che queste comunità non seminano droga", dichiara la stessa giunta a La Jornada nel suo ufficio di La Garrucha.
 
Riferisce che, intercettando i soldati, la comunità di Galeana aveva chiesto loro di dimostrare che c'era marijuana nella milpa, ma non hanno potuto dimostrarlo. Anche se così, la commissione della JBG ha ispezionati i poderi delle due comunità, senza trovare nessuna coltivazione illegale. "Potrebbero essere i militari stessi a seminarne un po' per poi lanciare accuse. Ma neanche questo". 
 
Quello che la commissione ha trovato, è stata carta igienica con resti di vernice nera ed altre carte. "E' lì fu che si sono pitturati la faccia da guerra. Siccome non ha smesso di piovere, la carta era tutta inzuppata".
 
A San Alejandro, una ex finca, oggi una giovane comunità autonoma vicino alla strada Ocosingo-San Quintín, a qualche chilometro da La Garrucha (tra Patiwitz e Prado Pacayal) i soldati non sono riusciti ad addentrarsi nei territori autonomi. La comunità l'ha impedito. 
 
Sebbene il caracol Resistencia hacia un nuevo amanecer sia tornato alla normalità, e si mantenga "la guardia abituale", secondo la JBG, "dopo l'arrivo dei soldati tutti i villaggi sono in attesa, vigili".
 
Gli indizi indicano che si tratta di una "normalità" diversa da quella che c'era fino ad una settimana fa. Bisogna ricordare che questo è l'unico caracol zapatista che non ha mai cessato di essere pattugliato dalle truppe federali, nemmeno all'epoca della "distensione" foxista (che non è stato altro che un periodo di sistemazione del dispositivo di guerra sulle montagne del Chiapas). 
 
Le vallate della selva tzeltal sono occupate e rovistate quotidianamente dall'Esercito federale. Questo spiega perchè la JBG ritenga che "per il momento, nella valle di Las Tazas la situazione è normale", quando ciò significa pattugliamenti giornalieri lungo tutta la valle ed aperta contrainsurgencia favorita dal governo nelle comunità filogovernative. La "normalità".
 
Nelle altre regioni del territorio di competenza della JBG El camino del futuro è cresciuta l'ostilità dell'Esercito federale nei confronti dei villaggi autonomi. Il tentativo di assediare il caracol ed entrare in due comunità, così come l'occupazione di San Jerónimo Tulijá due settimane fa, sono tanto ostili quanto l'accusa pubblica contro le basi zapatiste di coltivare droga, partita il 23 maggio, da Nuevo Chamizalil, un villaggio priista e paramilitare, noto per essere un covo di delinquenti dove già un paio di suoi abitanti sono finiti in carcere per furto e reati ambientali e contro la salute.
 
Nella zona del municipio autonomo Ricardo Flores Magón a nordovest dei Montes Azules, sia dentro che fuori la riserva della biosfera, circolano "voci", presumibilmente sparse dagli stessi militari o poliziotti, secondo le quali "entreranno nelle comunità zapatiste Laguna Paraíso, San Pedro Ocotal e 6 de Octubre. Senza concedere molto credito alle "voci", la JBG non omette di citarle. 
 
Nel frattempo, i recenti movimenti castrensi e di polizia mantengono in all'erta Culebra e San Jerónimo Tulijá, due importanti villaggi di questo municipio ribelle.
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

venerdì 6 giugno 2008

INCURSIONE MILITARE A LA GARRUCHA

 

ULTIME DA LA JORNADA
 
DENUNCIATA L'INCURSIONE MILITARE E DI POLIZIA NEL CARACOL DI LA GARRUCHA
Con l'accusa di coltivare marijuana, le forze federali attraversano con i blindati le comunità chiapaneche
Hermann Bellinghausen, invitato
Pubblicato: 05/06/2008 15:56
 
San Cristóbal de las Casas, Chis. Un'allarmante incursione militare e di polizia è avvenuta ieri giovedì, nelle vicinanze del caracol di La Garrucha, alla quale hanno partecipato circa 200 "provocatori", come li ha definiti la Giunta di Buon Governo (JBG) "El camino del futuro". 
 
L'incursione, il cui presunto obiettivo era la ricerca di coltivazioni di marijuana, si è spinta fino alle comunità Hermenegildo Galeana e San Alejandro, dove tutti gli abitanti sono basi di appoggio dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN).
 
La JBG ha riferito che l'operativo era formato da una colonna di 10 veicoli ed un blindato: "convoglio militare, pubblica sicurezza, polizia municipale e Procura Generale della Repubblica". 
 
Alle 9 del mattino, "ora sud orientale", tre veicoli militari si sono fermati a 30 metri dalla sede del caracol, "come a voler circondare La Garrucha". La gente ha reagito per respingerli. "I soldati sono risaliti sui veicoli ed hanno proseguito la loro strada, mentre gli altri che stavano davanti intimorivano la popolazione".
 
Proveniente da Patiwitz si è unito un altro convoglio dell'Esercito federale diretto a Rancho Alegre. "Sono scesi dai veicoli ed hanno preso la direzione per Hermenegildo Galeana, accusando che in quel villaggio ci sono campi di marijuana". 
 
"Tutta la zona zapatista di La Garrucha e le sue autorità autonome sono testimoni che non esistono queste coltivazioni, ci sono solo zapatisti che coltivano milpa e banani", precisa la JBG. 
 
Un centinaio di soldati, oltre a poliziotti "si preparavano ad attaccare il villaggio di Galeana; tutti questi agenti repressivi avevano il volto dipinto per confondersi, sono entrati nella montagna per avanzare verso il villaggio". Li guidava Feliciano Román Ruiz, poliziotto municipale di Ocosingo.
 
A Galeana, "uomini, donne, bambine e bambini si sono organizzati per respingerli, pronti a tutto". A metà strada indigeni e truppe si sono incontrati "e sono cominciati i disordini; con tutto il loro coraggio gli zapatisti hanno detto ai soldati di andarsene". Questi dicono di "sapere" che lì c'è marijuana e che "passeremo dei guai". Gli indigeni tirano fuori machete, bastoni, pietre, fionde, "e tutto quello che c'era a portata di mano ed incominciano a respingerli".
 
I soldati retrocedono ma minacciano di tornare "tra 15 giorni" e vanno verso San Alejandro, villaggio zapatista, dove li aspettavano 50 soldati e 10 poliziotti municipali. I soldati "hanno calpestato e rovinato il campo seminato a mais". 
 
Mentre a San Alejandro, "60 agenti repressivi provocatori si posizionavano come per essere pronti allo scontro, il villaggio reagisce e respinge la forza federale". Alle azioni hanno partecipato soldati delle basi di Toniná, Patiwitz e San Quintín.
 
(Traduzione Comitato Chiapas "Maribel" – Bergamo)

mercoledì 4 giugno 2008

APPELLO CAROVANA EUROPEA IN CHIAPAS

 

Scaricare il logo dalla pagina web:
 
CAROVANA EUROPEA IN CHIAPAS
IN SOLIDARIETÀ CON L'AUTONOMIA ZAPATISTA
E L'ALTRA CAMPAGNA DEL MESSICO

Un ponte di solidarietà...
Un cammino per condividere resistenze e ribellioni,
per alimentare sogni e speranze comuni,
dall'Altra Europa anticapitalista
all'Altro Messico in basso e a sinistra,
con lo stesso cuore pulsante,
per un mondo nuovo, migliore e possibile.

27 Luglio - 12 Agosto 2008

Sono già passati 14 anni da che le/gli zapatist@ rispondono, giorno dopo giorno, alla domanda: "Possiamo vivere e costruire la ribellione in tempi di guerra permanente, senza che questa ribellione si trasformi in terrore e guerra?". Durante tutto questo tempo hanno inventato nella pratica la loro risposta, avanzando nella costruzione della propria autonomia in Chiapas, costruendo l'alternativa, proponendo al Messico e al mondo le iniziative/progetti di "un altro modo di fare politica".

E ciò che ha reso possibile questa realtà duratura è senza dubbio la DIGNITÀ e la RESISTENZA quotidiana delle donne e degli uomini zapatisti, insieme alla SOLIDARIETÀ condivisa. L'enorme forza di questa dignità, resistenza e solidarietà ha conseguito la costruzione della VITA al posto della morte e della RIBELLIONE pacifica al posto della guerra che l'alleanza tra i poteri politici e quelli economici del Messico pretende imporre da sempre. E questa stessa forza zapatista e solidale ha reso possibile la costruzione della SPERANZA di un'alternativa dei modi/pratiche e della parola/discorso dei movimenti e delle resistenze del pianeta Terra, che allo stesso modo subiscono la barbarie del capitalismo e del suo modello neoliberista.

Ma la minaccia e la barbarie persistono latenti, e per questo -oggi, come ieri - è nostro dovere ancora una volta condividere la SOLIDARIETÀ come spazio e cammino comune, difendendo la DIGNITÀ RIBELLE che vive e resiste sulle montagne del sudest messicano, allo stesso tempo che alimenta le nostre stesse lotte, speranze forme e pratiche per conquistare - uniti ed unite - un Altro mondo nuovo, migliore e possibile.

In Messico ci troviamo di fronte ad uno scenario molto pericoloso. Il governo messicano, smascherato della sua menzogna in democrazia e rispetto dei diritti umani, sceglie la strada della forza e della repressione brutale di ogni dissidenza, protesta e resistenza sociale nel paese. La persecuzione delle comunità indigene zapatiste non si è mai arrestata in questi 14 anni, ma negli ultimi tempi la situazione è più che allarmante. Si è rinforzato un assedio costante, asfissiante e criminale contro le comunità e i loro abitanti, con ogni tipo di pratica poliziesca, giudiziara, militare e paramilitare in totale impunità: aggressioni, sgomberi, sparizioni, omicidi, arresti, attacchi alle cooperative autonome, disinformazione/assedio informativo, molteplici provocazioni con l'obiettivo di istigare scontri tra indigeni...

"Chi ha fatto la guerra sa riconoscere i sentieri attraverso cui si prepara e si avvicina. I segni di guerra all'orizzonte sono chiari. Anche la guerra, come la paura, ha un suo odore. Ed ora, nelle nostre terre, si comincia a respirare il suo fetido odore", avvisava il Subcomandante Marcos nel dicembre del 2007.

La responsabilità di evitare il disatro e non permettere al governo messicano di imporre i suoi progetti di morte è anche nelle nostre mani. Bisogna agire subito! La solidarietà è la nostra arma. Bisogna rinnovare la sua forza e la sua immaginazione. Bisogna far conoscere agli stessi zapatisti, alla società, al mondo e ai governi, che lo zapatismo continua ad essere ispirazione, speranza, vita e SOLIDARIETÀ. Far sapere e dimostrare che LE/GLI ZAPATIST@ NON SONO SOL@ /  L@S ZAPATISTAS NO ESTÁN SOL@S. Che anche noi non siamo soli, non siamo sole.

Per questo e secondo quanto accordato nell'Incontro Europeo per la Difesa e la Lotta dei Popoli Zapatisti e dell'Altra Campagna in Messico, svoltosi ad Atene dal 9 all'11 maggio scorsi, lanciamo un appello alla società civile internazionale ,in basso a sinistra e anticapitalista, per percorrere insieme, tutte e tutti, la "Campagna Europea di Solidarietà con l'Autonomia Zapatista e contro la Guerra in Chiapas", unirsi alle iniziative che verrano realizzate a partire dalla stessa organizzando, potenziando e partecipando alla "CAROVANA in APPOGGIO dell'AUTONOMIA ZAPATISTA e dell'ALTRA CAMPAGNA Messicana", che inizierà il suo cammino il prossimo 27 luglio da Città del Messico, inoltre con la possibilità di aggiungersi il 3 agosto in un punto del tragitto da decidere, e che si concluderà il 12 agosto in territorio zapatista. Per partecipare e iscriversi bisogna mettersi in contatto con i collettivi dei rispettivi paesi o località.

LE/GLI ZAPATIST@ NON SONO SOL@ 
L@S ZAPATISTAS NO ESTÁN SOL@S 
 
La solidarietà europea cammina al passo/fianco degli zapatisti e insieme all'Altra Campagna.
Siamo tutti parte delle molteplici lotte che in tutto il mondo aprono sentieri di autonomia per costruire un futuro diverso per l'umanità.

www.europazapatista.org


(Traduzione Radio Silvanetti)


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